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^^■^^^■^- ----- ■
' Cfjeologttal ^tijool
HARVARD TJNIVBKSITT.
LA RELIGIONE DEL SECOLO XIX
LA
RELIGIONE
DEL SECOLO XIX
^AUSONIO FRANCHI
SECONDA EDIZIONE / A^ ^^^ .
con molle corrcziooi ed agginnlci l 1> S^J ^
Voi. I.
;-i«ITY U{
'IBliA.
i^UNlV'
LOSANNA
1860
PREFAZIONE
La prima edizione della presente operetta su
la Religione del secolo XIX venne la prima volta
in luce nel 1853, un anno dopo la publicazione
dell'altra su la Filosofìa delle sctwle italiane y
con r intento di svolgere sotto un altro aspetto
lo stesso principio. Movendo da questo fatto, che
le due facultà costitutive dell'uomo sono il sen-
limento e la ragione, io ne avea dedutlo che i
due caratteri essenziali e supremi della civiltà
s^ono la religione e la filosofìa. Ho quindi rivolto
io sguardo all'Italia; e cercalo, s'ella professi
ana religione conforme al sentimento, ed una
filosofia consentanea alla ragione. Ma ho trovalo,
che la sua filosofìa officiale è la scolastica, ne-
gazione della scienza; e la sua religione pubiica
il catolicismo, negazione della libertà. Ora la
scienza e la libertà sono i due poli delle nazioni
moderne; poiché nell'una s'incarna la ragione,
e neir altra il sentimento: dunque l'Italia non
può educarsi alla scienza, né conquistare la li*
6
berla, se non rinuncia alle dollrine fìfosoflche e
religiose del medio evo, che l'incatenano ancora.
Questa tesi mi parve la più utile e la più im-
portante, eh' io potessi prefiggermi a scopo de'
miei studj. E come è divisa per sé in due parli,
così l'ho trattata in due libri distinti. Nella Fi-
losofia mi sono studiato di mostrare l'impossi-
bilità d'accordar il catolicismo con la ragione; e
nella Religione ho inteso provare Timpossibilità di
conciliar insieme il catolicismo con la liberlà. In
quella ho considerato qual rappresentante della
filosofia catolica il professore Berlini, ed ho con-
futato i suoi argumenti; in questa io considero
qual campione del liberalismo catolico il conte di
Montalembert, e combatto le sue asserzioni.
Farmi così d'aver compiuta, nel senso nega-
tivo, la soluzione dell'arduo problema, che tor-
mentò in ogni età li animi passionati del vero o
del bene: quale sia il rapporto della filosofia con
la religione, della scienza con la fede. A chi non
son noli i tentativi, in cui si travagliarono scrit-
tori d'ogni fatta e d'ogni scuola, per istabilire
una relazione di armonia e di buon accordo fra
l'una e l'altra^? E sono anch'io vissuto lungo
tempo in questa illusione! Ma le illusioni della
fantasia non possono sostenere la luce del libera
esame; onde m'avvidi alla fine, che meco stesso
io vagheggiava la costruzione dell' impossibile e
la realtà del contradittorio. Perocché fra la ra-
gione e l'autorità, fra la. filosofia e la religione
non può correre 9ltrp rapporto che di subordi*
nazione: due principi, supremi entrambi, assoluti.
7-
e paralleli, repugnanp cosi nell' ordine deir c$i-
sieoze, carne in quello delle idee. Convien adun-
(fue subordinare o la ragione alla fede, o la fede
alla ragione. Il primo partito è quello d'ogni re-
ligione soyranalurale o positiva; il secondo, quello
d'ogoi flIoftoHa naturale o razionale. Laonde nel
cuQtrasto della ragione con la fede non si tratta
^ìk di conciliazione, ma di supremazia: trattasi
di confidare alT-una o ali' altra il governo della
vita. Ora un sovranaluralismo qualsiasi non può
piiidar legete e norma ne alia vita intellettuale,
che è la scieaza; né alla vita sociale, che è la li-
cerla. Non alla scienza; perchè,, coqfìe ho provalo
già contro fìetiini, la ragione lo ha convinto d'as-
sordo: non alla libertà; perchè, come dimostro
qui contro Montalembert, lo ha sentenziato di
deipolismo.
Io non ignoro^ che il genere dì studj, a cui
ho consacrato questi ed altri miei scritti, dispiace
a coloro, e non sono pochi, i quali hanno in or-
rore tutte le controversie filosofiche e religiose.
Tacìo di quelli che le disprezzano come oziose
ed inutili agTinleressi della vita: chi è indilfercnte
alia verità ed all'errore, al bene ed al male, chi
ripone tutta la felicità nel ventre e nel denaro,
parmi un essere così degradato, così abjetto, ch'io
lo stimo indegno del nome d'uomo, indegno di
qualunque risposta.
Ma v'ha p^ur di quelli, fra li stessi liberali, che
le biasimano come pericolose e nocive alla patria ,
perchè, a loro avviso, dividono li animi, e quindi
le forze; e perchè devono st^guire, e non prece-
8
dere la rivoluzione. — Io però confesso franca-
mente, che queste ragioni non valgono punto a
persuadermi. E che? Ai mali della patria sarà dun-
que ottimo ed efficace rimedio il silenzio? Por-
sechè, tacendo la stampa, non s'agitano le idee
nelle menti, non fremono le passioni nei cuori?
Ah ! le dissensioni non provengono già dalla pa-
rola, ma dal pensiero. Accordiamo prima li ani-
mi, ed avremo tosto concordi le voci, unite le
braccia, congiunte le forze. £ per associare li ani-
mi in uno stesso pensiero, Tunica via non è ap-
punto la discussione? La discussione, dove pa-
blica e dove privata, in questi intervalli di calma
che i tempi ne concedono, può farsi a parole; ma
nei giorni della tempesta dovrebbe farsi con l'ar-
mi, e finirebbe nel sangue.
Ammetto io pure, che molte questioni più par-
ticolari hanno a risolversi, non prima, sibben dopo
della rivoluzione, o piuttosto dalla rivoluzione
stessa; ma molte altre più generali esigono una
soluzione anticipata; perchè una rivoluzione senza
un simbolo di fede commune, che determini i
principi fondamentali da mettere in atto e da tra-
durre in instituzioni, non riuscirebbe che ad una
sommossa; e nei governi muterebbe forse le per-
sone, non il sistema. Or in un sistema di rinova-
mento politico e sociale non tiene forse il primo
luogo la religione? 0 che altro è la religione, se
non la legge universale e popolare de^a vita uma-
na, cosi per rispetto all'indivìduo, quanto e più
per rispetto alla nazione? No, la cagion prima e
originaria delle sventure d'Italia non è propria-
mente io slranicro, non il papato, non il gesui-
tismo; è l'ignoranza. Una rivoluzione basterà ben
ad infrenare i preti, a cacciare li austriaci; ma
non basta per sé a rigenerare l'Italia: e se avanti
non è penetrata la luce nelle coscienze e negl'in-
lellelli, se la ragione non ha emancipato già le
idee e le credenze, noi ricadremo bentosto nelle
coodizìont di prima. La vita esterna dei popoli,
rome degl'individui, non è che l'espressione o
la manifestazione della loro vita interiore. L'I-
talia dunque non può divenir libera , se gl'Ita-
liani non conoscono, non sentono i principi ^*
ìibertìi\ se continuano a sostenere, a professare le
dottrine della servitù. Pertanto il pericolo non
isià nel disputare di religione e di filosofla, ma
sia tutto nel credere ad una filosoOa o ad una
religione, che non sia vera; poiché la verità è
Tunica genitrice della libertà. E, deh'! non get-
uamoci più negli abissi dell'ignoto; non trasci-
fìiamo più, il popolo ad occhi chiusi nel turbine
(li una rivoluzione politica, se li animi non sono
?ià svincolati dal giogo d'una fede cheaccieca la
ra.ffione, e di un'autorità che perverte la coscienza.
Dovremo noi dunque rimettere la liberazione
«ritalia (Ino aldi che ogni italiano sia un filosofo?
K pretenderemo di sconfigere quando che sia li
eserciti dei nostri interni ed esterni nemici a colpi
Ji sillogismo? — Nd, le conseguenze iegitìme del
nostro principio non corrono fino a sì puerili, sì
ridicole utopie. Come la natura dell'uomo è com-
t»lessa, e consta di due serie di funzioni: le une
materiali, e le altre morali, isempre distinte, ma
Id
non mai separatele necessarie egnalmenle ambe-
due alla sua esistenza ; così il progresso deli' U-
manità s'efìTcllua mediante il concorso di due or-
dini di forz^e: materiali le une, morali le altre,
differenti bensì tra loro, ma indivisibili e neces-
sarie del pari al suo avanzamento. E come nella
vita deir individuo le funzioni materiati van su-
bordinate alle morali, perchè queste hanno ragion
di fine verso di quella; ^osì nella vita dell'Uma-
nità lo forze materiali devono servire allemor0lÌ9
perchè quelle hanno ragion di mezzo verso di
queste.
Ma, d'altra parte, grazie aMa connessione in-
trinseca e connaturata delle one eon le altre, la
vita umana, così individusiie come sociale, non
può mai tanto concentrarsi in queste da passarsi
di quelle, e viceversa. Sarebbe dunque follia si
il presumere ài spiritualizzare talmente l'Uma-
nità da sottrarla alle condizioni del suo organi-
smo; e si il pretendere di talmente materializ-
zarla da farle smarrire la dignità della sua co-
scienza. La legge dell'educazione per li individui
e del progresso per le nazioni consiste adunque^
non già nel segregare le forze materialidalle mo-
rali, perchè le une compiano il loro sviluppo prima
0 senza delle altre; ma bensì nel coordinarie in
guisa che queste e quelle concorrano, secondo la
propria natura ed efficacia, all'opera dell'educa-
zione e del progresso. Nel qual compito è per sé
manifesto, che alle forze morali spetta la dire-
zione, alle materiali l'esecuzione del lavoro com--
mune; e che per ciò appunta, siccome dicevamo
It
lesléy l'emancipazione civile e politica delle na-
ziooi non può effettuarst se non in seguito alla
loro emancipazione intellettuale e religiosa.
Amnaettendo però quest'ordine di successione
Del progresso deirUmanità, io sono ben lontano
dall'inlendere, che l'opera del senno possa e debba
compiersi senza l'opera della mano; ovvero, o\ìe
UD popola non abbia da pensar a scuotere con le
armi il giogo di una dominazione iniqua, tirane
nica, se non dopo che lutti e singoli Tindividai,
ond'è conQposto, siano dottori in democrazia e
professori di razionalismo. A questo patto, il
ffloodo sarebbe rimasto perpetuamente nella sua
infanzia, e li nomini errerebbero ancora per le
selve in cerca delle ghiande, se pur è vero che
le ghiande abbiano loro somministrato il prima
alimento, e le selve il primo ricovero. Un con-
senso matematicamente unanime e universale»
Don dirò che in astratto non sia pof»sibile sopra
ifron punto, ma certo non ebbe mai luogo in
realtà, né è probabile che l'abbia per chi sa quanti
secoli ancora: e nondimeno il progresso è venuta
e vien sempre attuandosi in tanti ordini d' ideo
ed'instituzioni. Ed in qual modo?
Nel genio solingo di qualche riformatore inco-
mincia dapprima a germogliare il concetto del-
l'innovazione; alcune menti elette, alcuni cuori
generosi se l' appropriano, lo cullivano, lo com-
municaoo a poco a poco, dove in segreto, dove
all'aperta, ad amici, a discepoli, a confratelli, a
compatrioti; e quando esso è divenuto fede com*
mane d'un numero di proseliti via via maggiore»
12
allora entra arditamente in lutta cóntro il vecchio
sistema , combatte con la forza delle ragioni per
guadagnarsi l'assenso dei più autorevoli fra il ceto
culto, finché, sentendo di avere il sopravento e
d'essere alla testa della publica opinione, ricorre,
se è d'uopo, alla forza delle armi per riportare la
sua vittoria definitiva su i partigiani armati e in-
correggibili della reazione, e per ottenere libero
il campo delle applicazioni e delle riforme, mercè
le quali soltanto può trapassare dalle idee nei fatti,
dalla speculazione nella pratica, dalla coscienza
dell'individuo nell'ordinamento della società-.
Verrà egli un giorno, che i popoli andranno
immuni dalla terribile necessità di avvalorare la
verità delle dottrine con la potenza dei cannoni,
e che all'Umanità sarà dato di procedere libera-
mente nel suo cammino, senza incontrare più osta-
coli da non potersi altrimenti abbattere che per
via della guerra*? — Io lo spero e lo 'credo fer-
mamente; ma quel giorno desideratissimo, — oh!
potessi ingannarmi l — è ancora lontano, lontano.
Quaranta secoli di storia non mi permettono d'ab-
bandonarmi ad illusioni, che per nobili e sublimi
che siano, sarebbero pur sempre illusioni, e sem-
pre finirebbero con disinganni dolorosi e perico-
losi; giacché per lo più il disinganno è la porta
della disperazione.
Primo canone del razionalismo si è di guar-
dare le cose nella loro realtà. La natura è così
fatta, perchè è fatta così; ed è vano mettere alla
tortura il nostro povero cervello per rifarla di
pianta a nostro gusto. Poiché dunque è una legge
u
fatale deli' Umanità (almanco finora), che all'at-
tuazione ultima de' suoi progressi morali non ar<
rivi mai se non co'l concorso delle forze materiali
ed a traverso li orrori delle guerre e delle batta-
glie; è debito nostro, non già di sbracciarci inu-
tilmente ed insensatamente contro la legge della
natura, ma bensì di rivolgere tutti i nostri studj
e i nostri sforzi ad attenuarne i pericoli e i danni,
ad aumentarne i frutti e i benefìzj. Le guerre sono
nella vita delle nazioni ciò che son le crisi nella
vita degli individui; e come, rispetto a queste^
Tofficio del medico consiste, non già nel contra-
stare pazzamente ai corso della natura, ma nel
secondarla, nel coadjuvarla destramente, sì che
requilibrio e l'armonia delle sue funzioni si ri-
stabiliscano il meglio ed il più tosto possibile;
così, rispetto a quelle, tocca al savio ed al pa>-
iriota, non di opporsi ciecamente alia fatalità della
guerra, ma di contribuire a renderne più giuste
le cagioni, più utili li effetti, più breve la durata,
meno frequente il ritorno.
Ed ecco perchè e come io esortava sì calda-
mente i promotori di rivoluzioni a rammentarsi,
che r opera delle forze materiali è destinata ad
andar dietro, e non avanti all'opera delle forze
morali; che le calamità della guerra non sono ac-
cettabili, se non in quanto servono al trionfo della
giustizia ; e che la giustizia non può imporsi con
le armi ai pocbi reluttantì, se non dopo che s'Iia
guadagnato l'assenso e il culto dei molti con Le
ragioni
La redenzione d'Italia percorre la stessa via,
14
per cui 6i sono operale tuUe le grandi riforme
sociali. Prima fn un apostolato, e poi una rivo-
luzione. E i tentativi di rivoluzione e di guerra
caddero a vuoto più volte, perchè Topera dell'a-
postolato era appena incominciala, non che com-
piuta. Ma intanto si proseguiva con piiì ardore
a destare, a difTundere il sentimenlo di naziona-
lità, di patria, d'indipendenza, di libertà; ad au-
mentare il numero,, tanto degli apostoli quanto
dei credenti: si ritentò quindi la prova, e si fece
un gran passo avanti. Rimettiamoci dunque all'o-
pera più animosi, più fidenti e costanti che mai;
e non andrà guari che la causa italiana avrà pie-
namente trionfato.
Mi rimane a dire dei miglioramenli, che ho
procuralo d'introdurre in questa ristampa; cioè
delle molte correzioni ed aggiunte, per cui andrà
differenziata dalla prima edizione.
Delle aggiunte, quelle che intendono solo a
chiarir meglio qualche punto particolare del testo
primitivo, verranno o inserite nel testo mede-
simo, 0 ridutte in forma di Noie a loro luogo;
quelle altre, invece, che mirano a trattare un tema
nuovo 0 a ribattere* nuove objezioni, saranno rac-
colte in un'Appendice alla fine dell'opera.
Quanto poi alle correzioni, molte riguardano
la proprietà e la purezza della lingua; altre hanno
per iscopo di dare maggior chiarezza o rilievo a
certe idee, maggior precisione o rigore a certe
formule; altre infine son fatte per temperane l'a-
cerbità del linguaggio, che avevo adoperata qua
e ià contro kìcanì scriUorì nel primo impeto dello
sdegno soscildto in me dalle loro impertinenze.
ÀI qual proposilo, chieggo licenza ai lettori di
rendere brevemente ragione dei /alto mio.
Coloro, che mi rimproverarono d'avere quali-
ficalo in termini troppo severi, anzi ingiuriosi, il
procedere di certi autori italiani e stranieri, non
hanno fatto due avvertenze, le quali avrebbero
potuto in grandissima parte ^iuslifidarmi. — La
prima, che quei giudizj concernevano autori vi-
genti, ai quali tornava assai facile difendersi o
discolparsi, qualora si fossero creduti offesi ed
o/(raggìati. Dovunque mi è occorso di censurare
nomini, cbe appartengono al pacifico regno della
storia, né possono più assumere le proprie difese,
io non bo mai adoperato un termine solo, ch'ec-
cedesse i riguardi dovuti alla memoria de' trapas-
sali. Fra le tante specie di viltà io non ne cono-
sco altra peggiore che quella di certi critici, i
(foali sono conigli co' i vivi, e leoni co' i morti.
— La seconda, che non ho mai rivolto accuse
^Tramite a nessuno; e le qualificazioni severe, che
ho osate, hanno sempre il loro fondamento nella
qualità del detto o deiratto degli scrittori, a cui
vengono applicate. Come possono dunque tacciarsi
d'ingiarie, se prima non si dimostrino o apocrifi
i documenti che allego, o falbci le conclusioni
che ne ricavo? Quelli scrittori insultavano al ge-
nio, denigravano In virtù, calunniavano la sven-
tura, mentivano alla verità conosciuta: io ne in-
feriva, cb' erano dunque insolenti e maldicenti,
calnnniatori ed impostori. Dov'è l'ingiuria? Chi
1«
manca di rispeUo agli altri, dod perde forse il
diritto di essere rispettato? E quei pusilli^ che si
mostravano scandalizzali della mia audacia a rim-
beccare certi barbassori, non avrebbero fatto me-
glio a gridare contro l'impudenza de' rei, anziché
contro la severità del censore? 0 qual anima one-
sta e gentile potrà leggere le enormezze del conte
di Montalembert e del P. Ventura, di tanti ve-
scovi e di tanti papi, senza confessare ch'io avrei
avuto ben ragione di castigarle in termini assai
più duri ed acerbi?
E nondimeno^ parecchie correzioni ebbi da fare
anche sotto questo rispetto. Qualcuna mi era im-
posta dal principio medesimo, di cui ho fatto un»
regola a me stesso. Perocché neir intervallo fra
la prima e la seconda edizione son morti alcuni
degli scrittori, che più mi avevano irritato co'
lorooUraggi ad uomini salutati dall'opinione pu-
blica d' Europa grandi ed immortali. Ora certe
frasi, che si potevano adoperare benissimo senza
scrupolo nel vivo delia lutta, non sono più lecite
dinanzi ad una tomba. Io arrossirei di me stesso,
se non avessi la coscienza di questo dovere, cho
altri può credere atto di generosità, ma ch'io re-
puto atto di giustizia. E se alla ristampa di que-
sto mio scritto seguiterà, come io confìdo, quella
d'alcuni altri, non mancherò di sicuro alla legge,
che mi ho prefissa: il pane sepullo mi parve sem-
pre uno de' sentimenti, che più onorino il cuore
umano.
Qualcun'a-ltra correzione, per ultimo, mi è cm-
sigliala dalla temperanza, eh' è fruito naturale del
n
tempo e deiresperìeoza; In sette aDoi sHmparaoo
e si disimparano taniè cosel si smettono tanti
pregiudizi I si calmano tante pjassioni t si acqui-
stano tante ideet si appurano tanti fatti! si guar-
dano li uomini e li eventi con qccbio tanto di-
irerso, che il dod aver oggi nulla da mutare nelle
parole proferite allora, sarebbe indizio d'averi^
speso inutilmente il proprio t^mpo; d'avere, non**
vissuto, ma vegetato; sarebbe prova, non dì co-
stanza, ma d'inerzja; sarebbe, boo un titolo di
merito, ma un capo d'accusa. Ohi lasciamo ii vanto
dell'immutabilità a quei disgraziati, che si cre-
dono semidei, laddove son forse a mala pena semi-
QominL II più nobile attributo dell'Umanità è la
sua attitudine a perfezionarsi: ma di qua! perfe-
zionamento sarebbe n^ai capace chi si ostinasse
a rilare sempre ciò che ha fatto e sempre ridire
ciò che ha detto nm volta? Vi sarebbe su 'l se*
rio da disputare, a qual regno della natura ap-
partenga un simàle individuo.
Lo ripeto adunque, senz'ombra né di vanità,
oè di rossore: un'esperienza di sette anni mi ha
persuaso ad essere più cauto nel condannare e più
indulgente nell' assolvere; men corrivo a scam-
biar l'errore con la colpa, l'aberrazione dell'in-
teJletto con la malvagità del cuore. Quante cose,
che mi parevano un tempo segni evidenti, pal-
pabili di mala fede e di reità, non mi sembrano
più oggi, dopo tanti disinganni, titoli sufficienti
'dà escludere la possibilità della buona fedQ e del-
l'ioDocenza ! E dìi sa quante altre, da me tenute
ancora per inescusabili, mi appariranno un d'i de-
I. 2
18
gnissime di compatimento e 4*assoluzionet Vero
è, che la piega airindulgenzd ci espone al peri^
colo di trattare li ingannatori da ingannali : ma
con la piega al rigorismo non' si corre forse il ri-
schio di fare dell'ingannato nn ingannatore? E
rischio per rischio, non vai meglio avventurarsi
a scusare un reo, che a condannare un inno-
cente?
Laonde io ho raddoppiato di cura e diligenza
per non uscir mai fuori dei limiti della critica let-
teraria, né assumere il tono della censura mo-
rale; ed ho cancellalo di htion grado alcuni epi-
teli, che potevano offendere meno l'ingegno che
la coscienza degli avversar}.
Con tutte queste correzioni però, il libro ri-
mane sustanzialmente lo stesso, non solo quanto
al fondo della dottrina, ma eziandio quanto alla
forma dell'esposizione; giacché volessi pure mu-
tarlo, io non potrei. Troppo sovente si contun-
dono due cose, tra le quali corre tuttavia un di-
vario essenziale, infinito: cioè combattere un er-
rore con energia , ed offendere con ingiurìe nn
autore. Se questo è colpa, quello é dovere. Il ri-
spetto all'errore può chiamarsi virtù da coloro
che sono al vero timidi jmicì; ma non certo da
quanti l'amano e l'adorano con religiosa osser-
vanza. E per me la causa del vero va innanzi a
tutto ed a tutti; né sapreij né pur sapendo vor-
rei direnderla a forza di scuse e di complimenti.
Quando si trovano alle prese Terrore e la verità,
io veggo su 'I campo, non persone, ma idee; e
per decidermi a seguire Puna o l'altra parte, io
19
non domando il nome delle prime, ma esamino
il valore delle seconde. Dove parmj di ravvisare
la bandiera della verità, quivi è il mio posto; e
ne timore d'avversarj, né affetto d'amici potrà mai
farmelo disertare, lo sono ben lontano dal presu-
mere, che il debole soccorso della mia parola ba-
sti ad assicurare il trionfo della causa, a cui mi
son dedicalo; ma s'ella dee tra le mie mani ve-
nir meno, sarà per difetto d'ingegno e di dottrina,
e non mai per fiacchezza d'animo e di cuore. Che
dunque un po' di forza e di calore animi'ii mio
stile, io non me ne posso emendare, né pentire;
poiché non è effetto dell'arte, ma del convinci-
mento. E quell'ingegni, a cui è vita lo studio e
religione la scienza, mi perdoneranno, se io non
son dì coloro che per difendere la verità si pro-
strano ginocchioni dinanzi all'errore.
Milano, agosto 1860.
LA
lUGIONE DEL SECOLO XIX
CAPITOLO PRIMO
• TATO DELLA 4|UEflT10HB
Qual è il carattere religioso del secolo XIX? — A
^esta domanda fanno risposte assai diverse i parti-
S'^ni del diversi sistemi. Il secolo nostro è eminen-
teiBente religioso, van gridando 1 catoiici; l'Europa
^alla grande unità della chiesa; il protestantismo
Smorto; il razionalismo è mefibondo; F Lneredulità
^ è più di moda. Fino a Londra e^è un cardinale
arcivescovo, e si fabrica una «uova chiesa per i ca-
•ofei; un'altra si è già £abricata perfino a Ginevra;
l«rfino in Prussia i gesuiti fanno le loro missioni, e
'Itre missioni si fanno p» tutta la Germania. In Fran-
^'^ poi, nella patria di Voltaire, nell'officina dell'En-
^l<)pedla, nel gran teatro della rivoluzione, è mira-
^^ il risurgimento del catcdieismo: ivi è catoli-
ym il governo, catolico rinsegnamefito, catolico
'Creilo, catolica la polizia ; ivi si restaurano le chiese,
"' <tecorano i frati e le monache, s'aumenta lo sli-
l*ndio ai vescovi, si tengono concilj, s'adora il papa :
22
insomma torniamo a' bei tempi deìla fede antica, U
catolicismo ba trionfato.
Ma i protestanti non l'intendono così. Il nostro se-
colo certamente è religioso, dicono essi ; ma in senso
ben diverso da quello che pretendono i eatolici. La
Riforma di Lutero si va compiendo adesso, e la ro-
vina estrema del catolicismo è imminente. Tutta l'Eu-
ropa è piena di Bibbie, e dir pastori che le commen-
tano al popolo; il popolo abbandona la chiesa di
Roma, e si converte alla jiura fede deir Evangelio;
si converte T Irlanda, si converte T Austria,, si con-
verte r Italia ; in breve si convertirà pure la Erancia.
Questa, per il protestantismo, è Tetà dell'oro; la fede
e la grazia di Gesù Cristo ha trionfato. — Chi di loro
ha dunque ragione: i catoliei^o i protestanti? Ed il
secolo XIX corre al papa, o a Lutero?
Né all'uno, nò all'altro, soggiungono in folla scrit-
tori e pensatori d'ogni maniera: la fede sopranatu-
rale oggimai è riconosciuta una favola; la Riforma
ha vissuto abbastanza, il Papato anche troppo; sono
instituzionl decrepite, non hanno più filo di vita. La
ragione è entrata finalmente nel pieno possesso del-
luomo e della società; e il Dio del secolo nostro è
la scienza. Il cristianesimo ha dunque terminata la
sua missione; da pochi ignoranti o ipocriti infuori,
non ha più credenti. I credenti, li apostoli, i martiri
sono con noi; sono tutti coloro che lavorano e sof-
frono per la scoperta del vero, il progresso del sa-
pere, l'investigazione della natura, il riordinamento
della società; coloro che alla rivelazione della Bibbia
han sostituito la ragione, al eulto di Dio la morale,
al prete la patria, alla chiesa l'Umanità. Ecco la fedei
dell'Europa moderna; e se finora non sono scomparse^
le altre religioni rivelate, gli è perchè si colleganoj
tutte con la forza bruta de' governi, e s' appoggiano!
ancora su l'ignoranza e la miseria delle plebi. Ma ìm
23
signoria (Ielle mentì e de' cuori non è più in loro po-
tere: al primo grido di libertà, che si levi nel mondo,
tottò è finito.— E questa opinione de' razionalisti è
dia vera, o tìkàì
Tal è la questione, che pigliamo ad esaminare: que-
^ DOD solamente grave per sé stessa, e degna
d'iBo stadio accurato e profondo, ipa piena d'impor-
tanza e d'interesse particolare a' di nostri, in cui —
^\ potrebbe più dubitarne? -— essa preoccupa tutti
li studiosi e prevale a tutti li altrj problemi. La re-
li^ è oggidì il pensiero che assedia le menti , è
^ rara che agita le coscienze, è il discorso di tutti,
<1^ prete ai soldato, dalla matrona al fanciullo, dal
Bttteifiatico air artigiano. Ciascuno crede al trionfo
<fci proprio simbolo; ciascuno grida alla morte del
^lo altrui: rimane a vedere chi s'apponga, e chi
^ifiganni. Io lasoerò al lettore proferire il giudizio,
^ che avrà tenuto dietro alla discussione, con cui
iBi prometto di risolvere il problema. L'ho studiato
^ medesimo con tutta la diligenza e la severità,
^ coi sono capace; ho indagato di buona fede e* con
Spassionato la verità; sono persuaso d'averla
^fovita; e quando pure io m'illudessi, la mia parola
^^ almeno, io spero, l'occasione ad altri di far
^noseere il vero, e mi t^rò sempre fortunato di po^
^ imparare,
\ la prima cosa, fissiam bene lo stato della que^
^. La ^oale s'intende ristretta alla parte più ci-
^del globo, cioè all'Europa e ad alcune regioni
^'America; polche tutta la controversia si dibatte
'■^ il crlstlanestmo e hi ftlosofla; onde quel luoghi,
^eiHm ha penetrato ancora o non ha attecchito
Indottrina della Bibbia e dell'Evangelio, sono fuori
^1 causa. Anche la condizione del tempo vuol essere
"Mnita. Il secolo XIX, ginnto poco oltre ai me^^o
24
del suo corso, comprende già' tre p^odi distinti, dia-
scuno de*quali per FinKlnenfi», cb'esercitò' su l'anda-
mento della civiltà, yale un sec<Ho da sé solo: 1M5,
1830, 1848 sono tre date, che segnano nella perpetua
serie degli umani progressi altretante ^epoche della
storia moderna. Ora dai grand! rivolgimenti del 48 in-
comincia un periodo novello del nostro secolo, che
ha pure le sue prerogative, le sue tendenze , le sue
opinioni, i suoi bisogni, in somma un carattere suo
proprio; ed è questo precisamente 11 periodo, a cui
^ riferiscono le odierne questioni. Adopero dunque
l'espressione di secolo XIX nel più stretto significato
di tempo presente, o di epoca contemporanea.
E non solamente quanto al luoghi ed ai tempi, nra
eziandio quanto ai sistemi la questione dev'essere cir-
coscritta; altrimenti riuscirebbe Insolubile. E^parml
evidente, che le sole dottrine, fra. cui si può discutepe
della supremazia in Europa, si riducano a due : cristia-
nesimo e razionalismo. Il cristianesimo si suddivide in
una moltitudine di sètte, più o men numerose e diver-
genti, ma le possono ridursi a due sole: catolicismo,
che è la più estesa, compatta, e disciplinata; e pro-
testantismo, che abbraccia tutte le altre coiismui^onl,
qualunque sia il loro simbolo particolare. Se non che
i termini estremi ed opposti, fra cui propriamente si
agita la questione, sono il catolicismo ed 11 raziona-
lismo, il primo dei quali rappresenta il principio d'au-
torità, ed il secondo il principio di libertà: quello si
fonda su i dogmi d'una rivekzlone divin§, e questo
su le idee della ragion naturale: l'uno crede a Dio,
e l'altro all'Umanità. Per lo contrario, il protestan-
tismo è un termine medio fra què' due estremi, e non
ri offre netta e precisa conformità o opposizione né
con l'uno, né con l'altro: ritiene qualche oosa delle
dottrine catoliche, ed in qualche altra s'avvicina
alle dottrine razionali; sicché, nel caso nostro, esso
2o
non può «vere che unlmportanza secondaria,, ed un
\aiore affatto relativo ed accessorio. Laonde noi di-
scDteremo 4la prima la questione ne' suoi termini for-
mali ed assoluti: catolicismo, o razionalismo; e dalle
coQclusionl, a cui la logica e la storia ne guideranno,
trarremo poscia le norme da giudicare con sicurezza
ed imparzialità il sistema protestante*
k procedei» con ordine e chiarezza conviene sta-
bilire due punti:
ÌJ* Quali sono 1 caratteri, che ad una dottrina o
ad un culto danno Timpronta di religione per un' e-
poca data?
V Questi caratteri, nell'attuale periodo del se-
colo XIX, in Europa, convengono al catolicismo o
2i raziiHìalismo?
Dalla prima indagine noi dobbiamo dedurre il cri-
terio generale e le segolo positive per risolvere con
certezza apodittica la seconda questione.
CAPITOLO SECONDO
CABATTBKI DI UNA KR|.l«IOMB
I limiti, entro cui abbiamo circoscritto lo stato
della questione che ci proponiamo d'esaminare, de-
terminano pure il senso, in cui dobbiamo prendere
la religione e. stabilirne i caratteri. Perocché ad in-
dagare le doti 0 proprietà che di una dottrina fanno la
religione di un'epoca, è evidente che s'ha da consi-
derare la dottrina medesima, non in sé stessa e nei
suoi attributi essenziali, intrinseci, assoluti, ma nelle
sue relazioni con la società, e nelle funzioni ch'essa
esercita su la vita intellettuale e morale, civile e
politica delle nazioni.
Quindi i varj significati, in cui suole più commu-
nemente adoperarsi, massime dai teologi, la parola
Religione, non fanno punto al caso nostro. Per noi,
essa non è, come l'interpretano d'ordinario li etimo-
logisti teologanti, il legame che stringe l'uomo a
Dio ed alle sue leggi. Non é, come pretendono i teologi
dogmatici, la conoscenza di Dio e del culto a lui dovuto.
Non è, come vogliono i teologi moralisti, l'osservanza
stessa del culto che Dio esìge dalle sue creature.
27
Non è iofine, come in generale rintendono i sovrana-
toralisti, il sistema delie leggi ctie regolano i rap*
porti fondamentali e universali dell'uomo con i suoi
simili, con l'universo, e con Dio; sistema che implica :
teoricamente, un concetto determinato e positivo su
la natura e li attributi di Dio, la formazione ed il
governo del mondo, l'orìgine, l'essenza, ed il fìne ul-
timo delFuomo; e praticamente, una serie di atti in-
terni e di offìcj esteriori per adempiere i doveri, che
ha ciascuno verso Dìo e la società.
Si tratta qui della religione sotto un rispetto più
generico insieme e più reale; si tratta, non della ve-
rità de' suoi dogmi, della bontà de' suoi precetti, della
credibilità de' suoi miracoli e de' suoi misteri, ma uni-*
camente della sua autorità su le menti, della sua ef-
àcada su i cuori, della sua influenza nella vita del
popoli. Laonde, in luogo di mettere a confronto i
sistemi di teologia, di cosmologia, di antropologia,
e di morale, che professano rispettivamente i cato-
liei ed i razionalisti, per decidere qual di essi me-
riti la preferenza; dobbiamo all'incontro instituire il
pangone fra l'impero rispettivo ch'esercitano cotesti
sistemi su la società moderna, per determinare qual
di essi costituisca veramente la religione del secolo
nostro.
Or bene, la misura dell'influenza generale di una
dottrina nella vita dei popoli dee risultare evidente-^
ffleote dalla somma delle 3ue influenze particolari nelle
Tarie funzioni della vita individuale e sociale del-
Foomo. E queste funzioni , come accanavamo su '1
prineipio del capitolo, possono ridursi a quattro capi :
Le intellettuali, nell'ordine del pensiero e della co-^
QQscenza;
Le morali, nell'ordine della volontà e delVafletlo ;
Le civili, nell'ordine delle relazioni dei cittadini
fra loro;
S8
Le politiche, ttell'oFdine delle rels^ionl dei cittadini
con lo> Stato, e di ciascuno Stalo con Vi altri.
Ecco pertanta i caratteri essenziali, di cui ha da
essere fornita una dottrina per aver titolo e valore
di religione in rispetto ad un'epoca data.
I. ^eir ordine del pensiero e» delk conoscenza, la
religione dev'essere il criterio della verità. — li che
non significa già ch'dla abbia da essere un' enfciclo^
pedia a rigore di ternfini o una scienza compita e
perfetta dell'Assoluto: che allora (piai dottrina avrebbe
mai potuto in passato o polirebbe mai in avvenire
Intitolarsi rerigione? S^nliìca bensì, che a lei spetta
di sua natura il primo e supremo officio nella dire-
zione delle menti e nello studio del vero. La serie dei
principi, clie costituiscono la religione dì un indivì-
duo 0 di una società, no»^ va subordinata ad alcuna
altra serie di cognizioni, ma vuole subordinate a sé
tutte le altre. L'uomo non può fare di una dottrina
la sua religione, se non a patto di sottomettere ad
essa pienamente il proprio intelletto. L'elemento vi-
tale, organico, per così dire, della religione è la kd^;
e la fede in una dottrina esclude non solamente ogni
dubìo intorno alla sua verità, ma eziandio ogni di-
pendenza della sua verità dalla verità di qualsiasi
altro principio. Quindi ciò che credesi con fede reli-
giosa, dee credersi prima e sopra di tutto; dee ri-
guardarsi come legi&hzione del pensiero, come disci-
plina della ragione, come norma della scienza, 11
insegnamenti delia qtmle in tanto sono reri e certi,
in quanto s'accordano co '1 principio religioso, in
tanto falsi e riprovevoli, in quanto se ne dipartono.
Ecco in qual senso la religione è il criterio delta ve-
rità. Chi la professa, la tiene di necessità per la forma
assoluta ed autentica del vero; a lei assuggetta il
proprio giudizio^ a lei mira sempre come ad un faro
8»
ùiMièiie nel corso de'proprj ragiooafflenti; dì lei si
vale come di mìsara iodefetlibìle neirappcezzare ogni
DToéDlU) ddr ingegno limano. Senza dì ciò, U con-
cetto stetso di religione verrebbe meno, e non avrdd)e
pia eoetmito.
E questo carattere della dotlriina religiosa appa-
rìsce vie più esseniìale e Icmdametttale ove trattisi
di una dc^lrìna, che si ipcetenda sonrranatttrale, rive-
lata. Insomma prettamente divina. Allora essa parla
Ih nome di I>io;»ma che Dio sarebbe «quello, a cui
datasse legge il senno umano? £ <|ual efficacia, qual
autorità avrebbe la eua panda, quando stésse aH'uomo
il diclùacarla verace o menzognera, reale o £avdosa?
^i è io arbìtrio ddl'uomò accettar quella religione
erìfiutaria; ma accettata Che raU>ia, non è .più in
suo arbitoio di fame la critica: il dogma diventa
per lui la lonnola assoluta della verità, perchè è
i'espnssaìime «tessa del pensiero di Dio; diventa la
k^ eterna delle sue idee e delle sue credenze, per-,
che rlvda il concetto della Ragione su^nziale ed
immfsale, che è la m^te slessa dì Dio.
0 primo carattere adunque, onde noi dovremo
«gumentare se la rdigione del secolo nostro sk il
catolicismo o il razionalismo, sarà questo: esaminare
quale dei due sìa professato dalla società moderna
come eriterio ultimo del vero.
n. Nell'ordine della volontà e deiraffietto, la reli-
glooe dev'essere la legge deitla coscienza. ^ rPeroc-
chè dessa sta moralmente al tiene, come speculativa-
mente al vero; e domina tasto il cuore co -suoi pre-
cetti quanto l'intelleiHo co' suoi pfincìpj. Anzi forse
più ancora quello che questo; poiché l'eficacia della
rellglcme si misura più e meglio dagli atti dhe dal
roDcetti; è più pratica che teoretica, più morale che
doUrinale. 11 sistema, di cui l'uamo fa la sua reli-
30
gione, è duaque per lui non sólo il criterio per di"
scernere il i^ero dal falso, ma altresì la regola per
distinguere il bene dal male. È desso che guida la
volontà a praticar l'uno e fugir Taltro; desso che
governa li affetti, che modera le passioni, che inspira,
indirizza, conforta la coscienza. L'uomo adunque in
tanto professa una religione, in quanto uniforma alle
sue leggi i proprj atti morali ; giacché un principio non
divien religione^ se non appunto perchè scende dalla
mente nel cuore, e riverbera dal cuore nelle azioni.
Ed anche questo carattere della dottrina religiosa
acquista maggior evidenza e rigore, qualor sì appli^
chi ad una religione positiva o rivelata. Chi se ne
fa seguace non è più lìbero dì seguire il lume na-
turale, che lo inspira e lo dirige; né il sentimento
spontaneo, che l'attrae e lo commuove; sua prima
ed ultima legge è la volontà di Dio. Questa volontà
medesima costituisce, per lui, tutta la differenza che
passa fra il bene ed il male; bene è ciò, che Dio co-
manda; male ciò, che Dio proibisce; e si dee far Tuno
e fugir l'altro, non in virtù d'una legge naturale del^
l'Umanità, la quale rimanga indipendente affatto da
ogni arbitrio di chi che sia; ma in forza di un or-
dine pienamente libero di Dio. Non v'ha dunque una
differenza essenziale e razionale fra il vizio e la virtù;
né può la coscienza trovare in sé medesima il prin-
cipio morale, che la guidi a questa e la preservi da
quello: è un principio, che dee rintracciarsi nel de-
creto volontano e positivo di Dio; decreto registrato
in una rivelazione particolare e sovranaturale» che
impone all' uomo il codice de' suoi doveri. E que-
sto codice egli deve ammetterlo ed osservarlo, tal
quale è, semplicemente ed intieramente, finché pro-
fessa la religione che lo ha promulgato e sancito.
Qualora ei volesse farne l'esame e la censura, ricc-
\'endo solo quelle leggi che la sua ragione appro>-
31
nssR, e rigettando ^lielte altre a cui la non sapesse
Éeoonciarsì ; allora l'uomo si fareb])e giudice dì Dio;
citerebbe al tribunale della propria coscienza la sua
religione; riconoscerebbe cosi una legge, un princi-
pio morale, anteriore e superiore al suo volare, cioè
BTrebbe con quell'atto stesso rinunciato alia religione,
rbe dìcea di venerare come divina. Non havvi dun^
(pie alcuna vìa di mezzo: se la religione non detta
la legge alla coscienza, è nulla^
Ed ecco il secondo carattere, onde potreìtoo giudi*
pare del valore religioso, che oggidì compete nella
stima dei popoli alla dottrina cristiana e alla razio-
nale: vedere da qual delle due la coscienza del se-"
colo attinga la legge morale della vita.
U\. Nell'ordine delle instituzioni civili, la religione
dev'essere la regola del progresso. -—È questo un co-
rollario de^principj stabiliti. E per fermo, le institu-
zioni che reggono una società, non possono esser al-
tro che lordinamento pratico e lo sviluppo effettuale
della scienza che elabora le idee, 6 della morale che
dirìge il affetti delle persone associate; poiché le idee
e lì affetti sono i due elementi, da cui risulta la vita
propriamente umana. Se dunque la religione presiede
alla scienza ed alla morale, presiede eziandio per ne-
ressità alle instituzioni civili, le quali però dovranno
sempre rispondere allo spirito religioso dei tempi,
onde s'informa tutto il diritto sociale. Ma questo di-
ritto, immutabile ed eterno ne' suoi principi ideali,
viene tuttavia svolgendosi a mano a mano che l'uomo
ne dà una teorica più esatta, e ne fa un'applicazione
più fruttuosa; ondo nasce quel modificarsi vìa via
delle forme di governo e delle varie leggi, con cui
è ordinata la iamiglia, la proprietà, T educazione, la
fcinstizia, secondo il grado di cultura, che la società
viene raggiungendo con l'andare de secoli, In quo-
32
sta trasformazione successiva e perfezionativa coosf-
ste il progresso: dunque il progresso di un'epoca do-
vrà misurarsi con la regola stessa, che governa la
ragione e la coscienza dell'uomo, cioè la religione. E
dall'indole propria dei sistemi d'economia, di giuris-
prudenza, d'insegnamento, che prevalgono ndla so-
cietà moderna, si potj^à indurre a buon diritto, sotto
l'impero di qual religione essa proceda nel suo t^mr-
mino: se obedisca agli oracoli della Bibbia o ai det-
tami della ragione, se all'autorità del papa o all'in-
spirazione della coscienza.
Quindi abbiamo 11 terzo carattere da giudi(^are, se
lì cristianesimo o il razionalismo debba dirsi la re^
ligione del nostro tempo: cercare qual dei due for-
nisca oggidì ai popoli la regola del progresso civile.
IV. Nell'ordine delle relazioni politiche, la religione
dev'essere la norma del diritto publico. — Anche
questa è una conseguenza de'principj antecedenti. Il
contegno, che tiene un popolo verso i suoi gover-
nanti, 0 una nazione verso di un'altra, risponde per
necessità alle sue condizioni intellettuali, morali, e
civili. Se dunque la scienza, l'etica, e la cultura del
popoli rappresentano la loro dottrina religiosa, do-
vrà pur la loro politica ritrarre la loro religione. La
politica, considerata in generale, è per le nazioni
quello che èia morale per l'individui; questa deter-
mina le leggi della vita privala; e quella, le leggi
della vita publica^ Ora nella vita publica, più ancora
che nella privata, dee rivelarsi ciò ohe i popoli credono
e sanno; devono incarnarsi i pensieri della loro mente
e li affetti del loro cuore. Tanto è vero, ch'essf hanno
sempre confuso in uno que'due sentimenti misteriosi,
ma potentissimi: Dio e patria; ed Itan foggiato o la
patria ad imagine e slmigllanza del loro Dio, o Dio
a slmigllanza ed imagine della lor patria.
33
Né mi sì opponga la distinzione vulgare, che altro
è la polìtica, ed altro la religione; e che l'una può,
anzi deve non immischiarsi punto nelle cose dell'al-
tra.—Codesta distinzione vale bensì per i popoli ed
i tempi, in cui è morta la fede nella rivelazione di-
vina, e non è ancora instaurata la fede nella ragione
nmana; ma non ha senso alcuno per le coscienze ope-
rosamente devote alla legge catollca o alla legge ra-
zionale. Perocché una dottrina, rivelata o naturale
che sia, non adempie l'officio di religione, se .non è
la regina di lutto l'uomo, individuo e società. È dessa
fhe ne Illumina la mente, ne signoreggia il cuore,
ne alimenta la vita, ne modera le azioni, private e
pobliche, individuali e nazionali ; onde li separare la
politica dalla religione sarebbe allora così ragione-
vole, come il dire agli Stati: operate sen?a criterio
di verità, né legge di coscienza, né titolo di diritto.
Sarebbe dunque un suicidio morale; suicidio im[K)s-
sihiie agi' Individui, e tanto più alle società, nelle
quali la legge o Tinstinto naturale di conservazione
è assai più prepotente ed ineluttàbile.
Di qui però noi ricaviamo il quarto carattere, per
nii potremo dlscernere, se il cristianesimo o il ra-
zionalismo sia la religione del secolo presente: inda-
gare da quale dei due proceda la norma del diritto
pablico delle nazioni.
Questi prìncipi non possono impugnarsi da veruno,
rhe ami e cerchi di buona fede la verità. Perciocché,
ia primo luogo, la questione che abbiamo per le mani
riasdrebbe affatto insolubile, se non avessimo pre-
stabilito i caratteri fondamentali e costitutivi dell'in-
anità, che ricerchiamo. Ciascuno giudicherebbe del
«j*olo nostro dal suo punto di prospettiva parziale:
'^hi vedrebbe da per tutto catol lei, chi protestanti ; e
1** aflermazloni dell'uno varrebbero né più uè meiio
I. 3
34
che le negazioni dell'altro. È dunque necessario dì
fissare prima d'ogni cosa un termine dì confronto, a
cui debba rimettersi, come a giudice supremo, la de-
cisione; e questo termine evidentemente non può es-
ser altro che un principio o una formula generale,
la qual determini che cosa sia la religione di un'e-
poca data, cioè quali caratteri e quali funzioni le ap-
partengano in seno all'Umanità. Or analizzando bene
l'efficacia che compete essenzialmente alla religione,
si fa manifesto, ch'essa implica le quattro proprietà
da noi già enumerate; poiché una dottrina, sì sovrana-
lurale o rivelata, e sì razionale od umana, non me-
riterebbe giammai l'augusto titolo di religione, se al
suoi tempi non fosse criterio della verità, legge della
coscienza, regola del progresso, e norma del diritto
nazionale. E, oltre la ragione, ce lo dimostra pure la
storia. Potrei citare le testimonianze dell' antichità ,
che sovrabondano all'uopo; e senza ricorrere ai do-
cumenti, ancor incerti ed oscuri per molte parti, del-
l'India, della China, della Persia, dell'Egitto, potrei
verificare codesta formula nella storia abbastanza nota
di due popoli famosi, l'ebreo e l'arabo. I quali, Del-
l'epoca della loro floridezza che cosa sono? Sono
l'attuazione o l'incarnazione vivente, parlante del pro-
prio codice religioso; il primo del Pentateuco, il se-
condo del Corano. Ma basterà ch'io rammenti un'e-
poca più vicina e più confacente al nostro subjetto.
Parlo del secondo periodo del medio evo, quando il
catolicismo, giunto all'apice della sua potenza, regnava
senza contrasto su quasi tutta l'Europa. Che spetta-
colo ci presenta la storia dal secolo XI al XIV ?
Per rispetto al pensiero e alla conoscenza, è la
chiesa che parla in nome di Dio, e insegna le verità
da credere e svela li errori da riprovare. Regina
dell'umano sapere è la teologia, dinanzi a cui le al-
tre scienze non sono che umili e timide ancelle. Essa
35
fornisce loro i piinclpj, (issa i limili, prescrive il me-
todo, e prefige la meta. Se qualche genio Indocile
presume di scuotere il giogo duro e servile, la teo-
logia lo denuncia e io condanna ; i popoli ne conce-
piscono orrore, e l'abbandonano; i priacipi s'armano
contro di lui, lo perseguitano, lo bandiscono, lo tol-
gon di mezzo. Rogero Bacone vorrebbe creare la
scienza della natura: ma nella scienza trova molte
verità, che dispiaciono alla chiesa; la quale usando
del suo diritto, dichiara che sono errori; e tutta la
cristianità, tranne forse qualche amico o discepolo
segreto di queir ingegno prematuro, fa eco ai teo-
logi, grida alla magìa, invoca li esorcismi, e continua
ad osservare la natura con rocchio, non della ragione,
ma della Bibbia. Abelardo getta le basi di una re-
staurazione della filosofìa; ma non place alla chiesa,
la quale condanna lui e le sue dottrine; e la sen-
tenza di Roma divien legge in tutte le scuole di Eu-
ropa. Wlclef rivolge i suoi studj al diritto ecclesia-
stico e civile, e comincia a scoprire alcuni elementi
del gran principio di libertà ;Hna i vescovi e i papi
decidono che egli è in errore, e TEuropa se'l crede*
Così avviene delle dottrine degli Albigesi, dei Val-
desi, e d'ogni altra scuola o setta che si diparta
ibi catolicismo. La chiesa dice: questa è la verità,
qoello Terrore; ed i popoli cristiani ascoltano doclK
nente la lezione, la ripetono, l'imparano, e la pro^
bsano come loro propria credenza.
Lo stesso spettacolo ci si offre neirordine morale,
U chiesa annunzia , che è opera buona e meritoria
U strage dei saraceni ; e l'Europa si precipita in Asia^
t la mette a ferro ed a fuoco per piacere a Dio- L'e-
resia viene dal pontefice dichiarata ribellione e sce-
kìrateoa; e basta, perchè l'assassinio e lo sterminio
degli eretici si compia In nome di Dio , ed in osse^
q«no alla religione. Le pratiche del mislìcìsmo per
36
sentenza della chiesa sono la via del paradiso; ed
ecco tutta la cristianità sostituire alla virtù la pre-
ghiera, all'onestà la mortificazione, alla giustizia l'e-
lemosina, al lavoro il pellegrinaggio. La santità si mi-
sura co'l numero dei salmi recitati, delle genufles-
sioni, delle indulgenze, dei digiuni, dei flagelli, delle
penitenze; la moralità publica consiste nelle proces-
sioni, nei misteri, nelle ricchezze del tempio, nel lusso
del clero, nella moltitudine del conventi. I popoli po-
stergano i dettami della coscienza agli insegnamenti
del prete.
Né altrimenti avviene delle ìnstiluzioni civili. Dalla
lutta della civiltà latina con la barbarie germanica,
TEuropa era uscita feudale; ma la chiesa volea ser-
virsi del feudalismo per istru mento ad aumentare le
forze e le ricchezze proprie. Ora lo combatte con le
armi del popolo, e favorisce i Communi; ora lo as-
sale col potere dei principi, ed ajuta le monarchie.
Poi, siccome essa vuole il feudalismo docile e sug-
getto, sì, ma non abbattuto e distrutto, lo difendo
contro 1 popoli e contro i re; si fa anch'essa feudale.
Dove può usare la forza, usurpa; dove torna meglio
la frode, inganna; tutta la libertà, ch'essa concede
tìgli Stati, al feudi, ed ai Communi, si riduce a que-
sto: cooperare all' incremento della chiesa. E le ìn-
stituzioni adattate allo scopo non mancano. La chiesa
ie crea; crea l'inquisizione, inventa li ordini de'fraii
mendicanti, costituisce le università, sposa il pasto-
rale alla spada : tutto il progresso dr que' tempi con-
siste nell'ampi iazione de' suoi privilegj.
E il diritto politico che cos'è? È l'arbitrio del papa.
Tre nomi compendiano in sé tutta la vita nazionale
dell'epoca; Gregorio VII, Innocenzo III; e Bonifa-
cio Vili. È la chiesa, che distribuisce provincie e
reami, che consacra e depone l'imperatori, che som-
muove e raffrena i popoli. E i poj)oll non riconoscono
37
allro diritto publlco, che 1 suoi cànoni, le sue scom-
muoiche, ì suoi interessi. Così il catolicismo può ve-
ramente reputarsi la religione del medio evo ; poiché
in tatti li ordini della vita è desso la legge suprema
degrindìvidui e delle nazioni.
Dovrei ora far l'applicazione di questi t)ri nei pj al-
l'esame dello stato religioso del nostro secolo; dovrei
mostrare, come oggidì non è più la scienza che vada
alla scuola della Bibbia e della chiesa, ma è anzi la
chiesa che dee lambiccarsi il cervello per conciliare
la Bibbia con la scienza; come non è più la società
che apprenda la morale dal clero, ma invece è il clero
che dee conformarsi alle leggi della publica opinione ;
come il progresso civile non segue più la disciplina
della chiesa , ma la precede e la trascina ; come in-
line la politica non obedisce più ai decreti della cu-
ria di Roma, ma le comanda e la governa. Dovrei
quindi arrivare a concludere direttamente, che il ca-
tolicismo non è più la religione del secolo XIX. Io
però confido di poter conseguire l'intento medesimo
per 4ina via più indiretta, ma forse meno ingrata ed
inamena, prendendo a fare una breve critica del fa-
moso libro, che venne di recente publicato su questa
materia da un famigerato campione del catolicismo (1).
'Il Dea iniéréls ealhnlirjves au XIX siede, par le comte Db
SojfTALBMBERT, Villi cles quaraiilc de l'Académie francaise. Pa-
ris, 1;>J2 (sei'lcojbre).
' CAPITOLO TERZO
cbitehio nci.iQioso di jaoynfAfAsmnvmt
Lo scritto del conte di Montalemhert, uno dei qua-'
vanta dell* Acadeinta francese, può dividersi in due
partì. Nella prima ei vuole dimostrare il trionfo del
catolicismo nell'età nostra; e nella seconda cerca di
provare, che 11 governo liberale e rappresentativo si
confa oggidì meglio d'ogni altro all'indole del cato-
licismo. Di questa ragioneremo poi ; per ora restrin-
giamoci a quella.
Già l'Europa conosceva il conte di Montalembert
come il paladino più audace ed insolente dei gesuiti,
e il partigiano più aperto e feroce della guerra ci-
vile in Isvizzera. L'Italia sopratutto già lo conosceva
come il più accanito fautore e il più bugiardo apo-
logista della spedizione dei Francesi contro la RQpu-
blica Romana. Oh I l'Italia rammenta, e l'ha sculpito
in cuore, che quel furioso catolico l'ha insultata pu-
blicamente dalla tribuna, lanciando calunnie e vitu-
)ieri su '1 più grande e più nobile de' suoi popoli: il
Romano. Ma nell'ultimo libello il conte ha sui)erato
^è stesso; né io so d'alcun avvocato, che patrocinando
39
ma cansa iniqua e tirsperata, abbia mal maneggiato
con tanto dì disinvoltura il sofisma.
A chiarire la prima parte del suo assunto gli fa-
cca mestieri determinare, come ho dianzi avvertito,
m principio, un criterio, da cui si dovesse dedurre'
Tincremento o la decadenza di una religione; indi
farne T applicazione al catolicismo; e poi trarne la
conclusione- Così prescrìvea la logica del senso com-
mnne; ma la logica degl'interessi catolici che ha mai
da fare con esso? Il conte, che si diletta d'arte ora-
toria, badò a delìneare un bel quadro storico reli-
gioso alla sua maniera; e nient'altro. Non è'un pro-
blema ch'egli prende a risolvere, o una ricerca che
»i mette a fare; è un panegirico a tema obligato, o
Famplificazione retorica dì un sogno del suo partito.
Quindi non attendetevi da lui prove d'alcuna sorta, né
storiche, né razionali; che la storia eì l'ijiventa, e la
ragione el Tabomina come nemica di Dio e della chie-
sa. Ecco perchè egli ha giurato un odio eterno ai fi-
losofl ed alla filosofia: gli piace di ragionare a suo
Biodo; e lo stile, che gli va meglio a sangue, si è
queUo degli oracoli. In vece adunque di giudicare le
«adizioni religiose dì un popolo o di un secolo con
in criterio generale, che ne facesse degnamente ap-
prezzare la vita e l'energia scientifica, morale, civile
« politica delle suo credenze, Montalembert ricorre
'irespedienle diegV interessi, e conchiude alla prospe-
rità 0 alla declinazione del catolicismo in un dato
l«<se, secondo che v'incontrano lieta o avversa for-
tana i suoi affari. Oh vergognai E costui si vanta
'^tolico? E il gran 'partito catolico di Francia rico-
n»ce costui per uno de' suol capi? E tutta la santa.
''hìesa catolica applaude a costui, come ad uno de'
^'lol p\u valenti e generosi difensori? Povera
^I Convien dire, che sia morta e ben morta dav-
^^ro, poiché i suoi slessi apostoli non sanno più che
4a '
oosa sia, e ti^ haftnò sraarrtta la coscienza e la me-
moria fino al punto dì scambiare un sistema religioso
con una questione commerciale! — Ahi signor conte,
rinteressi del vostro negozio van rifiorendo? Me ne
congratulo infinitamente con voi, co '1 vostro capitale,
con la vostra rendita, e con la vostra bottega: vuol
dire, che possedete ancora di forti somme, con cui
riuscite a vendere e comprare secondo il bisogno, e
non vi mancano li avventori. Ma questi conti non
avete da aggiustarli con noi; leson focendeda trat-
tarsi alla banca o alla borsa insieme con 11 usuraj ^
vostri amici e patroni. Tra noi si discorre di fede e
di religione; e voi ci parlate d'mrere^^i? Finora, che
io sapia, nessun Incredulo, nessun ateo s'arrischiò
mai di lanciare in faccia al catolicismo un insulto
COSI atroce, che lo spegnerebbe del carattere di reli-
gione, e ridurrebbe tutta la sua grandezza alla mi-
sura degl'interessi. Finora tutti coloro, che hanno
letto una storia, credevano che Tetà d'oro del cri-
stianesimo fossero 1 primi secoli della sua esistenza ^
quando la fede traducevasi in entusiasmo, la carità
in eroismo, il culto in martirio, l'Evangelio In ispi-
ri to e vita della società dei fedeli; quando per la
chiesa il Cristo era verità, scienza, legge, morale,
potere, tesoro, ogni cosa. E pure a quei di Yinteressi
della religione appajono tutt'altro che floridi e pro-
sperosi 1 Le potenze della terra congiurate a suo danno ;
nemiche le autorità, nemiche le scuole, nemiche le
armi, nemiche le ricchezze; derisi i proseliti, persegui-
tati, puniti come malfattori; la novella credenza nu-
trita solo di sacrifìzj, di lacrime, di dolori, e di san-
, gue. Voi dunque, signor academico, voi avete sco-
perto una nuova teorica cristiana : non è più la fede
che importa al catolicismo, sono Yinteressi, La fede !
oh! di codesta anticaglia voi non sajietc che farne.
Salvi che s'eno V interessi, salva cioè la cassa e la
41
bandiera, salvi i lìoderì e i LeneQzj, talvo il titolo
e il grado, salve le ceremouie e le livree, la vostra
religione è sicura, è soddisfatta, e può intonare a sé.
stessa il cantico del trionfo. Che i popoli la detestino,
i dotti la combattano, i letterati la beffeggino, e fino
le donne, i ragazzi, e le plebi se ne ridano, poco
v'importa: la vostra religione non bada punto alle
credenze dei |)opoli, non al. cuore dei dotti, nò dei
letterati, né delle donne, né dèi fanciulli, né dello
plebi: ridano o piangano, rispettino o bestemino,
imioo od abori'ano, poco v'importa. tJna àola cosa vi
sia a cuore, una sola 1 che il governo tuteli i vostri
interessi; e voi trionfate 11 ... .
Io non so che cosa pensi di questa vostra scoperta
il clero catolico; e per l'onore deirUmanità io desi-
dero, che levi Un grido d'orrore contro di un mate-
rialismo così mostruoso (l). Posso accertarvi però,
(!; Qui devo confessare di essermi ingannalo; io aveva
Iroppo buona opinione del parlilo calolico. Ko, mi locca di
rendergli per forza questa lesUmonianza d'obbrot)rio, non ò
sono dal suo seno alcun giìdo d^orrore e di esecrazione con-
iro il IbrpC malerialismo, a cui il signor Monlalemberl ha ri-
dalla la religione della sua chiesa. Il suo libro venne anzi
acrollo con plauso e levato a cielo da tutta la slamp.i del
suo partilo, quasi come un nuovo Evangelio. Due voci sol-
tanto, a mia sapula, non vollero far eco puramente e scm-
pUccmenie a quel coro d'applausi insensati; e temperarono
(Ton po' di critica la lode, che pur non mancarono di lar-
gire al loro corifeo. E sono VÙnivers di Parigi e la Civillà
C'itoìica di Roma, i due interpreti più Ingilimi ed autorevoli
del catolicismo papale; ai quali il libro di Monlalemberl do-
leva andar poco a sangue, non ^ià per amor della fede, ma,
(«r odio della libertà.
Io non ho lello la diatriba ùeWUnivers; ma da quanto ne
riferlrouo i giornali di quel tempo era manifesto, ch'esso tro-
vava da ridire ncir opera del suo antico patrono, perchè in
toigo di predicare r assolutismo in nome di Dio, raccomau-
42
che fra quanti filosofi materialisti esìstellero mal ccf
esistono ancora, voi non ne trovereste un solo, il
quale non si vergognasse della vostra compagnia, e
non vi respingesse da sé come un'ighominia dell'in-
lelletto e del cuore umano. Perciocché questi filosofir
che voi maledite senza conoscerli, revocheranno bensì
In. dubio, e forse negheranno le vostre assurde dot-
trine su la natura degli spiriti, terrestri o celesti che
dava una colai libertà in nome delta chiesa ; onde lo avrebbe
celebrato a piena gola, se avesse difeso il diritto divino della
tirannide, quand'anche fosse stato a cento doppj più infcsto>
alla dignità e air idealità della religione.
Ho bensì veduto la crtlica della Civiità eatoliea, chevenne-
In luce nei N.* 68 e 69 ( Serie $.*, voL I ) , qvand* era gi^
solto i torchi la prima edizione del mio libro. E dal titolo-
stesso de* suoi articoli: Di una apologia catoUea degli ordini
rappreieìitativi, apparisce come e perchè il critico gesuita^
fosse mal soddisfatto dell'opera di Montalembert. Per la Ci-
villa eatolica li ordini rappresentativi sono la quintessenza
della rivoluzione, in quanto che van naturalmente di conserva
con le libertà politiche e civili, che sono il fondamento del di-
ritto publico moderno; onde quaiitlcando il libro per un' apo-
logia degli ordini rappresentativi, essa dà chiaramente a di-
vedere che io disapprova e lo biasima, non in quanto cor-
rompe la fede, ma in quanto esalta la libertà. Quindi essa
appunta di equivoci {ed ove non si trattasse di un tanto con-
fratello, altro che equivoci!) quei principi di Montalembert
(e più innanzi occorrerà anche a me di riferirli e confutarli),
che il governo della chiesa è temperato, e che la religione ha
bisogno di libertà; prova assai bene (e lo proverò meglio-
anchMo a suo luogo), che al catolicismo non giova la libertà
dei governi rappresentativi; che intorno all'alleanza della
chiesa co'l potere assoluto, le dottrine di Montalembert sone*
disdette dalle encicliche di- papa Gregorio, eco.: tutte censure^
che lungi dal ribattere Taccusa ch'io muovo al signor Mon-
talembert di convertire la religione m una bottega ^ la co»-
fermano anzi sfacciatamente rigettandone la colpa su tutta fa
chiesi.
43
Steno; ma non prostituirebbero giammai una verllà
0 una credenza nel fango óegi' interessi ; né mai la
proclamerebbero più o meno certa e fiorente, secondo
il più o meno di favore, che le prestano i governi.
E noi, signor conte, noi razionalisti, panteisti, atei,
rome meglio vi piace, noi, vedete, crediamo al trionfo
delia nostra religione, che è la religione della verità,
della giustizia, della scienza, della natura, non a ca-
gione de^suoi interessi più prosperi di giorno in giorno
— la questione degli interessi noi la lasciamo a' ban-
rhicri — ma per questo s«)lo ed unico motivo, ch'essa
è vera e giusta, e conforme alla legge scientifica e
naturale dell'Umanità. Assicurato questo punto, la
Destra fede è invincibile, e trionferà. Se un po' prima
0 un po' dopo, la è questione di tempo; ma il tempo
è iedde, e compirà l'opera sua. Degl'interessi non ci
cariamo più che tanto; poiché é l'idea* che impera
sn Ilnteressi, non già questi su quella. E quand'an-
che voi co' vostri degni patroni e satelliti riusciste,
non solo a danneggiare, ma a rovinare affatto T in-
teressi della nostra causa; quando giungeste a chiu-
derci dentro un cerchio di ferro, e ad inchiodare cia-
scuno di noi fra un gendarme ed un gesuita; la no-
stra fède sarebbe sempre la stessa, sempre viva ed
ardente, sempre salda e sicura allo stesso modo. C'im-
porrete silendo? Ma surgerannO a milllaja e milliaja -
)e lingue, che vi grideranno su'l viso : Imbecilli 1 La
verità è una forza, che in breve spezza le spade ; la
^ostizìa è un'arma, che presto rompe i cannoni. Avete
bruciato su '1 rogo i nostri padri, e credevate sepolta
ia quelle ceneri la loro parola: stolti! La loro pa-
mb ha minato la vostra autorità, e trionfa. Arri-
^%te pure a comprimere nei nostri petti la fede, che
rinfiamma; arrivaste ad impedire, che la presente
generazione l'abbracci e la professi con publico culto ;
« che per ciò? La nostra fede abbaitela bentosto
44
voi ed i vostri poteri, e nella nuava generazione trioni-
fera (l).
Ma lasciarlo il linguaggio della fede; che il calo-
licisQìo non l'intende più. Parliamo dunque de' suoi
interessi; e vediamo, se almeno in materia dì afTarl
Montàlembert cagioni a dovere. Iln vizio fondamen-
tale, come ho teste osservalo, guasta lutto il suo di-
scorso, e gli dà il tono di una vana declamazione:
dico la mancanza di un concetto, di una teorica, di
un criterio generale, in somma, senza di cui ne pure
lo stato degl'interessi di unìnstituzlone o di una so-
cietà qualunque si può definire. Tal è il processo,
che la logica gli prescriveva in una discussione di
questa fatta: stabilire in prima, quali sleno 1 carat-
(1) Questa credenza vieQ confermata eziandio da una testi-*
monianza, ctieruon è certo sospetta: • Noi lasciamo (è un ge^
» suila elle parla a nome do' suoi) noi lasciamo che i pretesi
N rigeneratori deiritaiia e del mondo faciano esclusiro mo-
» nopolio dell' altuosità e delia solerzia, in quanto essi per
» questa parlo la pensano ben altrimenii di noi, e si appon-
B gono a maraviglia. E cbe significa, se 11 elei vi salvi, quella
» fede nella idea, alla qual fede sono assiduamente esortati
ff dai loro corifei, e che forma quasi la loro tèssera e la loro
» divisa? Significa questo appunto che diciam noi: flncliè a
» qualunque ristorazione sopravivono onorati (e sopravissero
» onoralissimi finora a tutte) alcuni concetti anlireUgiosi e
» anlisociall, essi presto o tardi verranno a galla un'altra
» volla, e i partigiani loro si avvedranno che non indarno vi
» ehhero fede. Però essi ve l'hanno piena e saldissima, fa-
A ccndo ogni opera, né ricusandosi ad alcun sacrifizio per
» mantener vivo, come dicono, il fuoco sacro dell'opinione.
» Finché questo mantiensi desto almeno noi principi, le con-
s soguenze ne saran tirate presto o tardi, ma infallibilmente :
• se il conato non riesce una volta, proverà uo* altra; né vi
V è forza umana cho basti' a trattenerne il corso» essendo
» pure verissimo che la logica è più potente dei cannoni. »
{La Civiltà catolicat voi. IX, ptng.. 13.)
io
Ieri degl'interessi dì una religione; e poscia dimo-
strare, che quei caralleri competono al catolicismo.
Ma il conte academico ha in uggia la logica perfino
nelle questioni d'interessi 1 Mi è forza pertanto di se-
guitarlo ne' suoi ghiribizzi, saltando con lui di palo
in frasca, e raccogliendo i suol principj a mano a
mano che il bisogno della sua causa glieli caverà
dalla penna.
Per provare il trionfo presente del catolicismo, egli
passa in rassegna le varie contrade d'Europa, e In-
comincia dalla povera Polonia. Tristo principio! Colà
11 trionfo della chiesa catolica si riduce ad una lon-
tana speranza; ècco tutto: Egli è impossìbile di ri^
mnciare alla speranza d'un miglior avvenire, e di
credere la Polonia morta per sempre, in un secolo
che ha veduto rinascere la Grecia e V Irlanda (1). È
già molto per un Montalembert, ma non basta ; e sV
gli non fosse da buon catolico abituato a postergare
la lealtà e la buona fede ?igV Interessi della setta,
avrebbe dovuto confessare, che In quel paese infelice
il catolicismo venne ferito a morte, non dal doloroso
abbandono, di cui fu vittima per parte delle altre na-
zioni sorelle (2); non dallo spirito rivoluzionarlo, con
nii non ha abjurato 2ìiìcotb. ogni solidarietà (3); ma
<ibbene dalla viltà e dal tradimento dì un papa. Per
la Polonia il catolicismo cessò di essere la sua rell^
gion nazionale II di H giugno 1832 (4), In cui Gre-
(I) Il est jmpossible de rcnoncer à Tespoir d'un avenir
meWìeUT, et de croire la Poìogne morie à jamais, dans un
iióela qui a va renattre la Grece et ririande (pag. ii).
(t) Vlctiroe da plus donloureux abandon (pag. 10).
(3) Abjurer loule solidarité avec respril révolulionnaire
(l«B. iO).
ii) Breve Cum primum ad anres ai vescovi di ^Polonia per
incolcare la massima della chiesa catolica su la sommissione
Alla potestà temporale nell'ordine civile.
46
gorio XYI scagliò l' anatema contro di una rivolu-
zione, che aveva inalzalo lo stendardo di Maria Ver-
gine; e contro di un popolo, che affrontava lieto e
volonteroso la morte per sottrarsi dal giogo di una
autorità scismatica, e riaquìstare la libertà della sua
coscienza e della sua fede. Montalembert dovea dun-
que rivolgere tutto il furore della sua eloquenza con-
tro di quella chiesa, che aggiungendo Tinsulto airi-
nìquità, non seppe mandare altro conforto ad una
nazione martirizzata fuorché questo solo: Te Thal
meritato; soffri e taci in pena de' tuoi peccati: obe-
discie rispella il tuo carnefice: è suo diritto, e tuo
dovere!.... Certo, spero anch'io che la magnanima
Polonia risurgerà ; ma non risurgerà se non in quanto
avrà finalmente imparalo dalla sventura, che cosa sìa
quel catolicismo, a cui s'era mostrala per tanti se-
coli, a prezzo di tanti sacrifici, cosi devota ; e sonata
l'ora della riscossa, non insurgerà più in nome di un
l)ontefice o di una Madonna, ma bensì in nome del
proprio diritto, della giustizia, e dell'Umanità.
Passiamo alla Svizzera, dove il catolico sguardo di
Montalembert scorge pure molti argumenti di deso-
lazione (l). Volete dunque sapere, come stiano V in-
teressi del catolicismo in quella libera terra d'Elve-
zia? Udite, registrate, calculate, e poi fatemi il bi-
lancio. Una rivoluzione atea vi domina in permanenza ;
i7 sacrilegio vi regna da padrone; i monasteri scom-
pajono; una tirannia bestiale imperversa contro di
un clero, a cui non si può rimproverare altro che la
sua troppo grande rassegnazione. Lucerna, ed i Can^
toni primitivi son divenuti la preda dello spirito del
male (2). E l'Europa intiera conosce benissimo la
(l) La Sulsse est, après la Pologne, le pays où le regard
du calholique apercoit le plus de sujels de désolalion (pag. ti).
(9) Ce que le despotisme scliismatiqne a accompU sur les
rlves rtii Onìéper ci do la Vistale, la révoluiion alhéo est en
47
Iroppo grande rassegnazione dì quel clero, il quale
ne diede e ne dà tiiUavia prove così solenni e lu^^
inloose. Il conte ha ragione; tutto sta ad intendersi
i%l sìgniCcato della parola. Perciocché egli è da sa-
pere, che il dizioDario di cui fa uso non è quello
^ell'Academla di Francia, sì bene quello delia com-
|KigDia di Gesù. Or-a, secondo la bella ed evangelica
delinizione del reverendi padri, rassegnazione vuol
dire appello perpetuo alla violenza, alla ribellione,
alle discordie civili ; guerra aperta ed accanita con-
tro le leggi, le instltuzioni, e le libertà della patria;
congiura permanente ed implacabile a fine di pro-
vocare un'invasione degli stranieri. E per verità, in
qaesto senso, confesso volentieri, che la rassegnazione
dì quel clero catolico è grandissima, pur troppo 1
FiQ qui l'aspetto della Svizzera non è, come ve-
dete, molto favorevole ai uego'zj del catolfcìsmo; il
quadro però non è ancora finito, e ci rimane un po'
di spazio per una scena più consolante. È la rivin-
cita della partita; osservate: La metropoli del cahi-
nimo,' Ginevra, ha veduto fremendo a ricomparire il
(oloUcismo nelle sue mura (l). Sublime quel frémis-
mt, non è vero? Se il libro del piissimo conte ca-
[Mtasse mai i)er le mani a qualche indiano o giappo-
nese, costui correrebbe subito ad imaginare, che la
povera Ginevra, dopo essere stata vinta, prostrata,
ÌQcateoata dal papa, avesse dovuto assistere all'in-
)^iQDe del catolicismo, senza potergli opporre alcuna
inio de rimiter aa pied du Saint-Golhard et da Grand Saint-
Bffnard. Le sacrilège y règne eu matrre; les monastères dis-
Pinissent un & un ; une tyrannle brutale y est exercée sur
•0 clergé, acquei on ne peut reprocher que sa trop grande
ré^isaation (pag. il ). Lucerne et les Cantons primiUfs soni
^enos poiir un teinps la proie de Tesprit du mal (pqg.iS).
'Ij En revanche, la mélropole du calvlnisme» Genève, a vu
•••i f ri'missanl le catholicisme rcparailrc dans ses murs(pag.i2).
resistenza, né chUidergli in faccia le porte; presso n
poco siccome una madre, che legata i piedi e le aia ni
si vedesse a violare sotto i proprj occhi una figlia,
delizia del suo cuore. Bla noi , che non siamo co Vi
lontani d?i Ginevra, sapìatn bene che il frémissant dì
Montalembert è una di quelle figure retoriche, di cui
si dilettano solo 1 declamatori. Ginevra lasciò entrare
nelle sue mura il catolicismo, perchè meno cieca ed
ostinata dì Roma cedette ormai allo spirito di libertà,
che è lo spirito dell'era moderna; perchè riconobbe
quanto sia iniqua ed empia la vloienza, che un go^
verno esercita su le coscienze de' suoi cittadtai ; per-
chè alla luce della scienza e della filosofia ha pur co-
minciato a sentire i diritti naturali ed Inviolabili della
ragione, ed a persuadersi che la più abominevole ed
Infame delle tirannidi è quella, che Invoca il nome
di Dio. Se v'ha un trionfo in questo avvenimento,
egli è tutto nostro; polche è un trionfo della libertà
su'l despotismo, della ragione su la teologia, del dì-
ritto su la forza.
Quello poi che vi han guadagnato l'interessi calo-
liei , non è gran cosa davvero : qualche giornale e
due chiese {!)! Del resto, ìa fonie des fidèles sì ri-
duce a poche centinaia, e si compone per la massi-
ma parte di catollci degli altri cantoni e A\ emigrati
stranieri. Ma, signor conte, se la metropoli del calvi-
nismo aperse le porte alla vostra chiesa, perchè la
metropoli del catolicismo non dischiude le sue alla
Riforma? Perchè questo contrasto fra una metropoli
e l'altra? Voi gridate sempre, che la Riforma è er-
rore ed il catolicismo verità; come va dunque che
(i) Saint Francois de Sales n'eAl pas óié moins élonné qne
Tlióodore de Dèze, si on leur avait annoiicé, qiie deuK siècics
après eux it y aurait dans la ville de Calvin uno presse ca^
lùolique, qu'on y vcrrail deux églisos calholiqnes, et qu'elles
seraicnt trop petiles pour conlcnir la foule dos lidòles (paj;. ì%).
19
r errore non ha paura della verilà, e la verità ha
jttara delFerrore? Ginevra non teme Roma, e Roma
paventa Ginevra? Vorreste dirci percliè? Intanto un
perchè ve !1 dirò io; perchè quel giorno, in cui il papa
ammettesse piena ed intera la libertà di coscienza 6
di culto, non troverebbe più cento catolici in tutti
i suol Stati I E se no 1 credete, smentitemi : fate d'in-
darre O vostro papa a tentare la prova ; e poi vedremo.
Eccoci ora air Italia ed' alla Spagna. Così almeno
e! annunzia Montalembert su '1 principio di questo pa-
ragrafo, citanda in termini espressi le due penisole
del mezzogiorno d'Europa^ V Italia e la Spagna (1);
e seguitando per due periodi a favellar in plurale
dello stato deplorabile, in cui è caduta la religione
catoiica; stato ch'ei predice dover tuttavia peggio-
rare, polche le due traviate penisole non hanno an-
cora percorso tutto il cerchio deW errore , né compiu-
tamente traversata l'espiazione delV abbassamento (2).
Ancora qualche trionfo di questo genere : ed il cato-
ficismo bisognerà andarlo a cercare, chi ne bramasse
novelle, nell'altro mondo!
Pare fin qui non ci sarebbe gran male: rimane a
vedersi il rovescio della medaglia; giacché il conte,
esperto nel gioco, non si sgomenta di una prima per-
dila, e confida assai nella rivincita, E la rivincita
Don tarda, è vero; ma solamente per la Spagnai E
f09iimew), quanti sintomi rassicuranti e consolanti in
hpagna (3) 1 Cornei e della povera Italia, signor aca-
#
(1) L68 deus péainsQles da midi de T^arope» ritalie et
risMiie (pagr. i5).
(S) N'oDt pomi encore fNircoam tont le cercle de rerrenr,
•*<mt point encore complèlemeot traversò rexpialion de i'a-
taissemeot (pag. U)-
\Z) Et cepeodant, que de symptóoies rassnrants et codso-
«BU ea Espagne 1 (pag. 13).
1. 4
So
demìco, non ci dite altro ? Che l'abbiate dimenticata,
non è possibile ; dapprima, perchè Ivi stesso ne face-
vate largumeuto del vostro discorso; e poi, perchè
sì tratta della sede medesima del catolicismo, di quel-
ritalia, che appunto in grazia del papa voi reputate
un feudo della santa chiesa. Se dunque non aggiun-
gete altre per conto dellltalia, egli è perchè non avete
da aggiungere propriamente nulla. Ohi benedetto il
vostro silenzio 1 Esso, vedete, ne dice tanto da con-
futare senza replica il vostro libello. E voi non ve
ne siete accorto? Dovete provare, che oggi il cato-
licismo risurge fiorente e glorioso ; e lo provate con
questo bel documento, ch'egli è già moribondo e
presto sarà morto del tutto nella sua terra natale?
Dovete persuaderci, che l'interessi del catolicismo
hanno profittato delle crisi della società moderna (l);
e ne allegate in prova questo magnìfico avvenimento,
ch'essi nella patria stessa del papato sono andati in
rovina? E pure l'Italia era la terra classica e privi-
legiata dei preti e dei frati; in Italia il catolicismo
godeva della prerogativa di religione unica dello Stato ;
aveva pronto e devoto al suo servizio il braccio dei
princìpi e dei magistrati, degli eserciti e delle polizie ; a'
suoi avversar] usava rispondere con li argiimenti del
carnefice; era sicuro di vincere in qualunque lutta, che
avesse impegnata ; non avea da temere la ragione ,
educata da* gesuiti all'ignoranza; né la cosciènza, fetta
schiava dei pregìudizj ; nò la parola, strozzata in gola
a' cittadini; né la stampa, data in custodia a' reviso-
ri ; né la tribuna, muta da lungo tempo e soppressa ;
né la concorrenza d'altri culti, tutti proscritti dai co-
dici sotto pene spaventose. In Italia pertanto la morte
del catolìòismo non può dirsi violenta, immatura, ap-
parente; poiché nessuna forza estrinseca potè mai
(1) Te caiholhMsmc seni a prolìlé dcs Criscs do la socic-lJ
u
scendere ia campo contro di luì per assalirlo* Egli
era Tunica forza viva e libera in ogni ordine della
società; egli sovrano assoluto delle anime e dei corpi,
delle scuole e delle chiese, delle dignità e delle su-
stanze, delle ricompense e delle pene. Ed è morto?
Danque la sua morte è tutta naturale; è semplice
effetto della sua decrepitezza; è conseguenza neces-
^ria di quello sfinimento, in cui cade e perisce ogni
organismo, fisico o morale che sia, allorché il tempo
ne ha ritirato a poco a poco li elementi dell'energia
vitale. E siete voi, un Montalembert , che ne suona
) agonia e ne registra d'avanzo Tatto mortuale? Dun-
que il fatteti dev' essere più chiaro e lampante che il
^le di pien meriggio; polche neppure il fanatismo
di un Montalembert — è tutto dire l — non ha po-
iBlo trovare un pretesto, un sofisma, un cavillo qua-
lunque, da potervi su fabricare almeno T ombra di
uuillosioDel Ohi grazie di nuovo, signor academico,
d'averci fornito una testimonianza così preziosa e de-
cbiva. Ora sì, che il fallimento -della chiesa catolìca
iu Italia non soffre più dubìo: ne sono testimonj, non
più solamente i razionalisti, l'increduli, i demagoghi,
sente interessata a travedere, e quindi sospetta; ma i
violici: più, i gesuiti: più ancora, il fiore stesso del
(^tolicismo e del gesuitismo, che è il conte di Mon-
talembert. E ci basta. Una religione, che muore di
^pitezza in casa propria, non può certamente du-
fir a vivere in casa altrui ; e se il catolicismo pe-
(Hce una volta in Italia , è finito per sempre e da-
(ertutlo.
^è si creda che lopinione di Montalembert sia un
wpriccio del suo balzano cervello; perocché dessa
^nm fedelmente il giudizio della chiesa, la quale
^oafessa e proclama ad alte grida, che il suo potere
^* penisola è rovinato. Sentite li otto vescovi della
provincia ecclesiastica di Genova t « Che i lempi cor-
» rano pericolosi per chiunque voglia tenersi saldo
» nella fede avita e continuar nella pratica di sua
» religione, chi può dissimularlo? Per una parte ve-
» diam pur troppo in molti indebolito all'estremo il
» sentimento religioso e morale; per Taltra, più non
» è lecito dubitare che siavi un partito, il quale s'af-
» fatica a tutta possa per istrappare dal cuore de'po-
» poli la fede catolicà. — E daprima, se mai vi fosse
» chi non sapesse ravvisare l'anzidetto scadimento,
» noi il pregheremmo a spiegarci in altra guisa quella
» stupida insensibilità e quella mortale indifferenza,
» con cui da sì gran numero di persone odonsi le
» orrende empietà e le atroci bestemie, che larga-
x> mente si spandono in mezzo a noi. Noi il preghe-
» remmo ancora a darci altra ragione di quella por-
» tentosa apatia, che tanti e tanti mostrano sotto i
» colpi de' divini flagelli; e di quella vertigine, che
» fa dar fede a calunnie non che dalla religione, an-
» che dal buon senso mostrate sacrileghe e grosso-
» lane. La cosa parla da sé : succede così, perchè la
}» religione nel fondo dei cuori è o moribonda o morta.
» Basta aver occhi perchè restiam persuasi di tal ve-
» rità. Non vediam noi apertamente violati i giorni
» santi da prevaricatori senza numero? Men fre-
n quentati o profanati i sacri templi? Trasandate od
» abusate le pratiche religiose? Derisi, vilipesi, anzi
» bistrattati i ministri del Signore? Postergale le di-
» vino ed ecclesiastiche leggi? Vero è, che al mondo
» furono ognora e saranno sempre mai degfì scan-4
» dalì ; ma non parca da aspettarsi, che in paese ca^
» tolico giungessero questi all'eccesso, a cui li veg-
li giamo. Nelle altre età un avanzo almeno di vere-j
» condia costringeva il perverso a coprir d'un vela
» ì suoi delitti, a fin di sottrarsi alla censura del pu4
» bllco. Ma di presente per essersi rotto ogni fr^nl
S3
* lo scandalo trionfa, e mostrasi dapertutto a visiera
» alzata. — Né vi crediate, che simili disordini stiano
» ristretti alle grandi metropoli, ove si aduna la fec^
j» eia d'ogni nequizia. No, che sì fatta perversità di
» errori e dì costumi inyade le minori città , e fin
» anco le borgate ed i più oscuri villaggi (1). d
Udite monsignor Fransoni, arcivescovo di Torino:
« 0 noi felici, se queste parole (cioèy il primo articolo ^
j* dello Statuto di Carlo Alberto) da tutti si avessero
* di continuo presenti, e se ne facesse la regola delle
» proprie azioni; che in allora né stamperebbesi li-
> Dea, né udirebbesi motto men riverente alla reti-
» gione. Ma ohimè I che pur troppo da qualche tempo
» costretti slamo a vedere l'opposto, e pare anzi che
> tutto siasi scatenato rinferno per assaltare, e, se
» fosse possibile, distruggere dai fondamenti la reli-
^ ligìone catolica. Sì, fa spavento il vedere quanto
« mai sgraziatamente si accrebbe il numero di coloro,
» che non contenti di avvolgersi essi soli nel lezzo
» d'ogni iniquità, vorrebbbn corrompere tutta l'u-
» mana generazione; e quindi, stretti fra loro in em-
» pio consiglio, apertamente dichiarano guerra alla
» chiesa, e a strapparle dal seno i fedeli suoi figli
» non hanno ribrezzo d'appigliarsi ai mezzi più in-
* fami, afifastellando insulti e calunnie, e bestemlando
Ji perfino quanto v'ha di più sacro (2). »
Udite monsignor Ferrari, vicario generale capitolare
dell'arcivescovato di Genova; « È tanta la tristizia
» dei tempi, in cui ci tocca di vivere, che non fu
* nuli la maggiore. Sembrano quei tempi pericolosi,
* che l'apostolo S, Paolo prenunzlava al suo Timo-
> teo dover sopravenire negli ultimi giorni, — Im-
(l) Lettera pastorale dei vescovi della provincia ecch"
tiasliea^di Genova, data da Savona, 2i ottobre 1849.
{ì)Uttera pastorale data in Pianezza, 4 marzo <8&0.
» perocché un turbine spaventoso d'assurde opinioni
» e di mostruosi sistemi si è levato dalle caverne in-
» fernali, il quale, infuriando con inaudita violenza
» sopra la terra, sconvolse prima e devastò altre na-
» zioni, ed ora minaccia la nostra del più orrendo
» sterminio. L'impeto e la foga di esso dove flagellò,
^) e dove inaridì la bella vigna di Gesù Cristo sì fat-
. » tamente, che divenne o avara di frutti o affatto
» isterilita. E già da qualche tempo ha incomincialo'"
» anche tra noi a imperversar per modo, che se Id-
» dio, nella sua grande misericordia, non alza Ton-
» nipotente sua voce ad infrenare i venti e a calmar
» le tempeste, la nostra più preziosa e ricca posses-
» sione sarebbe in breve devastata, e non rimarreb-
» bero altri cristiani se non quelli che si sentissero
» l'eroismo dei martiri (1). »
Ascollate i cinque Vescovi della provincia ecclesia-
stica dì Savoja: « Bisogna pur dunque riconoscerlo :
» certamente l'incredulità sviluppandosi tra noi in
» modo inquietante, aumenta a vista, inalbera alta
» la sua bandiera, i suoi partigiani son pieni d'ar-
» dorè e d'attività. È pur doloroso il dirlo; i loro
« successi sono spaventosi. La nostra Savoja, finora
» sì pura ne' suoi costumi, sì ortodossa nelle sue dot-
» trine, sì piena di risiietto per le leggi di Dio, la
» nostra Savoja ebbe pure a soffrire gravi colpì, da(^-
» che queste scuole d'incredulità e di scostumatezza
» piantarono in mezzo a lei la loro catedra. È ìmpos-
» sibilo dì non riconoscerlo ; i giorni del Signore non
» sono più rispettati, né consacrati esclusivamente al
)) grande affare della salute; la parola del pastori non
» è più ricevuta con la stessa docilità. — Donde tanti
» mali? Da'dubj, che Tincredulità semina da lungo
» tempo fra li uomini ; essi indeboliscono la fede» di-
ti) Lettera pastorale data in Geaiova, 30 genajo 1850.
53
» minuiscoDO il timore di Dio, rompono le molle della
» coscienza, distruggono a poco a poco il rispetto
* che i fedeli avevano per la chiesa e pe'suoi mì-
» Distri, volgono tutti i pensieri dell'uomo verso Tin-
» leressi materiali, e gli fanno perdere di vista quelli
» dell'eternità (1). »
Ascoltate 1 sette vescovi della provincia ecclesia-
stica di Firenze, riuniti in concilio provinciale ; i quali
rivolgendosi al ministro dell'interno, dicono che « sen-
» tono il dovere di aprire l'animo addolorato pe' tanti
» mali e per le gravi sciagure , che in questi nostri
> tristissimi giorni minacciano la nostra santissima
» religione ed il benessere del civile consorzio. Una
» mano d'uomini scaltri, arditi, operosi, pertinaci nel
» satanico proponimento di spegner nei popoli la pura
» luce della vera credenza e di promuovere la de-
» pravazione del costume, facendo il più detestabile
1» abuso di quella stampa, cui largiva il governo un'one-
» sta libertà, non ce^ssa di versare a piena mano il
» veleno mortifero di erronee e sovvertitrici dottrine,
> che conila più fina malizia e non di rado con la
* più svergognata impudenza pe '1 mezzo di esecrandi
» volumi, di libercoli, e di foglietti, nel quali tanti
5 sono e così sacrileghi i vituperi e le contumelie, che
' si avventano alla ecclesiastica gerarchia ed all'au-
' gusto di lei capo il romano pontefice, tale e tanto
' il discredito che vuole insinuarsi in tutte le classi
' contro ogni legitima autorità, tale il disprezzo di
* ogni più santo principio, da ispirare in ogni cuore,
* che non sia affatto chiuso ai sentimenti religiosi
» e morali, un grave timore per le sorti della presente,
» e più ancora della futura generazione (2). »
(1) Lettera pastorale data il 33 settembre -1859.
(?) Indirizzo a 5, E, il Ministro dell'Interno, dato i i ^i-
rnze, 90 giugno 1S50.
56 f
Ascoltate li otto vescovi della provincia ecclesia-
stica di Lombardia, uniti in conferenza privata a Mi-
lano: (( Dei travagli, ai quali il Signore ci ha ser-
» bati in questi ultimi tempi, quello torna amaris-
» Simo al nostro cuore, di vedere inondate queste
» nostre contrade da un torrente di libri e di gior-
» nali d'ogni maniera, che o gettano il disprezzo so-
» pra quanto di più caro deve avere il cristiano, o
» volgono in ridicolo le cose più sante, o insidiano
» alla purità della cristiana morale e persino all'in-
» tegrità della nostra santissima fede. — Ci duole il
» dirlo: forse per prova della nostra costanza nella
» fede, forse per castigo dei nostri trascorsi, 11 Sl-
» gnore ha permesso che \ opera loro non fosse del
» tutto vana; mentre in alcune famiglie catojiche
» non solo delle città, ma delle borgate e dei vii-
» laggi le Bibbie dei protestanti corrono impunemente
» nelle mani persino delle donne e dei giovinetti. E
» il male crebbe sì innanzi da farne temere che ta-
» luni del nostro clero abbiano mancato o di vigi-
» lanza nel prevenire il pericolo delle loro pecore
» e dei loro penitenti, o di sollecitudine neirinstruire
» i fedeli su le sante leggi della chiesa, o di fer-
» mezza nel correggere e riprendere rindocili e ioobe-
» dienti. Il nostro cuore è ricolmo d'amarezza al
» vedere disconosciute e calpeste le salutari prolbi-
» zioni della chiesa da molti, che le si professano
» figliuoli (1). »
Ascoltate per ultimo la voce infallibile del papa:
« Siam costretti a deplorare, che molti eziandio tra
» il popolo sieno stati cosi miseramente ingannati,
» che chiudendo le orecchie alle nostre voci ed av*
» visi, le abbiano poi schiuse alle fallaci dottrine di
•
(l) IfUera pastorale ai paroehi ed al clero, data in Mi*]
lano, 10 dicembre 1850.
17
dcanl maestri. — Non ignorale quale guerra si
facia nella slessa Itafia ancora alla religione no-
stra sanlisslma, e con quali fro^i ed arlifizj i ter-
ribili nemici della religione medesima e della so-
cietà si adoperino per allontanare li animi special-
mente inesperti dalla santità della fede e della sana
dottrina, e sommergerli nei vorticosi fluiti della
incredulità, e sospingerli ai più gravi misfatti (1)*
- Voi ben sapete e vedete interne con noi , con
quanta perversità abbiano teste invalso certi per-
dati nemici della verità, della giustizia, e di qua-
lunque onestà, i quali si sforzano difundere per
ogni parte tra i popoli fedeli d'Italia una sfrenata
licenza di pensare, di parlare, e di osare quanto
v'abbia di empio, e machinaho di crollare neirila-
lia medesima, e, se potesse loro venir mai fatto,
rovesciare da' fondamenti la catolica religione. —
E quantunque di poi la stessa città di Roma e le
altre provinole dello Stato pontificio sieno state ,
la Dio mercè, per le armi delle nazioni catoliche
restituite al civile nostro governo, e sia cessato
altresì li tumulto delle guerre negli altri paesi di
ItaTia, tuttavolta quei malvagi nemici di Dio e de-
gli uomini non defletterò né desistono dall' em-
pia loro intrapresa (2). — Per dovere del supremo
nastro apostolico «linistèro, non possiamo a meno
& parlarvi di ciò, che Uavaglia, opprime, e stra-
na il cuor nostro. Sapete già la terribile ed ine-
wrabile guerra suscitala fra la luce e le tenebre,
fa la verità e l'errore, fra il vizio e la virtù, fra
Belial e Cristo ; né ignorate, con quali arti e ma-
dunazloni nefande i nemici di Dio e della società
(I) Alloeuzione tenuta nel eoneisloro segreto in Gaei»
ft 50 apriif 1849. ,
'?) LeUera eneiclica agli arcivescovi e veicovi d*Uaha,
*»^a i'« Portici presso Napoli, % dicembre ls4i).
ss
» SI sforzino i^er attaccare ed abbattere V interessi
» di nostra religione; svellere dalle radici il.gQrme
» di ogni cristiana virtù ; propagare ovunque la sfre-
» nata ed empia licenza di pensare e di vìvere ; con
» ogni sorla di perversi e perniciosi errori corrom-
» pere la mente e il cuore della moltitudine special-
» mente imperita, e dell'incauta gioventù; concul-
» care i diritti divini ed umani, e, se fosse possibile,
» rovesciare dalle fondamenta la chiesa catolica , ed
» espugnare la catedra santa di Pietro. Ed ognuno
» vede quali mali, non senaa grave dolore dell'animo
» nostro, per opera del potere delle tenebre afiligano
» e travaglino Tovile di Cristo a noi affidato (l), — >
» Siccome poi voi non ignorate l'acerrima guerra, che
» da ogni parte sì combatte contro la chiesa cato-
» lica, così vi faciamo animo ed eccitiamo quanto
» più n' è dato la vostra specchiata pietà, perchè oi>-
» poniate con sempre maggiore studio e virtù un
» saldo muro a difesa della casa d'Israello. E la vo-
» stra sapienza ottimamente conosce, doversi con tanto
» maggiore lunganimità e costanza difendere la causa
» della santissima nostra religione, quanto più gravi
» pericoli e danni veggiam soprastarle per le scele-
» rate machinazioni de' suoi nemici. Già vi è chiaro
» ed aperto, con quali pestiferi scrìtti, con quali mal-
» vagìe arti li uomini inimici si sforzino perfino in
» queste stesse regioni a corrompere i costumi, a
» depravare li animi in parlicolar modo della im-
» provida gioventù e della imperita moltitudine, e
» a trarli in inganno, a disprezzare, conculcare, e
» spiantare i dogmi venerandi della nostra religione
» divina, a strappare i fedeli dal culto catolico, e
» gettarli nel pericolo di perdere la loro eterns^ sa-
(1) Allocuzione pronunciata nel oaneùtoro segreto tiei %0
maggio 1850.
89
» Iute, a mescolare tutti ì diritti divini ed umani,
» e a spandere il più terribil veleno della incredu-
» lilà (i). — Benché ci arrechi sommo conforto la
'■ promessa di Cristo Salvator nostro, con la quale
• affermò, che le porte deirinferno non prevarreb-
" bero mai contro la chiesa^ tuttavia non possiamo
^ noQ sentire sommo dolore nell'intimo dell'animo,
» considerando la gravissima rovina delle anime, che
• Teggiam provenire dalla sfrenata licenza di pu-
» biicare libri malvagi, e dalla ribalda impudenza e
» scaltrezza, che vediam ognidì più dilatarsi, di osar
» lutto contro le cose divine e sante (2). — Ci ad-
•> Mom assaissimo il vedere afflìtta e gemente in
•^ questi sgraziati tempi la nostra religione santis-
» sima e la civil società ; imperocché nessuno ignora
A eoo quali fallaci astuzie, con quali strane opinioni
• e ribaldi artifizj d'ogni genere, i nemici di Dio e
« (ieil'uman genere s'argomentino di pervertire la
" mente d'ognuno e corrompere i costumi, per po»-
' tcre, se mal loro venisse fatto, distruggere in tutto
■ la religione. Infrangere i vincoli dell'umana società,
• e sconvolgerla dal fondtimenti. Quindi hassr a de-
■ plorare le tenebre, che offuscano la mente di molti ^
iaspra guerra contro il catolicismo e contro que-
sta sede apostolica la sfrenata licenza dì pen-
•sare, di vivere, e di osare qualunque cosa; l'in-
• subordinazione contro ogni Impero, potestà, ed au-
torità; lo spregio delle sacre cose, delle leggi più
• '^nte, e delle migliori instituzioni ; la miserevole cor-
• roQone specialmente della inesperta gioventù ; la
-pestilente Inondazione di libri malvagi, di libelli
• sparsi dovunque per ispingere al peccato, d\ gior-
ni) UUera ai vescovi di Toscana, data in Roma /i 21 ^im-
il) Brevéf in condanna del professare Svytz, dalQ in Roma
'*^ (1999(0 185 f.
66
» nali e di stampati d*ogni sorta; il mortifero veleno
» dell'indifferentismo e della incredulità; il coinmo-
» vimento delle empie cospirazioni, e lo spregio e la
» derisione di ogni diritto umano e divino (1). y>
Tali sono i trionfi, che Tltalia del secolo XIX ri-
serbava al catolicismo!
Torniamo alla Spagna, ed ai sintomi rassicuranti
e consolanti, che il medico Montalembert ne rivela.
Questi sintomi si riducono a tre: due uomini e nu
concordato. Vero è, che quelli sono due uomini d'nn
genio superiore (2); ma il diploma non ha che una
firma, Montalembert; e però vale tanto, quanto già
saplam che può valere la sua catolica parola. Co-
desto genio superiore è fratello della troppo grande
rassegnazione; e per capirne il significato consultiamo
il solito dizionario. Uomo di genio superiore, nel
gergo de'gesuitaj, dicesi og^ni chiacchierino, che tenga
ben a memoria il catechismo romano, e lo snopcloli
secondo la mente della chiesa. Laonde ì genj supe-
riori abondano nel calendario del catolicismo. Ogni
giorno deiranno, ogni borgo della cristianità ne vanta
parecchi; e se in tutta la Spagna Montalembert non
potè scoprirne che due, bisogna dire che eziandio colà
il catolicismo non istla meglio che in Italia. Ad ogni
modo, prendiamo notizia dei due genj superiori: L'uno
Donoso Cortes, ha conquistato de plaln-pled l'attenta
ammirazione dell* Europa; V altro, Balmes, storico ,
filosofo, teologo, sopratutto grand*ingegno politico^ che
comprese tutti i bisogni e tutte le condizioni della li^
berta moderna, e insieme tutte le infermità di una
società democratica, e seppe conciliare questa lumi^
nosa intelligenza del suo tempo con l'incrollabile a(-
(I) Lettera enciclica del 6 dicembre ^S51.
(2i tK'tix liommcs d'un genie supérieur (pag. 43).
61
toccamento alV immobile infallihiUlà della chiesa (l).
Ci occorrerà in seguito di conoscere Giacomo Balmes,
e vedremo che razza di storia, di filosofia, e di poli-
tica ei professasse. Di Donoso Cortes, che le parole
di Montalembert spacciano a dirittura per un ora-
colo d'Europa, faciam qui hrevemente conoscenza, a
fine di chiarìfe che cosa sieno i moderni dottori e
profeti del catolicismo.
Donoso Cortes mostrò nella sua prima gioventù
qualche vaga tendenza al razionalismo; poi si con-
tentò delle teoriche così dette liberali o costituzionali,
e le professò publicamente air Università di Madrid,
li qual fatto basta per sé a dimostrare, che V inge-
gno di luì non contiene alcuno di quelli elementi,
che formano il genio; poiché il genio repugna essen-
zialmente ai mezzi termini, alle dottrine bastarde,
che non sono né la verità, nò Terrore, ma un com-
promesso perpetuo e sofistico dell'uno con l'altra.
Un uomo di genio, che avesse una volta assaggiato
li vero razionalismo, non sarebbe giammai divenuto
professore di diritto costituzionale. Comunque sia, il
povero cervello di Cortes sentlvasi ancora troppo li-
hfsro nel sistema dei moderati ; la sua ragione avea
bisogno di tenebre e di catene. Egli ha dunque fatto
la sua conversione; e nel catolicismo ha ritrovato
catene e tenebre in abondanza. Da quel momento
in poi, sia paura dell'inferno, spettro del demonio,
scrupc^, o che so io, fatto sta che il pio marchese
(t) L'oli, Donoso Cortes, a conqnis tfe plain-pied Tnltentive
•dmintioo do TEorope; Tautre, Dalmès, mort à ia flcur de
l'ige, bistorien» pbilosophe, lliéologien, snrtout grand esprit
Nitiqne, ayaot compris tous ies besoins et toutes les condi-
tioDft de la libetlé moderne, en méme temps que loules Ies
ioftniiiiés d*uDe société démocratiqae, et sachant concilier celle
himioeQse intelligence de son temps avec cel inóbranlablc at-
lachemeot à rimmobile infaillibilUé de Péglisc, sans lequel
n*l espH^ol n'csl digne d'appartenìr a la ^(iU\e de Xmicii^s
•» *• rnVWon 'nncr. I3-!V\
62
di Yaldegamas non ragiona più, ma sogna e delirai
Eccovi un saggio delle sue dottrine : Io credo, quanto
al diritto, che il diritto umano non esiste, e che non
ti è altro diritto fuorché il divino. — La parola di-^
ritto non e sule lahra dell'uomo che una locuzione
viziosa. — La discussione, come l'intendete voi (cioè,
libera), è, secondo me , la surgente di tutti li errori
possibili, e V origine di tutte le imaginahili stravc^
ganze. — Quanto al parlamentarismo, al liberalismo,
e al razionalismo, io credo che il primo è la nega"
zione del governo, il secondo la negazione della li-
bertà, e il terzo V affermazione della follia. — // ca-^
tolicismo solo è la contradizione delle dottrine^ che
io combatto. Date la forma, che piti vi piace, alla dot^
trina catolica; malgrado questa forma, tutto sarà in
un instante mutato, e vedrete rinovata la faccia della
terra. — Sono diciotto secoli che il catolicismo discute
a suo modo; e il suo modo di discutere gli conferì
la vittoria in ogni discussione. Tutto passa diiumzi a
lui; le cose che sono nel tempo e il tempo medesimo:
egli solo non passa; rimane dove Iddio V ha collocato,
immobile in mezzo ai turbini sollevati dulVuniversal
movimento, — Del parlamentarismo non occorre par-
larne. Che diverrebbe egli presso un popolo veroìnentc
catolico, in cui Vuomo sa fin dalla sua nascita, che
dee rendere conto a Dio persino d'ogni oziosa pa-
rola (l)? — Nell'ordine politico, starsene immobile
e correre è presso a poco la stessa cosa: chi vuol fer-
marsi è trasportato dalla corrente dei secoli da un
governo all'altro; chi si dà fretta non fa che tornare
violentemente al punto, da cui si era dipartito, giu^
sta la legge impreteribile di chi segue linee circolari,
— Un progressista è un uomo, il quale non sa che
cosa sia il progresso. Progredire non è agitarsi, né
(I) Lellcr.i aWIIeraldo, dala in Parigi li 15 aj^rilc 1^54
(La Patrie, num. 115, 24 avril [<iòì).
G3
moversi; non è andare avanti, come dicono U uni,
0 indieiro, come pretendono li altri. — // 'progresso,
tonsiderato come cambiamento, è tale idea, che non
viene ad un popolo se non nel periodo di sua deca-
denza, prossimo a quello della sua morte, — L* abisso I
è là che vanno a gettarsi tutti i popoli, che èi la-
mano guidare dalle scuole progressiste (1). — Guar-
date V Europa : e' pare che li uomini di Stato abbiano
perduto il senno; la ragione umana viene oscurata,
le instituzioni sono sconvolte, e le grandi nazioni rui-
tano improvisamente. — In Italia vi sono i poliziotti
e i birri del socialismo, niente di piit. — Forse un
Mluomo basterebbe a salvare V Umanità; ma quesVuo-
m non esiste; o se esiste, Dio stempera il veleno
nell'aere che respira. — Tutti coloro, che viaggiarono
in Francia, s'accordano Het dire che nessun francese
è repubiicano, — Che cos*è il catolicismo? saggezza
ed imillà. Che cosa è il socialismo? orgoglio ed igno-
ranza. Il socialismo, a somiglianza di Nabucodono-
wr, e re e bestia ad un tempo. — Licenziare in tutto
0 nella maggior parte le armate permanenti sarebbe
la rovina detta intiera società ; perchè le armate per-
manenti sono le sole, che oggidì impediscano alla so-
netà di affogarsi nella barbarie^ — La chiesa e Veser-
nto sono t due rappresentanti deW incivilimento euro-
peo (2). — La società europea se 'n muore : le estre-
mtà sono fredde, il cuore lo sarà tra breve. Sapete
perchè se 'n muore? Se 'n muore, perchè è stata attos-
^cata; se *n muore, perchè Iddio Vavea fatta per esser
ntrila della sustanza catolica; e medici empirici le
^mo dato per alimento la sustanza razionalista.' Ella
II) Il Proaresso, arlicolo publicato nel Calolico, num. 42. i
Ifigfnajo 185 i).
i2) Discorso pronunciato nell'assemblea dei Deputali a Ma-
drid in fcbrajo del 1850, o rlferilo dal Calolieo nei numeri
<'54-ó-0 <27 fcbrajo, 1 e 2 marzo ISSO;.
6i
se 'n muore, perchè siccome Vuomo non vive di soh
pane^ma di ogni parola che esca dalla bocca di Dio;
così le società non periscono solamente pe 7 ferro, ma
per ogni parola antieatolica uscita dalla bocca dei fi-
losofi. E la sé'n muore, perchè' Verrore occide, e co-
testa società è fondata sopra di errori (I). Ora un
uomo, che parla e pensa così, può parere un genio
superiore al conte di Monlalemberl, e desiare ammi-
razione nell'Europa clericale; ma certo nell'opinione
publica dell'Europa civile sarà tenuto per un genio
dell'ignoranza o della Mia; e non ecciterà altro sen-
timento che.... la compassione. Quindi possiamo anche
noi argumentare che cosa debba essere la reazióne cata-
lica in [spagna, poiché ha trovato interpreti così fatti [2).
Circa 11 terzo dei sintomi rassicuranti e consolanti,
io non ho che dire. Un concordato, come è noto, con-
siste in un trattato di commercio fra i due poteri ,
ecclesiastico e civile ; e quando una religione discende
a questi patti, ha già abdicato; non è più che una
banca o un' agenzia. E v'ha di più. Egli è tuttora
incerto, se l'interessi del catolicismo ne vantaggie-
ranno: l'atto è così recente, che il buon academico
dee contentarsi dì una predizione condizionata: L'ese-
cuzione sincera (del concordato) ricondurrebbe pron-
tamente di bei giorni per la chiesa di Spagna (3).
Staremo dunque a vedere.
Intanto che faciamo un po' di pausa, ricapitoliamo.
Quattro paesi vennero già passati in rassegna, due
(1) LeUera &\VHeraldo del 3t> logHo i%ì9.
(2) La réaclion cathoUque en Espagne, poar avolr étt^ long-
temps silencieuse el inapercue, n*en doit élrp qne plus pro-
fonde, pnisqn'elfe ^ trouvé de tels organes (pag. ii).
(8) Un concordai, le plus avantageux qu'U ali è\é donne
depuis longlenips an saint-sifge d'obienir d'une puissance ca-
thollqoe, et doni rexf^cntion sincère ramèneraU promptcment
4e ìma^'x jours pour Téglise d'Espagnc (pag. dij.
65
de*q«di per le loro tradizioni secolari tengono il primo
posto nella famiglia delle catoliclie nazioni. Ebbene,
ii signor Montalembert stabilisce il trionfo della chiesa
in Enn^ alla metà del secolo XIX su 1 certificato,
e proprio di sno pugno, di questo fatto: che alla metà
del secolo XIX il catolicismo in Polonia, Svizzera,
Spagna, e Italia non esiste più che di nomel
Passando alla Germania, egli consacra da prima
ima buona pagina a raccontare le perdite del pro-
testantesimo, è a descrivere la sua generale sconfìtta (t).
E noi ce ne rallegriamo di tutto cuore: spetta ai
protestanti di pigliar le difese della loro Riforma, se
la stimano calunniata e vilipesa dair apologista di
R(»tt. Il quale per conto del catolicismo muta su-
iMto registro, e canta vittoria. Ma questa vittoria in
che si fonda? Primieramente in un'altra pagina di
dance gratuite ed inconcludenti (2); poi su di alcuni
fotti, che non provano nulla.
In alcuni paesi protestanti si vedono drappelli di
fedeli radunarsi in qualche antico tempio (3) ? Vuol
dire, che vi potran fare le loro funzioni con mag-
gior GonuBodità che ne' privati oratorj, in cui per lo
avanti stavano confinati. £ questo prova, che i go-
v^emi eretici intendono la libertà e la civiltà un pò*
0^0 che i catolici: nient'altro.
Avvengono conversioni di protestanti al catolici-
smo (4)? Ma la statistica cìnsegna che ne avvengono
assai più di catolici al protestantesimo.
..U Pag. i4-i5.
(8) Pag. 15-16.
'%) Od voit des groupes de fldèles calhoUques s'im pian ter
a Tombre des vastes et vìeilles églises (pag. 16).
(i) La Doblesse et la classe Iettrée,qui ont toutes deux taiii
4 expier, roarnissenl des coDversions nombreuses et éclatan-
les (pag. i6). I
I. »
La chiesa germanica s' è commossa alla prìgioiiìa
degli arcivescovi di Colonia e, di Posen (1)? E cosi
ha mostrato che i catolici sono sempre li stessi: fa-
natici e faziosi.
Neil' assemblea di Francofort venne ammesso il clero,
e riconosciuto il princìpio della libertà religiosa (2) ?
E ciò dimostra due cose: 1." che in Germania, non
altrimenti che in Francia, l'ipocrisia del clero aveva
ingannato ancor una volta i popoli, i quali, udendolo
ad invocare altamente la libertà, s'erano lusingati
che parlasse da senno e lealmente, mentr*esso non
anelava alla libertà che per confiscarla tutta a suo
profitto; 2.*" che in Germania non domina più lo spi-
rito della rejlgione, né catolica, né protestante, ma
quello della filosofia, la quale pone a capo, di ogni
suo sistema la libertà in tutto e per tutti. E la filo-
sofìa, che a forza di combattere ogni maniera d'op-
pressione e d'Ingiustizia, riuscì a mettere in trono
la toleranza e il diritto commune: è dessa, che apri
la via ai monaci, ai gesuiti, ai francescani (3), e si
rìde di quelle comedie, che i frati vanno qua e là
recitando sotto il nome di missioni, dinanzi ad al-
cuni yroupes de fidèles, che qui per la magica potenza
della declamazione si trasformano in ìim foule avide,
nombreuse, infatigable (4): é dessa, che kisciò insti-
(\) Pag. 17.
{^2) Dnns ceUe Assemblée de Francfort, si tumullueuse el
si ridicule, mais un moment si redoutable , on voit paraltre
ses prètrcs, ses oraieur^, ses ihéologiens. Ils viennent récla-
mer, à Tinstar des calholiqnes fran^ais, la liberto de Tensel-
gnemcm el la liberté reiigieuse (pag. 18).
(Ò) Là des moines, des jésuiles, des franciscains reparqi^-
stiU sous lour froc abhorr.é (pag. 49).
(4) Adiront antour de leurs chaires une foule avide, nom-
brcvsc, infuligabie, ol font de leurs missions un dea falla les
plus maniuanls de Thistoire contemporaine (pag. 49).
tiiffe le oisociazifmi di^ Pio IX ^ ài S, Carlo Bor-
rmeo, di S, Bonifacio (1), e gode di vedere cbe hmt-
àoMy BOD già di fronte ed a gran passi alh con-
quista della Germania con la fede e la carità (2); ma
dì soppiatto e all'uso dei gamberi, alFusurpazioiie di
({oalelie officio, titolo, potere ecclesiastico o civile,
per via d'iotrighì, di calunnie, di viltà, e di corri>-
zione: è dessa, che ne' paesi protestanti sostiene i di-
ritti dei catolicismo, e nei paesi catolici propugna i
diritti della Riforma; poiché dalla loro lutta non esce
meitore né il papato, né la Bibbia, ma la ragione.
E questo fatto, carattere essenziale e dominante del
nostro secolo, e sintomo evidente, infallibile, della
i»rte di ogni relìgiene sovranaturale o rivelata, il
oolite di Montalembert^ lo adduce in sostegno della
80t causa!
Oh! non mi fa più maraviglia, che un uomo così
alivcinato dalla sua passione, così privo d'ogni iih-
tdligenza de' tempi e di ogni filosofia della storia, ab-
iMt il cwaggio di rammentare fra' suoi interessi quella
proiezione, qualunque ella sia, che alla chiesa pro-
mettono tii Prussia, un re protestante, ma intelligente
e generoeù; in Austria, un giovine e cavalleresco im-
peniere (3). Questo accordo fra il trono e V altare.
• 1) Pag. 19.
(9) Marcbant de front et à grands pas à la conqnète de
r\1ieinagfìe par la fui et fa charité (pag. 49-SO).
\9) Ea Prasse, un roi protestante mafa inielligent et géné-
reax, a promls que, sona son aceptre, Tégliae ne reverrait
Mtts les iBauvais joars, queUe avait eu à déplofer avant Ini.
~ En Aatviche, uo jeuDe et cbera^eresque empereor... té-
^oIq à remplir avant tout sod devoir de prince catholique,
■'ijognre son régno par Tabrogation de la légìslation de Jo>
^r**! fi, el prelude à la vfctoire de sea armes sur la révotu-
tKn par rémadeipatfon complète de t'église dana ses liuTnen-
»s Élats (ftg. H>.
o devotissimo conte, è la vera dichiarazione del ftJ-
liniento di ambedue. Li eredi di Federico il Grande
e di Giuseppe U stringoao la destra, che loro por-
gono amiea i successori di Gregorio VII e di Inno-
cenzo HI, perchè li unì e li altri sentono imminente
la propria rovina; sentono il bisogno di collegare
insieme tutti li sforzi, tutti T interessi contro del
nemico commune; e fanno la parodia della tregua
di Dio. Ha ì primi nodi veggono altro nella reli-
gione che uno strumento delki loro politica, e l'a-
doprano come il flagello più efficace a mantenere
schiavi i loro sudditi. E sono questi i trionfi, che voi,
signor ìiontaiembert, augurate alla vostra chiesa?
DehI sieho esauditi i vostri voti; si compia l'al-
leanza de' principi co' papi; conosca TEuropa chi siete
voi, e quali sono i vostri interessi; ed ìmpari, che
voi siete i vili adulatori di un re, traditore della sua
patria, e di un imperatore, ladrone de' suoi popoli;
impari, che F interessi del catolicismo stanno in ra-
gione inversa degl' interessi delie nasoni ; impari, che
voi tripudiate quando i popoli gemono, e lagrimate
quando essi esultano; che voi chiamate sventura le
loro vittorie, e fortuna le loro sconfitte; che voi ab-
hncciate i loro tiranni, e trucidate i loro benefat-
tori. Sì, rallegratevi; i re traditori eTimperatorì la-
droni non isdegnano più T amicizia della chiesa. Sì,
gioite; la chiesa non ricusa più il suo tributo di lodi
e d'incensi a quelle esecrabili spade, che grondano
del sangue d^ popoli. 11 patto infame fu segnato; li
uni n'ebbero in pegno le missioni, e li altri le stragi.
Ha sapiate pure, che questo fatto contiene l'argu-
mento più forte e più terribile, che siasi mai rivolto
contro della catolica religione. Oggimai persino i
fanciulli ne sentono l'evidenza e l'efficacia; persino
li uomini del vulgo se ne servono publicamente per
maledire voi, e i vostri interessi, e la vostra chiesa;
I iaUo ^€4 toflOKo imaieiiso d'odio e di T«MleUà\
die »'a€eiiMttk co&tro dei tiranni, ricadrli esiÀndio
sai YQ^ro capo, e farà pagare al catolicismo 11 fio
d'a?w yiAnXo complice il cielo delle iniquità dei go-
verni.
M resto, se v'ha regione al mondo, In cui possa
nerìtamente afièrmarsi che il cristianesimo cessò di
esistere, è fuor d'ogni dubio la Germania. Colà il
peaàero moderno conta tanti concistori quante sono
le miiversità,' e tanti apostoli quanti studenti; colà
tutte le scienze speculative e naturali, dalle catedre,
nelle academie, con i libri e l'efemeridi cospirano a
distro^sere le stesse fondamenta dell'edificio cri-
stiaao; colà quel Giovanni Ronge, òhe ir maledico
MoDtaiembert qualificava di piioyable contrefacteur
éeUtìher (1), semplice prete, senz'appoggio di prìn-
cipi, senza rumore di missioni, senza intervento di
eserdti e di polizie, in soli cinque anni trovò più di
diiqueeento Communi, che abt»raoeiarono il suo sistema
di razionalismo religioso (2); colà infine è talmente
iaposflibìle un ritorno anche pass^giero ed efimero
al eat<^cìsmo, che g^à un frendlo generale costrìnge
i giHrerni a cacciar via, loro malgrado, i gesuiti e i
nùssionarj, cernie' perturbatóri della publica quiete. E
però, quando l'academico conclude asserendo, die
per rispetto al catolicismo in Germania U predente
fia può rispondere deU'awetUre, e già il progre$$a
è immenso (S), intendiamolo a rovescio, ed ha rar
giooe.
E se non vuol credere a noi, ascolti dunque la te-
li) Pag. 1 8.
ff) E. OsswALD, VinsurreeUon badoise dan$ set rapporta
«VM to révoitttiùfì allemande (Libsrtiì db penbbh, tom. V,
(!) Déià to présent peut répondre de TaTralr — déjk le pre-
pìi est fanmaoM (pag. 91).
stimoniaiiza irrecilsabile de^i àrdvesdovx « véseòvt
deir Austria, congregati in Vienna, i quali, n^la loro
pastorale del 17 giugno 1849 ai fedeli delle loro dio-
oesi, parlavano così : « Giorni di sciagura spuntarono
x> per il mondo, e più oscure, più tremende che mai
j» si fanno le sòrti dell' avvenire. Un nuovo suggello
» sembra si sia disciolto dal libro dei destini del
» mondo; una nuova collera di Dio si è sparsa sò-
» vra la terra. Dovunque si rivolga lo sguardo, s'in-
» contra in imagini di sciagure e dì rovine. Guerra
» aperta, ribellioni, rivolte, discordie, odio e solle-
» vazioni di popoli cóntro popoli. E maggiore ancora
» è la discordia, l' ira, e la lutta negli animi di quello
» che su i campi di battaglia. Imperocché il sole della
p verità e della riconoscenza tramontò per molti uo-
» mini; e neir orribile caligine, che essi gloriftcano^
» quasi fosse una luce, li spiriti delle tenebre eser-
» dtano più che mai la loro grande potenza su i fì-
» gli deir incredulità. Il mistero della malizia, ohe
p dal principio mai non ha posa, è [hù attivo che
9 non lo fosse mai stato. Non più una mera dimen-
» ticanza di Dio nell'ebrezza de' sensi, quale mal
» sempre regnò nel mondo; ma T Inimicizia contro
v> Dio, che è conscia di sé stessa; guerra aperta con-
» tro di lui e contro l'Unto suo: ecco la parola d'or-
9 dine degli spiriti agitatori e de' bugiardi profeti
» del secolo (1). » Ora, se tal è lo stato dell' A.u-
stria catolicissima, che sarà della rimanente Alle-
magna?
Quanto al. Belgio, non ho mestieri di lungo di-
scorso a dissipare le illusioni del conte. Una voce ,
che per lui è la voce stessa di Dio, ha parlato, ma
in un senso affatto contrario del suo. Nell'allocu-
(i) // CaMieo, n. iO, SS agosto 4S41». ....
71
àsm dd 80 maggio 1S50 il p^ ha gettato un grido
d'orrore sa i pericoli, ond'è minacciato il catoli-
dgmo nel Mgio (1); e con buona pace di Monta-
lembert, nói prestiamo più fede al pontefice che a
Ini. Questo solo documento basterebbe a mostrare,
die nel Belgio altresì l'interessi della chiesa corrono
alla peggio. D' altra parte, che ragioni arreca egli, il
signor conte, in prova del suo assunto? Nessuna!
— Da prima fo l'elogio delia costituzione, e ne dà
0 marito principale ai catolici (2). E sia ; ma non è
questo il punto della questione: si tratta del pre-
sente, e non del passato. — Poi accenna alla fonda-
none di monasteri, dì collegi, di opere pie, e del-
l'Gniversità catolica di Lovanio (B) ; ma doveva ezian-
dìo rìeordare la fondazione d' altri collegi, d' altre so-
óetà, e dell' Università libera di Bruxelles, che for-
mulo il oontraposto agi' instituti della chiesa. E tutto
il trionfo del catolicismo termina qui; il resto non
i die nna confessione della sua decadenza. Egli ri-
eoDosee che la libera stampa lo avversa fieramente,
s die ne costituisce il più grave pericolo (4) ; che
il male ha cagionato odiose violazioni alla libertà
H) Non postiamo attenerci pe'l nostro paterno affetto
terso nUuttre nazione belgica, che sempre si distin.Ke Niello
zelo della catoUea religione, dairetprimervi il nottro dolora
ridendo ivi tovratlare pericoli agl'interessi catoiici.
(S; Pag. ».
{%) Son teriiloire s'est graduellemeot couverl de monastò-
lo, de GoUéges, de foDdations pieuses. Seulc en lìurope, tu
Belgique a vii renatlre une de ces universités comme on en
royait tant anx siècles de fot, nniquement consacrée à l'en-
seignement et à la défense de la vérité (pag !23'24).
(4) Certés, le mal n*y est pas vainca sans retour. Chaque
joar, à raid« d'une presse elTrénée, et doot les habiiades sau-
Vìgù cODBlItnenl pour la Belgique le plus grave danger, il
t*ildica d'y reprendre son empire (pag. S4).
della carità (1); ehe la forza della ^Uica opialeiie
(sebben ei cerchi di eluderla sotto il (Hr^esto di un
giaco delle inetituzionr politiche) Ao* spogliato i car-
tolici del potere (2) ; e che il clero, scora^iato» ab-
battuto dal rapido sviluppo delle idee e dall' tncre-
mento politico della democrazia, pare che ricerchi un
rimedio nel despolismo, e sospiri il ritorno del go-
verno assoluto (3). Dunque, fatto bene il calculo,
Montalembert viene a dire, che presentemente T in-
teressi del catolicismo nel Belgio fioriscono, perchè
da venti anni in qua son venuti scemando, e oggidì
sono gravemente minacciati! E cosi discorre la
logica catolica apostolica romana!
Dell'Olanda noterò solo due cose. La prima, che
il conte chiama i catolici una metà, e poi due quinti
deir intiera popolazione (4); laddove 1 geografi anco
più recenti li contano come una frazione minima af-
fatto. La seconda, ch'egli spaccia come trionfo del
catolicismo una certa libertà, ch'esso gode ia (juel
(1) Forclos, par ia constitulion belge, de ses entreprises or-
dlnaires contre l'enseignement et le droit d'associalion, H s*en
est dédommagé par des atieinies odieuses à la liberté de la
•barite (pag. 24).
(2) Le Jeu des institutions politiques a dépouillé les catlio-
liqnes du pouvoir (pag. 24).
(3) Nons ne craìgnons pas la contagion de ce decoupage-
ment pusillaDìme: nous avons confiance dans le boa sens,
dans Tantique flerté du clergé et du penple belge. Us ne cher-
cheront pas un remède dans le despotisme; ils ne soupireront
pas aprés un regime dont ils unt connu et répudié le perii
(pag. 24-25).
(4) Les catholiques ont peu à peu reconquis U force et
rimportance, qui conviennenl à la moUiéd*un peuple. Leur
Dombre s*éléve déjà aux deut cinquiènMs de la population
^Btiire (pag. 36).
n
PMM (1), doine k uàemùtà rel^losa è tomt ptà aft^r
tict e più lai^ che in ogni tltra parte di Europa.
E ae ì catolid ìmhi sodo anccMr ammessi a goderne
tatti i benefici senza eccezione, lo devono al loro
naggiorì, i quali attirarono so '1 proprio capo l'odio
e reseeraàone implacabile degli Olandesi. Codesto
danqne è un trionfo anch'esso ridicolo.
Ora è la volta della Francia; e l'inno di Monta-
leiBbert pi^ia il tono dell'entusiasmo. Seguiamolo
pnso passo : JUa egli è in Francia sapratutto, che la
fraiformaztofi^ dee colpire li animi fnù distratti (2).
No, signor conte, non è una trasformazione^ a cai as-
sistiamo; ma una comedia. Le trasformazioni delUi
aoeksCà non si fanno a colpi di Stato; non si com-
pionD eoD un decreto nel bullettino delle leggi, con
DB roto supposto nell'urne, con un applauso com-
prate a spese del publico erario; ma sono il lavoro
lento e segreto dei secoli, lo svolgimento organico
Me forze umane, l' esplicazione progressiva di quella
legge saivema, fatale, onnipotente, che voi solete chia-
nar Providenza, e noi Matura. E in vece, lo spetta-
colo presente della chiesa di Francia è un midto di
ridìcolo e d'atroce, che non ha nome nelle lingue
eìTili. Preti, che invocano le benedizioni del cielo su
li assassini; frati, che predicano la crociata contro
h patria; canonici, che vanno in corpo ad incen-
are li spergiuri; vescovi, che salutano uomo di Dio
IB Bonaparte; tutto un clero insomma, che adora qual
beaeficio mirao^oso della Providenza, la strage di
(i) l\s ont déjà obtenn la pleioe liberté de leurs relations
necRome; ils dispatent pied à pied le terrain, qae la lot
lev issare, qne rarbitraire et le préjugé leur conteslent
(pig. SS-S7).
(ì) Cesi CD Frante sortovi, que la transformaiUm doit
fnpper Ita asprits les plus distraits (pag. S7).
Veechl iaermi, di donne imbeilt, di itincinlU inao^
OBott, d'ttomin! generosi e fedéli al proprio dovere:
ecco la trasformazione del catolicismo in Francia!
Vi piace, signor conte? Ed a noi tanto |^. Dìo vi
conceda presto qualcun' altra trasformazione di que-
sta fatta ; e l'Umanità sarà bentosto purgata dalle vo-
stre ipocrisie.
È egli veramente quello stesso paese, che sen^ava,
trenta anzi dieci anni fa, non aver abbastanza d' av-
versione per V influenza del clero, abbastanza di di-
sprezzo per le instituzioni religiose (1^? Sì, signore,
è sempre lo stesso. £ quel paese, che in tre o quat-
tr'anni fornì parecchi millioni di prosel^i al socia-
lismo, religione dell' èra nuova; e l'ultima volta, che
potè ancora esprimere lit)eramente il suo voto a Pa-
rigi, elesse a suo rappresentante, chi? un catolico?
no; Eugenio Sue. È quel paese, dove l'odio contro
l'interessi v<)stri era così universale, così profondo,
che a frenarne momentaneamente (oh! non sarete
tanto accecati da lusingarvi di averlo soffocato e
spento per sempre), e ritardarne forse qualche anno
Tespiosione tremenda e finale, bisognò ricorrere ad
un sistema di violenze e dì persecuzioni inaudite:
dittatura militare, stato d'assedio, incarcerazione, de-
portazione, proscrizione dei cittadini a milliaja, e per-
fino delle donne; confisca di tutte le libertà, di pa-
rola, di stampa, di associazione; e mercè un mezzo
milllone di uomini schiavi d' una bandita, mercè un
altro mezzo millione d'uomini schiavi di un impiego^
e mercè una turba infinita di ecclesiastici e loro sa-
telliti, inaugurazione del terrore a legge suprema
dello Stato. E voi, signor conte, voi testimonio ed
(i) Est-cc bien ce méme pays, qui semblÀit, il y a trente
ans, il y a dix ans méme , n*avoir pas assez de répagnaoee
póur rinflaence da clergé, pas assez de dédain pour tee insti -
tati^ns reUgieuses? (pag. 97).
n
Man di quei!' orrenda tragedia, vói ainMe ancora
la firoóte da domandare, se la Francia sia più deissa?
Che è dkfefiutà quella formidabile impopolarità, ott-
d*era asserita la minima manifestazione dell'idea o
deil* azione càtoliea {!)? Ahi T avete già dimenti*
catò? Ma interrogate i vostri consigli dì gu^ra;
consultate i vostri archivj di polizia; rileggete t
proeesen de' vostri tribunali; andate a scrutare li atti
de' vostri ministeri; o, meglio ancora, fate una vi-
sita al Bonaparte, e guardatelo in faccia. Allora ca-
pirete, che cosa sia divenuta l'impopolarità della vo^
stra fazione; capirete che è scomparsa dalla super-
fide, perchè ha dovuto concentrarsi nell' intimo de'
cuori; e che ora non si vede più su '1 labro dì nes-
sano, perchè freme nell' animo di tutti. Per lo pen-
sato le condizioni della Francia verso di voi erano
queste: impopolarità apparente, ma indifferenza reale.
Ora sèBo un po' mutate: su i volti rispetto e silen-
zio, ma nei cuori un vulcano di odj e di véndette.
8d è questa la trasformazione, che vi consola?
Dove sono àndoH que' dottori, quelli seriltori, che
travoMmo, nella risurrezione delle vecchie diatribe
tontro i monaci ed i preti, una fonte inesauriìnle di
guadagni e di onori {^)? E osate chiederlo, voi? Non
Ti basta dunque di avere sacrificata la vittima; osato
anoora insultarla? E voi siete francese? Ohi il no*
bile y<4to della Francia arrossisce per voi; lì ol-
traggi, che voi lanciate alla svratura de' suoi figli
prediletti, la disonorano: essa vi dee maledirei Li
(i) Q«*cst devenue cetle formidable impopularìté, dont la
iDoiodre roaDifÌBstalion de la pensée ou de raciion catholiqne
éiali assailliel (pag. S7.)
(1) Où oDt passe ces docteurs, ces écrivains qui troavaient,
dans la résuirecUon dea vieilles diatribes contro les moines
•t tot piétres, une soùrce intarissable de proflto et d*lioDii«unf
«
scrittoi che voi scheraite e caluBoiate, i più yma»
esuli e raminghi pe 4 mondo; gemono in fondo alle
torri, agonizzano pe' deserti infocati dell' Africa e del-
l'America; a pochi è concessa una dimora in s^io
alla patria, ma a prezzo del loro silenno. E voi
chiedete ove sono? Ma dessi almeno non prostitui-
scono l'ingegno e la penna per adulare il vincitore;
non comprano a patto di viltà e di simulazioni il
suo perdono; non gridano: viva l' imperatore l cor-
me voi gridaste a piena gola: viva la repuhlicàl
Dessi onorano il nome della Francia con la dignità
dell'infortunio; e voi l'infamate con l'orgia deUa
vittoria.
Sarebbesi detto, che non t)'«fa eco, credito, publi-
cita, fuorché per le loro invettive (1). Qui poi, si-
gnor academico, se non errate, mentite I Sotto^ il re-
gno di Luigi Filippo, come sotto la Republica, la legge
era una ed eguale per tutti. Voi avevate tanto di-
ritto di attacco e di difesa, quanto i vostri avver-
sar]; e se in certi casi le leggi reprea^ve colpivano
1 vostri sistemi e i vostri partigiani, in certi altri,
assai più frequenti e numerosi, percotevano le idee
e li uomini dei partiti contrarj. Ma sapiam bene,
che c(»a significhi la parola libertà in bocca vostra :
voi non vi reputate liberi, se non quando siete i soli
che abbiano la facultà di parlare: l'ideale della vo~
stra libertà è Roma. Ed in vece gridate sempre al-
l'oppressione, alla tirannia, quando ad altri sìa pur
concesso di levare la voce per smascherare dinanzi
ai popoli le vostre arti, le vostre menzogne, i vo-
stri sofismi, i vostri delitti. Non v'ha dunque via di
mezzo possibile: il mondo si rassegni o a portarsi
in pace la schiavitù, sotto la vostra disciplina, o a
(4) Od «ut dit, qu*U n*y avait d*éclio, de crédit» da publi-
•iU qnM pour laun ìnTactlvas (pag . t7).
77
lisciarvi gracchiare, in nome .della yoetra lilwrtà,
oontoo la libertà commune. E credete voi, cke la
scelta dei popoli possa più essere dubia?
Bd ecco, che la chiesa appofiece più forte, piò
amaia, pia popolare che a verun' epaca della nostra
storia moderna (1). E la vostra storia moderna dice,
che voi o errate o mentite di nuovo l Lasciamo stare
V amore, di cui è un po' difficile il confronto; ma
quanto alla forza e alla popolarità, l'interessi della
rostra chiesa procedevano assai meglio sotto la re-
staurazione, che non sotto la republica e T impero.
Un re, die si gloriava del titolo di cristianissimo;
una costituzione, che decretava il catolicismo reli-
gione dello Stato; una Camera di Deputati con 131
satelliti de' gesuiti ; una Camera di Pari con una turba
di vescovi e loro devoti ; un vescovo arbitro di tutti
Finstituti d'educazione; una legislazione, che rag-
guagliava la bestemìa ad un delitto; tutta la Fran-
cia sparsa di frati e di monaci, di confraternite e di
opere pie; processioni per tutte le strade, missioni
per tutte le piazze, miracoli e profezie a dirotto:
quello cara il secolo d'oro per voil II conte Mont^
iosier, neir aprile del 1826, poteva certificare: La Coft-
grégation ren^lit la capitale; mais elle domine sur-
toiU dans les provinees. Elle forme là, sous Vin-
fuenee dee éf>éques et de quelques grande vicaires af-
fMés, dee cóteries particulières. Ces céteries, épour-
vaniails des magistrats, dee eommandans, des préfets
et des sous-préfets, imposent de là au goueernement
et au ministère (2). Diteci ora, signor conte: credete
voi di poter fare altretanto verso il governo del Bo-
(1) Et volci que Péglise apparai! plus forte, plus aimée,
plus popalaire qa'à aacane epoque de ootre histoire moderne
tpig. «7).
(S> C. Vaolabelli, Histoire det deux reMtauration$t i. VI.
7S
naparte? Se sì, perchè no'l fate? Se no» perchè lo
presamete?
Tutti i poteri che si iuccedom, invacano il suo a^
poggio e la sua simpatia; tutti le attestane di mano
in mano il loro rispettOi, la loro confidenza, la Uro
umile devozione; tutti si disputano V onore di procla-
mare la sua indispensabile influenza, e di rallentare,
se non di distruggere, le stte antiche pastoje (1). Ma
che favole ci contate qua, signor Montaiembert?
Quali sono tutti questi poteri, a cui alludete? Non
certo il governo provisorio; il quale si componeva
d'uomini ben lontani dal professare rispetto, confi-
denza, ed umile devozione al vostro partito; e nei tre
mesi, che resse la Francia, aveva altro per lo capo
che ì pettegolezzi delle vostre congregazioni. Forse
il generale Cavaignac? Ma egli fece assai poco per
voi ; e quel poco medesimo non fu altro che una
manovra elettorale per accattarsi i suffragi <^ì "^oi e
de' vostri clienti. Dunque le parole tutti i poteri 4^he
si succedono, sono una ciurmerla; non si tratta che
del solo Bonaparte. Il quale può benissimo invocevre
il vostro appoggio, ed eziandio attestarvi il suo ri-
spetto; poiché questo non gli costa nulla, e quello
gli torna utile: ma state sicuri, ch'egiì non è uomo
da mettere in voi la sua fiducia, né da professarvi
r umile devozione che voi sognate. Egli non confida
che ne' suoi pretoriani, e non è devoto che alla sua
ambizione. Yi accarezza, perchè voi siete così abjetti
da servire di strumento docile e muto a' suoi sata-
nici disegni; ma venga il giorno che non abbia più
(i) Tous les pouvoìrs, qui se succèdent, invoqnent son ap-
pai et sa sympathie; tous lui témoignent tour à tour leur
respect, leur conflance, leur humble dévouement; tous se
disputent Thonneur de proclamer son indispensable inftaen-
ce, et de relàcher, si non d'ancantir, ses anciennes ontraves
(pag. 27).
n
mestieri di voi, o che voi non vogliate più compia*
cere alle sue usurpazioni, e vi tratterà come tutti li
altri; e vi vedrete spogliati, derìsi, abbattuti,^ calpe*
stati dallo stesso uomo, che or affetta protezione alla
chiesa ed a' suoi ministri. No, non è la religicmeche
vi ravvicina: la parola religione non ha dì senso nò
imr un Bonaparte, né per un gesuita. È l'affinità de-
gl'interessi, che vi attira l'un l'altro scambievol-
mente: affinità, che voi chiamate la gloria, e noi l'in-
famia del catolicismo. Fra poco sapremo chi l'abbia
indovinata.
Noi poveri iloti della vita politica, sì lungamente
disprezzati da tutti i partiti, sì lungamente relegati
nel grado de^ sognatori importuni e dei postulanti
disdegnati, noi abbiam trionfato, non certo per sempre
né forse per lungo tempo, ma abbastanza per cono-
scere il segreto della nostra forza ed il valore del
nostro appoggio (1). Che modestia, signor conte I Gì
annunaóate dunque, senz'altro ceremonie, che voi
avete trionfòto. Ma, in grazia, di chi? quando? come?
Nella guerra sempiterna, che TUmanità combatte per
avanzare al suo destino, la Francia ha dato una bat-
taglia; e noi vediamo un vincitore, Bonaparte: un
vinto, l'assembla, o, se volete, la Republica. E voi
eoo qual fronte v'arrogate il trionfo? Il vostro trionfo
rassimigUa, tutto al più, quello dei corvi, che ac-
corrono dopo la strage su '1 campo a pascersi de' ca-
daveri ; e questo è degno di voi l Qui però non c'en-
tra punto la religione. — Tanto più, che riconoscete
voi stesso di non aver trionfato né per sempre né
(1) Noas antres, pauvres ilotes de la vie polUique, si long-
temps méprisés par tous les partis, si longtemps rélegués au
rang des réveurs importuns et des pétitionnaires dódaignés,
ijous avoDs inoro pile, non pas certes pour tonjours, ni pent-
élre pour longtemps, mais assez pour connaìlre le secret de
notr« force et U valeur de nolre appui (pag. 27-2S). .
forse per lungo tempo. Ora quedte reHiidoiii» se si
riferissero propriamente ad una battaglia, ad una lite,
ad un negozio, potrebbero essere sensate; giacché av*
viene di frequente, che il vincitóre d' ieri sia il v|ato
di domani; o viceversa, che alla perdita succeda il
guadagno. Ma in fatto di religione, quelle parole sono
più che un errore, più che un assurdo; sono un vero
sacrilegio. E che? Per voi adunque le verità dipen*
dono dall'esito di un agguato notturno? Le credenze
stanno alla mercè della volubile fortuna di un avven-
turiere? Le idee corrono la sorte dei giochi di banca?
La vostra religione, insomma , va suggetta a tutti i
pericoli, a tutte le vicissitudini di un'industria, di
un capitale, di un podere? 0 derisione 1 E voi la
predicate divina, sopranaturale, indefettibile l... Ma
la nostra fede, che non vanta nessuna di codeste
prerogative superbe, vive nondimeno di una vita,
che non teme i capricci né deiruomo, né del tempo,
né della fortuna. Ella non ha che un solo interesse
al mondo: guadagnare le menti e i cuori alla ve-
rità; ma i suoi guadagni, fatti una volta, sfidano go-
verni e partiti, eserciti ed assemblee; i suoi trionfi
sono immortali.
Più curiosa è poi la scoperta, che ci assicurate
d'aver fatto. Ohi signor conte, la vostra forza ed il
vostro appoggio sono un segreto^ che tutto il. mondo
conosce da lunga pezza I lo conosce dacché invalse
nella società l' arte del cortigiano. Dominare ì domi-
natori, ecco il mestiere del vostro partito; mestiere,
sia detto a onore e gloria della verità, ch'egli eser-
cita a maraviglia da oltre a dieci secoli. Non facea
dunque mestieri di nuovi sperimenti per conoscere
un tale segreto : la storia della chiesa da Gregorio II
a Pio IX lo rivela in ogni sua pagina. E tuttavia,
noi vi sapiam grado che abbiate ritentata quest'ul-
tima prova : così nessuno potrà più dubitare, che voi
M
non siate sempre li stessi. Adulazioni, finzioni, men-
zogne, bassezze, egoismo, viltà, tradimenti, spergiuri,
tutto Infine quel cumulo di yizj e dignominie, che si
chiama cortigianeria: ecco dunque il genere di forza
e drappeggio, onde il partito catolìco ha sostenuto
e sostiene 11 governo del Bonaparte; onde, cioè, he
traficato e trafica ad un tempo il cielo e la terra.
Dio e le coscienze, l'altare e lo scrigno, la grandezza
e la miseria, a fine di rendere ancora la Francia, se
fosse possibile, un feudo del clero. Ed in fede mia,
le storie non rammentano, ch'io sapia, un'alleanza
[Hù legitlma e naturale òhe questa della compagnia
di Gesù con Timpero del 2 dicembre; talché sarebbe
malagevole cosa il definire, se i cortigiani, in cote-
sto caso, debbano appellarsi degni della corte; o la
corte, dei cortigiani.
La libertà dell'insegnamento , reclamata invano da
tanto tempo, s*è finalmente ottenuta; ed è votata dalle
tnani stesse di coloro, che Vaveano più ostinatamente
ricusata (1). La libertà deirinsegnamento non è un
dogma della chiesa, signor Montalembert , ma un'
principio della democrazia; e l'assemblea, che la san-
zionava, rese omaggio, non al clero, ma alla libertà.
Che poi questa libertà fosse scritta da parecchi anni
su la vostra bandiera, che cosa prova? Prova, che
per cessare da voi l'odio universale della nazione, do-
veste mutare stile e linguaggio; e rinegando tutta la
storia del vostro passato, invocare anche voi la li-
bertà. E tanta è la potenza di questo grido su 'l cuore
del popolo, che bastò a fargli dimenticare le vostre
colpe : la maschera stessa della liberta riabilitava an-
che voi dinanzi agli occhi della nazióne. Ora l'avete
(i) La Ubarle de renseignemeni si longtemps réclamée en
vtÌB, est enfia conquise; eile est votée per les malns mémes
di uva., qui Tavaient le plus opiniàtrement refusée (pag. 28).
H
deposta ; ma la Francia s'è accorta della vostra frode^
e gliene renderete conto un giorno ì Ricordatevi la
favola della cornacchia e del pavone.
Si offrono ai vescovi più di case che nofi ne posson
dirigere, ai gesuiti più d'alunni, che non possono in-
struime (1). E qual maraviglia, signor conte? Dopo
che voi con le vostre denuncio calunniose avete fatto
destituire o proscrivere milliaja e milliaja d'institu-
tori laici, le scuole rimasero vacanti, e se ne impos-
sessarono i vescovi ed i gesuiti. Moltissimi genitori
pertanto si trovano ridutti alla dura alternativa, di
lasciare i proprj figli nelF ignoranza, o di mandarli
alle vostre scuole. Il mandarli adunque non è elezione,
ma necessità.
E quanto ai favori ed alle larghezze che i gesuiti
ricevono dal governo, io non ripeterò le considera-
zioni già fatte a proposito della Germania; dirò solo,
che questo buon accordo del clero, con Bonaparte
giova più alla causa del razionalismo che tutti li ar-
gumenti de' nostri filosofi. I quali parlano bensì all'in-
telletto con le ragioni, ma i gesuiti parlano agli oc-
chi co' fatti; e i fatti, di cui danno lo spettacolo alla
Francia ed all'Europa, sono tali, che un uomo d'o-
nore e di coscienza non può non esecrare quella re-
ligione, la quale sotto il proprio manto accoglie tanto
d'abjezione, di cinismo, e di barbarie.
Anche l'alleanza e la solidarietà, che veggiamo sta-
bilita fra i gesuiti e tutto il clero francese, è un fatto
assai grave e per voi, e per noi. Per noi esso è pre-
zioso; e già valse a disingannare l'incauti, che solcano
combattere i gesuiti in nome della chiesa; e che sce-
verando il gesuitismo dal catolicismo, imputavano a
quello la colpa di tutto il male, a questo il merito
(1; Olì offre aax évéques plus de maisons qu'ils n'en peu-
veht diriger; aax jésuites plus d'élèves qu'Jls D*en peuvent
.iDstruire (pag. 38).
di tutto il tiene. La chiesa gatlicsna per due àecòli
mantenne cotal distinzione; e Volto clero specialmente
osava di respingere come calunnia ed insulto, il ti-
tolo di gesuita. Era una inconseguenza palpabile; ma<
pure molti, ragionando più co 1 sentimento che con
la logica, la professavano con ardore; e credeano sin-
ceramente di potersi dir veri e zelanti catolici, senza
partecipare alle arti immorali e corrottriei deMojolesi.
Ora anche in Francia l'equivoco è svanito. Gatolico
e gesuita sono rigorosamente sinonimi. Dunque o ri-
DQDciare al catolicismo, o accodarsi alla Compagnia:
ecco l'alternativa. E vivete sicuri, che i .popoli del-
l^Enropa moderna han già preso il loro partito.
D* altra parte, havvi dei fatti che sano atti, desti-
nati a segnalare tutta un' epoca , e a prendere posto
fra 1 più preziosi ricordi e % pivk irrecusabili impe-
gni d*una grande nazione (1). L'esordio è magnifico,
signor conte; e dovete averci sudato un pezzo ad ag-
gruppare insieme ed innestare in un solo periodo
tanti paroloni sonori e superlativi. Resta a vedere, con
quali fotti pretendiate di confermarlo: udiamo.
Tali sono l'eloquenti proteste di devozione alla chie-
ia, che il capo attuale dello Stato ha così spesso ri-
nùvate dopo la sua prima candidatura alla dignità
suprema (2). E osate proferire questa bestemia? Un
atto d'ipocrisia del Bonaparte basta a segnalare tutta
un'epoca? Ma un'epoca, che si personificasse in un
tal fiuto, infamerebbe la storia e degraderebbe l'Urna-
(1) Il y a d'afilears des faits qui soot des actes, desUnés à
«Koaler tonte nae epoque, et à prendre raug parmi les più»
précieux souveoirs et les plus irrécnsables eugagemeats d'une
grande nation (pag. 39).
(2) Telles SOM les eloquente» protestations du dévooement
à l'églìse, qae le chef aetuel de TÉtat a si souvent renour
Tclées deiniis sa première candidature à la dignité suprèin*
lìità. Oh I noA piofuiate la parola divùuement con ap^
plicarla ad un uomo, che è una mentita vivente a tutte
le leggi della ragione e della coscienza. Costui, già ve '1
dissi, non è devoto ad altro che alla sua infernale
ambizione. Un tempo sperava di soddisfarla con muo-
ver guerra al papa;elevavasi in armi contro di lui,
eccitando l'Italia tutta a dargli addosso. Poi rifece
meglio il suo calculo; stimò di giungere più sicura--
mente al suo scopo con Tajuto dei preti ,^ e si ricre-
dette. Scelse adunque, oh vitupero 1 la chiesa per
mezzana della propria elevazione; e la chiesa, oh in-
famia 1 tenne mancai mercato, e s'ingegnò di trarne
il maggior prc^tto. E questo avvenimento, che ri-
volta la coscienza di chiunque non abbia smarrito
ogni senso morale e religioso, voi, signor Montalem-
bert, lo additate qual trionfo del catolicismo? Rispet-
tate almeno il pudore 1 e non menate publìco vanto
di un guadagno, che è il frutto abominevole di una
prostituzione.
Tali $ano le testimonianze di rispetto e di simpe^
tia, largheggiate, in tutte le occasioni^ dalV immensa
mitggioranza delV assemblea costituente e deW assem-
blea legislativa, alla catolica religione (1). Ed è que-
sto un altro fatto, che voi annoverate fra i più pre-
ziosi ricordi di una grande nazione? Ma voi sapete
meglio di me, che Vimmensa maggioranza delle due
assemblee componevasi di personaggi notoriamente
conosciuti per increduli, materialisti, panteisti, vol-
teriani, atei, nemici insomma del catolicismo. Dunque
la grande nazione, che li nominava suoi rappresen-
tanti, non è catolica; non vuol più soffrire Tignobile
giogo dei preti; e appena sia libera davvero, lo spez-
(1) Tels soiit ies tómoignages de respect^t de syinpathie
prodigvés , dao8 tooles Ies occasions, par rimmense ms^orité
de rAasemblée coBstUuADte et de TAssemblée légMative, à la
rtligion cathoUque (pag. S9).
jBBfà. Dunque h t^timonimie di fispeUé $ di $impar
Ha, che queirindegni mandatari del popolo largheg-
giavano ad ealolicìsmo, eran tutt'altro che atti reli*
giosi; erano meri calcali della paura. Perciocché quelli
uomini detestavano cordialmente la religione, ma pa-
ventavano più ancora la democrazia; e posti nel hir
yio o di sostenere i diritti del popolo, o di favorire
rinteressl della chiesa, non esitarono punto : Torrote
ddla rivoluzione fu in essi più forte che l'odio del ge-
suitismo; e per abl)attere Tuna si collegarono con l'al-
tro. Or ditemi, signor conte : chi dei due si mostrò più
vile ed immorale? un'assemblea d'increduli, che j^
paura ossequiava la chiesa ; o una congregazione di ca^
tolicl, che per intereBse incensava quell'assemblea (1) ?
(4) Nei rari momenti di lacido intervallo i catoUci stessi
aooo costretti a confessarlo: « Gonvien dire che per paura,
e non altro che per patirà, ta chiesa abbia guadagnato qual«
che cosa, in quanto li uomini politici messi al bivio o di
far prevalere il socialismo, o di concedere bU* Evangelio
qnalebe facnttà di combatterlo con armi sue proprie, baano
avuto il roaraviglioso discernimento di capire, clie era me-
glio lasciar un pò* fare ai preti ed ai vescovi, che non agli
adepti di Mazzini e di Proudbon. — Non è egli vero, che
le massime ed i principi, in forza de* quali fu già oprres2>a
la chiesa, restano in piedi siccome prima? Non è egli vero,
che nei paesi, ne* quali o non vi è stata paura, come per
esempio net Belgio, o ve n*ò stata meno, come in Baviera,
nel fatto di libertà ecclesiastica non pure non si é guadai
guato colla, ma si ò perduto? Non' é egli vero, che nei
paesi medesimi, ove vi fu la paura ed il salutare suo ef-
fetto, le fatte concessioni almeno nella pratica si van re-
stringendo ; ed oggi 59 assai malagevolmente si otlerrel^lie
ciò, che saria stato di facilissimo acquisto nei (0? — Que-
sto significa, in altri termini, che non solo la paura vi en-
trò, ma ne fu quasi il solo movenle ; in tao teche potete te-
nere per quasi certo che, attutala quella, si tornerebbe aU
l'antico vezzo delle gelosie sospettose e delle invasioni ar-
bitrarie nei diritti della chiesa. «(La Civiltà Caioliea, voi. IX,
Tal è là spedixUme di Rome, decretata dai nostri
votiy compita dalle nostre armi (1). Ed anche questo
è un fatto, che voi ponete fra t più irrecusàbili m-
pegni di una grande nazione? Oh impudenza 1 voi
ardite imputare alla Francia il vostro delitto? Non
vi basta di aver commesso T assassinio, e volete ad
ogni costo che ricada su la Francia il sangue di un
popolo da voi trucidato? Povera Francia l Essa vi avea
mandati all'assemblea, perchè la guidaste a liberare
le nazioni sorelle; e voi T avete tradita. Voi avete
ingannato prima l'assemblea medesima, poi il pqM)-
lo, poi l'esercito; voi avete rese fratricide le armi,
che dovevano portare soccorso ai fratelli; voi su la
nobile Imndiera della libertà avete scrìtto: oppres-
sione! E pretendete di rovesciar su la Francia T in-
famia di un vostro voto? Si, quel voto è un impe-
gno irrecusabile per la Francia; ma un impegno di
vendetta. Essa dee vendicare il proprio onore, da voi
venduto; un popolo amico, da voi manomesso; l'Eu-
ropa, da voi delusa; la libertà, da voi calunniata; la
democrazia, da voi schernita; l'Umanità, da voi di-
sonorata: e lo farai Essa dee lavarsi dalla macchia
di sangue, ci .e voi le gettaste in volto; dee scontare
le maledizioni, che voi le attiraste su '1 capo dalle
nostre madri, dalle spose, dalle sorelle, da tutti l'I-
taliani, da tutti li uomini, a cui non sia un affetto
ignoto la patria; dee rimeritarsi la fiducia e l'amore
dei popoli, con dare al mondo un esempio di giustizia
severa, tremenda, inesorabile contro tutti i suoi tra-
ditorì: e lo farai A quel dì, signor academico, v'a-
spettiamo.
Del quarto ed ultimo fatto che voi adducete, la
morte dell'arcivescovo di Parigi (2), non dirò nulla ;
(i) Tello est l'expédition de Rome, décrélée |>ar nos votes,
aecompUe par nos armes (pag. S9),
(S) Pag. 39-30,
87
poiché non potrei confutare le vostre ciarlatanesche
declamazioni senza cader nel sospetto, ch'io voglia
impugnare il merito e scemare la gloria di un mar-
tire. Io lo venero ed ammiro come voi, e meglio di
voi. Ma se un martire vi basta a proclamar il trionfo
della vostra causa, noi, signor Montalembert, di così
fotti martiri e trionfi ne contiamo non uno, ma più
e più centinaja. Abbiamo dunque più ragione di voi
a salutare vittoriosa la nostra fede.
Ecco la somma degrinteressi, che il catolicismo ha
guadagnato in Francia: voi non trovate nulla più
nei vostri libri del dare e avere. Ora dal ragguaglio
che ne abbiam fatto, che cosa risulta? Risulta, si-
gnor conte, che lo stato del catolicismo in Francia
non è più oggimai una semplice decadenza, ma un
irreparabile ignominia. E questo è il vostro trionfo I....
Se non avete altro che questo , vi dirò come dicevano
i vostri confratelli a certi amici dell'ordine d'Italia,
preparateviy credete a noi, alla quarta, alla quinta
dia centesima riscossa (1).
Ancor una gita, e la rassegna è terminata: Pas-
siamo lo stretto, e contempliamo con rispetto e rico-
toscenza uno spettacolo de più stupendi, che Dio ab-
bia dato al mondo (2). E lo spettacolo così stupendo
sapete qual è? Quello si è di un paese catolico. Tir-
landa, che in premio della sua fede languisce nelle
più miserabili condizioni; e di un paese eretico, Tln-
ghilterra, che in pena della sua apostasia vedesi ri-
colma di tutte le umane prosperità (3). E la vostra
(1) La Civiltà Catoliea, voi. IX, pag. 11.
(S) Passons le (!létroit»et contemplons a?ec respecl et re^
cunnaissance l'un des plus élonnants spectacies, qiie Dieu ait
«ionnés au monde (pag. 32).
(3) L'Anglelerre au sein de son apostasie coinbléc de tou-
les les prosperiti humaines (pag. 30).
logica, signor Mentalemb^, ricava da questo spei-
taccio una prova, che eziandio colà procedono lieta-
mente i vostri interessi? Né le altre prove che ar-
recate, valgono meglio.
L'€mancip<izion$ de'catoUci (1)? È un atto, che fa
onore al senno, alla giustizia, alla libertà delllnghil-
terra, la quale riparava così le inique rappresaglie
del suo antico fanatismo, inspirandosi alle idee ed
alle affezioni più miti, più umane del secolo.
/ dodici vescovati (é)? Sono in servizio dei catolici
irlandesi, che la fame precipita da ogni parte nelle
manifatture e nelle officine (3); e non già degli an-
glicani, che si convertano alla chiesa.
E tanto vi basta per esclamare: Sono qttesti i pe-
gni d'un rinascimento graduale e sicuro (4). 0 mi-
stero della misericordia e dell'onnipotenza di Dio (5)/
Alla nòstra volta noi esclameremo: o potenza della
cecità e della stupidità degli uomini 1 Sì, la restaura-
(i) Pag. 32.
(3) Pag. 33.
(3) Pag. 33. Citerò la tesUmoniaDza non sospetta di un cor-
rispondente della Gazette de Prance, il quale poco tempo fa
le scriveva da Londra: « In Francia da qualche tempo, non so
s perchè, si vanno esaggerando i progressi dei catolicismo al
• di qua dello stretto. Nel 1775 si contavano In Inghilterra
» e Scozia non più di cinquecento mille catolici; oggi ve ne
» sono dae millioni: guardatevi però dalla dolce iUusionc di
■ attribuire questo progresso al gran numero delle conver-
I sioni. Per grande che sia lo zelo dei missionari, questo au-
» memo non è dovuto alle loro fatiche, ma per nove decimi
I alla emigrazione degl'Irlandesi , che son venuU a turme a
» turme in ogni parte, v (Vedi La Buona Novella ^ anno !•
n. 45.)
(4) Ce sont là les gages d*une renaissance graduelle et as-
surée (pag. 34).
(5) 0 mystère de la miséricorde et de la toute-puissanct
da Dieu! (pag. 35).
zione eatoUca s'avanza: rallegratevi! P«r un prote-
stante che vof guadagnate, Tlrlanda vi mestra a mil-
liaja i catolici che voi perdete (1). Se nel Parlamento
cèbe ingresso la /btonge colo/tca, veTebbe eziandio la
falange radicale. Se le comedie de' vostri missionari
turbano i sonni a qualche vescovo e legulejo angli-
cano, lasciano indifferente la nazione, che ride così
dei vostri preti come de' suoi, non crede nò agli uni
né agli altri, e vi stima tutti al prezzo di lire ster-
Une. Tutto quello, che voi potete guadagnare con le
(i) Il BulUtin du monde chrétien ne fornisce un docu-
mento abbastanza grave e significativo: «iLa fondazione della
• Società irlandese di evangelizzazione (Irish society) rìsale
• fino al principio di questo secolo ; ma da vent'anni in qnà
« Ila moltissimi vantaggi arrecato alla santissima causa del-
• rSvangelio. Con la benedizione di Dio, ella ha indulto più
• di sessanta mille Irlandesi, che parlano la lingua erslca, a
• leggere la divina parola. Questa società dìfnode annual-
I mente nella Ungua del popolo ventimille copie tra Bibbie,
> Nuovi Testamenti, e libri ediflcanU ed instruttivi. Annovera
• in settecento ventiquattro scuole al di là di trentun mille
■ scolari, li campo della sua operosa attività in mezzo ai ca-
• tolici romani comprende sessanta distretti , e si estende a
I venti contee. > [Buona Novella, anno i, n. 3.) E chi non
prestasse fède alla testimonianza de* protestanti, senta il giu-
dizio del DubUng Bvening-Post, uno dei giornali più accre-
ditati del catolicismo in Irlanda: • Noi ricaviamo da fonte si-
> cura e catoUca, che i successi dei convertitori, sopra quasi
• toui i panU del paese e neUa capitale segnatamente, hanno
• oltrepassato quanto avrebbero potuto far temere le più tri-
• ste apprensioni. Non solo sarebbe inutile il negare i fatti,
» ma sarebbe un atto traditorio inverso la chiesa catolica il
» Daseenderli o il tacerli, come se non fossero di grave im-
» poriania. Non v*iia un solo catoiico, se intelligente e sin-
» tuo, e non ciarlone e millantatore, il. quale non contem-
» pU un tal movimento, eravamo per dire con tristezza, ma
» è meglio detto con indegnaclone e con rossore. • (Auone
tlùvéllat anno I, n. S.)
9Ò
vostre fenatiche ciance, sapete che è? E un ravviva-
mento degli òdj e dei furori, che a titolo di religione
funestarono già la Gran Bretagna di vittime e di
stragi; nient'altro. E allora voi sarete contenti! Ma
no : le orribili scene non si rinoveranno più. Lo spi-
rito del secolo, che pur voi seguitate a chiamar em-
pio e perverso, le ha maledette in nome deir Umanità;
é quello spirito, che già domina su le regioni più
eulte deirÉuropa, non tarderà ad investire ed infor-
mare tutta r Inghilterra, e manderà a vuoto le arti
esecrabili (1), onde vorreste risuscitare un passato,
che per vostra fortuna — ringraziate il progresso —
è divenuto impossibile.
La rassegna è finita. Ma a compir l'opera manca
tuttavia una cosa : la corona. E Montalembert ce l'ad-
dita: Fincdmente, ciò che corona questo rimrgimento
ciUolicOy si è il posto che Roma e il papato ripresero
nel mondo (%), Il posto, che Roma riprese nel mondo,
sapete qual è? La Republica. E sapete qual è il po-
sto, che toccò al papato? La decadenza. E per ve-
rità, una corona più splendida non potevasi augurare
al primo periodo della gran rivoluzione sociale, a cui
è destinato il secolo XIX: restaurazione della Repu^
(i) Ecco la formula del giuramento, che fanno i membri di
una società catolica in Irlanda ( Ribbon Society): « Io N. N.
s giuro per S. Pietro e S, Paolo, e per la Beata Vergine Ma-
il ria di essere fedele alla società, di custodire e nascondere
» tutti i suoi segreti e parole d'ordine, d'essere sempre pronto
» ad eseguire ii ordini dei miei superiori, e, per quanto sarà
» in mio potere, di estirpare tutte le eresie e tutti i protestanti,
» e CAMMINARE NBL LORO SANGUE FINO ALLE GINOCCHIA. ■(BttOnft
Novella, anno i, n. 46.)
(2) Enfln , ce qui couronne còtte renaissance catholique, ii
laquelle nous avonsMe bonhenr d'assister, c'est la place qu'otìf
reprise ftome et la papauté dans le monde (pag. 85)/
- • - •
blica in Roma, e abolizione del papato, sono due atti
che segnano la traccia e danno la misura del nuovo
movimento, che sospinge le nazioni. Ma voi con quali
occhi potete leggervi un rinascimento del catolicismo?
Ci parlate del rumore, che levò il nome di Pio IX (1);
ma ignorate voi, o fingete d'ignorare quello, che og*
gimai è noto perfino ai bimbi ; che, cioè. Pio IX era,
non un individuo, ma un simbolo; non un papa, ma
un ideale; sicché tutto il tesoro d'entusiasmo, di sa**
orificio, e d'amore, che i popoli profundeano giojosi
al grido di : viva Pio IX! era un inno sublime al loro
ideale, e non a quel papa; era una magnifica apo-
teosi del loro simbolo, e non di quell'individuo?
E quando ce lo rappresentate come destinato a
passare, nel corso della sua vita mortale, per tutte
le vicissitudini della grandezza e del dolore, or in-
vestito della popolarità più inebriante, or assediato nel
suo palazzo, fugitivo, esigìiato (2) ; voi fate prova di
un'ignoranza odi una mala fede portentosa. No, si-
gnor conte, qui non c'entra mistero alcuno di pre^
destinatone. Se v'ha uomo, che possa dirsi artefice
unico della propria sorte, quegli è Pio IX. Il quale
si vide circondato da un prestigio di grandezza e di
popolai ita, finché secondò le giuste domande del po-
polo, 0 mostrò di rispettare ì suoi diritti; ma non
trovò più che odio e disprezzo, quando apparve, come
tatti li altri pontefici, un ingannatore del popolo e
un traditore d'Italia. Allora i Romani difidarono di
(1) Certes, il fani remonter blen baut dans Thistoire pour
retroQver do temps, où le saiut^siège ait oceupé, ému, domine
ies esprits, comme depuis que Pie IX y est monte (pag. 35^.
(3) Destine, comme celui dont il est le vicaire, à passer,
pendant sa vie roor ielle, par toQtes Ies vicissitudes de la gran-
deor et de la doalenr, taniót investi de la popnlarité la plus
éniYraote, tantòt assiégé dans son palais, fugitif, exilé, il n*a
cesse de fixer Ies regards da monde (pag. 85).
n •
lui; y^liarono su i perfidi intrighi della 8u& corte;
VoisediaronOf come voi dite, nel suo palazzo; ma fu
sua colpa, e loro diritto. La fuga poi e Vesiglio fu-
rono per parte sua un delitto di lesa nazione; e s'anco
allora Pio. IX non ha cessato di fissare li sguardi del
mondo y quelli sguardi non miravano certo ad atl^
stare V incomparabile maestà del pontificato romano (1),
ma solo tenevano dietro al disertore per maledirlo
e denunciarlo con tutti i suoi satelliti airesecrazione
delFuniverso.
E codesto è l'uomo, che voi osate qualificare degno
di amare e di comprendere la libertà (2)? Un papa,
ed un Pio IX, amare, comprendere la libertà! Ma voi,
signor academico, insultate al senso commune; e que-
sto è troppo 1 Voi dunque, apostolo del papato, non
sapete che cosa sia il papa? Voi, apologista del go-
verno liberale, non sapete che cosa sia libertà? Se
prima di scrivere il vostro libello, aveste consultato
un po*men le opinioni della sacrestia ed un po' più
le sentenze della storia, avreste imparato, che papa
vuol dire negazione della libertà, e libera significa
negazione del papa. 0 se pure ayeste voluto ad ogni
modo (connettere insieme quei due termini ed incor-
porare Tuno neiraltro, dovevate specificare quale sia
la libertà, ch'era degno di amare e di comprendere
Pio IX. Dovevate aggiungere, in somma, ch'egli per
sé non amava altra libertà che quella di governare
despoticamente il suo Stato, e d'imporre assoluta-
mente a tutto il mondo i proprj voleri come leggi
di Dio, i proprj giudizj come dogmi di fede; ma per
i popoli non comprendeva altra libertà che quella
dì baciargli devotamente la scarpa, di ricevere umil-
(1) ConsUler rìncomparable majesté da poDtificat romain
(pag. »5).
(9) Digne (l*umer et de eomprendrt )# Uberté (pag. 3g).
H
mente, in ginocchio, a capo chino, la sua benedizione,
e sopratutto dMmpinguare continuamente il suo te-
soro, acciocch'egli potesse vestire da principe, isan-
chettar da epulone, andar a spasso, mantener birri,
assoldare spie, pagare carnefici, come s'addice ad un
vicario dì Dio. Oh! davvero, l'anima di quel papa era
%nù«ii»a di amare e di comprendere cotesta libertà!
E la comprendeva con tanto convincimento, l'amava
con tanto trasporto, che non esitò ad invocar il sus-
sidio di quattro eserciti stranieri per conservarla ad
ogni costo. La storia ne prese nota, signor Montalem-
bert: e sarà questa la più bella pagina nei fasti della
libertà, come l'amano e la compi*endono i papi, o come
la comprendete e l'amate voi, che è la stessa cosa.
Della quale libertà soggiungete, ch|B Pio IX ha vo^
hlo dotarne, nella misura del giusto e del bene, un
popolo, che le agitazioni democratiche ne resero pro^
fondamente incapace (1). È questa dunque la stima,
che voi fate del più gran popolo della terra? voi,
forestiero? voi, conte? voi, academico? voi, gesuita?
voi, un Montalembert, vale a dire la personificazione
stessa della maldicenza e delia calunnia? E siete voi,
che osate metter bocca in una questione di libertà,
e forvi giudice del popolo romano? La libertà, monsi-
gnore, non è faconda da catechismo né da rituale, non
h parte dei sacramenti né delle missioni, non entra nel
oamero delie indulgenze né delle giaculatorie; dun-
que non cade sotto la vostra giurisdizione! 11 popolo
romano non é un convento né un monastero, non
ferma una confraternita d'alcun Santo né d'alcuna
Madonna, non costituisce un seminario di preti, nò
un conciliabolo di vescovi, né una congrèga di tra-
ditori; dunque voi non siete competente a giudicare
(i) Il a vonlu en doler, dans la mesure du jnste et da
Uen, nn peuple qne les agitations démocratiqnes «n ont renda
profondément Incapablt (imf . 96).
§4
li atti suoi. E però, quando si paria di lil)ertk, co-
pritevi la faccia e tacete: quando si tratta del po-
polo romano, abbassate il capo e silenzio I Se Tuno
sia degno dell'altra, lo sa l'Italia; e basta.
Ricordate poscia la celebre Allocuzione del 29 aprile^
che brillò come un primo raggio di luce a traverso
le tenebre del 1848 (1). E qui siamo d'accordo. Fino
ai primi del 48 un caos tenebroso, in fatti, ravvol-
geva la nostra povera Italia, ed una fatale vertigine
la precipitava nell' abisso. Le sue giovani coorti s'e-
rano crociate; le sue città facean tridui per la sa-
lute del papa; i suoi popoli insurgevano con la ban-
diera del papato; il fiore de' suoi prodi sorrideva alla
morte e spirava co '1 nome di Pio su le labra; ac-
correvano tutti nel tempio, benedicevano ai frati, ab-
bracciavano i preti, andavano superbi del titolo di
catolici, apostolici, romani; e, sconsigliati! per con-
quistare la libertà si ribadivano le catene. Ma l'Al-
locuzione del 29 aprile dislpò quelle tenebre, e la
verità brillò finalmente all'intelletto degl'Italiani. In-
tesero allora, dalla voce stessa del Vaticano, che l'a-
more della patria per esso era un assurdo, la libertà
un'eresia, l'indipendenza un delitto, la nazione un
armento, il dominio degli stranieri un diritto sacro-
santo; intesero, che il papato non poteva sussistere
altrimenti che a patto di mantenere divisa e serva
l'Italia; intesero che un papa non poteva essere altro
ohe un tiranno del suo paese, ed Un alleato naturale,
fedele, di tutti i tiranni del mondo; intesero, che il
catolicismo non era l'Evangelio di Cristo, ma la com-
pagnia di Gesù; e che dovea rinunciare al nome
stesso di catodico chiunque non fosse disposto a pro-
fessarsi gesuita. Ecco le verità, che l'Italia, anzi l'Eu-
U) La célèbre Àllocution du 29 avrii brilla come un pre-
mier rayon de lamière et de véri té à travers les ténèbres
de iSiS (pag. 36).
itqMi raccolse éHi^^celebre Àltvcuiione. Ne simo gra-
zie infinite al vostro Pio IX, il quale con quel suo
linguaggio chiaro ed esplicito fino al cinismo, gua-
dagnò più republicanl e razionalisti alla nostra causa
che tutte le stampe, le associazioni, e le congiure.
Ditegli, che ora può dormire tranquillamente i suoi
sonni, e digerire saporitamente i suoi pranzi : le rivo-
lozioni future non toglieranno più a loro simbolo un
papa^ né chiederanno più uno Statuto romano al pa-
pato. E se mai fosse curioso di sapere, quale sarà in
avvenire il grido dei popoli risurgenti, ditegli che
tenda Torecchio, che ascolti l'anelito della nuova ge-
nerazione; e lo saprà!
A non lasciarci però alcun dubio su '1 carattere
profondamente e schifosamente immorale del papato,
voi, signor conte, ci date un! dlìr^L interessantissima
notizia. Mentre i battaglioni francesi co 7 concorso
delie armi di Spagna, d'Austria, e di Napoli (1), em-
pievano di stragi ed inondavano di sangue umano
le torre di Roma, che cosa faceva Pio IX? S'era già
detto da alcuni, che piangeva; e da altri, che ride-
va; da questi', che attendeva a sollazzarsi co '1 suo
diletto figlio in Cristo il re Ferdinando; e da quelli,
che passava il suo tempo a visitare le chiese, li ora-^
torj, e i monasteri. Tutte falsità 1 Pio IX stavasi uni-
camente preoccupato del governo delle anime; e per
^dlitar a' suoi fedeli 1 eterna salute, s'apparecchiava
ad aumentare li articoli di fede, elevando un altro
assurdo alla dignità di dogma: V immaculata conce-
si0ne di Maria 1 1 E Montalembert che ce ne assi-
rara (2). Oh ironia! I soldati francesi muojono per
(1) Ramené dans Rome afTranchie par la valeur francasse,
aree le conconrs des armes de l'Espagne, de TAutrlche et de
Naples {pag. 37).
(2) Pendant qae tonte r&arope se préoccupe de son sort ,
•t pendant qae i'on proclame à Rome sa déchóance , et la
M
lai, maojono per lui i cittadini róttaoi; mn Vln
uomo in Europa, che non tremi e non spasimi fra
il timore e la speranza, Tindegnanone e l'orro-
re Sì, ve n'ha un solo, a Gaeta; ed è Pio IX!
Egli disputa tranquillamente co' suoi teologi di quel*
lo, che avvenisse duemille anni fa nell'utero di
S. Annal
La conclusione è degna del discorso : / segreti del-
Vatvenife sano in mano di Dio; ma qualunque Ha
Vesilo dell'occupazione francese, la presa di Roma e
il ristabilimento del potere pontificale per le a/rmi
della Republica, rispondono alle più grandi memo-
rie della chiesa e della Francia (1). Lasciate star Dio.
co' suoi segreti : l'effetto della presa di Roma è già
moralmente compiuto; non appartiene più ai segreti
delVawenirey ma alla storia del presente. Le armi di
Francia hanno ristabilito il papa a Roma; ma hanno
occiso il papato in Italia, e senza rimedio. Un'institu-
zione religiosa, quando non ha più radici nella co-
scienza dei popoli, quando non trova più un appog-
gio bastevole nel culto dei loro cuori, è morta; e
tutte le violenze, che si mettono in opera a fine di
prolungarne l'esistenza, non fanno che acoderarela
sua sepoltura ed infamare la sua memoria. Questo ò
il benefizio che la Francia recò al papato.
création de la République, lui, calme el libre au fond de son
exil, à Gaele, les yeux flxés sar le ciel, et le coeur vniquement
preoccupò da gouveroeroent des àaies et dea devoirs de sa
cliarge apostolique , adresse à toas les évéques de Tunivers
une bulle destinée à hÀier le moment où la doctrlne de Tlm*
maculée Conception sera érigée en arlicle de foi (pag. 36-37).
(1) Les secrets de Tavenir sont à Dieu; mais, quelle que
soit rissue de roccupation francaise> la prise de Rome et le
rétablissement da pouvoir pontificai par Tarmée de la répa-
hliqae répondent aox plus grands souvenlrs et de Tégllse et
de la Pranoe (pag. 97).
Ne già siamo noi sdì. che giudichiamo così un fatto
di cui un episodio ridicolo è magnificato da voi per
ti più bello spettacolo che il sole possa rischiurare (1)
Fra i tatolici stessi, coloro che non erano accecati
come voi, da un fanatismo incurabile, ne portarono
lo stesso giudizio che noi. Eccovi che cosa scrivea
da Civitavecchia il 6 giugno 1849 il vostro famoso
P. Ventura: « Vous voulez savoir où en est Tesprit
» de foi en Rome. Or là^Jessus je ne puis vous dire
» que des choses déplorables. Vous savez peut-étce
» qu'on a enlevé les confessionaux et les chaires
D saintes de plusieurs églises, et qu'on les voulait
» brùler a la Place du Peuple. Le gouvernement eut
» assez de force pour empccher ce scandalo. Mais
» oa B'en a pas moìns crié : Mort à ceux qui se con-
* fessenl I Mort aux prétres, aux religieux l ètc. On
* n'en a pas moins abandonné les églises, la confes-
» swn, la communion, la prédication, et tonte la re-
» ligio» pratique. Les églises sont désertes; on ne
» précbe plus faute d'auditeurs; et tout cela, c'est
« leffet de la haine, du méprìs, de l'exécration où
* est Uwnhé le prélre. Ce qui est encore plus éton-
* nant, ce sont les femmes, méme du peuple, jadìs
» SI religieuses, qui maintenant repoussent le plus
* les prétrea, et ont fait divorce avec toutes les pra-
* tiques religicuses- Je le dis avec les larmes aux
* yeux, le c(Bur brisé par la douleur: le protestan-
* Usme véritable, qui consìste dans la foì sans les
* <Buvr€»,.daos la profession de TÉvangrle sans le
» miQistère du prétre, se trouve étabU de fait dans la
» yiUe centro du catholicisroe 1 Sur cent- personnes
* je doiite qu'on en puisse trouver dix qui se soiant
(1) Celui qoi a vu nos soldals agenonlllés, dans leur forde
ei leiir slmpUcUé, sor la place du Vatican.;.... cjélui-là peut
se dire qu'il a vu to plas'beau speetftde quo pulwe étìùirpr
to soteU («ag. S7). . ,
» conservèes catboliqtiesl — • Yons me demanderez
9 ce qui a pu opérer cette immense apostasie en si
» peu de temps? C'est la politique de Gaète. Pen-
» dant que je vous écris, les Frangais bomfiardent
» Rome, détFuisent ses monuments, mitraillent ses
» habitants par milliers, au nam du pape. Il est donc
» impossible de se faire une idée de la fureur et de
» la rage excitées dans le peuple contro le pape, au
» nom duquel on commet ces horreurs. Les femmes
» de Transtévère, jadis si attachées au pape et à
» réglise, voyant les premières bombes tomber sur
» leurs maisons et les détruire, les premiers boulets
» tomber sur Saintr-Pierre et Tendommager; voyant
» leurs maris, leurs enfants blessés ou tués au nom
» du pape, par les soldats du pape, ont poussé des
» cris d'une rage désespérée et sauvage, des anatbè-
» mes au pape, au clergé, à Téglise; nous ont ap-
» pelés des ìmposteurs, des infàmes, des assassins;
» ont fait les plus borribles serments de ne plus vou-
» loir rien savoir de nous, et ont fait à peu près
» abjuration publique du catbolicisme. — Le peuph
» volt les Autricbiens qui, en compagnie d'un pré-
» lat pontificai, parcourent les provinces, les cbar-
» gent de contributions, arrétent, exilent, fosillent
» les plus bauts Hbéraux, et rétabllssent partout par
» la force Tabsolutisme clérical. Il volt que les Fran-
» $ais, au nom du pape, font au peuple romani la
» guerre la plus injuste, la plus déloyale, la plus
» acbarnée. Il volt un évéque qui fait mitrailler ses
» diocésains, un prince qui tue son peuple, un pas-
» teur qui fait égorger ses brebis, un pére qui fait
» égorger ses enfants. Il volt un pontife qui lance
» les quatre puissances les plus ennemies de Tlta-
» Ile contro lìtalie et Rome; et cela lui sufQt pour
» lui fàire regarder le pape et Téglise comme enne-
» mis de la Uberté des peuples, de Tindépeadaflce de
llliM; le <ilergé comme une iégion de hrlgands
tfliMtleiix, arares, criiels, férooes, qui abusent de
ht réligì0n pour «romper le peupte et se rassujet-
tir, pour assurer kur domination et leurs revenus.
— Un pape qui fait la guerre, par toutes les puis-
sanoes de TEttrope, contro son peuple, parco quo
ce peuple» abandonné sans gouyernement par son
princOf recete» excoamiunlé, repoussé, a voulu se
donner un gouTernement conferme à ses anctens
droits, à ses ancienues traditions (car Rome a été
toojours répdbliquedepuis son origine jusqù'à nos
jowrs); un pape qui veut régner tempoiellement
par le meurtre et par le glaive; qui veut s'impo*
aer à trois mllMonsde chrétiens par les baìennettes
et le ^n»n ; qui veut relever son tròne swr des
mini^s de cadavres et sur un lac de sang: c'est
un fai! si étrange, si absurde, si inique et si scé^
lérat, si contndre à Tesprit de la papauté ( ! 1 ) et
de rÉTangile, qu'il n'y a pas de conseienee qui
n'en soit révoltée, qu*U n'yapasde foi qui y tien-
ile, quii n*y a pas de cosur qui n'en fremisse, qu'il
n'y a pas de boucbe qui ne se porte, comme foi^
cée, à la malédiction, au blasphème. Ainsl, aut
yeox du peuple romain, jamais une plus grande
seélératesse n'a été commise, jamais un plus enor-
me scandalo n'a été donne. -* Vous voyez dono
qne jamais la foi catholique et Téglise n*ont eu à
soaffrir une persécution plus horrible dans Rome
méme; c'est que cette persécution lui vient du
clergé et de son chef, et il sera très-diffìcile d'en
triompher. II est possible que Rome tombe sous
la force des puissances coalisées. Il est possible que»
comme ai TÉvangile était le Goran et Rome la
Ifecque, le pape y entro en conquérant, le glaive
à la attln au Hmi de la crois, précède par les ba'ion-*
neltea, sulvi par les bourreaux. Il est pos^ble qu'll
m
» relève son tròne sur Iw pointes des jèpéeft; mais
j» oe sera pour retomber bientòt. Le pape, oomme soih
_» veraìD temporel, est devenu impossible. Cette sou*
» veraineté est perdue pour lui et pour toujours.
» Mais ce qui m'afflige, me dés(He le plus, c'estque
» comme pape, méme comme chef de la chrétienté,
» 11 est perdu dans l'esprit de tonte la jeunesse ita-
» Uenne, et avec lui la foi catholique (1)»,
Óra che abbiamo. siBguitato a passo a passo Mon*
.talembert nella rassegna, che prese a fare degli ^ti
d'Europa, siamo kn grado di coochiodere, che lungi
dairaverne provato,, com'ei si prometteva, che la re-
ligione ha ripigliato il suo piHSto, al primo seggio;
^he dapertuUo la chiesa è ricpnoscivta come ma po-
tenza di prim' ordina; che è imocata dagli uni non
la confidenza di un amore s&mpre fedele^ da§li altri
£on la passione d*una conversione recente; che- si nede
dovunque rifiorire, grandeggiare, rialzar' il<sm capo
ringiovanito, e dominare su i destini del mondo (2):
egli ci ha persuasi di due cose. La prima, che il ca-^
tolicìsmo oggidì. pou è più una religione, ma un af-
fare d'industria e un officio di poUzia. La seconda,
che Montalembert non sa liemmen che cosa sia re-
ligione; poiché non ha verun criterio da riconoscerne
<4) Revue dtt réformes et du prognèsy tom.l.
' (9^ Partout la religion a repìris sa plÌMse, av premier lang;
partout réglise est recoonue comme une piùssaiKe. de .pre-
mier ordre. Invo(iuée par les uns avec la cooflance d'un amour
toujours fldèle; par les autres, avec la passion d'une coover-
Sion recente; par quelques-uns peut-étre à regret et à- con-
trecóBur; si elle est encore allaquée par quelqucs aveugles,
QUI da moins ne méconnatt sa force, sa vie, sa fécóhde Im-
inortalUé. En parcourant le sol de rEurope^ labouré-i|!)ar la
révolation et la guerre, on la vóit partoul refléurfr, grandi r,
relevdf sa t6l» r^eanie^ e( pUner sui les desUnóés da moneto
101
la vita o la morte, la potenza o rinfermità, la gran-
dezza o la declinazione; e qua la fa consistere nei
frati e nelle chiese, costà nelle scuole e nei vesco-
vati, colà nelle tipografie e nelle missioni : ora Tim-
medesima con le assemblee ed i governi, ora co 'i ge-
suiti e le opere pie, ed ora con l'igQoranza delle
plebi, con la forza degli eserciti, con le acclamazioni
degripocritl, con le genuflessioni degli scelerati.
CAPITOLO QUARTO
IL CATDUCWnO B WJk »IVOU}ZIOIIB
Io avea creduto, che II conte di Montaìembert sotto
quel titolo: De la situationdu eatholicisme en 1852,
dovesse veramente esporre lo stato, cioè computare
rinteressi del catolicismo odierno. M'avveggo adesso
che m'ingannai, ed ebbi il torto di prestar fede alla
inscrizione dei capitoli del suo libro. Egli adunque ci
avverte, che finora non ha enumerato e descritto al-
tro che le vittorie esteriori della chiesa; e venendo
a indagare il caractère special de la renaissance actuelle
du eatholicisme, c'invita a contemplare il suo movi-
mento ititerno, ossia la conquista delle anime, onde
risulta con ben altro splendore una nuova scena del
suo trionfo (1). Vediamo quindi, per sommi capi, i
fàXXì da cui egli ^irguTORnVai l'immenso progresso dello
(1) Mais ce ne soni pas les victofres extóiieares, doni oo
Tient de foire lUncomplèie et rapide énoméraUon ; c*est le
movvement intérieur, c*est la conqaéte des &mes, qui dolveot
bien aatrement exciter l*adiniraUon et la reconnaìssance, et
d*où ressort, avec un bien autre éclat, le contraste entra le
pféient.et le passe (pag. B8).
103
ijlfiHto eai0iico da dnqnanfanni in qua; vediamo la
rterudescenxa della fede, V efflorescenza della carità,
la vita nuova della utenza (1), ch'egli promette di mo-
strarci.
I fatti soB questi:
1.** È cessato lo spirito d'indipendenza delle chiese
particolari, e specialmente della gallicana: la chiesa
catolica è più unita, più subordinata al suo capo (2).
2." Scrittori laici ed ecclesiastici fanno a gara per
riabilitare li eroi, e glorificare l'iastituti catolici del
medio evo (3).
3.® L'architettura si va a studiare negli antichi
monumenti della chiesa, e ritorna cristiana (4).
L" Y'è maggiore solidarietà fra i catolici de* varj
paesi d'Europa (5).
S."* Fiorisce la società di S. Vincenzo de' Paoli, l'ar-
cioonfraternita del sacro cuore di Maria, la pia opera
ddla propagazione della fede, ed altre ancora (6).
6.^ Finalmente — e questo colma la misura delle
qrasie di Dio -^ sono ricomparsi e ripullulati ovun-
que li ordini religiosi (7),
Poche osservazioni basteranno a chiarire, come que-
sti fatti provino tutt'altro che il risurgimento della
chiesa catolica sognato dall' academico francese. — »
(0 C'<st li sortovi qo» se déploie rimmense progrès do
Tesprit calholiqQO depnis dnqQaDle ans; d'est par la recru-
desceace de la foi, refnorescence de la charilé, la vie nou-
vello de la science, qn'il faut mesurer lout le terrain quo
resprit de vie a regagné sur l'esprit de mort (pag. 3S).
[V Pag. 39-49.
(3) Pag. Ì3-U.
(4) PAg. 46.
(6) Pag. 46^7.
(6) Pag. iS-60.
(7j Pag. 41-54.
104
Il primo, già l'abbiamo notato, conferma questo sofo,
che la chiesa oggidì s'è unificata tutta nel sistetna
de' gesuiti: vescovi, abbati, preti, frati d'ogni colore
marciano tutti in ordine ed in silenzio, come un gregge
muto e docilissimo, sotto la verga del generale di
Roma. E sta bene. Così può scandagliarsi la vitalità
del catolicismo senza pericolo d'errore: non 8*ha da
far* altro che tastar il polso alia compagnia di Lojola.
Il secondo, per verità, non contiene nulla di nuovo.
Di storici, che si compiaciano a contar favole al cre-
dulo vulgo, non ci fu mai penuria nella chiesa. Tutto
al più, se oggi vengono crescendo, ne potremo infe-
rire, che siccome le favole acquistano fra i catolici
voga e credito maggiore, così il risurgimento del ca-
tolicismo dee chiamarsi i» a tutto rigore di termini,
favoloso.
Il terzo è questione affatto particolare di gusti. Che
si trovi qualche architetto, a cui piaciano li ordini
del medio evo, anziché quelli dell'antichità, può darsi
bènisshno: strani cervelli ve n'ebbe in tutte le sta-
gioni. Ma qualche bizzarria di meno o di più , basta
dunque alla decadenza o alla gloria del catolicismo?
Il quarto significa, che lo spirito d'associazione è
riuscito a penetrare anche in seno alla chiesa. E
nondimeno, c'è voluto un pezzo! La bella idea di solK
darietà, figlia del progresso, evangelio dell'era nuova,
erasi già stabilita e difusa nelle società politiche, let-
terarie, commerciali; l'ultima instituzione, in cui essa
penetrò, fu la chiosa. Ahi meglio tardi che mai. Fino
i catolici dunque sono in via di progresso; e biso-
gna dire che l'Umanità progredisca davvero, poiché
fa camminare avanti i gamberi stessi!
Il quinto ed il sesto valgono ancora meno. Lì or-
dini religiosi e le opere pie non sono certamente:
una novità, mentre da parecchi secoli formatto il
ffimo principale del commercio spirituale e tempo-:
105
ralc, che Montalembert chiama interessi della chiesa.
Ma appunto, come avviene di ogni commercio, fa
d'uopo adattare le mercanzie al bisogno e alla moda,
del tempo, ed a quelle cadute in disuso e dimenti-
canza sostituirne altre più ricercate dagli avventori.
Cosi ha fatto sempre la chiesa ; e però le nuove con-
gregazioni, che il conte accennava, non provano al-
tro che una varietà di gusto o di moda nella devo-
zione de' fedeli e nell'industria del* clero. Se non che
la mercanzia oggidì ha scemato assai di valore e di
richieste ; e per quanto s'arrabattino i mediatori è lì
operaj, la chiesa non arriverà mai più ad ordinare
in confraternite ì popoli intieri, come li teneva ordi-
nali ne' secoli trascorsi.
Ed ecco già terminato il computo delle vittorie in-
teriori, degl'interessi spirituali, e delle grandi con-
quiste d'anime, che Monlalembert attribuiva alla ca-
tolica religione. Veggano ì lettori, se costui sapesse
quello che si diceva, allorché prometteaci di mostrarq
h recrudescenza della fede, V efflorescenza della carità;,
veggano se codesto trionfo non sia anch'esso una de^ v
risione l Ma v'ha di peggio. Egli avea nominato ezian-
(Jìo la vita nuova della scienza; óra, dov'è che la di-
mostra? su quali documenti? con quali ragioni? Ohi
perfino l'audacia di un Montalembert ne rimase at-
terrata. No, egli non trovò una sola ragione, un solo
documento, un solo pretesto da gettar come polvere
negli occhi a' suoi lettori. Della scienza moderna non
una parolai E tuttavia, era ben questa la pietra del
paragone, a cui si doveva appellare ; questo era il
criterio supremo, con cui si potea risolvere in un
modo ragionevole e irrefragabile la nòstra questione.
Perciocché una religione è, innanzi tutto, un sistema
4i verità; e per giudicare se queste verità siano ere*
date e professate da una società qualunque, bisogna
per la,prima cosa vedere, se sieno desse la legge della
sua vita intellettuale, cioè della scienza. Ora, la scienza
moderna attinge ella i suoi primi principi e le sue
ultime ragioni dalla teologia della chiesa? Il vero car-
dine del problema sta tutto qui. Se sì, la tesi di Mon-
talembert è vera, e la nostra falsa; se no, la nostra
causa è vinta, e la sua perduta. Ma egli stesso non
ha osato rispondere: sì; poiché non avea pur rom-
bra di una prova della sua affermazione. Dunque siamo
noi in diritto di rispondere: no! E questa sola pa-
rola manda in aria tutta la sua catolica fantasmago-
ria. La chiesa non è più la legislatrice della scienza;
dunque il suo simbolo di fede non è più la religione
del secolo.
Un tale raziocinio ha già sfidato la logica di tutti
li apologisti, di tutti 1 gesuiti passati, presenti, e lù-
turì; ma essi fanno il sordo, e ripetono sempre im-
passibili ed intrepidi le loro sciocche declamazioni.
E per ciò che spetta al conte di Montalembert, il
fatto è più grave ancora e più vergognoso. Perocché
in Francia, da oltre a ventanni in qua, non passò
forse giorno che queir argumento non gli fosse get-
tato in faccia da qualche libro o giornale. Pure, an-
ch'egli ha taciuto 1 Ohi cotesto silenzio è ben più elo-
quente che tutte le ciance del suo volume; e ci ba-
sta per poter conchiudere fin d'ora, che il preteso
trionfo del catolicismo è un vano sogno o una so-
lenne impostura. No, alla vita deirintelletto europeo
non presiede più l'oracolo della chiesa, ma la fece
della ragione; e però alla voce del papa nonobedi-
scono più le idee né i sentimenti, non s'inspirano
più le anime né i cuori; si piega solo qualche ginoc-
chio, si scioglie qualche lingua, si vuota ó s'empie
qualche borsa: ecco tutto. Laonde il catolicismo non
può propriamente dirsi più la religione d'altri che
di coloro, i quali per ignoranza, per fanatismo, o
107
per ipocrisia Bon sono pur capaci d'intendere e di
sentire che cosa sia religione. Tal è il trionfo che
gli riserbava, toccata appena la sua metà, il se-
cdoXIX(l)I
(I) Il fatto é cosi Ismptnte e palpabile, che i più fAnelici
ooiori del risargimento catollco* li stossi gesuiti — i tutto
dire! — non osano dissimnlarlo,. Ecco alcnni brani di vn ar«
ticolo sa i pericoli delia fiducia, che neiraprile del 1859 pti«
blicava la Civiltà Catoliea: «Che si è acqnistato, per vitavo-
« stra. In qoesìX nltimi tempi in Europa? Moltissimo senza
■ dobio, se si riguarda il |iro delle cose esteriori e pnbli-
■ che. — Kondimeno, con l'ordine materiale restaurato, al*
f meno in parte, può egli dirsi che siasi proveduto a tutto?
B 11 difetto di quell'ordine era proprio il solo morbo, onde
• traTagliava TEuropa, talmente che, quello ristabilito, possa
t dM che r inferma sìa tornata a sanità perfetta? Noi non
t crediamo, e nessun uomo dMntelletto lo crederà, se pure è
• Tero, che 1 sintomi esterni di un morbo non sono propria*
• mente il morbo, ma ne sono segni alla stess'ora ed effetti.
B ^ La società odierna travaglia di un morbo antico, vasto,
I profondo, che le ha stemperati li umori, e per poco non
• dicemmo le ha guasta radicalmente la complessione. — Non
I sarete si semplice da persuadervi bonamente di averla gua-
• rita, però solo che la vedete tranquilla un poco. A conce-
• pire qiulche speranza di guarigione vera e di sanità dn-
■ ratara, vuol mettersi mano alla radice; e solo in prof>or-
> sione dei mezzi adoperati a curar questa, potete allettare
• speranza di una stabile restaurazione. 0 non ne vedemmo
• noi tre o quattro di restaurazioni in meno di mezzo secolo?
• E fallirono esse per altra ragione, salvo per questa sola,
I che paghe alla superficie tranquilla non si brigarono, o
• certo non si brigarono abl>astanza per cercare la radice se-
> f^la del morbo e curarla efficacemente? — Il male dimora
> nella suprema parte di ogni convivenza: nella coscienza,
1 cioè, e nelle idee; e perciocché queste dan norma a quella,
■ può dirsi, senza tema di errare, che propriamente neiror-
i dine Ideale risiede II morbo. — Gettato nel mondo, come
t fiaccola di discordia, il principio del libero esame e della
» indipendenia della cagione, ove II fnoco non si appiceò, se
108
Cosa incredibile, ma veral Anche dopo l'espressa
dichiarazione di voler considerare la religione 30U0
il rispettò del suo movimento interiore e della con-
quista delle anime; anche dopo il formale impegno
di farci assistere al nuovo incremento della fede, della
carilày e della scienza catolica; il signor Montalem-
bert ha il coraggio di rinovare quella sentenza, di
■ ne ricevettero come di rimbalzo i biechi riflessi; e basta<
» reno due secoli, percliè l'Europa se ne trovasse tutta, dove
» più dove meno, ma senza eccezione, alterata in tutto l'or-
B dine ideale ed in ogni sua appartenenza. — Siamo oggimai
» divenuti, nel gran corpo delle umane cognizioni, a non aver
» quasi fibra die resti intatta. La filosofia, rifiutata ogni tra-
». dizione, fatta gioco di sistemi, il meglio che possa darci è
» un dubio ragionato e universale; la storia da tre secoli, di
» maestra che dovrebb* essere di verità, condutta ad essere
» strumento di partito, ha falsato fatti, ha mentite cagioni, ba
» distribuite rinomanze immeritate, ne ha depresse meritalis<
» sime, alla sola stregua di pregiudizi elerodossi ; la politica
n paganeggiata ci ha fatto trovare nel Segretario fiorentino
» meno un satirico che un maestro, e la ragion di Stato non
» ha voluto riconoscere altro principio che l'utile; Teconomia
» sociale ci ha messo scientificamente su la via del commu-
» nismo; fino la letteratura, le arti belle, la pedagogia me-
» desima nel doppio suo objetto di educazione e di insegna-
» mento, non sono franche da queir influsso; é la proprietà
» e la famiglia, quei due cardini di ogni umano consorzio,
» cominciano ad essere oggetti di discussione. — Insomma
» voi non troverete parte alcuna dello scibile umano, specli-
» lativo 0 pratico, che non si risenta di tre secoli di eiero-
• dossia, 0 prevalente all'aperto, o flltrantesì di soppiatto
» Troverete assai raro un uomo, che, pur pensando e scri-
» vendo sensatamente, non si mostri tocco da queir influssi,
• e che con le migliori intenzioni , non lo volendo neppure
» in sogno, anzi volendo espressamente il contràrio, non
» isdruccioli alcun poco per la china, e non resti leggermente
» impigliato nelle panie. Tanto é universale il pervertimento!
» Tanto ti rende imagine di una infezione atmosferica, alla
» quale è somigliante a miracolo il potersi sottrarre (Voi. IX). •
109
dd già notai la seandalosa contiradizione: Lo ripeto;
tutto ciò che noi abbiamo guadagnato in sì poco tcm-:
pò, ci può esser tolto ben più rapidamente ancora;
ed aggiungo, che tutto ci sarà tolto sicuramente, se
noi non raddoppiamo di coraggio, di vigilanza, e di
zelo (1). Ma la prima volta poteva, alla men trista,
scusarsi rìfereadola ed applicandola esclusivamente
«grioteressi esterni o temporali della chiesa, che pos-
sono andar suggettt ad ogni vicissitudine delle cose
umane. Ora poi, né codesta meschina scusa lo può
salvare; poiché, egli stesso l'ha dichiarato, trqittasi
propriamente di anime, di fede, dì carità, di scienza.
Ebbene, questo furioso profeta del partito catolico
per la seconda volta confessa, che tutto quanto ha
guadagnato il suo catolicismo, lo può perdere in bre-r
vissimo tempo.
E la rtgione? La ragione, bench'egli espressamente
non la dica, pure, secondo che ricavasi abbastanza
dal contesto del suo discorso, ei la riconosce in qua^
che politico mutamento. Noi dunque avevamo inter-
pretato rettamente il suo pensiero. S\, costui non ar-
rossisce di ridirlo seriamente, freddamente: la reli-
gione, che egli adora come Tunica vera e divina, è
un appendice di qualche governo, lo stemma di qual-
che principe, il beneplacito di qualche ministero. Le
verità, che la scienza catolica insegua, possono dis-
impararsi in poco d'ora, e basta l'ordine della pò-
(1) Encore nne fois, on voudra bien croire, quo Je ne cède
pas aux suggesiioDs d'un oplimisme, qui D'a jantuis été inou
déraut. A Dieu ne plaise qu*on me soup^onDC de vouloir en-
dormir les cathotiques dans une satisraction beate, dans un^
sdcnrité aveuglel Je le répète, tout ce quo nous avoiis gagnè
eo si pea de lemps, peul nous étre ente ve bien ptns rapfde-
ment encore; et j'ajonteque ioat nous sera ceriatoement en*
leve, n nms ne redoublons toos de courage, de.vìgilaftOB, et
d» f|év«a«aieiit (p$g; H), .«
110
llda per cancellarle dairanimo del fedeli. I isentimeiitl,
che la carità catolica inspira, possono estinguersi In
pochi istanti, e basta 11 decreto di un'assemblea a
farli dimenticare. Le credenze, che la fede catolica
infunde, possono di leggieri sparire, e basta la ca-
duta di un ministro per estirparle via dalle coscienze.
E le anime, le anime stesse, che la chiesa catolica
vlen conquistando, sono in balìa de' governi, i quali
gliele possono regalare o rapire a loro talento. Ah 1
capisco adesso, perchè il clero di Francia porga in-
censi e benedizioni al Bonaparte: lo ringrazia delle
anime, che il suo governo rimette nelle mani della
chiesa; e lo prega di restituire ai battezzati di tutto
il suo impero la fede, la carità, e la scienza, di cui
altri governanti li avevano empiamente spogliati. Il
Bonaparte è lo Spirito Santo della chiesa nioderna II...
E in verità, l'una è ben degna dell'altro.
Noi intanto pigliamo nota della preziosa confessione
di Montalembert. Essa conferma in un modo auten-
tico e quasi offìciaie, a qual estremo sia ridutta la
santa, catolica, apostolica, romana chiesa. Perciocché,
nei giorni della sua potenza, ella usava comandi e
non suppliche, fulmini e non adulazioni; ella sfidava
arditamente le porte dell'inferno, e credea fermamente
che non potrebbero mai prevalere contro di lei. Or
ha mutato stile e linguaggio. Divenuta un partito,
assai debole e tapino, ha scambiato la fede con Tin*
trìgo, la carità con la borsa : la sua esistenza pende
tutta dalle notizie quotidiane delle gazzette. Aveano
dunque ragione i filosofi, che predissero vicina ed
imminente la fiuQ del catolicismo; e l'hanno adesso
i razionalisti, che lo trattano da cadavere, e gli an-
nunziano già scavata la tomba, in cui dalla prossima
rivoluzione verrà sej^lto. Se qualche dubio ci potea
rimanere intorno alla riuscita dell'estrema lutta, che
ferve tra il secolo e la chiesa, Montalembert ce l'ha
Ili
sgombrato. Si rassicurino li amici della deipocrazla
ed i soldati deiravvenìre: tutto ciò, che il catolicismo
ha guadagnato^ gli si può togliere in un momento.
Esso è dunque nelle nostre mani: sonata Torà dei
pt^li, la democrazia liquiderà 1 suoi conti, e li ar-
clieologl avran la cura della sua memoria e de' suoi
monumentL
Dopo una dichiarazione così esplicita, chi crede-
rebbe tuttavia, che il conte academico osasse ancora
parlare del movimento di rigenerazione, che ringiovani-
ir« la chiesa (1)? Pure è così; egli tira innanzi per la
sua via, e pretende sostenere in quello stesso capitolo,
che it catolicismo solo ha profittato delle crisi della
società, moderna (2}. Esempio di una monomania o di
una imbecillità, piuttosto unica al mondo che raral....
Egli adunque passa ad instituire un confronto tra
la chiesa ed i suoi avversari o rivali (3); e sicuro
del fatto suo, grida : Io domando, che mi si dica ove
sono le potenze nemiche o semplicemcìUe rivali della
chiesa (4)? E la risposta, che fa a sé medesimo^ me-
rita di essere conosciuta come un modello della dia-
lettica, con cui discorrono li odierni apologisti.
Dopo le tutte, che riempirono la storia del mondo
per sessanV anni, di tutte le forze eh* erano in piedi
(I) Mais C6 qn'on n*a pas vu, du moins depuis deax sie-
de», c'est un iDouvement de régénération et de rajennisse-
meoff, comme cela! que nous venons de résnmer (pag. 57).
(9) Le calholtcisme a seni profilò des crises de la société mo-
derne (pag. 66).
(S) Dans les laUes entre diverses puissances, on ne pent
mesnrnr l*élendue de la victoire qoe par le degré de la cbiite
des adversaires oa des rivaux de la puissance qui triomphe
a»r. 67).
(4) Je prie qn'on vaaille bien me dire, où en sont les puis-
sancei eonemies, oa simplement rivales éè VégXìs» (pag. 57).
112
nel 1789, quali sono quelle che 4i trovano aver gua-
dagnato qualche cosa, all'ora in cui siamo? Ve n'ha
due : la rivoluzione e la chiesa. Ma da esse in fuori,
Nessuna. Sarebb'egli per avventura il protestantesimo?
No. La filosofia? No. Il potere temporale? No. Il li-
ieraìismo? No, mille volte no (l). Ora cavatemi un
po', se vi da l'animo, qualche costruito ragionevole
da cotesto gergo. Prima di tutto, che cosa intende
Il signor conte per rivoluzione? Non lo dice mai, e
per la buona ragione che non Jo sa. Costui possedè
untarle veramente singolare « màravlgllosa: schic-
cherare un llhro, senza capire quello che si dice, né
saper quello che vQgFia dirsi! Imperocché la rivolu-
zione, di cui riconosce anch'esso la forza ascendente,
jche altro è mal se non appunto l'esplicazione logica
è r appRcazione reale di quei princlpj, il cui germe
era portato in seno dalla Riforma, fecondato dalla filo-
sofia, educato dal liberalismo? Dunque F ammettere
un progresso, un Incremento della rivoluzione, torna
jpreclsamente lo stesso che riconoscere compiuta l'opera
della Riforma, della filosofia, e del liberalismo; e riesce
tanto assurdo il separare la causa di questi tre ele-
menti, generatori della rivoluzione, da quella della
rivoluzione medesima, quanto sarebbe assurdo 11 di-
videre le varie età dell'uomo dalla sua vlta^ o le di-
Verse membra di un corpo dal corpo slesso. La ri-
voluzione progredisce? Dunque 1 prlncipj, che erjano
destinati solo a splanarle il cammino e a darle un
(l) Après les lultes q^li ont rcmpli l'iiisloire du mondo
pendant soixanl^ ans, de loutós Ics forccs qui éiaienl debout
cn 1789, quelles soni cell^s qui se trouvenl avoir gagné quel-
flue chose a Tbeure où nous somìnes? Il y en a deux: la
revolution et l'église. Mais en dehors d'elles, point. Serait-co
par hasard le protestantisme? Non. La philosophie? ìion. \j^
pouvoir lemporel? Non. L* Ubéralisxne? ^'oii, millfi fois «oo
i^^. hi).
11^
pruno imiNilao, devono, cedendo il Ivogo, tragfor-*
Bsursl in altri capaci di regolare il nuovo andamento
esoddisfere a' nuovi bisogni deHa società. E viceversa,
le idee, che aveano gettate le prime basi e avviati'
i primi passi della rivoluzione, vanno scomparendo»
e trasformandosi in altre pin vaste, più profonde, più
ooraprensive? Dunque la rivoluzione lia progredito,
e progredisce^ La conseguenza è legitima e necessa-
ria in ambedue i casi; salvo die nell'uno s'argumenta
daUt caifione air effetto, e nell'altro dall'effetto alla
dgione.
0 protende forse Montalembert, che la rivoluziono
<kU)a avanzare, e svilupparsi, e ingigantire, stando
pwò senq^ Immobili, imperati, infiuitlii i suoi el»->
nmii? Ma questa subline teorica può darsi che
piada al gran genio di coloro, che abominano quali in^,
mxhtU deWùr^fogUù mod$mo, linfalliìnlità iella ra*
pam iMiMma, la $cio(ca eresia iella perfettibilità in-*
iifmta ielVuoma, la eonsacrOiione ieiVituBiiia Matta
il mme d' egtuii§lian$af l'idahUria iel numero eatla
il nome di suffragia WMÌter$(Ue e ii eovramtà del p^
pah (1); poidiò questi pellegrini intelletti non co-
Mscono miglior aHmento che Tassardo e la centra**
4iàooe. E Montalembert è del bel numero uno/ Egli
erede, ehe hi pianta debba crescere, senza che ve^
nm mutamento succeda nelle radici e nelle foglie;
erede, ehe Tuomo debba giungere alla virilità, senza
<te avvenga nessan aumento delie membra, delle
fene^ e delle facultà del bambino ; crede, che debba
grandeggiare il tutto senza alcun ingrandimento delle
parti; crede insomma, che debba ottenersi il produtto
(1) iDTeDlions de PorgueU moderoe, rinfailUbiUié de la rai-
MB hnmaine, la solle hérésfo de la perrectibllité indéfinie de
Itiomme, la eonsécraiion de Tenvie sous le nom d'égalité, 11-
delàirie dv nonbre soas le nom do saflTrage unWerMl et de
ioaveralnelé da peupte (paf . 70).
L 8
114
seDza i fattori I il fiiiè sènza i mezzi, rèffettò senza
la cagione^ È una gran testa quel conte! Ciò che
gli sta a ciioi^, non è la verità, ma il dogma; non
è l'errore òhe gli dia fastidio, ma Feresia: purché i
preti gli possano dare una buona patente di orto-
dosso» egli si tien beato. E tal sia dlluit Ma si come
^gli ha i suoi gusti, dovrebbe tolerare che anche li
altri avessero ì loro. Io per me confeisso che ragio-
nando s^uo un metodo tutto contrario al soo. Ne)-
V^ame di una proposizione mi prème di ved^e, non
già se sia un dogma o un'eresia — di dogmi e di
eresie lasòlo piatire i teologi — ma ^e sìa una ve-
rità o un errore: niente più e niente menOi È ve-
rità? io r abbraccio. È errore? io la rigetto; né mi
do un pensiero al mondo dell'approvazione o disap-
prOvaftone delle eurte vescovili. Laonde, per restrin-
germi al caso nostro, io credo alla perfettibilità in-
definita deiruomo, che Montalembert gentilmente
battezza di. sotte kérésie^ perchè è una verità; e ri-
getto il principio opposto^ ch'egli reputa sicuramente
un articolo di fede, perchè è tm errore/
£ qual ipbrtento di errore sia qoesto, ce lo ha sve^
lato 11 conte medesimo don quella vena inesauribile
di assurdi, che sgorga dalla sua dicerìa» No, noi non
segreghiamo la rivoluzione dalla Riforma, né dalla
filosofia; né dal liberalismo (quanto al potere tempo-
rak^ l'intenda ehi può, che égli non s'intende di
certo). La Riforma incominciò la rivoluzione moderna
scuotendo ii giogo obbnolM'ioso ed oppressivo dell' au-
torità ecclesiastica; la filosofia spinse la rivohiiSone
più avanti, e ruppe l'altro giogo, non men duro e fune^
sto, deirautorità divina ; il liberalismo prosegui l'opera
della filosofia e della Riforma, cercando dì trasportare
la rivoluzione dal campo delle credenze e delle idee su
quello delie instìtuzioni e dei governi. Ma i mezzi
termini del liberalismo sono già sorpassati dalla mar-
113
da irrrfreBabite della rivoluztoae» la quale bckb aveA«^
do oggtHiai più mestieri del carattere dì protestante,
eome nel secolo XYI; né, di fdosoika, còme nel XYIII;^
oè di liberale^ come nella prima parte del XIX ; piende»
il carattere ed il nome, che meglio esprimono le tenr^
denze della seconda metà di questo secolo, e s'intitola,
democratica sociale.
Se questa legge storica sia per la chiesa un do^
gm o un'eresia, c'importa poco: quello che o'im^
porta jsi è, che essa spiega in un modo plausibile e
soddisfacente i fatti capitali della storia moderna,
senza cadere ìa alcuno di quelli assurdi , che V or^ ,
todossia venera quasi artic(^i di fede* Quando adun-
que il signor Montalembert si sbraccia a provare, che
il protestantesimo, caduto al grado di semplice nega-
2Ì0KB, non è guari pik preso in tu'l serio da nes-
smio (1); non s'accorge che tratta la nostra causa?
Yero è che la tratta co '1 suo proprio stile, cioè eoo
bugie, impertinenze, e calunnie^ di cui gli abbando*-
siamo esclusivamente tutto il merito ed il profitto;
ma in fine de' conti, quell' asserire che in Allemagna
ìa Bibbia, che Lutero vantatasi bavere scoperta, è
rigettata come un tessuto di imposture o di miti, da
molti di coloro che si spficciano per li eredi diretti
di Lutero, e che rempiono {e catedre delle chiesa ri-r
formate (2).; che in America, come in Inghilterra, . /•
tila 4* è ritirata da quella frazione del protestantesimi^
che si qualifica di ortodossa, per rifugiarsi neUe sètte
disidenti, presso li avversar] dichiarati d' ogni disei^
(i) La prolestanlisme, lombé aa ntng de siinpie iiég»tion«
n*egt plus gaère pris aa sérictix-par pcrsonne (pag. hl'^^)4
(9) Kn AllemagM» Ja Dibte, (|m LHiber sn vantait d'avoir
Ateoorerte, est rejeiée cornili* un lissn d*impo6lures «q dd
nyUiefl fóìr bcaoeonp de cmix, <|iir se porlent pear les hórU
liers direcis d« Luther, et qui rempUssepI les chaif«t de»
éflises riformécs (pag. i%).
116
j»KfM^ mai d*999i HvékzioM (1); che in éomÉitV
cosi Id America e in Ifighilterra come la Gcrmetiiav
la dottrina della Riforma non ferve più che di punto
di panenza ai raxionaiiemo e alla democrazia (S);
egli è uà confermare espressamente la nostra teorica.
Se v'ha qui nulla che debba recar maraviglia, si è
rimpareggìabile stoltezza di Montalembert, il qfuale,
per combattere il protestantesimo, non s'avvede che
ne fa Telogiò ; poiché mostrando commesso venga tras-
formandosi in razionalismo e democrazia, prova come
abbia servito al progresso della rivoluzione, cioè
come abbia raggiunto il suo scopo e adempiuta la
sua missione. E questo è un fare, non mica il pro-
eesso, ma il panegirico di un' institnzione qualunque,
reBgiosa o civile, pollUoa o sociale che sia.
Peggiore nondimeno, se è possibile, parmi il con-
tegno deiracademico in quelle poche linee, che s'ar-
rischiò di dedicare alla filosofia. Qui non è più uà
dechunatore che sproposita, ma un frenetico che
delira. Uditelo. La filosofìa t Non insultiamo al suo
affanno; ella sta su la difensiva, e cerea di farsi di^
meniicare. In Francia essa tace. In Àllémagna, sotto
i discepoli di Hegel, è caduta neWateismo (3). £ con
(1) En Amériqae cornine en Angleterre, la vie t*estreUrée
ile cene fracilon da protestantisme , qnì se qnalifle d*oHho*
éoxe, et qai a eofiaervé une ombre d'organlsaUon hiérarchi-
qa», pour se réfugler dans les seetes dissldentes, chac les
adversaires déclarés detoule disciplilie, et aaéme de tonte ré-
yélation (pag. 5S).
(2) Corame en AllemagDe, la doclrine de la réforme ne sert
plus que de point de départ aa rallonalisme et à la détoo-
craUe (pag. 5S).
(a) La philosophkel N'insoUoiia pas à sa détresse; elle se
ttent sur la défensive; elle eherclie à se falre ooUier* Bn
Prance elle se tait. Ed ^Altemagae, soua les disciplea de He*
gel, eUe est lomMe daoa i*athéisme (peg. 69).
117
eiò è detto tutto ( Bimane con olò solo {«"ovato e di-
mostrato, che à9L filosofia dal 1789 in poi aon Imi
fatto altro che cadere àemi»'e di abisso in abidso;
tatti» «he, dopo sessantatrè anni di precipizio, un M
giorno scoB^rve finalmente da] mondo, e non k
trova piùl.... Ma ehi lo prova, chiederan taluni, chi
lo diflioBtfìi? Mofitalembert. E quali fatti adduce? La
sua parola. Quali testimoni cita? Isttoi occhi. QaaM
ragioni allega? La sua asserzione. E. non ba^a?
Che possa bastare a quelle pecore, di cui si com^
ixme il vostro gregge, non mi stupirebbe, signor
conte; giacché il pastore, per quanto sia bestia; ha
par sempre per sé un incomparabile vantaggio: egU
solo maneggia la verga e possedè la parola. Ma lu^-
singarvi che debba eziandio bastare a coloro, che
non appartengono al vostro pecorile, è tale un in^
salto al Publico, ^e non poteva aspettarsi fuorché
.da voL Oh! la. temerità del ciabattino ateniese è un
prodigio di modestia al paragon della vostra. Voi osa^
citare al vostro tribunale la filosofia! Voi^esandnarla ì
Voi accusarla l Voi pronunciare contro di lei una sen-
tenza ed una condannai Eh, pover-uomo, per aver
an motivo da compatirvi supporrò che il vostro cer-
vello abbia dato la volta. Che se dovessi mai credere,
che voi favellate da s^no; allora, signor conte, mi
converrebbe adoprar un altro linguaggio e trattarci
come voi meritate. Allora vi direi, che prìma di pr^
fiware il nome sacro di filosofia, dovevate almeno
mettervi in grado di intendere che cosa ella è, e che
cosa non è. Vi direi, che la filosofia abita una re*
gione,doveai catoM in generale, ma a voi massinia-
mente è interdetto e chiuso l'ingresso; poiché, ci fa-
reale la figura della nottola e della talpa- Vi direi ,
che a giudicare i filosofi ci vuole un filosofo; e voi
Itela QQ retore. Vi <Srei, che p^r dsdcorrere di filo-
sola m ricbl^ una ragione libera, a. voi ami Ta-
118
vete; un sentimento generoso; e voi ne mancate;
«n animo indipendente, e voi ne siete privo; un*edu-
eazione spregiudicata, e voi siete sempre un allievo
dèi gesuiti. Vi direi, che per apprezzare le vicende e
le condizioni stotlche della filosofia, fa d*uòpo amore
della scienza, e voi l'odiate; rispetto della verità, e
vói raborrlte; culto della ragione, e voi la deridete;
lede neirUmanità, e voi la date in patrimonio alla
curia di Roma. -^ E potrei seguitare un pezzo di
questo tenore.
Se non che, le vòstre sole parole mostrano abba*
stanza che cosa siate voi, e la vostra logica, e la vo-
stra coscienza; In primo luogo, di quale filosofia in-
tendete parlate? La data del 1789 accennerebbe a
quel complesso di dottrine, che suole' commuhemente
indicarsi sotto il nome di filosofia del secolo XVHI
o degli enciclopedisti ; ma allora le vostre accuse non
sarebbero che goffaggini e indecenze. Quella filosofia
oggidì non si trova punto in détresse, non ùtà su
la difensiva, non cerca di farsi dimenticare; e per
una ragione così semplice, così evidente, che dovrebbe
capirla perfino un conte ed un oatolico. La ragione
si è, che quella era la filosofia del secolo XVIII, lad-
dove oggi slamo a mezzo il XIX. Ora dovreste sa-
pere, che la storia delle scienze ha le sue età suc-
cessive e progressive, come la vita degli enti; e però
le dottrine il secolo in secolo devono modificarsi e
svilupparsi, purgandosi dei vecchi errori ed arric-
chendosi di novelle verità. Dunque, allorché voi rin-
facciate al nostro secolo la filosofia del secolo passato,
siete così ragionevole, come chi rimproverasse all'uo-
mo le debolezze del bambino e li errori del fanciullo.
Ditemi, signor academico, di qual secolo è mai la fitoso-
■ fia, che VI ha insegnato a ragionare con tanto acume?
In secondo luògo, non siete voi, che dianzi ci avete
f appreseritata la G^mania^ l'Inghilterra, e riraerlea
1»
sicoome pi0iìe d'uomin!, che hanno rinunciato a! prin^
cipj della Riforma, e professano dalle pnbliche tri-
bana il razionalismo? Ora il razionalismo — lo stesso
nome ve '1 dice — appartiene alla filosofia, o piut-^
tosto è desso propriamente la filosofia moderna. Dun-
que a chi dobbiamo prestar fede? A voi, quando ci as-^
sleiirate, che la filosofia ridutta agli estremi si tace;
0 a voi, quando n'accertate, che la filosofia medes!-^
ma, guadagnato a sé il fiore dei protestanti, fa riso-
nare della propria voce Tuno e l'altro emisfero?
Inoltre, che significa quell'oracolo slbiUlno: in
Francia essa tace? Intendete la filosofia del secolo
scorso? Ma allora il senso della vostra proposizione
si è: li uomini già morti da oltre a cinquant'anni
non parlano più! Ed ecco una scoperta, che renderà
ioffliorlale il vostro nome. — 0 intendete la filoso*
fia del nostro tempo? Ma allora bisogna fissare unct
data, per vedere s'ella tacia davvero o se favelli,
Certo non direte, che abbia taciuto sotto la restaura-
zione, né sotto Luigi Filippo, né sotto la Republica;
1 cataloghi del vostri editori vi darebbero da sé soli
una smentita. Voi dunque non potete fatare codesto
silenzio che dal 2 dicembre 1851. Ma allora con qual
nome dovremo qualificare un giudizio, che denomina
tatta la filosofia di un'epoca dal silenzio sforzato e
violento di pochi mesi (1)? Con qual nome dovremo.
(i) Il libro di ilontalemberl portava la data del. 17 settcntr
bfe i852.-^ D'allora in poi, la filosofia s'è nobilmenie e lar-^
gaoieote vendicata anche in Francia degli oltraggi di Mon4a-
lambert; ed ha mostrato ancor una volta al mondo, che n^
colpi di Stato, né imperatori; né imperi valgono più ad im-:
porle silenzio. La scuola eclettica , la sansimoniana, e più di
tutta la critica, ban continuato a parlare come prima e me-
glio di prima; e se K^ontalembert fc)sse in grado dì leggtre
e di capire, per tacere di tanti e tanti altri, Renouvicr e Prou^
diurni 8eoUrebbe (tuapto fosso ri^icgio lo scalpore <:IVe(fiim«*
.chiamare un uomo, che riafàccia' alle me y{lti»e ri0i-
. potenza, mentre appunta loro le ginocchia su 1 petto,
,ed il coltello alla gola? Signor Montalembert, io non
lo dirò; il rispetto, che porto a' miei lettori ed. a me
stesso, mi vieta di chiamare co 1 suo nome proprio
un uomo, il quale discende a tanto di batssez» e di
perfidia. Di voi dovrebbero arrossire e vergognarsi
li stessi gesuiti 1
. Se costui tratta così indegnamente la filosofìa del
proprio paese, figuriamoci come vorrà malmenare
quella degli stranieri 1 Non l' udimmo già a senten-
ziare, che in Germania, sotto i discepoli di Begfii,
.essa è caduta nell'ateismo? OhiTn verità, egli è uno
spettaa^lo, che muove più a nausea che ad ira, Tie
,dir costui a parlare con tale petulanza e tale di-
sprezzo di una delle più dotte nazioni che vanti TU-
.manltà, e dell'epoca pia eulta che conosca la. storia.
L' ateismo I e sapete voi, conte di Montalembwt,
che cosa sia? Voi usate questa voce nel significato,
che le assegna il dizionario catolico; perchè è runico,
di cui abbiate notizia. E però denunciat» per atei^oio
, qi^alunque dottrina, che conchiuda, non già alla ne-
gazione assoluta di Dio, ma alla semplice negazione
del Dio papale. Ora il vostro Dio papale è un ente
assurdo e mostruoso, un impasto di con tradizioni e
d'errori, un abisso di favole e di sofismi, unità trina
0 triade una, divinila umana, o umanità divina, ecc ;
e quindi può accettarlo bensì la vostra fede, che
. giudica ad occhi chiusi ; ma non mai la ragione, non
la scienza, non la filosofia, che vc^liono sapere quello
nava del preleso silenzio della filosofìa, fo glielo rimbeccai
d^avanzo, perchè il passalo mi stava mallevadore dell'avve-
nire, e la storia della filosofia e della Francia ra* aveva ap-
. preso a non disperare mai del genio dell'una e della vHa del-
. l'altra. Ma certo il fatto ba in brove superato la mia aspetta-
zione.
m
cte pèDsanb, die tikono; e dke fimno/Fer voi ndiiii*-
qoe sono atei tvUi ì filosofìa tutti li sciensiali, tutu
coloro* in somma, the non rog liono rinunciare^ coin^
?oi, airuso della propria ragione. E aUòra T accusa
d'ateismo, che voi lanciate atla moderna filosofia te-
desca, equivale ad un magnifico dogio; poiché vieti
adirei, cheli Allemanai professano una filosofia ragio-
nevole; una filosofia, ia qiiale non crede più airas^
sardo, che voi adorate qual mistero; né alle favole,
che voi venerate quali reahà; né odle astrazioni, che
voi traducete in sustanze; né al miscuglio dìnfinltb
e di finito, d'astratte e di ccwtreto, di chimarieo e
di sussistette, onde si compone quell'aborto intellet-
tivo, che tra voi s'appella metafisica cristiana. Ed i
filosofi tedeschi, cred'io, ve ne sapranno buon grado;
che questa volta mentiUi ut initfuUas tibi, e con tutta
l'intenziode d'oltraggiarli, voi tendete omaggio al loro
merito e giustizia al loro valore» — Se poi usaste la
Tooe ateismo nel suo vero significato filosofico, in-
tendendo pnHjMtamente la negazione assoluta di Dio,
.doè deiressere, allora la cosa diventerebbe più seria,
e vi correrebbe l'obllgo di provarci, Gome i dlsoepdi
di Hegel abbian potuto filosofare del nulla! Ma con
vd, ^^ie ai cielo, non v'è pericolo di dover venire
a queste strette. Voi nominate Hegel e i suoi disce-
poli, perché ormai tanta é la fama del gran filosofo
e della sua scuola, che il nome ne é penetrato ezian-
dio ne' vostri conventi; ma il ìiome, già s'intende,
e nulla più. Quanto alle dottrine ardue e pro£(»de
di quei filosofi, (Àk\ pear fera^, signor Montalembi»rt,
le non sono facendo da g^uitanti ; e si potrebbe giu-
rare d'avanzo, che voi, conte academico, non avete
mai Ietto e non siete capace d'intendere il fronti-
spizio decloro libri. E se pur il diavolo vi avesse mai
tentato a pigliarli in mano, e voi aveste ceduto alla
tentazione d'aprirli, di leggerli, e di studiarli, tanto
133
peggio per véi! II sa^^io, che néay«te <Ìato, fo-ebbe
ancora più torto al vostro cervello^ Abbiate dunque
giudizio per un'altra fiata, e profittate della lezione :
non impicciatevi più di Hegel, né di hegeliani, né di
filosofia, per carità t Ad un uomo della vostra taglia
bastano i libri del conti e i calculi degFinteressi, ov-
vero il leggendario dei santi e il breviario di Roma :
snlùff ne ultra crepidam, tenetevelo a mente!
La parte storica e dottrinale del vostro discorso
Intorno alla filosofia comincia e finisce nelle quattro
linee, che ho testé riferite. Segue ora, al vostro so-
lito, la parte retorica o declamatoria, nella quale non
slete meno valente che neiraltra: Vi sovvienegli di
que' tempi favolosi quando, or fa venticinque anni, si
proclamava alla Sorbona, che la missióne della fi l<h*
sofia era di stendere una mano soccorrevole al genere
umano, per ajutarlo ad elevarsi più alto del cristia-
nesimo (1)? Sì, conte, ci ricorda benissimo; e ci ri-
corda ancora d'altri tempi meno favolosi e meno re-
moti, non di venticinque anni fa, ma, per esempio,
solo di quindici, anzi di dieci, in cui non pure da
qualche catedra della Sorbona e da qualche apo-
stolo deirecletti<!Ìsmo, ma da cento periodici al di, e
da mille lìb^t allanno, e da un'eletta schiera di filo-
sofi d'altre scuole e di ben altro valore, si procla-
mava qualche cosa di più e di meglio. Si proclamava
apertamente, che voi con lutti l vostri dottori infel-
lìbili siete un branco d'imbecilli o di ciurmadori, che
traficate Dio e le coscienze del gonzi a vostro solo
vantaggio. Si proclamava, che il vostro Dio é il ge-
(i) Mais vous souvìenl-il de ces temps fabuleux, où, i! y
a vingt-cinq. ans, on praclamait en Sorbonne que la niission
de la ph|!osophie était de tendre doucement la main au genre
hitniain polir l'aider à Vélover plus haut que te christiants^
Wtf(pag. 59),
in
nk) adì male» T autore del peocato, Il cartiefioe del-
l'uomo. SI proclamava, che la Vostra religione non
è altro che la mitologia dei pagani, con la giunta
d*un po' d'idealismo platonico e di misticismo orien-
tale. Si proclamava, che la vostra chiesa è una so^
detà d'usura], Il vostro inferno- uno spauracchio per
le femìnette, il vostro cielo un'ìltuslone ottica, it
vostro simbolo un'aberrazione mentale, il vostro culto
ana comedia, la vostra morale uno scandalo, la vo^
stra disciplina una barbarie. Ci ricorda ancora, quel
die è più curioso ed importante, che siffatte opinlooi
non solamente si proclamavano ad alta voce, ma si
dimostravano con buone ragioni e con ottimi docu«-
menti, di guisa che s'aveano guadagnato Tassenso di
tatti 1 ceti più intelligenti, più culti, e più illustri
della Francia. CI ricorda infine, che le convinzioni
nzionaK non istanno, come le credenze catoliche, alla
mercè di un uomo, di un governo, odi un accidente;
e che però, eziandio dopo il colpo di Stato, tutti
quelli uomini perseverano nelle loro dottrine eoa
tanto più d'energia, quanto è più fiera la persecu-
Eione che 11 minaccia. E panni che non fareste male,
signor Montalembert, a ricordarvene anche voi, per
Aon aspettare che ve lo richiamino alla mente co-
loro stessi, che voi stolidamente credete scomparsi
dal mmido,
Fer ciò che spetta all'avvenire, è ihcìle imaglnare
die pazzo profèta debba essere uno storico così di-
sennatò : Sarà, se io non m'inganno, la religióne che
stenderà un giorno la mano alla filoso^ per calcarla
dal suo discredito presente {!)', Oh I se voi stesso non
(1) Ce sera, si Je ne rao trompe, la refigion qui lendra qn
jonr la roaln à la phllosopbie poar la tlrer de son discródU
actTOl <pag. 59).
Itt
osade aSermarlQ, e tì contentate di un HiDìdo e mò*
desto coBdfiìoBale, bisogna dire che il caso sia ve*
ramente improbabile e disperato, anzi mateniatica*
niente impossibile I E però noi, senE'alciina esitanza,
v'assicuriamo che voi t>* ingannate ; dacché il vostro
vaticinio è un assurdo. Avete già riconosciuto voi
medesimo, che la filosofia abbattè e disfece la reli-
4pone; e vorreste ora, che ht religione stendesse una
mano soccorritrice aUa filosofia? Ma dove s'è mai
veduto questo miracolo,, che il vìnto soccorra il vin-
citore, e che il morto accorra in ajuto a chi Tha
occiso ? Voi ce lo annunziate bensì ; ma prima di cre-
derlo possibile, noi attenderemo d'averlo veduto.
E pazienza ancora, se per religione si dovesse in-
tendeife il sentimento religioso, che è un attributo
naturale^ una facultà spontanea del. cuore umano: il
vostro pensiero ammetterebbe un'interpretazione be-
nigna e sensata. Ma, no signore, voi non Fintendete
cosi; per voi religione e catotìeismo sono sinonimi
perfetti. Ora prima di supporre, che il catolicismo
possa un giorno porgere amica e protettrice hi nuino
alia filosofia, bisogna ammettere Tuna delle due: o
che il catolicismo diventi filosofico, o che la filosofia
diventi catolica. E Tuna e l'altra ipotesi involgono una
contradizione formale di termini!
E quel discredito presente, in cui per vostro av-
viso giace la filosofia, donde l'avete mai appreso? I
testimonj, a cui v'affidate, signor academico, non sono
competenti. Consultate pure i gesuiti, ma in materia
d'intrighi; i domenicani, ma in fatto di roghi; i cap-
. Puccini, ma su l'arte di rubare per devozione; i ve-
scovi, ma in questioni di spionaggio; i cardinali, ma
in proposito di lusso; i papi, ma per tutto ciò che
spetta alla superba co' deboli ed alla servilità co' po-
tenti. Qualora però si tratti di filosofia, che diamine
potrebbe dirvi tutta quésta gente? Nel suo mondo,
ifS
il dkcredito della filosofia uon ò né preittae, né più
0 meno antico, ma etemo; poiché fra la loro teolo*
già catolica q la filoBofia razionale corre un' opposi*'
zinne essenziale/ perpetua, assoluta, ineliminabile,
eome quella dei termini ddla più rigorosa antinofflia.
Se dunque bramaste, signor conte, di conoscere le
odierne condizioni della filos(^, e l'influenza ch'eser-
eita, l'effetto che produce, il favore di cui gode, Tef-
ficacìa che possiede, il culto che se le rende; la cosa
non é difficile, ma ad una condizione tuttavia sin&
ftia non .-cessate In prima di essere Montalembert....
Ci rimarrebbe a vedere, come il signor conte provi
la caduta del liberalismo; ma sarebbe uno sprecar
il tempo e la fatica. Che cosa egli s'intenda per li-^
beralismò, no 1 dice mai espressamente, gii é véro
— le definizioni dispiaciono terribilmente ai deck-'
matorì — ma dal contesto del suo ragionamento ap^
parisoe, ch'^i denomina così il sistema dei costituì
aonali o dei dottrinar], ch'era invalso generalmente
in Francia prima del 48. E noi abbiamo annunciato
innanzi di lui, e più di lui ci rallegriamo, che questo
bastardo sistema abbia finito il suo tempo, e ceélutd
il campo al razionalismo, al socialismo, alla democra-
sia; o, per dir tutto in una parola come Montalem-^
bert, alla rivoluzione. È la rivoluzione che uscì sem-^
pre più forte, più vivace, più impetuosa da tutte le
trasformazioni della Riforma, della filosofia, è della
lìbera, com'egli stesso ha dovuto confessare. Dun-
que tutte le sue ciance intorno alla sconfitta de' pro-
testanti, de' filosofi, e de' liberali, non conchiudonò
punto; 0 provano soltanto, che la rivoluzione cam-
mina, e progredisce, e monta senza posa. Tal era lai
conseguenza necessaria, a cui mettevano le premesse
del conte. Ma la sua logica non bada né a premesse,
né a conseguenza: ha perduto fin la memoria! Su '1
principio del capitolo ci avvertì, che la rivoluzione
m
avea pure guadagnato ^ualdn co«a dalie liitie degli
ultimi tempii onàe, dopo e^sta la dissoluzione de-«
gli elpmeoti, ch'egli stima perduii, dovea porre a tronte
le due forze, ch'egli crede ancora jsuperstiti e vigo-
rosa: la chiesa e la tiyolutione; paragonare i gua^
^agni rispettivi, che ciascunia riportò; le rispettive
perdile, che ciascuna sostenne; e poi aggiudicare II
trionfo a chi l'avea meritato. E invece udite la con-
tslusione^ a cui s'arresta Montalembert : Or io pre-*
hndo, che la rmm totale del falso liberalismo (il vero
^l^rebbe quello probabilmente che piace a lui), i7 qwale
j^ éa sì lungo. tempo il rivale o V avversario del ca-
iQlicismo, crea per la chiesa il più grande stato, che
-si. possa imaginare per lei: e che, ritta 4 invulneror
bile fra il. protestantesimo impotente e la monarchia
vacillante, su le mine della ragione insurta e della
falsa, libertà, ella diviene agli occhi di ogni giudice
imparziale e sensato, la più grmdje, per non dire
runica forza dei tempi nostri (l). Chi volesse enu-
taerare; tutte le enormità, che si contengono In que-
ste parole, non ne verrebbe a papa con un volume.
Coateotìamoci di due o tre osservazioni.
. Qui, signor Montalembert, attribuite alla .chiesa
la pltés grande situation gu'on puisse révef pour elle ;
ma, nell'altro capitolo,- ce 1 avete descritta in uoa
Qondizione aÌTatto deplorabile per una gran parte del-
l'Europa. Dunque in un luogo o nelF altro voi dite
,(i) Or, je prétends que Tavorlement. compiei du faux Ubé-
rulisme qui a été depuis si longLemps le rivai ou.l'adversaire
du caiholicisme, crèe pour i*é^lise la plus grande situation
qU'on puisse réVer pour elle; et quo, deboul et invulhiérable
cnlre le proieslantisme impuissani et la monarchie vacillante»
ièiur les ruines de la raison insurgée et de la faussé liberto,
«.Ile deviente anx yeux do toui juge impaniai et seDsé,'la plns
grande, pour ne pas dire la force uuìque des temps aciuels
il»»- 6»}. •
m
il falsò. ^-^ inetire, voi adesso rappresentate la éìiiesa
éebaut et intulnén^bh; e allora avete riconosciuto «
che se in qualche paese la contìnua a reggersi in
piedi^ia aKri giace al suolo, abbattuta, legata, co-
perta di piaghe e di ferite; Dunque, ancora^ o là o
qui voi non dite il véro. — Da ultimo, voi adesso
argiimentate così: la chieda diviene la più grande,
anzi l'unica forza del tempo presente, poiché venne
meno la Riforma, la. monarchia, la filosofia, ed il libo-*
ralìsmo. Ora tutto il nerbo ddl'argumento consiste
in ciò, che Tenumerazione delle parti sia compiuta >
ovvero, che oltre le forze da voi contrapaste alla
chiesa e date per vinte e disfatte, lìon ve n'abbia
qualcun' altra debouty e se non invulnérable , almen
piena di vita e d'energia. Ma questa forza esiste ? Sì,
signore. Chi l'ha det^o? Voi. E qual è? La rivolu-
zione. Dunque II vostro ragionamento è un brutto
sofòma. A ^onte della vostra chiesa s'^ge, terribile
ed invincibile gigante, la rivoluzione. Essa concentra
in sé tutte k forze parziali de' movimenti, che l'ban
preceduta; essa delle armi varie ed imperfette, cho
raccolse via via dagli eretici, dal filosofi, e dai libe«*
rati, s'è composta una nuova armatura, di tempra
cosà fina e così sdda, che sfida impunemente tutti I
vostri colpi. E guaj a voi, quando prenderà rofiensiva)
Dopo che lo smemorato academico ha eretto il
trofeo alla sua chiesa. Indovinate un po' che officio
le commette? Ma da ciò, che la ragione fuorviata
da falsi sapienti (i veri, per vostra regola, sono i ge-
suiti) è ronfusa ed umiliata; da ciò, che la libertà
tradita e disonorata da falsi liberali (sono veri, se
no '1 sapete, i pinzocheri) senibra temporaneamente
soppressa ; bisogna forse concliiudere,, che i catolici deb^
ba%Q rimgare la ragione e sacrificare la liberta (1)?
(I) Mais de ce que la nison, égaréc par de faux sages, esl
confondete ei huniilióe;de ce que la liberlé, trahie et souUl^
m
Scasate, se y'interrompo, signor Montalembert; ma-
questa domanda è insiMisata. No, per fermo, e i ca-
tolici lo san meglio di voi, non è adesso che devono
vinega/r la ragione: Y hanno già rinegata da un pezzo I
Non è oggi che devono sacrificare la libertà: T hanno
già sacrificata da tanti secoli l E voi dubitate ^ che
vogliano rifare un' opera già bella e compita? —
D'altra parte, qual ragione temete che rineghino?
La propria? l calolici T hanno deposta fin da bam-^
bini su' 1 battìsierio. L'altrùi? Per buona ventura non
istà in loro pot^e. E parimente, qual è mai là libertà^
che potrebbero sacrificare? Non la propria, perchè
l'hanno rimessa nelle mani del paroco; nonl'altrUi,
perchè non cade sotto il loro dominio. Dunque .voi
con quella domanda proponete un assurdo. Ohi an-
date avanti, signor conte, che siete una eera gloria
del vostro partito 1
Torno ad ascoltarvi: Tutto <U contrario! Oso dìre^
che è il momento di raccogliere la ragione e la libertà
con rispettOy di riai^ir loro Vasilo inviolabile, dove
Vnna e Valtra possano rifugiarsi, purificarsi, rifarsi^
occuparsi delle loro ferite, medicare e guarirete loro
piaghe sotto Vola della ccOolica fede (1). Davveìro^
AignorMontalembert? Parvi egli questo il momento
di far tante opere buone? Ma sbagliate un poco nella
data; sbagliate solamente di parecchi secoli : piccola
bagatella come vedete. Cotesto momento per 1 cato-
liei era già venuto; ed essi non hanno aspettato le
par de faux libéranx, semble temporairement supprlmée, en
faut-il conciufe qne les eatboliques doiv^nt reoier la raison
et sacrifler la liberté? (pag. 63).
(i) Tout au coDtraire! J*ose dire que. c*est le moment de
les recueilllr avec respect, de leur rouvrìr rasile ìnvlolableoù
Tane et Fautre penveot se réfugier,sé pnriAer, so refahre,
s'oecDper de leurs blesiures, panser et guérir leurs plaies
ioni ralle de la f oi catholique (pag. 69).
m
vostre perorazioni per darsi tatti a quelle opere meri-
torie; e le praticarono con tanto zelo ed ardore, cUe
il mondo ne rimase attonito, stupefatto. E voi siete
così balordo, che T ignorate; o così furbo, che fin-
gete d'ignorarlo? Sì, il catolicismo raccolse un tempo
nel suo seno la ragione e la libertà; ma qual gover-
no ne fece? Alla ragione, l'anatema; alla libertà, la
morte : ecco le sue prove di rispetto per Vuna e per
VaUra! Sì, aperse loro un asilo affatto inviolabile: le
galere l accordò loro un rifugio più che sicuro; il
dmiterol Sì, le purificò, ma nei roghi; le rifece, ma
nel sangue! Sotto Vaia della fede catolica la ragione
e la libertà sarebbero perite d'inedia o di tortura, se
l'Umanità non fosse Immortale. Quell'aia venefica
intercettava loro la luce, sottraeva l'aria, negava l'ali-
mento, consumava la vita; e dovettero spennacchiarla
per levarsela d'addosso. Rotto una volta il giogo, voi
sperate dunque di ripristinarlo? Ma, signor conte,
l'esortare 1 catolici a tanta larghezza e generosità
non vale, se prima non vi accertate, che la libertà
e la ragione sien preste ancora ad aggradirla. Oh!
i catolici, vedete, non hanno giammai mancato al
loro officio; tengono sempre aperto V asilo, spalan-
cato il rifugio, distesa Vaia; sono pronti sempre a
purificare, a rifare, a medicare, non solo con rispetto,
ma con entusiasmo: per parte loro la cosa è fatta
sul momento. Voi però dimenticate l'altra parte,
senza di cui le vostre prediche tornano a vuoto. I
carnefici li avete; ma avete le vittime? Siete voi si-
curo, che la libertà, e la ragione si preparino a rien-
trare sotto Vaia della chiesa? Dehl prendete migliori
Informazioni; non chiedete le notizie della ragione
agl'idioti, né quelle della libertà agli schiavi; e poi
ci risponderete.
Vero è^ elle quanto alla ragione voi ve ne lavata
le man! ^ e ci rimandate per la risposta a due dot*
I. 9
130
tori già morii da lungo tempo: tt problema dell* al-
leanza del catolicismo con la ragione, con la ragione
libera, malgrado la coscienza della sua infermità, e
umile, malgrado la memoria della sua origine divina;
quel problema, che i più grandi ingegni della chiesa,
quali S, Anselmo e Bossuet, hanno sì energicamente
affrontato, sì mirabilmente risoluto,, e che par sempre
rinascere, non dee preoccuparmi: assai d'altri se ne
incaricherebbero, se facesse mestieri (1). Questo solo
tratto basterebbe a mostrare» come voi, signor dot-
tore deirAcademia, siate inetto a capire perfino !
termini delle questioni filosofiche è religiose, in cui
si travaglia il pensiero moderno. Ohi parlateci d'in-
teressi e d* intrighi, di monache e d'ignorantelli, di
confraternite e dì sacri cuori, fin che volete: sono
il vostro pane e la vostra beva; ma non ficcate il
naso nel santuario della filosofìa e della scienza, pro-
fano che siete! Se voi sapeste che voglia dire alteanza
del catolicismo con la ragione, non avreste mai pro-
ferita quella bestialità, che il problema venisse ener-
gicamente affrontato e mirabilmente risoluto da uu
Anselmo, che meditava nel secolo XI; e da un Bos-
suet, che predicava nel XVIL Per accordare il cato-
licismo con la ragione, bisogna conciliare le dottrine
della Bibbia e i dogmi della chiesa con la scienza.
Ora riell'etàdi Anselmo le scienze propriamente non
esìstevano; poiché tutto il sapere umano consisteva
nella teologìa, o nel trivio e quadrivio: dunque al
(1) Le problème de ralliance du calholìcisme avéc la raison,
avec la raison libre, malgré la conscìefice de son infìrmité, et
Immble, malgré le souvenir de sa divine orìgine; ce problè-
me, que les plus grands génies de réglise, tels que Saint An-
Selma et Bossuet, ont si énergiqnement abordé, si admirabie-
ment résolu, et qui scroble loujours renatlre, ne doit pàs
me préoccBper id: assez d'autres 8*eD chargeratenti 8'il y avait
licu (pag. «9-64).
Ili
dottore catolico mancavano li elementi stessi: del pro-
blema, li stessi termini dell'alleanza — non è pos-
sibile alleanza dove non sono avversar] ; — e quin-
di, non che risolvere la questione, ei non la poteva
né affrontare, e né anche supporre. E similmente,
nelFetà di Bossuet alcune scienze non erano ancor
nate, e le altre erano appena in su '1 nascere : dun-
que la soluzione del problema a lui altresì riusciva
impossibile.
Né questo giudizio vi sembrerà punto ingiurioso
al merito di que'due grand'ingegni ; poiché Tessere
nati in un secolo, anzi che in un altro, non è loro
colpa. E potrei pure, se la cosa ne valesse la pena,
sostenervi che Bossuet particolarmente fu assai lon-
tano dallo stringere un'alleanza reale fra il catoli-
cismo e la nascente ragione scientifica del suo tempo;
ma non voglio mostrarmi troppo difficile con un uomo
del vostro calibro. Ammettiamo dunque, che An-
selmo e Bossuet conciliassero la Bibbia e la chiesa
con la scienza, qual ch'ella fosse, del loro secolo. E
poi? Ne segue forse, che voi possiate cantar la vit-
toria, gridando mirabilmente risoluto il problema filo-
sofico religioso? Secondo la vostra logica, può darsi
benissimo; giacché é la più pazza cosa del mondo:
ma davanti al senso commune, signor no. Quel pro-
blema rinasce sempre, non solo in apparenza, come
voi imaginate; ma in tutta realtà. Ripaque nel sOr
colo XVIII, e non fu risoluto. In cambio di un'al-
leanza fra la ragione e la chiesa, scoppiò una guerra
tremenda, implacabile, che terminò co '1 trionfo della
scienza, rappresentata dagli enciclopedisti; e con là
soppressione del catolicismo, prima nelja compagnia
di Òesù, e poi nelle pratiche del culto. È rioato pure
nel secolo XIX; e non si risolve. La pretesa alleanza
della i-agione con la. chiesa mutossi nuovamente in
un conflitto ben più grave e micidiale del passato.
i3«
Alllronia di Voltaire successe la critica dei raziona-
listi; all'eloquenza di Rousseau la logica dei panteisti;
airerudizione di Freret la dottrina degli orientalisti ;
al materialismo dTlvezio tutto il sistema delle scienze
naturali; alla politica di Montesquieu il socialismo
della democrazia; alla rivolta del sentimento la ri-'
voiuzione delle credenze. Bel guadagno, signor Mon-
talembert, che la chiesa ne ha tratto 1 V'ha certa-
mente una differenza tra le condizioni religiose del
secolo passato, e quelle del presente ; ma sapete qual è ?
È questa, che allora combattevano contro del cato-
licismo li scienziati, laddove adesso combattono le
scienze; allora dirigeva l'attacco la satira e il ri-
so, adesso la ragione e la coscienza; allora i vostri
avversar] erano esclusi da ogni publico officio, re-
spinti da ogni catedra, costretti a nascondersi, e ri-
duttl a convertire la critica in una congiura; adesso
li loro campo è vasto come II mondo, libero come
11 pensiero: nelle università più famose hanno iloro
arsenali, nelle catedre più rinomate le loro tribune,
negli autori più celebri i loro sacerdoti. La cosa è
giunta a tale, che un professore non potrebbe più,
senza rischiare la sua riputazione ed esporsi alle beffe
del Publico, modellare le sue lezioni su le norme della
teologia. E se non credete a me, signor conte, fa-
tene voi stesso resperimento. Interrogate un cultore
d'una scienza qualunque, filosofica, storica, medica,
fisica, naturale; chiedetegli quali sono li autori ve-
ramente classici, tenuti in conto di maestri, vene-
rati come 1 genj della scienza; e vi citerà libri e
scrittori, che più o men direttamente vi sono nemici.
Ecco Talleanza, che la ragione moderna contrasse co'l
catolicismo,
E voi, signor Montalembert, a chi credete d'imporne
con la vostra insolenza: assez d*autres s'en charge-
rment, ^V y avait lieufE chi sono questi altri? questi
133
molti ove 8ono? perchè taciono? perchè non scendono
ìq campo? Debbo figurarmi, ch'essi almeno conoscano
lo stato delle scienze un po' meglio di voi; e allora
sapranno, che non solo il y a lieu di tentar un
nuovo accordo fra la ragione ed il catolicismo, ma
v'ha urgenza e necessita somma per i vostri interes-
si; sapranno, che la parte studiosa e eulta della pre-
sente generazione, pochissimi eccettuati, considera
le dottrine della chiesa come leggende ad uso de' fan-
ciulli e delle donnicciuole; sapranno per loro propria
esperienza, in quale discredito sieno caduti publica-
mente dogmi, misteri, e riti catolici in tutte le uni-
versità e collegj d'Italia, di Germania, di Francia, e
d'Inghilterra. Perchè adunque non mettono mano
all'impresa? Su via, destateli dal loro sonno, scuo-
teteli, e lanciateli tutti contro la fortezza capitale
della rivoluzióne, la scienza. Eccitateli, col vostro
bullario e con la vostra Bibbia alla mano, a rifor-
mare le leggi dell'astronomia e della fisica; a correg-
gere le scoperte della fisiologia e della chimica; a
rovesciare le dottrine della geologia e della etnogra-
fia; ad annullare li sperimenti dell'anatomia e della
medicina; a distruggere i documenti della critica e
della storia; a rifare i principi della logica e della
morale; a creare, insomma, li elementi di un'altra ma-
teria e di un'altra natura, un po' più catolici che
quelli noti ai nostri scienziati. Noi li udiremo volon-
tierì; e poi vi sapremo dire, se abbiano adempito,
0 no, all'incarico che voi proponevate loro come pos-
sibile, anei facile ad efiettuarsi. — Oh ciarlatani 1...»
Sia prudenza o modestia, voi però ci dichiarate
schiettamente, che non intendete d'impicciarvi punto
nelle faconde della ragione; e fate ottimamente: la
ragione vi sarà grata di averle evitato l'onta e la
tortura della vostra trattazione. Ma lo stato relatù>o
degVintereasi catolici e degVinteressi della libertà mi
131
'sembra meritare uno studio urgente e severo. Io vo-
glio consacrarci tutto quanto mi resta a dire (1). Fo-
rerà libertà! Per lei non v'è scampo: la dee subire
il martirio della vostra difesa e l'obbrobrio dei vostri
elogj. Noi la vendicheremo.
(1) Mais la sitvation relative des latóréts i^lholiqoes et des
iDtéréts de la liberté me semble mériler une étude urgente
et sérieose. ly veux consacrer tout ce qa'il me reste à dir«
(pag. 63).
CAPITOLO QUINTO
IL. CATOLICISMO E LA LlàEBTA'
Comincerò con un'avvertenza, che mi valga una
volta per sempre. Montalembert, come tutti i mono-
maniaci^ ripete sino al fastidio la sua idea fissa, che
è il trionfo della chiesa. Ora, che razza di farsa egli
sia codesto trionfo, noi l'abbiamo appreso dal conte
stesso; e quindi sapiamo già, che valore debba darsi
alle sue cantilene, senza che ci tratteniamo più a
correggerle ad una ad una.
Egli si fa strada all'argumento del «uo capo quarto (1)
con le parole seguenti : Jo ho stabilita il trionfo del
catolicismo ed invito tutti i catolici scoraggiati o
inquieti delVavvenire a domandarsi^ s'era questo che
aveàno predetto per la metà del XIX secolo i falsi
profeti della fine del XYJJI (2). Prendiamo nota, per
la prima cosa, d'una confessione, che qui si lascia
(f) Comment le eatboHcisine a-t-H vaincul (pag. 64).
{%) J*al constate le triomphe du calholtcisme.... et je convìe
toiis les catboliques découragés et inquiets de raveoir à se
ttemander si c'est là ce qa'avaient pródit, pour le miliea da XIX
sièelei les faux prophèles de la fin da XVlll (pag. 64).
m
sfugire< Non ttttti i catolici sono «iechi come luiy
non tutti cantano vittoria. Y'ha pure degli scorag-^
giati ed inquieti deW avvenire :ìiLon\àìexùheri lorica*
nosce< Dunque il trionfo» di cui mena sì gran vanto,
che cos'è mai ? Che cos'è un trionfo, a cui non pre^
stano fede li stessi trionfatori?
M certamente a rassicurarli basta, che faciano a
sé medesimi la domanda ch^egli propone. I falsi
profeti, cui allude, saranno, giusta ogni verosimi-
glianza, certi filosofi politici della prima rivoluzione
francese. Ma che cosa aveano essi predetto per la
metà del secolo XlX? Il conte dovea riferirlo esat-
tamente, intieramente, con le loro proprie espressiO"
ni: allora soltanto sarebbesi potuto giudicare, s'egli
abbia colto nel segno, o l'abbia fallito. In quella
vece, egli non cita nessuno, non cita nulla; e si
contenta dì qyei termini generali, che non provano
punto.
Anche ìa data, ch'egli vuol appuntare, è un vano
artificio della sua sofìstica. Perciocché, o la prende
a rigore matematico; ed allora 1."* è falso, che li
scrittori del secolo scorso abbiano fatto alcuna pre-^
dizione per questo tempo; giacché non erano così
stolti e forsennati, che presumessero di poter fissare
anticipatamente l'anno preciso di un avvenimento,
che spiega il carattere essenziale di tutta un' epoca
delia storia, di tutto un periodo dell'Umanità ; 2.* ed
è falso parimente il concetto, assurdo il contenuto
della sua scrittura; poiché egli fonda principalmente
le sue ragioni nei frutti della rivoluzione di febrajo
e del colpo di Stato; e né il 48, né il 52 non sono»
salvo errore, la metà di 100. — 0 per lo contrario
la piglia con quella latitudine, che trattandosi d'e-
poche future viene sempre sottintesa; e allora le
predizioni de' filosofi rivoluzionar] parte si sono già
avverate, e parte sono evidentemente vicinissime ad
«7
avverarsi. Che cosa avéan eglino predetto in sustanza?
Che il secolo XIX compirebbe F impresa cominciata
dal XVI e continuata dal XYIII. Codesta impresa»
Montalembert medesimo ce n'avvertiva, è la rivolu-
zione; la quale, nell'ordine religioso, chiamasi razio-
nalismo ; neirordine civile, socialismo ; e nell' ordine
politico, democrazia. Or bene; è egli vero, sì o no,
che questi principi con l'inoltrarsi del presente se-
colo vanno propagandosi rapidamente, sì che già fin
d ora si hanno guadagnato l'assenso, la fede, l'entu-
siasmo della massima parte dei popoli inciviliti d'Eu-
ropa? Un cinquant'anni fa, di razionalismo e socialismo
s'ignorava perfino il nome ; l'idea ne fermentava appena
in qualche solitario intelletto, che o non s'arrischiava
ad esprimerla, o esprimendola sentiva di predicar al
deserto. La democrazia poi aveva bensì levata la sua
bandiera in Francia, inaffiandola di sangue, coronan-
dola di gloria; ma restò isolata: li altri popoli non
la conoscevano ancora, od imparavano a conoscerla
insieme e a maledirla. Nella Francia stessa racco-
glieva dintorno a sé le ire di un popolo furibondo,
anziché li omaggi di un popolo convinto ; e dato giù
il furore, rimase bentosto abbandonata su'l campo.
Oggidì all'opposto, che spettacolo n'offre l'Europa ?
11 razionalismo è la base di tutte le scienze, Ta-
nìma di tutti 1 sistemi, la legge di tutti i pensa-
tori. Esso non combatte più il cristianesimo e la ri-
velazione divina con li argumenti negativi del vol-
terianismo, che ne attribuiva tutto il merito o la
colpa a qualche libro apocrifo, a qualche pia frode,
all'impostura dei sacerdoti, alla paura, all'ignoranza,
alla superstizione dei popoli, e ne faceva una lunga
e immensa aberrazione del gènere umano; ma tratta
l'origine, l'incremento, la decadenza, e la trasforma-
zione di tutte le religioni come fenomeni naturali,
la cui spiegazione si trova, nella filosofia dell^Uma-
1S8
nìlà, nella legge del progresso, nella crìtica della
«toria. Quindi le religioni appariscono tutte della
stessa natura : la suslanza è sempre una ed identica
in tutte, il sentimento deir infinito; ma variano i
simboli e le forme, in cui la sì traduce e s'incarna,
perchè rispondono necessariamente allo stato di cul-
tura intellettuale e morale d'ogni epoca e d'ogni
nazione. Ciascuna religione però contiene uno stesso
elemento costante, immutabile, come l'essenza del-
l'Umanità; ed un altro elemento vario e relativo,
come il produtto dell' imaginazione. Di qui ne segue :
Che il cristianesimo, in quanto è un sistema religioso,
non diflferisce sustanzialmente dagli altri, che V hanno
preceduto :
Che tutto quanto v'ha di buono, di bello, e di vero
nell'idea cristiana, è il patrimonio universale, ina-
lienabile della ragione:
Che il simbolo evangelico, ridutto a dogmi dalla
chiesa, se dee dirsi un progresso verso il politeismo
greco e romano, non è più che un regresso a petto
dell'odierno razionalismo:
E che la chiesa, destinata a servire di passaggio
fra l'èra antica e la moderna, ha terminato l'opera
sua co'l mèdio evo, e dee cedere il luogo ad una
religione, la cui forma risponda meglio, alle nuove
idee, che reggono le menti ; alle nuove credenze, che
inspirano i cuori; a' nuovi bisogni, che travagliano
le nazioni.
Nello studiar la natura di questi bisogni, e T or-
dinamento civile più idoneo a soddisfarli, consiste il
socialismo. Il quale finora è piuttosto un sentimento
che una dottrina, lo so; finora ha più l'aspetto di un
ideale che dì un' instituzione, lo so pure; ma chi po-
trebbe ancora metter in dubio runiversalità, l'energia
di questo sentimento ; la potenza, lefficacia di questo
ideale? Intanto il jpensiero della rivoluzione s'ela-
m
bora; il socialismo in pochi anni ha raccolto sotto
il suo vessillo una moltitudine d' associazioni popo-
lari; esso è la religione degli operaj; esso dà il pro-
prio carattere al movimento del nostro secolo, che
è r abolizione dell* ultima forma di schiavitù, l'eman-
cipazione del proletario; esso predomina già su d'o-
gni altro principio di riforma civile in Francia ed in
Germania, e comincia a propagarsi in Inghilterra ed
in Italia; esso detterà la legge della prossima rivo->
lozione. Montalembert co' suoi amici e patroni ne
dubita meno che noi; e lo spavento, che gF incute
il socialismo, è tale e tanto, che per opporgli una
resistenza qualunque dimenticò il suo immenso odio
contro de' liberali e dei volterìani, diede un'amiche-
vole stretta dì mano a Thiers in piena assemblea, e
bandì dalla tribuna la necessità di una spedizione
di Roma nelV interno. Ohi se non avessimo creduto
alla forza espansiva e irresistibile delle idèe, questo
solo fotte della religione sociale, che in meno di venti
anni, e in mezzo a contrasti e persecuzioni d'ogni
maniera, giunse a riunire in una fede commune mil-
lioni d'anime, ce n'avrebbe persuasi; e se avessimo
mai dubitato della realtà e grandezza del fatto, ba-
sterebbe a rassicurarci il contegno de' governi e della
chiesa. Portano su '1 volto la minaccia e l'insulto, ma'
nel petto il terrore e la morte. L'onda del sociali-
smo sollevasi di giorno in giorno più alta, s'avanza
pia impetuosa, rumoreggia più forte; e sentono essi
stessi, che oggi o domani li sommergerà.
I progressi della democrazia non sono men certi,
né men generali. Osservate, come vadano scemando
le gare e li odj municipali, che per lungo temfK) di-
visero la nazione in tanti popoli l'un dell'altro ne-
mici e distruttori. Vedete, come vengano cessando le
ire e le gelosie ancor più inveterate fra nazione e
nazlofie^ che per tanti secoli fecero dell'Europa un
140
campo di battaglia, e convertirono l'amore di patria
in istrumento di barbarie. Notate, come sia già per*
duta affatto la causa del diritto divino, svanito 11
prestigio della monarchia assoluta, ammessa e san-
cita la legitimità del suffragio popolare e dell' au-
torità elettiva. Libertà e indipendenza di ciascuna
nazione; alleanza e solidarietà delle nazioni tra loro :
ecco i due cardini della rivoluzione politica; i due
principj, che uscirono i^lendidi e fecondi dalle in-
surrezioni, dai tradimenti, dalle catastrofi del 48; le
due basi del più grande avvenimento della storia, la
lega dei popoli; avvenimento, da cui surgera la più
bella gloria del secolo, li Stati Uniti d'Europa.
E venga ora Montalembert a parlarci della solenne
smentita data a tutte le predizioni ed a tutti i col-
culi della falsa saviezza (1); noi lo sfidiamo a ci-
tare un solo vaticinio de' suoi profeti, il quale ab-
bia i caratteri d'autenticità e le prove di verifica-
zione, che ognuno può vedere e toccare in quelli del
profeti della rivoluzione. Fra i motivi di credibilità^
che invoca a suo favore il cristianesimo, v'è la pro-
pagazione dell'Evangelio, la quale, avuto riguardo
alle difficultà delle circostanze ed alla rapidità della
riuscita, si spaccia per miracolosa e divina. Monta-
lembert adunque s'ìnginocchi dinanzi alla rivolu-
zione, e l'adori: essa è ben più miracolosa e divina
che la sua chiesa; poiché quella in quattro anni ha
superato più ostacoli e guadagnato più seguaci, che
non questa in otto secoli.
Ma egli è tempo ormai di esaminare a quale ca-
gione debbasi attribuire, secondo l'academico di Fran-
cia, il sognato trionfo del suo catolicismo. A Napo-
' iì) Qn'est-ce qaLa donne cet éclatant dementi à tovtes les
l^ictioas M à loiiftl«ft c^lcmlt de la fansse 8ageaié?(pai. 64).
ili
leone? No. Egli rese bensì im incimparahiU servigio
ristabilendo officialmente il culto, rialzando li altari,
trattando co 'l papa come se avesse duecento mille sol^
iati (1) ; ma con tutto ciò non ha fatto abbastanza
per l'interessi catolici; ristabilì tutte le antiche servitù
iella chiesa in Trancia, mise la mano su 'l patrimonio
ii S. Pietro, ed incarcerò il papa (2). Qui occorrerebbe
Tcramente nna grossa contradlzìone. Se ìi servigio
reso da Napoleone fa incomparabile, ne segue, che
nessun'altrì potè giovare come lui alla chiesa; e al-
lora tutto il discorso del conte divlen assurdo. Ma
le son minuzie codeste per un declamatore. Prose-
guiamo.
Alla restaurazione monarchfca dell814?No. Il conte
rende omaggio allo ^e/o sincero e fervente dei principi
dell'illustre casa di Borbone per la fede di S. Luigi (3) ;
ma sostiene, che tutto quel zelo fu inutile, e che al-
l'uscire della restaurazione, la chiesa era in Francia
al bando dell'opinione e della popolarità (4). Qui v'ha
(I) Est-ce Napoléen? Non, oertes. — Après avolr reodu un
terviee incomparabie «n létablissant offlciellemenl le culle,
eo relevanl les anlels, en traitaot avec le pape eommé t'U
axaii deux centi mille homme»..., ce successeur de Charle.
magne se fit le coplsle de Philippe le Bel (pag. 65-66).
(t) Non coDlent de rétablir toutes les anciennes servitudes
de régliM en France; non coment de meUre la main snr le
patrimolne de SalnuPierre; Il fìt prendre au collet l'anguste
et doux vielllard qui étail venn le sacrer emperenr, et le trai-
nant d'étape eii éta|)e, de prison en prlson, il enlreprit contre
sa viclime une lutte imple (pag. 66).
(3) Est-ce la réaetion monarchique de itl4? Est-ce notam-
ment la restauration en France? I^on encore. — Dieu me
garde de révoquer en douie le zèle sincère et fervent des
princet de eette illustre maison pour la foi de Saint-Louis
(pag. 66).
(4) Je n« constate qu'un fait en rappelant qu'après quinto
MI pgM^ sona des rois* dont la d^puement à régiìse (Hait
Iti
esaggerazione e menzogna, come avvertimmo di so-
pra, massime per parte di un uomo, che nella reli-
gione cerca soltanto Tinteressì. Ma lasciam da banda
i fatti : ora si tratta delle cagioni. Perchè adunque
il signor Montalembert non ci spiega, come e donde
avvenisse mai, che nel 1830 poco mancò che la chiesa
non fosse trascinata, come nel 1792, nella caduta della
monarchia (1)? Perchè non ci rende ragione della
differenza, ch'ei scorge fra la sua condizione nel 1830,
e quella che prese senza sforzo nel 1848 (2)? Se in-
vece di consultare la storia da gesuita, la studiasse
da filosofo, egli dovrebbe sapere, che questa diver-
sità di condizioni nel 30 e nel 48 non fu già un ar-
cano, un mistero, un miracolo della misericordia di
Dio (3) ; ma la conseguenza logica, immediata, e fa-
tale delle cose e della rivoluzione.
Nel 30 la chiesa era al potere; l'interessi dell* al-
tare andavano congiunti con quelli del trono; clero
e corte si tenevano soUdarj. Il popolo insucto gri-
dava : à bas les ministres ; ovvero, à bas les jésuites :
ministri e gesuiti erano per lui la stessa cosa; e però
tutto rodio, che nutriva contro degli unì, ricadeva
necessariamente su 1 capo degli altri. La chiesa do^
vea correre adunque la stessa sorte della monarchia ,
incontestable, la religion, bien loin d'avoir gagné da terrain,
éiait tombée dans le plus affligeant discrédila et avait perda
presque toute iiifluence sur le peuple comme sur la bour-
geoisie (pag. 66). Je me borne à enregistrer un souvenir dou-
loureux. et inefracabie: aa sortir de la restauralion, l'église
élait en Franco au bau de ropinion et de la popularité
(pag. 67-68U
(1) Peuts'en fallut qu*eile ne fut entralnée, comme en 1792,
dans la cliute de la royauté (pag. 68).
C2) Que Ton compare sa situation en iS30avec celle qu'eìle
arrise sans efTort en i848 (pag. 68].
i3) Pog. 64-65.
14$
e la rivolozionc abbatterle entrambe sotto li stessi
colpi. Nel 48, per lo contrario, la chiesa era con l'op-
posizione. Diciasette anni di tutta contro 11 governo
in nome della libertà avean calmato li odj della na-
zione; e dopo tanto gridare, che l'interessi del clero
non erano divèrsi da quelli del popolo ; che si rinun-
ciava ad ogni ambizione dì potere; che si volea sol-
tanto l'eguaglianza dei diritti e la libertà coipmune
a tutti : il popolo non trovava più ragione di com-
battere la chiesa. Quindi la rivoluzione non vide più
in essa un nemico, ma un alleato ; la causa del clero
non si confundeva più con quella del governo, ma
con quella della libertà; e il catolicismo fu rispettato^
la chiesa protetta.
Or a noi, signor Montalembert. Da questo diverso
contegno della Francia nelle due insurrezioni del 1830
e del 1848, che cosa dobbiamo inferirne?
Dunque non è la rivoluzione, che mutò opinione
e conlegno verso la chiesa ; poiché si nell' uno e sì
nell'altro movimento, essa levossi in nome della li-
bertà, cqn la stessa bandiera; e combattè» qualunque
si fossero,, i suoi nemici.
Dunque è il partito catolìco, che sotto il regno
deirOrleanése abbracciò e svolse un programma af-
fatto contrario a quello, ch'avea mantenuto sotto i
Borboni.
Dunque la protezione e la tutela dei governi par-
torisce, non la salute, ma la rovina della chiesa, ì
cui interessi procedono tanto meglio, qjuanto più s'im-
medesimano con quelli del popolo, e si discostano da
quelli del potere.
Dunque li argumenti medesimi, che voi recate a
provare il trionfo del catolicismo, provano diretta-
mente, geometricamente tutto l'opposto; e voi met-
tendo in chiaro la nuova alleanza della chiesa co' i
governi, pronunciate la più terribile condanna dei-
runa e degli altri» . . .
114
Banque l'appello alla libertà era pe' i catolicl uno
stratagema di guerra, e nulla più: essi volcSano con
quel grido illudere i buoni, disarmare i nemici, In-
gannare il popolo, tradire la nazione; voleano tanto
solo di libertà, quanto bastasse loro a rimettersi nelle
buone grazie del potere, a procacciarsi più di ric-
chezze, d'onori, d'autorità, a congiurare più effica-
cemente per soppiantare i loro avversar].
Dunque le condizioni della chiesa nel 18^51, dopo
quattro anni di tutte continue, non già come voi pre-
sumete, contro i pericoli delV anarchia (1), ma contro
l'esistenza della Republica, le instltuzioni della de-
mocrazia, ed i voti del popolo, sono peggiori assai
che nel 1830; giacché voi avete perduto irrevocabil-
mente tutti i vantaggi, che vi salvarono nel 48; avete
deposta finalmente la maschera; la Francia e l'Eu-
ropa vi han conosciuti; le vostre ipocrisie non riu-
sciranno mal più ad ingannare nessuno.
Eccovi, signor Montalembert , le conclusioni, che
derivano dal paragonare le relazioni del catolicismo e
della rivoluzione nel 30, nel 48, e nel 51 ; e se voi fo-
ste capace d'intenderne la forza é la portata, sarebbe
quasi da sperare, che cessereste una volta di rom-
pere Il orecchi al Publico con le vostre biliose ome-
lie. Ma che? se foste un ente ragionevole, sareste
voi'un gesuita?
Posto che nò l'impero, né la restaurazione abbiano
cagionato il preteso rlsurgimento del catolicismo:
Che cos*è dunque? ripigliate voi. Convien dirlo, è la
libertà, nienf altro che la libertà, e la tutta resa
possibile dulia libertà (2). 0 derisione 1 Voi parlate
(I) Après quatte années de luUes coutlDueUes contre les
|>érii6 de l'anarchie (pagr. 68). »
(3) Ce n'est dooc ni Pempire, ni la restauratiou. — Qa*esu
cè donc? Il faat le dite: c*est fa libarle, rien quo r^ lilxirlé,
•t ia lutte rendue possible par la liberta (pag. 6S).
ancora éi libertà, voi? Ma se la libertà è la sabiie
della chiesa, perchè dunque non esiste libata dove
la chiesa comanda? Essa collauda negli Stati romani;
ma dite, signor conte, che libertà vi si gode? Quali
lutto vi si possono sostenere? Comanda nelle Due Si-
cilie, dove regna il degno figlio di colui, che il vo-
stro'-papa celebrò qua! perfe4.to modello dei prin-
cipi; ma, rispondete, che libertà ivi concedesi alla
parola? Comandava a Modena ed in Toscana; ma, di
grazia, che libertà lasciavasi allora alla coscienza?
Comandava in Francia sotto i Borboni ; ma in luogo
di proteggere la libertà congiurò co '1 governo per
abolbrla. Comandava, prima della costituzione, in Ispa-
gna; ma in cambio d'intròdurvi là libertà, manteneva
i tribunali del Sant^Officio. Comandava, innanzi d^la
rivolunone francese, nella maggior parte d'Europa;
ma invece di patrocinare la causa della libertà, per-
seguitava a morte tutti Lsuoi apostoli, rappresentava
dapertutto il despotismo, santificava la 'tirannide in
nome di Dio, imponeva la servitù a titolo di ohe-
dienza cristiana. I re, che vollero gratificarsi i loro
popoli con qualche riforma liberale, dovettero affron-
tar le minacce, soffrire le vessazioni, e sfidare li ana-
temi del Vaticano. I popoli, che vollero ordinarsi a
libertà, dovettero conquistarla a prezzo di sangue, e
nelle prime file de' loro nemici trovarono sempre la
chiesa. E voi, signor Montalembert, ci venite a nar-
rare, che la chiesa e la libertà sono buone sordle?
Ma chi siete voi, che pretendete conoscere l'interessi
delia chiesa meglio di lei? Se avesse stimata utile
la cooperazione della lib^à, la chiesa nei secoli del
suo dominio universale e supremo l'avrebbe invocata.
Pure no 1 fece; anzi s'oppose, e s'oppone ancora, do-
vunque sta in suo potere, con tutti li sforzi, tutti
i sotterfùgi, li artifizj, l'inganni, lo violenze, ad ogni
libertà politica e civile. E perchè? Perchè la chiesa
l 10
rlòOiiiòsce nella libertà il soò più tremendo nemico;
perchè sa, che l'azione della libertà le tornerebbe,
non che proficua, esiziale; perchè crede al dogma del
diritto divino, in virtù del quale Fassolutlsmo è prin-
cìpio di fede datolica ei stsìtutò organico della sua
gerarèhia; E voiy signor Hcademìco, osate voi soste-
nne-, che la libertà Vuol essere l'alleata naturale
della chiesa 7 E vi dite catolico^ voi?
Ci son nondimeno certi paesi e certi tempi, in cui
là chiesa invoca e difende la libertàf S sapete quali?
Quelli soltanto, dove il catolicismo non è la religione
delio grtatOf ma una setta; dove non domina, ma con-
giura. Quivi, sì, U chiesa milita sotto il ^'essillo della
libertà; ma per odio di lei,* non per amore. Così grida
alla libertà in Inghilterra; perchè vorrebbe riacqui-
stare ì suoi privilegj ed i suoi tesori $ risalire su '1
trono, riavére le armi, e spegnere nel sangue de' pio-
testanti la libertà britanna. Appella alla libertà in
Germania; perchè vorrebbe spargere a piene mani
il suo fanatismo, adupare proseliti, rinfdcare le an-
tiche ire, e sotto le rovine della guerra civile soffo-
care il libero esame e l' incredula scienza degli Alle-
manni; Invoca la libertà in Russia; perchè il ferreo
scettro dello czar le pende su '1 capo, e non le per-
dette di levar le grida, né d'agitar l'impero con le
arti della sua predicazione. E voi, signor Montalem-
bert^ cominciate da capo a predicare la libertà in
Francia; perchè già temete, che il novello padrone
fàcia un dì al vostro partito ciò^ che fece co '1 vo-
stro ajuto à tutti li altri 9 e getti su '1 collo a voi
quel medesimo giogo, che voi l'animaste a porre su 1
capo de' republicani , democratici , e socialisti. Così
fatta è la lega, che la chiesa cerca di stringere con
la libertà 1 Dove il prete governa, la libertà è delit-
to: dove regna la libertà, il prete la vagheggia per
adulterarla^ e poi s|3egnerla: e dove impera ildespo^
irt
tjsmo acàtolico, il prete l'arfna della libertà per ab-
batterlo, e sostituirvi il despotlsmo papale. Tal è
l'amore, cbe la cbìesa porta alla libertà.
La conseguenza irrepugnabile, immediata, che ram-»
polla da queste considerazioni, si è, che un catolico
non può amare e difendere la libertà sotto pena di
ap(!t8tasia; onde voi, conte di Montalembert, die per-
sistete a dirvi amico e difensore della fìbertà, non
siete catolico. Nuovo documento in conferma di ciò,
che altrove ho avvertito (1): essere questa per ap*
pùnto' la condizione degli apologisti^ che ùm possono
più difendere la chiesa fuorché a patto di negarla f
questa l'indole del catolicismo, cher non si possa al^
trìmenti discutere, se non a condizione d'abjurarlo.
E^ stando al noi^tro argumento, ve lo proverò con
tatti e due i generi di dimostrazione: ìndirettamen-*
tè, facendo la critica delle ragioni, su le qaéìi voi
presumete di fondare il concerto della libertà con la
chiesa^ e mostrando che non conchiudono nulla; di-
rettamente^ provandovi che libertà e catolicismo sono
due cose incompatìbili, inconciliabili, sì che Tuna è
la negazione rigorosa dell'altra. E senza più, entriamo
nel vivo della questione.
Quali sono le ragioni, onde v'ingegnate d'associarer
la causa della libertà con l'interessi della chiesa?
Ridutte a mìnimi termini, sono le seguenti:
I. Il fatto già esposto, che cioè il partito catolico
deve alla libertà i trionfi maravigliosi , che riportò
in Europa (2).
II. L'esempio degli uomini più autorevoli nell'opi"
nione eatolica, ì quali hanno tutti amato e servito la
libertà, come O'Connell, Balmes, e De Maistre (3)»
(I) Vedi La filosofia delle scuole italiane, lDtroduzi(HV««
il) Pag. 69.
(I) Pag. 69-70.
HI. La ttadizione ccUolica atUeriore al èecolo XVII,
che smentisce la teorica di Bossuet, il quale teneva
per articolo di fede la stretta alleanza della chiesa
co '1 potere assoluto (1).
lY. // linguaggio della massima parte dei vescovi
francesi, che adesso rannoda il filo dell'antica tradi-
zione, interrotta per due secoli e messo dalla ma-
nflrchia assoluta e dalla rivoluzione (2).
Y. Il governo stesso della chiesa, che è una monar-
chia, non assoluta, ma temperata (3).
YI. L'idea del potere assoluto non è catolica, ma
pagana; e nei tempi moderni la risuscitò, non già
la chiesa, ma il razionalismo (4).
. Or bene, comincerò a dirvi, signor Montalembert,
che per un caporione del partito catolico, quale siete
voi, cotesto metodo di ragionare tiene dello scandalo.
Yoi dunque ignorate i primi elementi della vostra
teologìa? E non sapete né anche quale sia il prò-
cesso, con cui si devono dimostrare le catoliche ve-
ri7à? Ma, in somma, *di chi volete burlarvi: di noi,
o della chiesa? Perocché non veggo, come possa tanta
ignoranza concepirsi in un uomo sérieux. £ voi stesso
ve ne convincerete assai presto, sol che piaciavi d'a-
prire un trattato qualunque di teologia. Ivi trove-
rete, che la fonte delle dimostrazioni catoliche è Tau-
torità della parola di Dio; che questa parola è di due
specie: la scrittura, e la tradizione; che depositaria
ed interprete dell'una e dell'altra è la chiesa; e che
il giudizio definitivo, dogmatico, inappellabile della
chiesa, si conosce dai decreti de' concilj e dalle de-
cisioni de' papi. Per provare adunque il vostro as-
{i) Pag. 72.74.
(2) Pag. 75.
(3) Pag. 92-93.
(4) Pag 94-9S.
149
sunto, cioè runione e l'accordo del catolicismo con
la libertà, fa d'uopo allegare non solo i testi della
Bibbia, che uè favellino; ma eziandio le definizioni
de' pontefici e de'concilj, che stabiliscano quell'u-
nione, decretino quell'accordo come una legge divina
0 un principio rivelato. Voi all'incontro seguitate un
metodo, che non è catollco, né razionale, né teolo-
gico, né scientifico: gli é un guazzabuglio di vostra
invenzione. Voi non citate cànone di concilio, né
bulla di papa; non citate nessun testo autorevole,
nessun fatto dogmatico, nessun documento decisivo:
riempite un trenta pagine di sonore ciance, e poi con
enfatico sussiego esclamate: questa é la dottrina della
diìesa. Eh, povero conte, li studenti di teologia che
dovran dire e pensare de' fatti vostri?
Ed in vero, il primo argumento è fuori di luogd.
Dato eziandio, che il partito catolico si fosse vantag-
giato della libertà, non ne seguirebbe punto, che la
teorica della libertà si conformasse alla dottrina della
chiesa. Le sono due questioni di natura affatto di-
versa, e richiedono un diverso genere di prove. L'una
è questione di fatto: se i governi liberi abbiano gio-
vato 0 nociuto alla chiesa. L'altra é questione di
diritto: se il sistema catolico ammetta o rifiuti il
principio della libertà. La prima si dovrebbe risol-
vere con dati statistici e positivi; e voi l'avete ten-
tato assai infelicemente in un capitolo anteriore. La
seconda si dee discutere con argumenti teologici e
razionali ; e voi non ne fate il minimo cenno. Dun-
que tutto quel vostro ragionamento è un sofisma.
E non vedete, che se valesse mai la conseguenza
dal fatto degl'interessi alla verità del principio, si
ritorcerebbe l'argumento contro di voi? Perciocché
vi furono e vi sono tuttavia despoti e tiranni, che
promuovono l'interessi catolici assai meglio che non
tao
farebbe un governo liberale. Rammentatevi Filip"
^ li (li Spagna e Luigi XIY di Francia; badate
a Ferdinando II di Napoli, ed a Francesco Giuseppe
/l'Austria; o meglio riflettete solamente allo Stato
pontificio: ed in virtù della vostra logica noi po-
tremmo conchiudere, che il despotismo è dunque» un
jarticolo di fede. Yi piacerebbe cotesta forma di razio-
£inj ? E vorreste, che noi toler^sslmo la vostra assai
peggiore?
Il secondo prova, se è possibile, ancora meno^ Io
non mi tratterrò qui ad esaminare, che cosa sia quella
libertà, che meritossi li amori ed i servigj di un De
Jifaistre, di un O'Connell, di un Balmes : me ne sto
per ora alla vostra parola. Ebbene, che proverebbe
l'esempio di costoro? Proverebbe questo solamente,
ci'essi non erano catoUci fuorché di nome. E che?
Son dessi forse i giudici supremi nelle materie di fede?
0 basta forse, che Balmes, De Maistre, O'Connell
insegnino una proposizione e compiano un atto, per
dover credere quella una verità, e questo una virtù
4el catolicismo? Ohi avanti di far il dottore, andate
a studiare i primi rudimenti del catechismo; ed im-
parate, che la dottrina della chiesa è bensì il crite-
rio delle opinioni private de' catolici ; ma nessuna opir-
nione di nessun privato può essere il criterio della
catolica dottrina. Cominciate dunque a mettere in
chiaro ed in sicuro, quale sia la credenza della chiesa;
e poi vedremo, se i vostri amatori e ^^rviiori della
libertà sieno catolici.
Il terzo è un'asserzione gratuita. Ma un'asserzione
di un Montalembert non vale per fermo a distrugger^
un libro dì Bossuet, il quale non chiacchierava da
declamatore come voi, ma ragionava da quel teologo
eminente ch'egli er^. Perciocché la streliQ alleanza
iSl
iella ehieia co 7 potere assoluto^ Bossuet non iWerì
gratuitamente, come voi Valleanza della chiesa con la
libertà; ma la dedusse logicamente e rigorosamente
dai testi espressi della Bibbia, e la contrapose in nome
del catolicismo alla teorica della libertà, sostenuti^
dai protestanti. — Voi nondimeno accennate ,a1Ia-fra-
diziene eatolica, la quale, chi vi prestasse fede, dà
ragioBe a voi, e torto a Bossuet. Ma, signor conte,
sapete voi almeno che voglia dire tradizione della
chiesa? Ponendo mente al tenore del vostro discorso,
io devo credere di no; poiché altrimenti non vi sa-
reste contentato di nominare la massima parte dei
dottori catolid (1); e tre linee dopo, V esempio di tutte
Fetà, la tradizione della cristianità, tutta la storia
di quei graudi secoli del medio evo (2); e poco ap-
presso dì nuovo, mille anni di tradizioni e di pre-
cedenze contrarie nella storia del catolicismo (3). No,
«ignore, questo non è provare né da teologo, né da
filosofo, né da cristiano, né da ebreo; egli è un cian-
mre da predioatore, e nient'altro. La vostra parola,
grazie al cielo, non ha ancora il privilegio dell'ora-
colo. Quando poi vorrete persuaderci, che la tradi-
zione eatolica sta veramente per voi, in luogo di ri-
peterlo cinque o sei volte, lo proverete una sola, ad-
ducendo una serie di testimonianze concordi e pre-
cìse dei Padri e dei Dottori^ con qualche sentenza
di Roma. Su, all'operaia conte di Montalembert, da-
teci un saggio del vostro valore teologico : noi ascol-
leremo la legione ; e poi ri$ponderemo.
Avvertita però di pw^n tornarci ad Intronare jl c^ipo
(1) L^imiBposie majorUó d^s 4ocVBms ic^lholiqaes ai^iérieurs
.au XVU siede (pag. 72).
(S) L'exeropl^ de lous Iss ÀgjBs,I» tradilion 4e )a chréticnté,
poxdfi riiislioir^ die, ces grands sièjcljcs du mpycn àge (pag. 72).
(3) Mille ao$ diB traditjoDs et de pT^qédcnlls conlraires dans
fb^^iì§ du cathplicisme (paj. 7^),
152
con dimostrazioni di questo genere: Io credo potejr
affermare (ohi avete già sciupato tre lunghe e lar-
ghe pagine in nude e crude affermazioni: non basta? )
poiché l'ho profondamente e seriamente studiato , che
fu tale la fede religiosa, politica, e sociale del medio
evo (1); 0 di quest'altro; Tutti i grandi papi, tutti
i grandi catolici di quei grandi secoli ( è un grande
academico, che dispensa il titolo di ^ratu^c: se n'in-
tende costui!) hanno combattuto per la libertà (^); o
di questo terzo ancora: Tutti pensavano così, tutti a
gara Vaerebbero ripetuto (3). Perocché altrimenti noi
manderemo alla malora voi con i vostri studj pro-
fondi e serj, e con tutti i vostri grandi secoli, grandi
catolici, e grandi papi. A' vostri serj e profondi studj
noi crederemo, qualora ce ne diate per prova, non
un libello tessuto d'impertinenze e di falsità, ma buone
e sode ragioni ; e crederemo all'unanimità favorevole
di tutti quei secoli, piccoli o grandi che sieno, qua-
lora invece di allegare due soli testimoni incompe-
tenti, un monaco imbecille ed un vescovo oscuro,
ne citerete altri maggiori e di numero e di peso.
Il quarto prosegue degnamente l'opera de'suoi an-
tecessori. In primo luogo, quella interruzione per due
secoli e mezzo della tradizione, in bocca vostra , .si-
gnor Montalembert, è una bestemia. L'insegnamento
della chiesa, per un catolico, dev'essere indefettìbile,
inalterabile, perenne; dunque voi non potete sospet-
tarlo né anche interrotto per un giorno solo; e se
credete ad un'interruzione, non siete più catolico.
ii) Je crois pouvoir affìrmer, ponr Tavoìr profondément et
sórìeusement étudié, que telle a élé la foi religieuse, politique
et sociale du moyen ògo (pag. 7i).
(2) Tous les grands papes, tous les grande caihoìiques db
ces grands siécles ont combattn potìr la liberlé (pag. 74).
(3) Tous pensaient cornine to moine.... Tous eussont répété
'*envic.... Tous eusserit dit... (pag. 71).
1^
In secondo luogo, dichiarare interrotta la tradi-
zione catolica dulia monarchia jassohUa e dalla rivo-
kziotte, non è solamente una bestemia, ma un as-
surdo. Che ha mai da fare la rivohizione e la mo-
narchia con una dottrina del catolicismo? Dunque
QQ re assoluto può costrìngere al silenzio tutta la
chiesa? Dunque un popolo insurto può sospendere
l'insegnamento, ed attutire la credenza di tutti i
vostri pastori? E la parola catolica può dunque ve-
nir soffocata dalla prepotenza di un despota, o dal-
l'ira di una nazione? E voi, che pensate così, vi chia-
mate catolico, voi?
Da ultimo la massima parte dei vostri vescovi nelle
sue battaglie sotto il regno di Luigi Filippo, predicò
bensì la libertà, ma come un interesse, non come un
dogma. Quando il dògma della libertà era scommuni-
cato da Gregorio XVI^ tutti i vescovi di Francia chi-
navano il capo, e ripeteano co'l papa: anatema alla
libertà I E di quei due, che voi citate in particolare,
io ripeto quanto vi dissi a proposito d'altri vostri
dottori : Topinione di qualche privato scrittore non
oostituìsce una dottrina catolica; e finché voi non
abbiate stabilito una buona volta, con argumenti le-
gitiffli, che la fede della chiesa non repugna alla libertà,
tutte le vostretestimonianze particolari non provano
ponto. E che cosa prova mai il vescovo di Moulins,
qoando esclama : /'iii'me la libertà ;je l*aime trop quand
die me sert, pour ne pas la supporter quand elle me
géne(ì)? A Roma, codesta proposizione lo condur-
rebbe dritto al tribunale del Sant'Officio; e gli var-
rebbe 0 una pronta e solenne ritrattazione, o chi sa
quanti anni di reclusione nelle carceri sacre.
Che cosa prova il vescovo d'Annecy, quando ri-
conosce come diritti naturali la libertà religiosa, ci-
W l»ag. 76.
154
pile, politica, d^insegnamento, § d'assaeimione (i)? Nel
eodice della chiesa questi diritti non si trovano; o
piuttosto, secondo che vedremo più innanzi, vi si
trovano, ma condannati come eresie, delitti, ed in:-
venzioni diaboliche. Spetta dunque ai vescovi d'An:^
necy e di Moulins d'accordare le loro idee con le idee
della chiesa.
Non lascerò qui passar inosservata una vostra nota^
la quale mi avrebbe stupito, se già non vi conoscessi
abbastanza. Alludendo ai discorsi, che parecchi ve^
scovi ebbero a tenere, dopo il colpo di Stato, al Bch
naparle, voi avete la temerità di asserire, che nulla,
in queste manifestazioni, è venuto a rinegare il pas-
sato ehfi noi invochiamo, o ad appoggiare le teorie
che noi combattiamo (2). No davvero? Nulla? Ahi per
fortuna quei discorsi vennero publicati ; e se voi vi
slete ben guardato di riferirli, supplirò io al vostro
silenzio. Sì, registrerò io qui, a vostri^ onta, quelle
allocuzioni vescovili, monumento di eterna infamia
per la chiesa, la quale portò a tal eccesso l'adulazione,
la bassezza, la viltà, l'immoralità, la prostituzione,
che fam dimenticare ai posteri i cortigiani dei Tiberj,
dei Caligola, e dei Neroni 1 — Chi si^ Luigi Bonaparie,
tutto il mondo lo sa; né occorre ch'io rammenti,
per quale serie spaventevole di inganni, di spergiuri,
e di assassini, egli arrivasse a compiere l'immane der-
litto del 2 dicembre. A me basta, che voi medesimo
' dobbiate riconoscere nel governo di quell'i^omp, atti
(i) Pag. 75-76,
(2) Dans rintervalle qui s'est écoulé enlre Je moment oìi
CCS lignes ont été écrites, et celui où nous en corrigeons Té-
preuve, un grand nombre d'évéques onlélé appelés à acjres?
ser an chef de rélat des hommages pubiìcs de respect et de
reconnaissance. On a dù remarquer quo Tìea, dans ces ma-
nifestations, n'est venu désavouer \6 passò que nous |nvo<
qDons, cu apppyer Ics théories (jue ngns pombat^pns (pog. 7^^).
155
the rivoìtarano itUti % galantuofnini, violazioni mani-
feste del decalogo (1), ed il sacrifizio della libertà alla
forza (2). Or bene; eoo un uomo, con un governo di
cotal fatta, che linguaggio adoperò l'episcopato di
Francia? Attento, signor conte: eccovi in quali ter-
mini egli appoggiava il passato che voi invocate, e
rinegava le teorie che voi combattete.
1851, J2 dicembre. II. vescovo di Chartres publica
una lettera circolare per esorlar il suo clero a dare
11 voto^ Bonaparte; « Vinto dalle proprie convinzioni,
» e ancora più dall'aipore della patria, di cui Gesù
» Cdsto ci ha d;ato l'esempio, voi (dice al Curalo) scri-
» verete si, io non ne dubito. La providejnza json qi
« da' che jQUESjo Mszzo Dx saLute. È evidente, che se
» Bonaparte fosse respinto, la Francia non troverebbe
A più chi surrogargli (3). ^
14 dicembre. Il vescovo di Chàlons fa publicare
la diehiarazione seguente: « Trovo oggi nei giornali
» la lettera di monsignor vescovo di Chartres, che
» consiglia il suo clero a volare in favore del nostro
» presidente Luigi >Iapoleone. In ciò non fece che
» esprimere il desiderio di tulli li uomini dabbene,
» DI TUTTI I VESCOVI. Fin dal primo giorno, il mìo
» era jconoscigito nella diocesi^ perciò mi sono asle-
;> nuto dal manifestarlo in publlco, e dire altamente
p ciò che è sì bene inteso, che da ouesto pjpend)e
^ LA SALVEZZA DELLA FRANCIA, della uost^a Cara pa-
» Iria. Dio è co'l Presidente: questa ragione basta
» perchè ci faciamo un dovere d'esseiiO lutti per
» lui (4). »
(I)Des acies qm on4 révolté tous lesjionnètes gens, des vio-
htioDs maQìCestes da décatogue (pag. 85).
[%) Oo saar^ ì^'ìì y a «u au moins un.... qui en iS52 a
proteste fon^f^ W .saerj^ce A9 la li^rté à la force sous pré-
texle 0» r»mo» (pag. »7)..
C3) n Catofieo, ».«• 7^f,
(I) m4,
156
1852, 1 genajo. L'arcivescovo di Parigi va ad au-
gurare il buon capo d'anno a Bonaparte con queste
parole: « Noi siamo a presentarvi le nostre felici ta-
» zionì e i nostri voti. — Pregheremo Iddio con fer-
» vore per il successo dell' alta missione che vi è
» stata confidata (l). »
4 aprile. L'arcivescovo di Bordeaux riceve il be-
retto cardinalizio, e recita dinanzi al Presidente un
discorso, in cui gli dice: « Sarebbe d'uopo avere sban-
» dito Iddio dal governo delle cose di quaggiù per non
» riconoscervi i disegni della Provìdenza. — Poche
» ore bastarono, e la Francia attesta al mondo, che
» essa non cade neir anarchia se non per sorpresa;
» e la nazione si rammenta ch'essa non è forte, li-
» bera, e altera, se non sotto un capo in cui essa si sente
» vivere, e che la personifica come voi, 0 principe,
» in mezzo a'suoi più cari interessi. — LaProvidesza,
» CHE sì potentemente, 0 prìncipe, v'ajctò ad inco-
» raggiare tante utili imprese, a operare 'tante ri-
» forme, a soccorrere tante miserie, a ricollocare in
» somma la piramide sopra la sua base, non vorrà
» lasciar l'opera sua incompiuta (2). »
E l'avea preceduto monsignor Flavio Chigi, alle-
gato apostolico, con la dichiarazione seguente: Pon-
tifex mihi in mandatis dedit, ut hac occasione Ubi suo
nomine signi ftcarem stbi in primis jucundissima èsse
egregia tua studia, quibus publicae tranquillitatì et
ordini consulere contendis, quibusque sanctissimam
nostram religionem ejnsque ministros tueri tantopere
gloriaris. — Hoc sane pacto tuum nomen ubiqiie sem-
per celebrabitur, ac per titulos memoresque fastos pò-
steritati tradetur (3).
<1) n CatoKco, n.°71I.
(2) Ibid., n.» 790.
(3) Ibid.
10 maggio. L'arcivescovo di Parigi nel suo discorso
per la distribuzione delle aquile al campo di Marte,
esclama: « 0 principe, che la volontà' di un gran
» POPOLO ELESSE PER DUCE de'suoi DESTINI, intendiamo
» bene che cosa dicono al vostro cuore questi simboli
» eroici, che voi ci presentate come la più gloriosa
» parte della vostra domestica eredità. Ahi gonfidumo
» NELLA VOSTRA SAPIENZA — La PrOVIDENZA VI DESTINA
^ all'edificazione di un'opera GRANDE E SANTA (1). »
18 luglio. Il vescovo di Strasburgo nella benedi-
zione delle vaporiere per la nuova ferrovia : « Bene-
> dite, 0 mio Dio, benedite questo principe magnanimo,
> che presiede a questa festa d'inaugurazione, e che
» dopo aver preservato la Francia dagli orrori del-
» l'anarchia, si adopera con incessante sollecitudine
» a procurarle le dolcezze della pace, e i benefizj
> della religione (2). »
15 agosto. Il curato della Maddalena nella sua al-
locuzione al Presidente: « L'omaggio publico, che
» rendono i principi dello Stato a Gesù Cristo, fa
» testimonianza, che vive ne' loro cuori il pensiero
» dell' Uomo-Dio. Ora il pensiero di Gesù Cristo è
> lunìone degli uomini con Dìo come con un padre;
» è l'unione degli uomini fra di loro come fratelli;
» è uno scambievole amore in ragione delle facultà
» individuali, che nasce ed alligna sotto l'azione d'un
> potere generoso e forte, che rispetta e guarentisce
» l'interessi privati. Questo pensiero. Altezza, questo
» sentimento ammirabile vi anima, traspira da'vo-
» stri discorsi, si sente ne' vostri scritti, e si ha-
> nifbsta nelle vostre azioni (b). »
8 settembre. Il vescovo di Chàlons indirizza al suo
clero questa circolare: « Il principe Presidente es-
(I) n Catolieoj n.o 817.
(5) Ibid., n.» 874.
(3) Ibid., o.« 898.
ni ,
n séndo alla vigilia di recarsi nelle proyincie del mezto.
.j giorno è ben giusto che sìa accompagnato dai
» nostri voti. — Le sincere testimonianze d- affetto,
» che* bà ricevuto, hanno potuto fargli comprendere,
s> quali sono a suo riguardo le disposizioni ed i sen-
» tlmenti della Francia, e quanto noi siamo ricono-
» scenti a tutto ciò, che ha fatto per noi; tténtre*
» si è sacrificato generosaimente, ha tutto osato, ed ha
» fatto cose, a cui nessuno avea pensato primd d! idi.
» Che sia benedetto QUESto voìio w Dio, questo okak-
» D COMÒ, poiché DfCr lo ha mandato e fatto SUR6ERE
» PER LA felicita' DELLA NOSTRA PATRIA — AH t SÌ, CtaB
» SIA BENEDETTO. Noi pregheremo per lui : è questo il
» tributo, òhe ha diritto d'esrgefré da noipefr li aSti
» sérvigj che ci ha resi, e' dhè vuole retidfetci an-
» Cora : è un dovere; che saremo gelosi di soddisfare
» verso di lui (1). »
9 settembre. Altra circolare «1 suo clero del car-
dinale arcivescovo di Bourgés : « Sapete che il Pre-
» sidente onora ddlst sua visita la capitale del Berry :
» le popolazioni cetto s'affretteranno di venire a te-
» stimoniargli le loro sincere e rispettose simpatie,
» e vedranno con piacere il loro paroco, che le ac-
» compagna in questo atto doveroso. — Mi arrechearà
» somma gioja, se potrò presentare allMllustfe capa
» dello Stato un clero, che con le sue sagge vedute
» e perfetto sentimento comprende la sua santa mis-
» sione. Voi pregherete Dìo con noi, perchè benedica
» TUTTI I PASSI DEL PrÌNCII^E, ADEMPIA I SUOI DBSIDERJ
» ed i nostri, fornendogli tutti i mezzi di compire,
» a vantaggio della religione e della società, l'opera
» fif SALUTE CHE COMINCIÒ COSÌ NOBILMENTE, e con tanta
» felicità (2). »
M) // Calolieo, n.« 913.
(2) Ibid. 0.® 915.
15 9ettèmi)re. Allocuzione, — ^ del vèecóvò di Ne-
rers: « Prìncipe, il vescovo di Névers e il suo clero
» depongono ai vostri piedi T omaggio del loro ri-
» spetto, riconoscenza, e devozione: saluTamo in voi,
> in vostra Altezza, l'eletto gIorioso del popolo, b
> 10 STRUMENTO VISIBILE DELLA PROVIDENZA NEI SUdl 01-
i visAHENTi DI MISERICORDIA per la ocfstta patria^ Non
» cessiamo d'inviare al cielo le più fèrvide supplica-
• zioni, affinchè protegga sempre la vostra persona»..
> e vi renda degno dell'ALTA mis^sionb, che vi ha ap^
> ra>ATo per la felicità della Francia,- e per la sai-
» vezza della società (1). »
16 settembre, dèi vescovo di Mcralins — di qdel
cotale, citato da Montàlembert, che s'era professato
così fervido e leale amatore della libertà per ttttti :
— « Monsignore, siami permesso in questo solenne
istante indirizzarvi l'omaggio di un doppio ringra-
zuMBNTO. Questo riguarda un publico beneficio,
degno della speciale riconoscenza della chiesa : il
primo è d'AVBRLE reso la liberta' di operare^ ne-
cessaria per dilatare e raffermare la $ua felice in-
fluenza; il secondo è l'avei' compréso, chela na-
zione francese, non disturbata nelle sue naturali
tendenze^ rimane sempre la nazione cristianissima
tra tutte le altre^ — La prima manifestazione della
nostra riconoscenza sarà di chiedere a Dio, con le
grazie che santificheranno b vostra missione nel
tempo, la gloria che ne sarà la ricompensa nel*'
l'eternità (2). »
22 settembre, del vescovo di Gap: « Monsignore,
» il clero della diocesi di Gap, felice di trovare Toc-
» casione per manifestare publicamente a Vostra Al-
» tezza i sentimenti che Tanimano, vi offre per mezzo
«) n CatolUo, n.« 9IS.
160
yy del SUO vescovo r omaggio del suo rispetto, della
»t 8ua ammirazione^ e della sua viva riconosceiìza.
x^ Attaccato di cuore alla religione ed al suo augu-
ì> sto capo, vsNEEA IN VOI, nell'interno, il protettore
» aLUMiKATo di questa santa religione; all'estero, il
» vero restaurat(Nre su '1 trono di Rema dell'illustre
» ed immortale Pio IX. — Oggidì che, mercè la sag-
» GEZZA DEL VOSTRO GOVERNO, rìtoma la Calma, non
». ci resta che a ringraziare Dio, e supplicarlo di
D^ spargere sopra di voi e su le persone eminenti che
»• VI CIRCONDANO E SECONDANO, i luìni di quella divina
» intelligenza, che forma i grandi principi, inalza
» l'imperi, e li rende gloriosi ed immortali (1). »
22 settembre, del vescovo di Grenoble: « Monsl-
» gnore, mentre la città di Grenoble si reputa for-
)> tunata di possed^e nelle sue mura l'eletto bella
» nazione, il vincitore dell'anarchia, e il salvatore
» DELLA Francu; il primo Pastore della diocesi ed
» una parte del suo clero hanno l'onore di o£Frirgli
)> l'omaggio del loro rispetto, gratitudine, e ricono-
» scenza. E come non saremo riconoscenti per quel
)> che Vostra Altezza fece a favore della religione?
» — • Continueremo, il clero ed io, ad inalzare al
» cielo i nostri voti ferventi per la nostra patria, e
» pe '1 PRINCIPE AUGUSTO, CHE NE È LA SPERANZA E LA
» GLORIA (2). )>
23 settembre, del curato di Meyssiez a nome d'una
gran parte del clero dell'Isère: « Monsignore, è una
» felicità inarrivabile per noi il contemplare da vi-
» cine e salutare con riconoscenza il ureratore
» DELLA PATRIA, C IL DIFENSORE DELLA RELIGIONE. La
» religione e la Francia vi devono molto, e nondi-
» meno i loro sguardi supplichevoli si volgono ' verso
(i) // CatolUo, n.^ 996.
(3) Ibid., n.« 927,
di 1^; 4o#te pnBlitf''lotolno9rft I&' TóstMt pò*
unite mano. — - Lasòìaté ebe Bèlle ròslre rnaorsi
oóftMlkli il potere, di cui rin- ilosì buon i»o b
òAtnò. La eoroDà im^alè è vostra; Il popolerò
«fitOBlàstno ve ia dona ; àòceltMda : H nostro amore»
la nostra dovòsdotae, e la ìuèo m Dio -dal oié&o no
reodi^iìiio lieve 11 peso (1); d'
26 settembre, del vescovo di Marsiglia: « Monsi-
gnore, ratto religioso, che Vostra' AHena viene Ud
adempire qui pnbHcamenle oggi, e che si rlnova
fedelmente, come è noto, nella vostra vita privata^
dimostra quanto Alto poggino i Vòstri inviSAanMti:
8 m Dio, dà cni ogni potere pi'oéede/cHE voLin'B
ostcAtc tu vosTftA Fom. Sicctfè ricévendovi alla
IKHrta di questa chiesa, il vesccfve di Marsiglia, il
suo Capitolo, e li altri rappresentanti del snò déro
9oho felici di RiGONoràtafe tK VOI VtiMo della Pao-
VIDBlteA, StXLTO PER BSdEÌlE tO 6l1ltTfi&NT0 DÉ'seOI
ìbnbficj. è la Ptoildeàs^, che vi ha accoHlato
d'ifaavgij^re la voétra ascei^mf ài potere su*
premo éb'l rlstàbilimehto del trmò teihpmde del
eapo delia chièda. -^ Per qùé^o, al ifiótnèntò sta-
bilito, toste IL I^eIiatoìe tet VostAD paese, dhe
si trovata àlhl vìffim di é^reina tòvlni; è con lo
stesso succèsso e con egtfàle glMa (perchè dfét-
tèreté ègniil fedeltà nella Vostra àmMt HòtL-
DRIÓ1ALE) continuerete l'o|iiera httfirefisa, ddlt da
vna più ai vdè(trd t;iioré che al tbi^trò braccio, alla
vostra fede catolica più che alla vostra atta Sa-
pienza. — La posterità si dsstlciérSi alla hctettó iri-
conoscefeza verso Dio, che PRófteòÉ ix vpàTkA t'ER-
* Sona, e fa tIi[ionpàré il vostro éofeAooib (2). »
47 sèttobbré, del vescovo é Fréjtfs: « fflotìsl^al-e,
» quando T Eterno dopo angosciosi dì dà al mondo
(4) Il Calolieo, n.» 957.
(J) /«d., ii.« 930.
L 11
m
un C%Atntina,<mCario-Magao^iiBNft|»IeMe,per
istrappare la società dagli abissi, ricollocarla su le
sue vere e solide basi, la religioiie e la giustiEia;
è peripesso ad un ministro deirEvaogelio di trovare
nel stto cuore sentimenti tali, che lo spingano a
venire, circondato dai suoi fratelli, a dire al libe-
ratore che passa: Principe, ricevete i nosCrl omaggi;
gradite la nostra riconoscenza e vivete in btbino!
» Vivete psa gobip»b con la peotbzionb del cielo e
» LA BENEDIZIONB DELLA TBBIA LA PIÙ* ALTA MISSIONE
» B IL più' MABAVIOLIOSO DBSTDiO DI QUBST'EPOGA (1). »
: 30 settembre, delFarcivescovo d'Ai^: « Monsignore,
« il clero, di òui ho Tenore d'essere il capo, parte-
» cipa alla gioja, che cagiona a questa antica e no-
» bile città la visita di Vostra Altezza imperiale.
» AM)iamo la fortuna di salutare nella vostra per-
» sonali nepote di quel grande, dinanzi a cui la terra
» ti taque^ come davanti ad Alessandro, reietto da
» sette miilioni e mezzo di suffragi. Voi <H>mbattete
» con noi le dottrine empie ed anarchiche, che fanno
xi perdere l'anima, e rendono i popoli infelici. Voi
» avete inviato i vostri valorosi soldati in soccorso
m del commun padre dei fedeli, perseguitato da figli
» ingrati. Voi volete, che i padri di famiglia sieno
» liberi di consegnare ai sacerdoti i loro figli per
» essere educati. — Questi benefìzi e' inspirano una
» profonda riconoscenza. Permettete che io ne offra
» qui a Vostra Altezza il sincero e rispettoso omag-
» gio (2). »
1 ottobre, del vescovo di Nimes: « Monsignore, do-
» vunque su '1 vostro passaggio voi raccogliete be-
» nedizioni, voti, e testimonhinze di rispetto. Da tutte
9 le parti si corre per deporre ai piedi di Vostra Al-
(1) // CatoUóO, D.* 980.
IM
4fim U tfilwto d'tt^ft rkofmoWBk ben feruta, ed
altresì nmjomvf» hvutai a oen i'uoiinq sbuvioj,
che avete reso alla Francia, alla società, ed ezian-
dio alla santa chiesa ed al suo augusto capo, no-
stro tenero e venerato padre. 11 vescovo di Mimes
e l'onorevole clero delia sua dieeesi dividono que-
sti sentimenti^ — Venite adunque^ o principe, a
UGBVBRB JLB «osiaB asN«DBiQia. DÌO vi dia molti
anni e felici (1). »
i ottobre, del vescovo di Montpellier: « Principe,
è scritto nel libro, del divini oracoli, che ogni po-
tere su la terra è nella mano di Dio, il quale a
tempo opportuno farà nascere un principe, che la
governi a vantaggia di tutti. Tale è Ja vostra fede
di cristiano, e la vostra missione di princqie: il
popolo crede alluna, e ne è felice; la Francia rac-
coglie i benefici dell' alka, e le sue acclamaaloni
vi dimostrano la sua Riconoscenza. Soffrite che la
chiesa Tosservi ; quando qvesto^ popcdo getta al \o-
atro nome in un lungo. trionfo le sue simpatie ed
i suoi voti, è perchè voi portate questo nome senza
diminuirlo. — Sicché con una vera commozione,
con un sincero rispetto, il clero di questa diocesi
sotto la guida del suo vescovo si unisce a voi in
questo tempio, per ringraziare Dio dell'antica fede
della nostra Francia ricoverandosi sotto un potere
forte, ma cristiano. — Se Dio degnasi d'esaudire
le nostre preghiere, la vosraA vita saha' coNSBa-
VATA PBt QUKLL'oPBHA DI SALVEZZA SOCIALE, GBE B
TOTTA VOSTBA (2), »
9 Ottobre, del cardinale arcivescovo di Bordeaux:
Monsignore, la nostra popolazione riconoscente si
aUiaiidofia a trasporti di vero entusiasmo, perchò
(i) tt CaioUeo, n.* 935.
(I) iW.
i ¥«tti iiiiipMlLte IffqftfMIà ttfeim foMiRiS, à^irè odi
9 «lìEitnè mei tu iMi^M «ddbdMò «Mfe tKMUre i^l^
1» ghfét«. -^ Rtindendd afliè réHi^e le libOità^ ^he
4 eoMitoiscodo la éaz Ibtm é M sua -uofm (lotisÉzav
1^ pr<tttt6ltmtto «)|MNi!ttttlo li éomotM tMè « pe^l^e^
è yfttimrfe d^lo ^tato fer ina più Mela diiMrvàftza
» Mia Aofflealéa, Af«ftt 9Afffo AtMUto a i«im i «én^
» TIMSNTI GENEROSI, AVETE SaOI/TO IL l^MÒklMA ffEb
i^ imìJàb. -^ n (ira^lgtò d*ufi gran tiédle non atfeftbe
« bastalo ffer ridinaré àUa fÀÉCìa la sua MM\k e
a Hi Ma gloiHi: T'«fa d'Éi^ aneèm della vigoria
a d^im flebile euave «'diil laail é'tm i^fit«f mto:
» Di<» t'Iti aÀfb Qéfasi^f «te boKi (})i i
19 óitdlwe, Aeiraf d^»iéac#ttr d! Tmif^ : * SÌdMgmh*ej
IH «mi) la pMiiéé gràutiidliié dav« «thòstraie a!
» 4mta acfM muiÀ èu UMimm ìa m^tb ap
» cataeott ad al petìMl Tanéi avvenimé»lf (^ia^^^
» tiai c#i^o ttttei i (Siculi déM'tidiafid i^i^adeuza, Hhe
1» sldiifibbaro wh-a^^oir dètla désiHi^ déll'Qnfttp^totite;
» ijb^t^gauér a iMti ^msSA <dotWi. ^ TI écìfifUttQ^
» ptìÒBm et^ aòttiÉA «owiimaNm» e ffaj^to; ^i^
» i^stOkó fètVfmÈméàìJb per la «!0»^rvattlèné d'ima
» viia per tante ragioni pMidsa; ^aéiflttid^ a ilo
» dsLt vi ecmeedtt cK eeiidariv a èofii|iimettt«» i diVi^
» samenti, che avete formato per la pace, felièltà, «
» glo#ia deBa Francia (3). *
t%U, geimjó. L'aMvaM0y«f di Parigi Ael suo di-
acorae alla riapértìira della élM» di a 6«fi#¥^:
(i) a CaMieo,. n.^ 940.
(5) /6W„ ».• 9M.
m
» Dio teneva m $mo Aip^àMimà* KgU oomiNraiide »
» personifica tutte queste aspirazioni (rispetto della
» religione e dell* autorità). La sua missione M da
» {Mancipio disconoseiuta; ma egli uscì cohefer mi--
» KAGOLO DAUE VISCERE DEL POPOLO'. CÌÒ fU la SUa
» forza e il suo diritto. Con una mano su 'l cuoa^
» Di questo popolo egli ha governato. Egli ba ri-
» Yolta la sua prodigiosa abilità a comprendere ed
» a indovinare, ad un bisogno, cl^ che v'era in que-
> stoeueve; la sua potenza ad effettuarlo^ Egli sqipe
» di^nnzare i pregiudi^, anche quelli ch'erano ere-
» seiuti con la vittoria^ La religione fu onorata, la'
» sua indipendenza fu rispettata, e la chiesa con-
» tinua a godere sotto il suo regno d'una piena li-
» berta, n
Conte di. Montalembert, ^ vi ringrazio d'avero^l
coodntlo a rìoq)jarff^ P0ir d^rvi ««a smentita di più,
questa pagina di scandalo^ ed osoeni dofeumeati. HIsh
dltateiì, e P0Ì mi direte^ quale aia l'amore delia chiesa
di Francia per la libertà) E fratanto, non vi lagnai
più se noi denunciamo il catoHclsmo all'lndegnazione
ed all'orrore della coscienza umana. Sapiamo ora, per
runanime consenso de' suoi pastori, ch'esso è 1^ g^iu-
stificazione d^i sprjgiuri e .<lé!n)al;andriq|; 1^ glp-
rìficazione 4d delitto e dell'infamia: sapiaiXK>rCtii9 ili
SQo Dio è Btìim^^ la sua providenza il cannone ^
il suo diritta la forza, la sua morale l'interesse, la
sua leg^ la servilità : sapiamo, che fra tuUe le classi
di dttadini la chiesa è la più abjetta, la più codarda,
la più venale, la più depravata; giacché mentre ogni
ceto diede alla Francia uomini di cuore, i quali con
l'opera 0 con la voqe protestarono contro dell'usurpa-
zione, la solf^ chiesa non ebbe un pastore, un solo!
^ afjnfim» la digoit^ d'uomo e di eittadino; un sola
<te BOB pqitArgatte la patria sdla aacristia, la oor-
166
^tientt allo stipendia^ la gjitiiizià «Ita iwira, l'OiAa^
lìllà al beneplacito M più forte (1).
(1) Parrà strano per avvenlara a taUmi* che parlando di
fiapoleone io adoperi nel 69 il linguaggio medesimo soUoso*
pra che tenevo nel 53; e che le imprese d'Oriente e d* Italia
non mi abbiano disposto verso di lui, se non airenlnsiasmo
dell'ammirazione per le sue gesla recenti, almeno airindaU
genza deirobllo per le stie colpe antiche. — Se volessi esporre
qnt tiitte le considerazioni che concorrono a ginsliflcare il mio
procedere, dovrei entrare in tanti pantcdari, che in luogo
d*nna breve nota mi converrebbe scrivere' «a Iun0e capliolo.
Accennerò dunque soltanto alcune ragioni capitali, che baste-
ranno, spero, al discreto lettore per assolvermi da ogni taccia
d*ingraiitudine o di leggerezza.
I. Io rispondo a Montalembert, il quale scrivendo nel 52
alludeva al Ronaparte che fece il colpo di Stato, e non al Na-
poleone che fece le guerre di Crimea e di Lombardia. Quindi»
come i suoi argumenti si riferiscono sempre al presidente
' d'allora, cosi le mie erifìciie cadrebbero a vuoto, se io le ac-
oommodassi ainmperatore d'adesso.
II. Il bene, ohe Napoleone imperatore ha (atto, per quanlo
voglia magnificarsi, è ancor lontano infinitamente dal com-*
pensare il male, che fece Bonaparte presidente. La spedizione
di Roma e il colpo di Stato sono tali immanità, che non si
espiano e non si cancellano con le mezze vittorie su la Russia
e su TAustria.
IH. Con tutto ciò, per amore alla mia patria, lo mi sarei
rigorosamente interdetta' ogni allusione al passato di questo
uomo fatate, anche .i costo di mutilare e di sconciar la ri-
stampa del mio libro, ove neirultima guerra egli fosse stato
fedele agl'impegni, che spontaneamente e solennemente si era
assunti verso il Piemonte e verso riUUa. Sì, qualora egli ci
avesse lealmente ajutati a ricacciar l'Austria al di là delle
Alpi e dell' Adriatico, lasciando pòi che liberamenle si aggre-
gassero in un solo Slato le Provincie che invocavano la loro
unione co M Piemonte; ohi sì, io avrei di buon grado im-
posto silenzio alla mia memoria ed al mio cuore; e senva
discendere mai alt^^duiazione, come ha fatto pur troppo una
gran parte della stampa italiani^, mi sarei rseniii^loBattielttc >
147
11 qiiiate poi tn géneife di fidsttà e di sofisma tocca
il stibiime. Voi, signor conte, ci apportate la notizia*
che il governo della chiesa non è assoluto, ma li^
bero» perchè è un'nutarità temperata da leggi dure-
toUf (imperata da coetimM^ da tradizitmi, da resUtenze
permesse e indamoUli (1). Lasciamo da baiàda 1 co-
itmU e le ttadiziani; che se bastassero a costituire
un governo temperato, non sarete più né anche
possibile na governo assoluto. Il concetto medesimo
di Stato, nazione, o popolo, non implica forse i co-
stumi e le tradizioni, come suoi elementi essenziali,
senza di cui to volgerebbe un'intrinseca repugnanza?
Forsechè Ja Russia non ha pure le sue tradizioni, i suoi
eostuni ? E la Turchia manca forse di costumi e di tra-
diàoai? — Arrestiamoci però alle leggi ed alle resi-
tienze. Non basta certamente la semplice e^stenza
delle leggi a temperare un governo; altrimenti tutti
i gov^ni dovrebbero stimarsi liberi, giacché senza
asienuto da ogni paroU, da ogni sillaba, che potesse parere
UDO sfogo intempestivo di vecchi rancori e d'implacabili od4«
Ma la tregua di ViUaCraoca mi ha liberato da ogni riguardo.
Dei varj motivi che vennero allegati per ispiegare. non che
per iscusare quel tradimento, nessuno ve n*ha di storica-
mente plausibile, e tanto meno di moralmente accettevole^
Anche questa volta 1* Italia ò iniquamente sacrificala agrinle^
ressi d*ana politica cupa, arcana, mefistofelica, sensa prlnci*'
^ né fine, sema criterio oè legge; talché direbbesì non airer
«sa altro scopo fuorché quello di schernire il senso com-
nuiDe, insultare alla coscienza publica, e ridurre principi e
popoli alia disperazione. Nel caso mio adunque il mutar Jin-
guaggio ver»o di Napoleone sarebbe sialo un atto, non di"
prudenza, ma di cortigianeria; ed io voglio piuttosto parer
temerario per troppo affètto alla patria, che debole per troppo
riguardo al fautore di questa sua nuova reina.
(1) Une aatorité tempérée par des lois dnrable^, tempérée
piff é» oootomes, det uradiUons, par des résistances permi-
m et iiMlofliiptables (pag.eS).
IN
leggi, oomé séiu2boostu])oi.Ms Uadizionì, npE pnÀ mè^
stetère alcuno Stajt^L Acciocché un goyeroofMMsa dirsi
. tmpemU) daUe leggi, convieoe che la &cultà legisla-
tiva nott risièda esdqsivameate udì principe, ma si
eserciti in conunune dal principe e da qualche altro
potere, l^ù o m^so indépendente da lui. Ora, nella
chiesa a chi compete raatorìtà legislatrice? Tutta e
soia al papa. Se Voi foste un gallicano o un giaoso-
nista, non vi sarebbe difficile opporre qualche ecco-
zìone a questa risj^osta; e mi alleghereste senza du-
bio l'autorità suprema de'concilj. Ma voi, proclamando
altamente la dottrina cUramontana, cioè romana, per
ia sola Dera (1) , mi dispqnsate da una discussioine
super Aua e vana. Seeondo voi adunque, il papa solo
ha diritto di convocare i copcilj, di presiederli, e d'ap-
provàrii; ed essi non possono esercitare altra facultà
legMatìva che quella dogata loro dal pajwi. Quindi
il temperamento dell'autorità pontificia mediante i
concilj è affatto illusorio. E dai concilj in fuori, qual
altro freno direte imposto ai voleri del papa? Forse
le congregazioni romane? Ma esse dipendono intie-
ramente da lui : è desso che le nomina, le aduna, le
scioglie, ed accetta o rifiuta a suo beneplacito i loro
pjureri. Forse i cardinali? Ma essi parimente soùò
creature e strumenti d^l papa: egli ne consulta quali
e quanti vuole; ed anche dopo il loro voto fa sem-
pre quello che vuole. Forse i vescovi? Ma essi hanno
tutti giurata obedìenza piena ed intiera al papa; non
hanno giurisdizione alcuna fuori della propria dio-
cesi; e appena un dì loro fa un. atto di minima di-
^obedienza al papa, il papa stesso, giudice e parte
insiewe^ lo cita al suo tribunale, lo condanna, lo de-
pone, senza speranza d'appello» È questa, signor a)[òn-
" (1) La* doctrìne uttramotitaine^ la seule vfale stltvant noi»
daQe Ic^i?
E Ys^\Usfi{ :^^rfipqpBlp delle resìstens^^ Ifi^u^ ed
^^fàpfUifiili ^^tqì aiiìporà pl(^ furioso. Avri^ste4oyulo
ipswi^irM m p9\ W i^osùa edificazìppo, phì^ guan-
to. pflPfi PQ§?^ i;c»fst.ere aJU>utoritài ecpfés^tjicia ^-
ci^^^e f if^mbikfiente, li laico al pjré>t^ r Ma qnetr
$ti gli pega }'^^§{4^^^ffPf ^ <^<>Q d^^ ren(leriìe coAto
che aUa pi^Qpr^ cQs^^aza. Il prete al v^covo? Ma
que^Ù tp ^QSipaadie a divì^U, lo. scommualo^, lo chiucje,
in ui^ cpivv:ejito; e non dee renderne ragione ad ^l-
iri^cte * Pi^J^ iji yc^covo'al pjstpa? Ma qiie^li io di-
cikl^ra $c}sin^ti|C^, lo dieppi^p, lo oiet^rè al bandp della
chiesa; ^ npade^ ri^po^erae a nessuno. Quali sono.
duB^e le resiste$i^e lecite ed indoimbili, a cui $ ap-
pógl^ebbe, ad u^ bispgno, li cat^lipo? Fo^se quellQ
che ia ima mt» yoi ^ìgik^ ^ ìioy^iostito dal Bel-
larmino? Ms^ S0po anc^'e^se i^na yi^rs\ deri^ip^^ <^
uo enorme assurdo, H qasp di nji ppp^efiife/cliié »j^-
ttkto fe 0nimp e t^ti <^r?*aMg '» cfiieffi. (1), sj^ij)[fji|a
a'vo^i priflcìpj Qjt,rap»qal§ni, ,0 iqapftjpijìileiidjuilMpie
voi \mefim^> ViìmWì^m wap^l^ cpv^ ua^ yesi^iepza,
coa^l Apache qu^to ft un m^9 cpme un altrui fi4
a più d'uu geS{9ita f^f^ iaivìlia ]§ fine^a del Yq&\ff^.
tfoyato.
E piir^, pagf^ dJ im'a^rziope cp^ %yolo»ai, meglio
Ae ai jqia^ .dÀi^(j[^i/99i^ ig^teinj^lipa, ygi proseguite:
B iN»iw « il mmwm (kìk éifm^; m. P^ÌS nm ^ m
mmrc^ ,aiwl«f fil (2). Fmp^a l'ay^J^ de^^ ,e ripeti^to,
ma provalo j^mi Vi?4i^flt^ s^ HftMfflWtfi yi di^^nat^
di recarne qualche buoaa ragione: Egli non può nulh,
(1) Lic^t resistere poptilici invadenli apimas.... et multo
ma^ 8i ecclesiam (jl^stniere viderelìir (pag. 93).
(2) )Lè pajjie est le mo^ajcque de régìise, mais il n*est pas
no mo/vvqqei ataolu (ps^. 93).
tlOf
e non imprenéè inai nulla fuòri della eùsiitusionè Air
vina della chiesa, ch*ei non ha fatta, e di cui nùn è
che l'interprete ed il depositario (1). Potrei di leggieri
smentirvi con la storia dei papi da Pietro a Pio IX,
e mostrarvi che quasi tutti hanno Mrapreso molte
cose contro la costituzione primitiva della chiesa; ma
non ho mestieri con voi di tali argumenti. Yi doman-
derò solo: a chi appartiene di giudicare, se un atto
ecceda, 0 no, i limiti dello statuto catdico?Alpapa. A
chi spetta decidere, quale sia la vera interpretazione
della biblica parola? Ancor al papa. A chi compete
determinare, se il sacro deposito sia, o no, fedelmente
custodito? Sempre al papa. E voi ci venite a contare,
che la monarchia della chiesa non è assoluta?
Egli non governa da sé solo, ma con l'assistenza
d'un numeroso corpo di vescovi, di cui egli stesso
mantiene Vautorità con mano scrupolosa (2). Cion que-
sto corpo di vescovi che cosa intendete? I vescovi
sparsi nelle diocesi di tutta là terra? Ma allora la
vostra asserzione è falsa: falsa in fatto, perchè i ve-
scovi lontani da Roma non partecipano in modo al-
cuno al governo generale della chiesa; e falsa in di-
ritto, perchè fuori della propria diocesi un vescovo
particolare non ha veruna giurisdizione. 0 piuttosto
intendete i cardinsdi ed ì prelati, die popolano la
corte del papa? Ma l'assistenza che gli prestano costo-
ro, si riduce a fargli da ministri, segretarj, cancel-
lieri, e servitori; offìcj, che non temperano punto la
sua autorità, come punto non temperano Fautocrazia
dello czar i servitori, cancellieri, segretarj, e mini-
stri, che compongono la corte imperiale.
(i) Il ne peut rien, et il n^entreprend jamais rìen, ea de-
hon de la constitution divine de TégUse, qu*ll h*a pfts faite,
et doDt M D*est que rinterpréte et le dépositalre (pag. 98).
(3) Il ne gottverne pas seul , mais avec l'assistance d'un
nombreux corps d'évéqnes, dont il maiotient tnHnéme Tau*
tgrité d*!ui0 main scropolaose (pag. 93).
. . . ^'it
Fin iliegtt uttimi g^aai dei cteiró é dei fedeli, ogni
suddito di quesf impero spirituale ha il suo diritto
proprio, trakizionale, ed imprescrittibile (1). Or vìa,
signor conte, voi che li conoscete, enuineratec! un
pò* questi diritti; ammaestrate li ultimi cherici e
iaìcl cbe ignorano sé stessi. Finora il basso clero
sapeva di aver un solo diritto proprio e tradizio-
naie, quello cioè di obedire docilmente agli ordini,
e di portarsi in pace ì castighi del suo vescovo; ed
il basso popolo stimava di aver anch'egli un solo
diritto proprio e imprescrittibile, quello di credere
ciecamente alla parola e sottomettersi al giudizio del
suo curato. E così il basso popolo come il basso
clero s'erano tanto più persuasi di questo principio,,
dacché lo vedeano sancito ogni giorno dalla pratica
deloro pastori e prelati. Vedeano, che se un prete
dice 0 fa una cosa, la quale non piacia a monsignore,
viene senz'alcuria forma di procedura legale deposto
dal suo officio, interdetto dalla messa, relegato in un
chiostro; e qualora osasse mai domandare 1 motivi
della sua punizione, il vescovo rispondergli secco: I
motivi li so io; e bastai Vedeano, che se un laico
parla od opera in un modo che dispiacia al paroco,
tosto gli si negano i sacramenti, si denuncia in se-
greto, si maledice in publico per empio, eretico, scom-
munleato, e si mette al bando della community re-
ligiosa. Ì/Ì3L voi giungete ora molto a proposito per
disingannare tutti questi poveri schiavi; ed annun-
ziate loro la fausta novella, ch'esai hanno pure altri
diritti proprj, tradizionali, e imprescrittibili. E siate
il benvenuto I Toglieteli dunque di pena: su, dite un
po', quali sono codesti diritti?
(I) iosqae dans les derniers rangs du cl^rgé et des fide*
les, chaqtie sujet de cet empire spirituel a son drolt propfe»
cndltletttiel, ei imprescrìplible (pag. 93).
Mentf^ c]ie yo{ peoeate alia nspos^^ m '^»:pb io
una lezione intoroo ai diritti catoUci del popolo e
del clero. Porgetemi s^ttenzione, signor Itfontalej^^-
beri, ^ nuindate a memqrla un tra^q dì quel catie-
chi^mo oltramoutanOy che Toi, bandieraio del partito
cat^licQ, mostrate di non avere mai studiato o ca-
pitò: « Ricordino tutti che il giudizio deUa ^na dot-
» trina, in cuf vanno i popoli amnfiaest^^, j^ il gQ-
» verpjp di tutt^ la qhiesa spetta al ponV^fice romai^o^
», al quale fu datQ, da Gesù Cristo la piena podestà
», di pascere f ^ reggere^ e di governare, la chij^t^^ni-
xj versale, come i Padri del concilio fiorentino haano^
>> espre^amente dichiarato. È poi dovere di ciascun
» vescovo ^t^r ignito fe^ìelìssimamente al]^ catedra di
»i Pietro, ou^jtqdìr^ religiosamente il def^o^tp, e pa-
^ scere il gregge cli^e gli è confidato. ^ dove^^ dei
» preti esser suggerì al vescovi, che S, Gerolamq
ì) avverte do^f^i cfinsp^^r^e come i pOfdfi della lorp
» anivi(^: ne ^M^entichinq ^^, cl^e ezjapdìQ i canon}
1^' W^\é!^\ vietj^pp \f>fo d\ far ni^Jla «0 proprip miqjr
ly s]^ja, e di ^nnji^e. UptScio d'i^s^jffe e di gr^
i( (jLì(;ar^, SBi^zQ^ Ù ^q^tQ, dtsl vescovo^ a^lfi cui fe^
». il popqU) è emesso, €^ ^ cu\ si chiederà C(Hì^>.
» delle ajptime. S'abbia^ in fine per cert^.e ^ic^ro,,^)]!^^
» tutti quelli, \ quali tramutio qualjt^h^ cosa contea
»_ di quest'ordine stabilito, turbajoo, qu^tp è i^ lorp^
» lo sii^t>p dell^ chiesa. ^ Ponderino bene cglpra,
» c)ie pì^o)iìi^^no siffatti ^Isegui, al so/^o romfinQ ffo^r
3^ iefic£^9 sep^ndo |a tep^ìDiiQnianza, di S. L^Qjg^^, wr,
^ ^t ^ffi^(0 h ài^pisf^Q^ione d^i cànoni; e4 a l\^
u sola appar^^fq, nqn gl^ ad un yrjyatp, c^ ^e-
» cretare qualche cosa injtoifpp ^^ aflttjch^ fl^o^%-
» menti (1). »
(1) I BfeQi^n^jrmt o^nes, jqdiciuj^ de san^ dpcfrina» qua
» populi imbaendi suot, «jtqpe ^^^a^ l^iiv^i;sa^ ì^tàMf^.
^H^ofdt^ a ttf^i» (k t^feéa, B^tì iia cbMeò iiù àc^-
H s»éÌo M tr1fià<y éòttìì^ìe dé'ghàti^étlte Vopeù de!
Si»! Fratèlli, e spfìhgè tàht'tìWè I^kùdàctó dèlia fol-
sità e dfellà tìetiiò^, cliè prie sisfrirtrtrài^ ecéesso straot-
éitìffò, ^^iWwr dOAté, ttérftttò in boccia voistrà. ti ^e-
Uà jivó ètttbì^t\i, M àffferihslte, non abea la mMma
nozióni^ dettù sàbtaatiià moderna, vale ù dire d'una
ìmtà Mzà tliàftiy èsbfcimti is\i tutti i cófpi e tutti
rmmékì, m 'cmpàHsfono to sécfètà (1). può darsi
HgtUm jMMwhó a CArriJilo Ùùminb- IrmA&n filiti ttti Pa-
int ftérobttdi toDcilii dicerie deelararaet. Eat auteift Mn*
galorum Bptecoporum cathedrae Petri fldeUssimé adhaerere
depositalo sascte religioseque oastodiret et pesciere, qui in
éi8 èst, grégèm Dei. Presbytefi vero éùbjecti sint oportet
episcopis, quòs ufi dhiiHàè jpd¥erités suuìpiehSoé ab ipsià
èìié iàon^i HierónymUs; ùec iiilqQatn obliviscàtitaT, sé
vìéHÉstì^ éiiaiil diitnòiMbQ!» Vetati, (|uÌ(S(>iam in sascèpto mi-
Dlsfférié agèrè, i(i dole'ètifii 6t d<mcionaridi mani!:^ sibi sti«
vMh Ékiié tfentMdia EpUeofi, H4n» fidéi im^uUtt es$ tre-^
éUn»^ et d quo prò dàimdbM ratio exi§(0tw: GeT{am d&>
nique BrmtOBiqìke sa, éos omnels, ^ai adversus praesUUtatom
Imiic ordìnem aliqaid molìaiitar, statum Ecdesiae, quan-
tum In ipsis est, pertorbare. Perpendant Vero, qui Consilia
ìà génàs machinantur, iiho i'omano Ponti/tei, ex S. Leo-
nls tèstitnonio, éMonum dispensattonem esse ereditntn ,
Ìp8iiiit}ti6 dtttritàxat esse, non vero privati liominìs, de pct^
tefHarHtM UHitUà ianeHVHàiii tfuiùptm deéèrrté^e. i' {Bh^
Uiica del ih agosto 4S32.)
(1> Le moyen àge cailioliqae n*avait pas ia moiodre notion
de la souveraineté moderne* c'est-à-dire , d*iMie domioation,
d'une tutelie sans limites, exercée sur to^s ies corps et tous
1^ Individns qui composent la société (pag. 93-94).
m
bene^ dhe stfhtu nozione della eoefmità mancasse a
quel medio evo catolico, su cui faceste i vostri serj
e profondi studj; poiché essendo un'epoca ignota alle
storie, e tutta creata in sogno dalla vostra fantasia,
nessuno, da voi in fuori, potrebbe tenerne discorso.
Ma il medio evo catolieo, quale ci vien raccontato
dagli storici, che in realtà lo studiarono seriamente
e profondamente, non solo aveva qualche nozione di
cotale sovranità, ma avea imparato dalla chiesa a re-
putarla un articolo di fede. La dominazione universale
su le anime ed i corpi fu una scoperta o un'inven-
zione dogmatica de'papi. La nozione della tutela i7/ì-
mitata su V individui tutti che compongono la socie-
tà, il medio evo catolico l'apprese da colui, che in
nome di Dio sentenziava: « Chiunque ricusa d'cdte-
» dire a quello ch'esige la santa sede, è reo del de-
» litto d'idolatria (1) » : da colui, che adoperava come
legitima questa argumentazione: « Poiché la santa
» sede apostolica stende la sua giurisdizione su le
» cose spirituali, che le vennero confidate per di-
» ritto divino; poiché le giudica con un atto del suo
» potere supremo ed assoluto ; perché non decìderebbe
» ella delle cose laicali (2)? » : da colui, che impo-
neva agl'imperatori questo giuramento: « Da ora in
» poi sarò fedele e leal servitore del beato Pietro
»• apostolo, e del suo vicario, il papa; ed osserverò
» fedelmente, come é dovere d'un cristiano, tutto
» ciò che il papa mi ordinerà con queste parole:
» per la vera ohedienza (3) » : e costui si chiamava
Gregorio VII. — L'apprese da colui, che insegnava
doversi credere sotto pena di eterna dannazione que-
sto articolo di fede: « Stanno in potere della chiesa
(t) De Pottbr, llistoire du cfirMianUmey tom. IV,paQ^. 99.
()) ihid. , pag. ÌU,
(») fbid. , pag. iQ6,
I7B
ambedue le ^de, la spirituale eioè e la malerìale^
Ma questa deve adoperarsi per la chiesa, quella
dalla chiesa; Tana per mano del sacerdote, Taltra
per UMIDO de' principi e de' soldati, ma secondo Tar-
bitrio e la pazienza del sacerdote (t) » : e costui
chiamava Bonifacio Vili. — L'apprese da quel eo-
ce, in virtù del quade « il papa può fare costituzioni
pe '1 mondo intiero, poicliÀ la sua giurisdizione non
è limitata da'confìni di alcun territorio. — « Il papa
giudica tutto il mondo, e non può essere giudicato
da nessuno, fuorché da Dio; e quand'anco tutto
l'universo si dichiarasse contro di lui, e fosse egli
stesso in contradizione con la chiesa, bisognerebbe
credere a lui* solo. — Non è lecito discutere le sue
azioni: ciò che si fa per autorità del papa, si fa
per autorità di Dio. Il papa ha un potere celeste :
le sue sentenze procedono dalla bocca di Dio. —
n papa è al di sopra d'ogni diritto umano positi-
vo, e d'ogni diritto positivo ecclesiastico, ancor-
ché proveniente dalle decisioni d'un concilio ge-
nerale: mercé la pienezza del suo potere, egli non
trae punto la sua autor ita dai cànoni, ma anzi i
cànoni ricevono da lui la loro autorità. — Il papa
può determinare i simboli di fede, anche senza il
concorso dei concilj ; poiché a lui solo appartiene
di decidere le questioni di fede. Egli é sopra di
tutti i concilj ; può deporre un vescovo senza mo-
tivi; non é legato né dalle costituzioni de' suoi
predecessori, né dalle costituzioni degli Apostoli;
e dispensa da Ile une e dalle altre egualmente. —
n papa p uò dispensare dalle leggi divine e dai pre-
oetti dell'Evangelio, o modificarli, o per lo manco
dichiararli non obligatorj in certi casi. Egli può
mutare la natura dei contratti, e di nulli renderli
(I) De POTTKI^i HUioir$ dtt ef^mu^nitmet V>m. IV, pa|^ 334*
1%
1 viSlAf. -^ È m\»'m li éréèefé, éBéll ^'{^d^
» errtr© tielìe tee decìsìóihi su la fede, i sacramèniii
i> ed i cositimi: è un sacrilegio il dubitata, se égli
» pO^ssL caitfblài- le Aitimi, volontà dei iiiòrilk)nd!: è
» iifi'apostasia il negare il suo potere suprét&o. — ^
» Il papa è )'anliii!nistratore, il dispehsatofé, ed ani!
j) il padróne dei beni di ttitte Te chièse; è ptìò di-
* sporne pienanieWle e KbcJramente, come di cosa
» sua. Egli pub deporre i giudici ed i principi dàll6
J» lorb dIgiiiVa, e Sciòglierei Vassalli dà ògnfi iiWiga-
» zlonè e ^ufamehtoV — n pfapa è il rei de! ré, il
» sìghort dei èigiiotì, il p^rìncìpè de! vèstJÒvi, il felu-
» dice óhllnario di ttrtti i mortati. È^i fk^e la
» piènétisi del {totére assoluto, in virtù di cui può
i ttmìzt la naitira deì!^ còse, togitere Via là Mtàfizà
» degli éfiitl, kté (}tiaMe' cò^ dal ilulìi II pa^fi, d!
» ciò che hòù è ttìrltto pWÒ fate aiHtto; è tìélla in-
» gìustizisL, ^ìUdiiik, Égli è ogni éòsà, è sdpra dì
« ogtìi cosa; può reiidere il quadrato ìròtoùdò, i!
» bianco nero, il nero bianco. — Il papa può ógni
i> Còsa soj)Tà del diritto, contro del diritto, é fhori
» del difitto. — Il papa è la causa delle cause: iiés-
1) sun può dirgli: jJerChè fai cosi? La sua volontà è
» la ragion sufficTetite di tutte le sue azioni, è chiun-
» que ne dubita è teputato dubitare della católlca
» fede (1) » : e questo éodìce era là teologia dièlla
chiesa romàna. Dunque, signor MontaleiùbeH, pstfvl
egli che il mèdio evo catòlico aVesse qùàldfiè no^óhe
del piéré assoluto?
Èli diritto moderno e razióniilisticó , continuate
voi, che H^fiscitò queiridéa pagana, morta co *Ì Èassa
impeto, a fine di opprirhìèr'é la thiesa sìiìttb pMèètó
(1) Dk PqttkR} Uisloire du christianUme, tom. VI, pag. 277
Vfì
9tt '1 we«o Jevo, ci 'date mrthnienlte an 'pìbedlp^tftf ro
(terna 1 . . . -Sì, eh ? VSàm pagana m 'jjkene assoluto
ijomlistiéù? Ma, per qtfesto afritto, dtìe tosa 'itìteh-
déte, m graife? «gli 'non jprfò tesser alito tfte lì tm-
plesso yli '(jtìeì ptlntìpj 'pcTmici e *octól! , ^^jhe ehho-
rati 'd^ffla^lo&ttfia m\ S^cdlolCVlII, prod^s^i^D^a grati
rirélcttioftte ^attC(3se ; >e 'pe^ia corretti fe svilupparti
diflla sclenia del -seicélo «K, ttetwpmhlatòno ttmglio
il 'pfettfeiero ^dtìia tirohiiimie, ^ 'te ftopffeàStrt'o 11 ^(-a--
ratlere della democrazia e del socialismo. ^E «smio
questi i principi, che voi chiamate genitori del uo-
te^^«»dimo?:iAa, fti'^teoi^k», Hiloro^lei^ntìtìe'i^o
e feBf&Bittrtsfle è 'la libertà; «d In 'pi««6ft, *utte <te
h«tl(¥«Belni^^'pk)péli '«dcteriii^piwo^tfeilfilitt^tìtìof «
«tea dèi »liimk) msiómlhdiìo, mn /h«miio< a«lW) smpn
ébe ^ello appunto di :rovi«i5l«lre ras9olMteiflo,^M-
Wtt^»^ il i|iottie« la rfofrma «Otto «ài si tftt^^nde.
I^JWò lo9fo#se ^amtteiltarvi, <èhe cctìa volesse^fe^tram-
%^iqwn4o >in ìmiio iCli»iB»^ànit^8«ini KttN^te^ vm
v^fflte ai itwo©,.^ 4pmwii9L ilo fg«atiw) nie^^al mimar-'
chi? €he eosa la Spagna, quando imbatteva pwJfc
m^yR(mftléiiba:<^onlro'«apoleoQe,)e ìtidiip«rflajMMi
lltenà ootìtro D. Carlos? Che (ctìsa ila ^Gwmania ,
(fméo ail>grido^ehfl(>gikeÉt)dó'm^)rihdÌfil»8DMliÌN
mi iMlusio ii*«l^irtvami ^Btratiileri-ie ]^\ lai gttào
govcMftalie'iSQoi liribnni 'ricuoteva il q^ù^rdei iprìn-
clpl «tMldlloH, (e il G06tniig6vaniii%ltmivolÌa)a irtoH
iMUiM^ fki maemàdetia inazidae? €ffce>o»sà la (Gre-
ti) 'C«si'le :ar6U :ni9(ieriie et TaliòhdUste, Qui a YessiTsèné
wite iHéfe.tJà'femiiB, KtottAe^Verc^fe ftàs-Ètntitre.Irtln tì*6ptiftirtéf
I- 12
m
eia e U Polònia,, ([luiiuk) laltaTaiu^ pdr la loro oado-
nalit^ coatro li usurpatori, che l'avean manomessa?
Che cosa l'Ungheria e l'Italia, goando chiedevano la
costituzione, rompevano guerra air Austria, e procla-
mavano la Republica? Ah! se da tutti questi movi-
menti, per voi, signor Montalembert, scaturisce la no-
zione del governo assoluto; se per voi l'idea motrice
e dominante in essi è il despotismo, non ho che di-
re: 0 voi avete smarrito il lume dell'intelletto, o usate
un linguaggio che è il- rovescio del linguaggio com-
mune. E come si fa a discutere con un avversario
di questa fatta, che in pieno meriggio trovasi al bujo,
dice bianco al nero, e scambia il sì co '1 no perpe-
tuamente?
Ed ecco i soli argumenti, che voi avete saputo o
. potuto addurre In sostegno della vostra tesi. Povera
alleanza della chiesa con la libertkl La dev'essere una
causa ben disperata, poiché voi, suo avvocato, non
trovaste più una ragione, una sola, in suo fovore,
che abbia pur l'apparenza di una probabilità quale che
sial Povero partito catolicol A che dura estremità
devono essere i suoi interessi, poiché non riposano
più che su titoli così fallaci ed assurdi l Ma no, il partito
catolico non ha ancora, come voi, perdala affatto la
ooscienza di sé stesso e l'intelligenza del suo sistema.
Esso almeno rispetta la logica un po' meglio di voi ;
ed ammessi i principi del catolicismo, non ha più,
come voi, l'ipocrisia di volerne dissimulare o perver-
tire le conseguenze. Un interprete importante del vo-
stro partito medesimo, VUnivers, ha protestato con-
;)> tro di voi e delle vostre aberrazioni; e ben vi stai
'ti Già per anticipazione avea pure protestato contro
delle vostre follie l'uomo d'un genie supérieur, come
voi stesso l'appellate, un oracolo della chiesa, Donoso
Cortes, di cui. riferite le sentenze e l'espressioni, ma
stetti domitiailo (i). tutti i ^oml prolestuiQ dlreW
Umeiìte o indirettamente contro de'vodtr! sogni ì
giornali d'Italia, massime quelli che si pnblicano a
Roma sotto li occhi, Tinspirazione, e la. censura del
prpd. E il papa stesso, il vostro santissimo e beatis-
^.ao padre, il vostro Dio in carne e in ossa, an-
ch*egli protesta altamente contro delle vostre scisma-
tidte ed eretiche improntitudini, in doppia guisa:
co 1 fatto, perchè ne' suoi Stati, in luogo di promuo-
vere la libertà, ei la proscrive e la punisce come de-
Utto di lesa maestà umana e divina; e con la pa*-
rola, perchè quando volle propórre a tutto Torbe ca^
tolioo un governo ed un principe modello, ei rioor*-
dava il tiranno delle Dae Sicilie 1 Ohi la diiesa non
ha mutato; Bossuet rimane tuttavia il suo interprete
sincero e verace; la politica clericale si riassume an<-
cora in una sola parola, despotismo.
E voi mi fate pietà, conte di Montalembert, allor-
ché credete di aver abbastanza giustificato voi e le
vostre ta rìche con la dichiarazione seguente: Se quelie
dottrhèe f.^seero vere, io non avrei che una sola pa-
rola da ótre; e si è, che da venti anni in qua noi
tutti, scritti ri, giornalisti, postulanti, elettori catolid,
noi ci saremmo ingannati, ed avremmo ingannato Ù
inondo intero su 7 nostro conto; poiché non abbiam
fatto altro in questi ventanni die invocare il diritto
e la libertà a prò della chiesa. E ciò essendo, dopo
{l) C*est la ihécrie de la dictatare à perpétnité que l*<m
pfolesse an nom et dans IMotérét de ia religloo , qui en a
toDjoan été la vfetiD e. C'est Tapothéose da silence que l*on
Doas enseigne, au no!n de révangile qui prottrit tei paro»
te$ tettlitos. Od Ta me ne Jngqu*à nier la notion raéme da
dratt humain: on nous 1K, que le mot de droit ne dolt ja-
■ab m trouver sur lea lìvresde riiomme(pag. SS). — B tal
è sempre il senso, per lo v iù anche la lettera delle dottrine
di DdDoso Cortes, di sopra. riferite.
d^ wmHiiMitìme^. vitella ptnUmaa^.U fMÌmin(efì^mo-
lèlririfi^mi (fi). «Ma o^tito, (^osìiè:»ili[)orUto OHtD-
JiCD 4ti 4ittei ^^1/aiMii d^'appiello -ella iibertà too te-
Jalito,fi»è voluto «larfiiltFO die ftKgwnuira i7 bwiulft òt-
rgdtta via <la \ma&clieif«^>e mostra a éuùo sia toa norvr-
jMle «afttuMa. Sì, itìgÉOtid, Hulti -^«in ^nisseovi )4t' IFréni»-
oìb, )ìrmiiHa(^i «ennero *)r«pvoil^y rt oui (fritti »om i$n
4itéte Ae in«m ed int >^tit(<; 'le imemorie; ohe ip0r ^imi
4mni itonsicutivi posavo ila iièertà édla €hiBm tatto
io 'mlìfaiguaréia ideHwèibBrtk^iHìeieìpoHtica; che^n^n
^peUtaf^mofia'f^èùoiuàiom éi f (affoco iper Uvocismìa
foraa del dir4tto, e lil diruto idelìaUihmà^): «ramo
tttltl ^ngminatoiiH'l ^ijqtm iberniti, tke 'non tfio»/b->
rono delle sentefue <del -parlamnfUo , delle oréinmzìe
di Carlo Xy degli ordini del giorno legislativi, ^enon
irincerandtm \su H ìtefreeno della lOarta le delht to^i-
(u3Nine; eheman ^ìmuno iMmpT»o, domamlah, ^ott^
nulo di rimdr^ire m iFrmmieLy di ntabilinn reMenaìe,
• (I) Si ees doelrines-là étaient vraie$,r]c D'aurate qu^unonot
.à dire: c*est que depuis vingt ans nous tous, écrivains, ora-
tienTs, Jonrnalistes, pétitionnaires, électeurs catholiques, noipp
nòtis ^ertotis ti'ómpés, et nòus aarlons 'trdmpé le monde en-
i)er«OT ^olTe^cottìj^te; cRr'flOwsn'avotts ftill atftre tliose'petì-
^nt ces vIiiKt^aniiées ^qtfe idUnvci^u^r te 'idmit et % Miberté
aa profit de IVglise. Et cela étant. après une si grossière
décepUon, volonfaire cu invoionlaire, il ne nous resterait
qu'à Dous taire et à neus eonfondre dans ThumiMstion «Ile
rQpentir pendant le reste de nos jours (pag. 88^89).
(2) Aves-vous oublié tous ces év6ques de Prance, dontilet
actes sout dans toules les majns et totites tes mémitires; qaì
onti pendant dte annóes con«éoutives p{aoé la liberté «fleU^é-
gUse à I'abfi4e la liberlé civKe et pòlltiqoeftqiil <n*Mitipas
altaiidn la<févoltt<«^ 4tì)lévi»er poMrtioVoiqQer to force d«i
droit, et le droit de la libarle?' ((]#g. .idi).
m
(Mit (1^: Uftti' ertno iÈg(jmia$MiI*W<f&eV Fi Aovf^
pmàifknder0>a vigiern hmtà^l^è9Ì8tmza cf^9fia.tV
tulli imganmtoHI €lo6lOFe* adesso» mn tem&no pftnf9'
di far trasalire di gioja tutti i vostri antichi'aimtr^
i9ii^y di assolvere' tutte' h repwjfmmze, l&iétfiiènsK; i
pt^iudizj^ ondé-Y^A ffmiòtvitUm^ ià hÈm§€f'tempo*(fffi-
eiÀiiMMKibMei Aj|(yeM)M«MdM«utPO temM«{allèT(ym
lierj deludere 6 tradire la nazione, mentivano «Ila lore
oaseienza^ alla fede, allo tradizioni, at'QOBtnn^ alla^
storiai dltutta^la^ loro' vitat ]!ÌfeLfOi9t'Ppremnl<ft'eoiiie-
gno fanno Tamenda eJ^Uaioiie <fel^' passatai ipo-
crisia;; si rimettono su^'l loro cammino^ ri«»tcaiìo nel
loro. ovile, ritornano alla lovo bandiera>: e fanno be-
niasùMi! iUoMioseono fìnalm^nt^ obe av«ano) ragione
i loro avversaria i (fuali non nefatono-^ià,, che^laH-
berta fm$e un bene, uni daVtfltas UfMieoneegmmuk della ^
(i) Mr««iiVi)ii9, ouU^ lei, j^«|ites(»,qm.Q:;«iai Ukipnpk^ d^s,.
arrèls da parlemenjU de^i or4piuvan»^ dA,Cba^^^}(l.de9 or-
dfes do Jour lés^isl»tifsv qU*eti s«. retr^nchs^l^t sur le t^rra^n do
la Cfa^irte et de la consUtUiion?qui o^oot entrepns, demandé,
obteQvr de renirer e» Prance, d'y élever résideoQes, nqvi-
ciata, coUéges, qa*à titredecHoyefls et defhin?ai8l'(p8g: 104
eiOfc)..
(S) Avez-vuos oabllé le P. de Ravignan descendant de la
cbaire de NoUe-Dame poar défendre, visière levée, t'enistence
de soa iaslitotv tm refosaDt de répoiidre à un autre titre
q«*à celai de libre citoyen d'air paya libre? et M. Tliiers,
deveoQ i*avoGftt dea jésailes, après avoir été leur acensaveur?
{pac. 405).
(3) Vous ne craigDez pas de (aire tresaaillir' de jote toaft'
oofr aociens adycr^alres, d'absoudre tootea les répagnances,
lei déOancas, lea (HPéjagés, doot noua avons été ai lODgteoipfr
Tietiines (pag. i06J.
m
C^A»; ma ittcevano loro: voi non la reclamate, ee
non perchè siete i pi& deboli; il giorno in cui sarete
i più forti, il giorno in cui sarete i padroni, voi to
rinegherete, e la rifiuterete a coloro, che ve l'hanno
data (1): e fanno oUimainentet È venuta la prova:
esai sono i padroni, o li amici del padrone (S); e ri-
fiutano ogni liberti a quelli stessi, da cui l'aveano
ottenuta.
Volate sapere, qual è adesso il loro programma?-
Udite monsignor Dupanloup, che sotto Luigi Filippo
era uno di quelli che faceano maggior chiasso per
la libertà: <s( L'église a vu s'ouvrìr enfia devant elle,
x> après cinquante années d'épreuves diverses, une
» ère plus heureuse» qui semble destinée à la mettre
» en possession de ses libertés.
» Qui, ces saintes libertés du bien, duvrai,dudé-
» vouement sacerdotal, de la charité pour tous, de
» la perfectiott évangelique, et du gouvernement
» spirituel; ces parties essenUelles d'un trésor qui
» n'a jamais servi qu'au bonheur des hommes. et à
» celui des empires; voilà que, depuis quelques an-
» nées, des perspectives inattendues en promettent
» à Téglìse le maintien ou le retour.
» Vous le savez, les libertés de Téglise ne sont
» pas de celtes, qui troublent les peuples et qui di-
» visent les esprits et les coeurs.
» La liberté de Tautel et du sacrifice, c'est-à-dire
ii) Db De niait pas qne cetle liberlé fùt un bien, un dioit,
une coDséquence de 4a Cbarie. Od nous disait: Vous ne la
réclamfiE que parce que vous étes les plus faibles; le joiir
où vous serez les plus forts, le jour on vous serez les mai-
tres, vous la renierez, et vous la refuserez à ceux qui vous
Tauroni donnée! (pag. i05).
(3) Eh bien I catholiques, voos voilà à Téprenve. Vous éles
les roaitres, ou les amis du maitre. Od le croit du molns
(pag. i06).
» la Ifberté d'oflrir à Dieu le culto suprème et pu-
» blic qni hii est dùj
» La liberté du mlnìstère et de la parole évangé-
» lique, c'est-à-dire la liberté d'enseigner la vérité
> et la vertu aux hommes;
> Là liberté de la sacrée hiérarchie, c'est-à-dire
> la liberté des conciles et des assemblèes d'évéques,
> la liberté des relatìons nécessaires de chaque évé-
» que avec le chef suprème de Tépiscopat;
» La liberté de tendre k la perfection dn christia-
» nìsme et de s'associer pour le mieux faire, <5*est-à-
» dire la liberté de la chasteté, de la pauvreté, et de
» robéissance dans les congrégations religieuses;
)) La liberté de s'assembler charitablement pour
» secourir les malheureux et les pauvres, c'est-à-dire
» la liberté de l'aumòne et des associatìoos charita-
» bles;
» Enfin la grande et feconde liberté de Tenseigne-
» ment et de Téducatìon.
9 Yoilà, certes, des libertés légitimes, des liber-
> tés saintes, qui ne peuvent jamais ètre contraintes
B que par la violence tyrannisànt la conscience chré-
» tìeune en ce qu'elle a de plus élevé, de plus no-
» ble, de plus libre et de plus pur (1). »
Traducete in buon vulgare questo linguaggio, e
vuol dire così : facultà piena ed intiera ai vescovi, ai
preti, ed ai frati dì fare tutto quanto ad essi pare
e piace; obligo a tutti li altri cittadini di far solo
quanto pare e piace a' vescovi, ai preti, e ai frati:
eceo il programma dei catolici sotto Bonaparte. Ed
banno Timpudenza, quei tartufi, di chiamare un tale
stato di cose, libertà 1
No! adunque, signor Mpntalembert, abbiamo il di-
ritto, anzi il dovere di gettar loro in faccia Tapo-
11) MandmcM de M. VévHw d'OrUam, > dp^mbre UH.
m
strofa dM.vol ad^verate 9(^ pcyr. vi^ adifici^ reto-
rico: Era dunque una maschera, q^ell'ampre. delU$, lir
htxtìh di cufr {adivate sì (fr(i^ ffim^H^I um\mas9heira
m99m^dat»ìfnl^,9firiatat pfif, v^nCanmé^A cKs wi.gpt-
toste alla prima occasione p:o^zm! No,,m,MiW>sÌra^
mmcherA^npn cHniiflnne/rà più: noi vii cotmoimiOi; noi
««l|iW»^.(A<i co^vakck. la liberata a' poMri oQohi, . nel
giamQ, dfilk fu^i disfatte^ Sa^^iamom chei^ qu^lhi stessa
libertà d'in^fMm0nto^. che. v'ero;, servita di. bandiera
per un, quaicto di> S0eolOf. voi vi affreltasU a. sconfes-
sa/riamai f^imo. bariume d*un privilegio, di cui potrje-
ski pro^tave voi soli in. mezzo al monopolio risusci-
tato. Voi avete due. pesi e due misure; voi avete in-
sega di riserva: ieri, la ubeip'a' com mu« Belgio ;
Of^f, IL POTBR]^ GpME IN Rcs$Ut Si direbbe che voi
avete fatto una seconda edizione della combdia di QUI^-
Dici Aiwi (1). Togliete a questo discorso il tona ìdd-
tetico; reiidellelo positivo: egli èia pagina Pf^r UeUa,
più eloquente, e più sincera di.tutt^.l^'duisciaii^. che.
(1) Cò D*étalt dóno qa'tki masqaa, vous (Hra-t-on, que cet
amour de 11 Irbeité, doni vons vous tar^ale^l im mas^e
ineomaKxiéraenl porte pev^ani' vteg« ami ^^ que vout. svez^
jeié à la premièri oacaiioni favenable! N0a, mnt vdus dlta^
uon , e||8qf0,-.(i9|in4i vQp^v es^ex^ dUo^c^aer; la. Utorié^ dans
l*iDtQr^. religi^x.; Dim«, vpire . miisacip. ne opus tronifì^ p}ii$;
noii$ vous cQDnaissoQS, nou3 sarons ce que vant la liborté
à vos yenx,, au j.our de ses déf^lte^. rtous savoir^ qne* cette-
Ilberlé d*èn5eigneiiieiit'eUe-ntièine,' qui vens'avait servi de-baii-
nièfR' pendant* Oli' qpaA ctersMiy, vous vov» éHèatempresBé»
de la.dèittVKMier'à («.pientiétei(tiJBtu>d*aaupnkritOii^4oDt yen»
powreB. swite.prolHei»,ajii sgini; dn.. iìiWQBylfr>roi(WfltHé^ Vìquk.
avez deux poids et deux mesures; votu^.a^Bz (i^ eqfeigufo,
de re«|iai)gfi: l^i; la^/^Aer/^ c^mm erk Mqiq»Ai.vfi^}iTi^\
le mu^iri <;ot»w^^r«»l,/JH«4tór.Save^:VQUg ce,qìjt;o(i.dirail,e|^.
un mot, et comment on écrirait votre hisloiret On dirait que
vous avez donne une seconde Mition de la comédie de quinze
nei OW. Mi407);.>
CAR1X040. SESia
l«^.«A«4IMi;ii».if». e U«^.IM»M»lC«A9EtA;
dUBObdl)Wl»tlmer^!i'uai0M^^(M caUcliciBitio con Im
libertà^ Wi uttiUtaMDv «blki storisliai, e spazia pe 1
canapa della para soienea politica con rinteato di
cfaiadfe' rantàgoBìsme deUa libertà verso la demo*
oram» B^.strano a dirsi! mentre cb'egli si lusinga di
^BfraderaxpKeila) e conbattero questa* dà a divedere
cbeiBómsQipropftiaiiMUte cbe Qi»»a sia ne Tuna, uè
l'allra. Atte pro^wi
Fai egii d^fmi^}ora,chtio^apmgMof^ ct^rn m'intenda
per libertà (1)? Veramente è già un po' lardi. No, non
è aéesi» die bisognava definire la libertà, ma su'l
piincìpio stesso della controversa; poiché sì la ra-
gióne e sì il torto delie parti dipendono affatto dal
senso più o meno giusto e preciso, che si dà ai ter-
(i) FaiiMl nuiloidifeaatxioe j« mexpUque sur ce qae J'en-
tends par liberto? (pag. Vh):
IW
mini della questione. Ma non voglio insistere troppo
sa questo vizio deiropera di Montalembert. Egli odia
a morte, chi no *l sa? i filosofi e la filosofia; come
dunque potrebb'egU avere qualche nozione di meto-
dica? Pigliamo le definizioni quando gli piace di darle
manco male se fossero esatte 1
Sarò io sospetto di venerare sotto tiuesio nome an-
tico e sacro le invenzioni delV orgoglio ^moderno, l'in-
fallibilità della ragione umana, la sciocca eresia della
perfettibilità indefinita delVuomo, la consacrazione del-
l'invidia sotto il nome d'eguaglianza, l'idolatria del
numero sotto il nome di suffragio universale e dì
sovranità del popolo? Sarò io ridutto a difendermi
da ogni complicità co* predicatori della libertà illi-
mitata, assoluta? Spero che no (1). Ohi troppa mo-
destia, signor conte 1 Non dite spero; ma dite so di
certissima scienaa: ecco la verità. Chi diamine vo-
lete mai ohe tanto sospetti di voi? Voi credere aUa
ragione! Voi ammettere la perfettibilità dell' u(»nol
Voi amare T eguaglianza! Voi rispettare il suffiragio
universale! Voi riconoscere la sovranità del popolo!
Ma chi mai, chi è quel pazzo, che vi sospetterebbe
capace d'albergare nel vostro cervello codeste idee?
Codeste idee, o signwe, sono Tidolo degl'ingegni edu-
cati al culto della scienza, consacrati allo ^udio del
vero; son la passione dei cuori nati a sentire le de-
lizie dell'amor patrio, disposti a sacrificarsi al bene
(1) Serai-je soup^nné de vénérer song ce nom ancien et
sacre les InvenlioDs de l'orgneil moderne, rinfalllibilité de la
raison bumaiDe, la soUe hérésie de la perfectibitité indéflnie
de rbomme, la consécration de Tenvie sous le nom d*égalité,
r idolatrie da nombre sous le nom de sufTTage nniversei et
de souveraineié da peaple? Gn serais-je réduit à me défendrc
de Joalé complicilé avec ies prédicaleurs de laiiberlé illiiuttée,
absolue? J'espère que noD (pag. 70).
dettUmanitt; Itdéove il yostro Ingegno, o panegirista
del medio evo, ed il rostro cuore, o avvocato dei
gesuiti, son noti abbastanza. Vivete adnnqoe sicuro:
voi giacete con basso, che né {Hir l'ombra di qael
sospetto può giungere infino al vostro capo.
Ciò ehe amo e ciò che desidero, è là l^ertà rego-
UUay contenuta^ ordinata, temperata; la Hbertà onesta
e moderata; la libertà quale V hanno proclamata, ri-
cereaia, conquistata o imaginata i grandi cuori e le
grmiéi nazioni di tutti i tempi, neW antichità come
dopo la redenzione; la Hbertà, che ben lungi d* essere
ostile alVautorità, non può coesistere fuorché con essa,
ma la cui disparisione fa tosto degenerare l'autorità
m despotismo (1). Non saprei dirvi, signor academico,
I quante volte io abbia letto- e riletto questa vostra
definizione della libertà; ma posso assicurarvi, che
più la vado ripensando, sempre meno l'intendo. Che!
Voi forse definite le cose per renderle oscure ed In-
comprensibili? In fatti, la locuzione stessa di libertà
regolata, contenuta, ordinata, temperata, inyoì^ una
contradizione; poiché suona, in sustanza, libertà non-
libera. Dunque per definire la libertà voi la negate.
Tacio dell'altro titolo di onesta e moderata, che voi
e la vostra fjtt^one, a forza d'abusarne, avete reso
parte ridieolo, e parte infiime.
Inoltre, li attributi, co' i quali determinate il vo-
stro concetto della Hbertà, sono tutti passivi; ma
(4) Ce quo j'aime et ce que je dèsire, c'est la liberto ré-
glée, oooteone, ordooDée, lempérée, la liberté honnéle et mo-
dérée; la liberlé telle que Font proclamée, recherchée, con-
qilse oa révée les graods CGBurs et les grandes oations de
toQs les temps, daos TaotiquUé comme depais la rédemption •;
la liberié, qui blee loin d*ètre hostile à raatorité, ne peut ,
coesister qu'avec elle, mais dont la disparttion fait aussitdt de-
gteéier raotoritó ao despeUsme <p?g. 70).
TiamUft^ saia? lk$MAft¥h seewite y€ìì reagitimi.
ewHemsr^, ordimr&iJùmpmaKttr la Uberto? Ai chi fi£k
san» ' i ìxmiM di i <|u#l5' i^re maderaton»; li oli<^i oIni
deve eserieilai!^; le>i»aierie» dì cui può dispnea? A.
chi giudicarla in caso idi fvreyarìoazioiie e d'abiMO'?
Ora quanti sono i modi, in cui si possono risolvere
questi pmbteml» tanta soi»q. le specie di govecoo. più
/ 0 meAO despietiee o libaraiei, obO' ne possona. scatu-
rire. Dunque, voi. noa definita puotoJa libertà, og-
getto del vostro, amore e del v&sUHidmderio; cioè
la definite così male, che potrebbero, occorrendo»
vantarla del pari GostatttìBc^^i e^Itom9u,.l4pBdre^^e
PietrebiàKgQ^ VieqiM^ a^ Parigi,
Cresce poi l'imbarrazzo, se dobbiamo rimetterceDeal-
Tautorità o al coasensQ^dei g0:Q»4im(iriiei4$UAi^4mdà
nt^im 4ih tmUi v tmj»*sówtOn lai libertàri come- uà
sentimento o come un ideal)», mm è ttqìinvemiMMie
recente', ma' un instintoy.ui» bifiogna^una condizione
naturale deirUmanità; e finché si sta in termini così
generali, sì dice tutto, cioè si dice nulla. Ma se voglia-
mo indagare, come » grandi cuori e k grikniM ntmoni
abbiano cercato, per le varie epoche della storia^ d'in-
carnare quel sentimento e di < tradurre queir ideale
negli ordini della società; aliata rargmeeofto dell'au-
torità e d^ oonaenao perde* Qgvà.vata^ U concetto
della libertà muta a seeandairdQiriainpifeìdfg4ì uor
mini; peroM, come tti^tt. i conceiitii deU'inteUig^nza
umana., viene s¥ÌluppaAdoei iaaìeme. co», le ftlcuHà
mentali, e perfezionandosi via via co '1 progredire
della eì viltà e della cultura* La libertà, come l'in-
tendevano i grandi cuori e le grandi nazioni d^'éra
antica, differisce tanto dalla libertà come la conce-
pivano nel medio evo, quanta dalla libertà come
la vagheggiano nei tempi moderni. Prima fu dessa
un. privilegio del cittadino ; tutto il resto del genere
umano credevasi naitusalmeiM^^ deitiQgUii alk sobìar^
vM. ^01^ yriflIigiD dei qDOÌIte;UMJèiil fimiiiiMie
ddla Booici^ ittlBMnrMi ^itAMralmeiile «obllga^ mot-
virgli. Poi aneon tu iprivitogio léel orkteo; ^e >ltttli
lì riirì .fmreon intanill&ente(tenMi>&(Viy«re del>8«o
sti{MMHo. Oggidì, ^tipreoe, éi 'vorrebbe' ohe fosse pa-
Irioionio coaimuRe di tulli 'qùMtl ii ^oomini/e che
« abolisse per «sempre ogni 'UMmielni dtfrtYliegjiesclu-
slyi ed ingiusti. 'Geeovì-Gome s^è venuuiilirasférinando
esyd^ndo a «ftttìo&niano fa «alita immHera' Mia
IfbeirtB.dBssa'iidl'iSva «»li(MV)siflflioleggiata qi^ «grido
Ml'IllDatfflà : mon -^ù echiavi l 'Hel tMediOievo<espri-
mevQi Un «Uro voto : non tpiù servii E neir^ mo-
derna rappresenta un^aHra 'idea : inon^più '{Mroletar} 1
Adna^pfs, ^sìfiriìor lifoiitalmèen,ia>)vo8lnadel%iff»one,
olM (di «sere gMnnmaliotflmeAte'codlraittttiiiria « io-
gicaniente'ineomppin^liii^'^ anòhe'dloriosMeiMe'iMlsa
ed asstfi^.
lE rttltk»a i5lflusdla<ineltecil>i^Imo««qye6ta litania
di 9Éìèsml *Vm*tib0Hà,éh9 ìmgif^n^B8é¥e^iiìe al-
TantorUà, non può Mèèiét^re 'Iké&rchè '«dn essa, sa-
rebbe davvero iM bel 'ponente! Barilaie >]a eoMlia-
2i(yne<di Vitieieniilni,a'iitio'«ei'triiali'te»(ftude l^Hro,
e viMfversa, di sua propria nmfraJFercieeèbè la sto-
ria del genere umano non è altro che il racconto
della hitta fra questi due priacipj.'la libertà ^ Vm-
tonta; e la istoria d^rhicivilifliento e dei pmgMso
non è 'àHro 'pari>mente (^ l'esposhrìone dehle con-
qni^, 'dhe >la libor^ ivieM»' facendo %u l'vtttemà.
Dunque Vwntfré e il 'dmidMo, 'òhe irei immttlk di
una libertà non ostile alFautorità , suppone hi voi
questa magnifica teoria, cbe possa e debba trovarsi
ana libertà non-dil)era ^ una atttorHà non-^utore-
volel
E nott -crediate ^à, die ^ponendo la libertà al-
radtoritè,iioi'vogliatoo'coiidiiudere al disordine td
•n^ànmlila. 19o, «ignor cotfle, 'noi staftlaffio ed ìnro^
d^ttfto Vorditie Mttt ptù è itteglta di Vbi; è eofli-
battiamo appuato con tatle le nostre forte il prin-
cipio catolico Ml'autwità, perchè contiene in sé il
germe e la fonte di tutti i disordini sociali, cbe af-
flìgono ancora T Umanità e depravano I popoli. La
libertà per essere ordinata non ha bisogno d'aleno
potere superiore ed assoluto, che le comandi In nome
. di un Dio ignoto o di un uomo sovrano: — e tal è il
potere, die voi chiamate autorità. EUa basta a sé stes-
sa; ed ha mestieri, non di padroni che comandino,
ma di amministratori che obediscano; non di legi-
riatori che le impongano i loro vederi, ma di man-
datari che veglino a' suoi affari; non di eserciti, ma
di scuole; non di ^carnefici, ma di educatori. Ora
Tofficio d^li educatori, d^le scuoto, dei mandatari,
e degli amministratori, chmmatelo pure autorità, se
vi piace: noi non faciamo questione di parole; sarà
-questa tuttavia un'autorità, non mica signora, ma
serva della libertà; un'autorità, che in luogo di
dettar leggi alla nazione e fargliele eseguire con la
violenza, riceverà il suo mandato dalla nazione me-
desima, la quale glielo potrà mantenere o togliere a
suo arbitrio; potrà domandargliene conto sempre che
voglia; potrà ricompensare il buon uso e punire l'a-
buso del potere da lei delegato a coloro, che si eleg-
gerà per ministri. Ora siate giudice voi stesso :' un
uomo che definisce 1^ libertà con tre o quattro clau-
sule, ciascuna delle quali la nega, la distrugge, la
ren(te impossibile; può egli credersi che intenda quello
che dice?
Nondimeno, quasi che questo fosse poco, voi a fine
dì persuadercene vie meglio soggiungete : Ancor una
volta, io non pretendo professare alcuna teorica as-
soluta, universale, esclusivamente applicabile a tutti
i secoli ed a tutti i popoli. Pretto soUm^i^ ehet
ffMù ì^magifiof patie ad fdfi^ cfdikmh é imUo
«toro fruente del mondo. In Uberto è tm frétte ràkh
tiMy non assoluto. Saho in dò che concerne le k^i
é^rettcmente stMliie e rivelaU da Dio, eikno che Va»-
eohtto è in ogni cosa il nemico Mia verità, ^wUe
s'adatta alla debolezza umana (1). Gominelamo a no-
tare una curiosa contradizicMìe. Testé voi avete dt-
chiarato espressamente dì amare e desiderare queUa
libertà, che desiderarono ed amarono i grandi cuori
e le grandi nazioni di tutti i tempi, cosi nelVantichità
tome dopo la redenzione; e sette linee dopo voi af-
fermate con eguale franchezza di non professare al-
cuna teorica assoluta, universale, esclusivamente appli^-
cabile a tutti i sec^ ed a tutti i popoli. Voi dunque
professate una teorica propria di tutte le naziimi e
M tutti i tempi, e insieme non professate alcuna teo-
rica applicabile a tutti i popoli ed a lulli t secoli !!
Ah! di sopra io osava dubitare della serietà e profon-
dità de' vostri stud§: perdonatemi, ora sì che vi
credo 1....
Oltre a dò, converrebbe che ci spiegaste un po'
meglio, qual concetto v'abbiate del relativo e dell'o^-
soluto; giacché dal vostro discorso non si può ca-
pire abbastanza. Se, a quel che sembra, per aasoluiù
voi significate dò che è applicabile a tutti i tempi ed
a tutti i luoghi, allora non havvi più veruna, leggìi
morale, che possa dirsi a buon diritto assoluta, né
(1) Encore une fois, je n'enlands professe? lei aocuoe ttiéo*
rie aX>80liie, nnlferselle, eiclusivemente applicable à tous les
sl^les et à tous les peuples. Je pMleDfls setiiemenl que, cbez
la pinpart des peupLes chrétiens, et dans retai actuel da
monde, la liberté est un bien, un bien relaiif, non absola.
Sauf en ce qui toucbe aux lois dìrectement établies et ré-
vélées par Dieu , je tiens que Tabsolu est en lout renneroi
de la vérité, telle qu'elle s'adapte à IMnflrmllé humaine
(pa«. 70-71).
ttìmmntB ^ttàkilHe ^ft^itekke «1» <Aio.>96ffoeolièc8apr6le
l&Me «anebe ¥oi, «urne alla legge patriafQale,^ohe era
«tata 4iir99Umente tétkhéUta o vintiim ^ tfiUo *^ mi
«ouaerannoì Iettai, <»B«ìi«fsltef«iiate41 vóstro'gérgo
-»*- Miooadekte poscia la i^gge «O9àt0B,'r»»^(o ev^-
èCiftlB ««iìrellameiKe aneii^eséa \én ^Dio;ìt ia moaaica
ireimepoi suivogata daUa legge «rvong^loa, atabilita
fiiir^esm*eTM><ftoto'^ifeltafNVfife'datlo Zho. rlia
«t«Ha,4l\lltra''parte»'èìà per ^Uefttef eholie («Hresì le
leggi tiMHralì M^irono l'andamento ^della^floòietà, «e
sì veliero «manifestando 'e oorre^endo co '1 volgope
degli atmi^etcon reduoaaKitdei^^paipolL iNiuque -ne,
-vastvo'sèft^Desennìa legge «reUgiMa'^diCNRate pott^bbe
cbÉMnarii «s^^kfla. ^f) ^quindi la ffoaira <tesi, '^riie>ctoè
un f idicelo^enigma. La ^stessa irtgsità, la-stesiaraataral
eome la movale e la T6l}gloée,'nein avfdsbefò iplù
Traila di assolato; pen$hèiaeonosdeitza,«obe Ftidmo*&e
acquista, varia necessariamente co 1 variare de' luoghi
e^de' tempi, deiredacaiione'etdell- tneivilimento. allora
tutto sarebbe relativo,
Gbe 'se 4n^oe per TelatirvoMeiidbste •oiò,Tche ^ boa
Spende da aloilna^egge natarale^^ sootaki,itìa solo
dall'arbitrio di un tgoyenw, 'detta volontà 'di M !a^
dmduo, da un ipriiveto 'interesse, 'da un ^fortuito ev«
renimettto; alKA^ (né kilibeflà, né 4a vei^ità, né «le
morale, né la religione potrebbero più dirsi cose re-
lative; poiché non solamente le vostre leggi diretta-
mente stabilite e rivelate da Dio, ma tuUe quante le
leggi «cìentificbe, 'morali, e civili sono affatto indi-
pendenti da ogni capriccio'degli uomini, da ogni colpo
di fortuna: sono tiitte assolute. E quindi la vostra
opinione, che Vassoluto è in ogni cosa il nemico détta
verità, quale s'addice alla debolezza umana, non ha
più senso. Se la libertà è un bene, la é cosa -non ^ià
193
felatSva, ma assoluta; pèrthè il bene trae la sua leg^e
dalla natura stessa delF Umanità, e non dall' arbìtrio
deiruomo.
Pertanto la conclusione che voi deducete, signor
Montalembert,da queste premésse contradìltorie: Dwn-
(fue la libertà può e dee variare nella sua applicazione
e ftella stta estensione, secondo i tempi ed i luoghi,
mondo li uomini e te cose (1): che vuol mai dire?
L'intendete per avventura in un senso generale, ed
in rispetto alla storia deirUmanìtk tutta intiera? Al-
lora potrebbe stare; ma. oltre che non giova punto
alla vostra teorica, non ha pur che fare con la no-
stra questione La quale è ben determinata e precisa :
i tempi, di cui trattiamo, sono la metà del secolo XIX ;
i luoghi, l'Europa incivilita; li uomini, le eulte na-
soni ond'è abitata; le cose, quel complesso d'idee e
di credenze, d'instituzioni e di costumi, che sono il
risultato della loro storica esistenza. Or ecco il pro-
blema da risolvere: in tale condizione dì tempi e di
luoghi, d'uomini e di cose, qual è il sistema dì libertà,
che risponde meglio alle leggi morali e sociali del'
genere umano? Chiamatelo sistema relativo, chiama-
telo assoluto, per noi fa lo stesso: sarà assoluto, se
voglia significarsi, che i suoi principi si debbono fon-
dar in qualche cosa di superiore alla volontà degli
uomini; relativo, se voglia dirsi, che tale sistema non
può essere quello stesso dell'epoche trascorse. Ma, as-
soluto 0 relativo, riman fermo tuttavia, che se v'ha
una legge — Dio, previdenza, natura, gli è tutt'uno
— la quale presiede ai destini delle nazioni, dev'esserci
pure un sistema unico di libertà, un solo, che oggidì
(I) Donc la Uberté pent et doit vatier dans son application
et dans son étendue, selon les temps et les lieux , selon les
bommes et les choses (pag. 7i).
m
poflga metter l^Boropa in ankiopia eòa qtlArta leggd
suprema ed uDiversale. Dun^eia vostra conclosione,
ch'esclude ogni idea di sistema; che subordinala li-
bertà alle vicissitudini infinite delle circostanze; che
non rivela un {Mrincipio, né uno scopo determinato;
che condanna TUmanità ad aggirarsi perpetuamente
nella cerchia degli errori e degK abusi antichi; che
non provede alla riforma ed alla sicurezza dell' av>
venire; òhe non fissa, in somma, la legge sociale del
nostro tempo: ci conferma sem{Nre più, che voi vieux
soldat de la liberté (1), voi amant iificère et paseionné
de la liberté (2), come vi battezzate voi stesso, n<Mi
avete mai capito che cosa sia libertà.
Veniamo alla democrazia., verso 4ella quale vi siete
dispensato perfino da un certo riguardo, che avevate
usato alla libertà. Nessuna definizione, né buona, uè
trista; ma sentenze gratuite e citazioni di voi stesso.
Non haf>f>i nulla di eommune, così voi asserite, fuorekè
il nome, fra la libertà reclamata dai catolici, e quella
che serve di maschera alla democrazia ed aHa rivo-
luzione (3). Lasciate da banda le maschere, signor
conte; le sono un privilegio esclusivo della vostra
facéla e del vostro partito. La democrazia e la rivo-
luzione Ignorano l'arte di gabbare li uomini per amore
di Dio; e tutto -ciò che vogliono, l'han scritto co 1
sangue de' loro martiri su la propria bandiera. — Voi
gettate là questa sentenza così recisa dopo aver ri-
ferito un lungo tratto di monsignor Rendu, vescovo
d'Annecy, in cui riconoscete voi medesimo il pre-
gramma del partito catolico liberale. Or bene, è egli
(i) Pag. 87.
(2) Pag. 98.
(3) Il iì*y a rien de commna que le nom entro cette liberté
réclamóe par les catholiques, et celle qui seri de nasque à la
démoeratie et à la revolution (pag. 77).
MI
\my cbe éfa i^pmiò piégrfaiimà è ;qiiri 4^1a de-
meerazla non vVibbìa di e(Mn8Mine 9iàtù cke il nome?
La questione non può risolversi altriaiénti che co /l
confronto dei due programmi. Voi non lo faceste, si-
gnor Montalemfoert, e non mi stuj^ce punto; giacché
voi seguite fedelmente il catechismo pratico dei gè-
saìti, il quale annovera primo Ara i peccati capitali^
la buona fede; e prima fra le virtù teologai vìa men-
zogna. Ma noi siamo educati ad un'altra Bcuola, e pro-
fessiamo un'adlra logica ed un'altra morale : quel con-
ironto lo faremo noi.
H programma, òhe voi adottate in nome del partito
catolioo, è il seguente : « il potere, di cai gode ogni
eitiadlno nella ^ietà, alla qiiaie appartiene, è ciò
che dieesi libertà; e siccome questo potere del cit-
tadino si manifesta in circostanze diverse, si può,
ed anzi si dee designare con diversi nomi; ma è
sonpM la libertà. Essa comprende:
» 1."^ La libertà religiosa, che si compone della li-
bertà di coscienza, della libertà di culto, e della
libertà di proselitismo;
1 %,^ La libertà civile, che contiene la libertà della
persona, la libertà del domicilio, quella della pro-
prietà, e quindi il consenso all'imposta;
k 3.^ La libertà politica, che assicura ad ogni in-
dividuo il suo concorso nella formazione delle leg^i,
nella sorveglianza dèlia publica fortuna;
» 4.® La libertà d'insegnamento per via della sbrit-
tura 0 dei libri, -ddla parola o dell'esempio;
» f^.* La libertà ammteistrativa ndla letmiglia, nd
Commune, nella provincia, e nello Stato;
» 6.® Infine, blil^rtà d'associazione, che comprende
le BBsionalità^ l'assooiaaone dei 'capitati pik le gM^di
imprese, delle braccia pe '1 lavoro, dei cuofi e Mie
coscienze per la preghiera, per l'esercizio della ca-
fM
» riU, ed anche per U piàeere. Dà qiiest*aHima specie
^ di libertà dipende più priDcìpalmentie il progresso
X dell'incivilimento (1). »
Ebbene, questo programma, o signore, non è altro
che una copia o un estratto della celebre Dickiara-
zio:ie dei diritti dell'uomo e del cittadino, inscrìtta
a capo delle varie costituzioni^ che la democrazia e
la ri\>oluziaM decretarono direttamente, o indiretta-
mente consigliarono.
Cosi la Costituzione francese del 1791 dichiarava:
« La libertà consiste nel poter fare tutto quello che
> non nuoce altrui : quindi l'esercizio dei diritti na-
-) turali dì ciascun uomo non ha altri limiti che quelli,
> che assicurano agli altri membri della società il
) godimento di questi medesimi diritti. — Nessuno
> dev'essere inquietato per le sue opinioni anche re-
> ligiose, purché la loro manifestazione non turbi
0 l'ordine publico stabilito dalla legge. — La libera
) communicazìone de' pensieri e delle opinioni è uno
) dei diritti più preziosi dell'uomo: ogni cittadino
» può dunque parlare, scrivere, stampare liberamente,
» <alvo a rispondere dell'abuso di questa liberta nei
» ^asi determinati dalla legge. — La proprietà es-
» sondo un diritto inviolabile e sacro, nessuno può
>; esserne privato, se non quando la necessità publica,
» legalmente accertata, l'esige evidentemente, e sotto
» la condizione di una giusta e precedente indennità.
» — La Costituàone guarentisce come diritti natu-
» rali e civili:
vi.'' Che tutti i cittadini sieno ammissìbili alle
» cariche ed agl'impieghi, senz' altra distinzione che
» quella della virtù e dell'ingegno;
: x> 2.'' Che tutte le contribuzioni saranno divide fra
» tutti i cittadini egualmente in proporzione delie loro
» facultà;
(i) Pag. 76-77.
» S."" Che li stessi delitti saran puniti delle stess 3
» pene, senz'alcuna distinzion dì persone. — La Co •
> stituzione guarentisce parimente, come diritti na •
» turali e civili:
j» La libertà ad ognuno di andare, di stare, dì par
» tire senza poter essere arrestato né detenuto, fuor-
» che secondo le forme determinate dalla Costitu-
• zione;
» La libertà ad ognuno di parlare, di scrivere, di
» stampare e dì publìcare ì saoi pensieri, senza ci a
" li scritti possano venir sottoposti ad alcuna cen-
» sura né inspezione avanti della loro publicazione;
» e di esercitare il culto religioso a cui appartiene;
» La libertà ai cittadini di riunirsi pacificamente 3
» senzarmi, soddisfacendo alle leggi di polizia;
» La libertà d'indirizzare alle autorità costituì t<'
» petizioni firmate individualmente. ^— I cittadini
» hanno il diritto di eleggere 0 di scegliere i mini
» stri dei loro culti. »
La Costituzione del 1793 similmente dichiarava:
« La libertà è il potere che appartiene all'uomo di
B fare tutto ciò, che non nuoce ai diritti altrui : essa
0 ba per principio la natura, per regola la giustizia ;
» per salvaguardia la legge; il suo limite morale é
« in questa massima: non fare ad altri quello che non
» vuoi fatto a te stesso.
D 11 diritto di manifestare il suo pensiero e le sue
» opinioni, così per via della stampa come in ogni
» altra maniera, il diritto dì riunirsi pacìficamente,
» il libero esercizio dei culli, non possono essere ìn-
» terdetti.
» il diritto di proprietà è quello che spetta ad ogni
> cittadino di godere e di disporre a suo talento
" de' suoi beni e delle sue rendite, del frullo del stc
» lavoro e della sua industria*
m
» NewOT genere di lavoro, di cultura, di oommer-
» ciò, non può esaer interdetto air industria de'cit-
« tadini.
» LMnslruzione è il bisogno di tutti. La seeietà
» dee favorire con tutto il suo potere i progressi
» della ragion publica, e mettere riostruzione alla
» porUta di tutti i cittadini. »
La Costituzione detta deiranno III, 1795, dichia-
rava parimente: « I dirilti deiruomo in società sono
» la libertà, reguaglianza, la sicurezza, la proprietà.
« La libertà consiste nel poter fare quello che non
» nuoce ai diritti altrui.
ce. L'eguaglianza consiste in ciò, che la legge è la
» stessa per.tutti, sta che protegga o sia che punisca.
» La sicurezza risulta dal concorso dì tutti per as-
» sicurare i diritti di ciascuno.
» La proprietà è il diritto di godere e disporre de'
» suoi beni, delle sue rendile, del frutto del suo la-
» voro e della sua industria.
» Ogni contribuzione è stabilita per l'utilità gene-
» rale: essa deve distribuirsi fra i contribuenti in
» ragione delle loro facultà.
» Ogni cittadino ha un egual diritto di concorrere,
)) immediatamente o mediatamente, alla formazione
» della legge, alla elezione dei rappresentanti del
» popolo e dei publici officiali. »
Fra queste tre dichiarazioni corrono ben poche e
piccole differenze. Bfa per ciò che spetta ai nostro
intendimento, in tutte tre vengono stabilite e con-
sacrate quelle stesse libertà, che il vescovo d'Annecy
ammetto e riconosce espressamente: la libertà delle
opinioni, la libera communicazione del pensiero, l'am-
missione di tutti i cittadini a tutti i gradi ed impie-
ghi, la libertà di parlare, scrivere, stampare, o publi-
m
cute in qualunque miBAiiera le prozie idee, la Iil)ertà
di associarsi, la libertà &i culla, il dltltto airinstru-
zione, la libertà dell' industria e de^ lavoro. Vedete
dunque, signor Hifontalembert, che la prima e solenne
proclamazione deUa libertà si deve alla democrazia
ed alla rivoluzione, e non al partito catolico, il quale
fu anzi — andate a leggere la storia del vostro
paese — il più fiero e perfido nemico di queUa dichia-
razione e di quella libertà, che TBuropa dovea ben-
tosto salutare come l'Evangelio di una fède e di una
religione novella.
Quei principi vennero poscia confermati e sanciti
ripetutamente dalla rivoluzione e dalla democrazia.
Svitiamo a consultare i documenti.
Il 5 luglio del 1^5, vigilia del secondo ingresso
d^li eserciti stranieri in Parigi, la Camera dei Rap-
presentanti publicava una Dichiarazione dei diritti
de' Francesi e dei principi fondamentali della costitth-
zione, ov'erano registrati, fra li altri, questi articoli!
« La libertà di ogni individuo consiste nel poter
B fare ciò che non nuoce altrui. Nessuna restrizione
» vi si può portare se non in nome delle leggi, me-
» diante i loro organi, e sotto forme tanto precise
V da non potersi eludere, né trascurare.
9 La libertà della stampa è inviolabile. Nessuno r
» scrìtto può essere sottoposto ad una censura pre-
» ventiva.
B Ciascuno ha la libertà di professare la sua opi-
» nione religiosa, ed ottiene la stessa protezione per
» il suo culto.
» Un'instruzione primaria, indispensabile per la cò-
» gnizione dei diritti e dei doveri dell'uomo in so-
B cietà, è posta gratuitamente alla portata di tutte
» le classi del popolo.
» La Costituzione guarentisce l'eguaglianza dei
» diritti civili e politici, l'abolizione della nobiltà.
m
» dei privUflgj, dei Utoll e diritti feudali rfrfi» h.
uiere, avea pur dovuto « aporezzarp lì ^ffi^u; ^ •
^ progressi sempre crescenlffi^uT^^^^^^^^
» relazioni che questi progressi hanno inlrSto
» nella società, la direzione impressa agli SX
» un mezzo secolo, e le «ravi alterayinnf n^T
» risultate. . alterazioni che ne son
Scendiamo a tempi più vicini. La Costituzione
del 1830 seguitava. a dichiarare: «francesi sono
» eguali davanti alla legge, qualunque sienoiloro li-
» toh e 1 loro gradi.
» Essi contribuiscono indistintamente, nella oro-
') porzione della loro fortuna, alle cariche dello Stato
» bssi son tutti egualmente ammissìbili affl'imDìeJ
» ghi civili e militari. ^
» La loro libertà individuale è egualmente assi-
» curata.
i> Ognuno professa la sua religione con eguale li-
» berta, ed ottiene pe '1 suo culto la stessa prote-
.,» zione. *
» I Francesi hanno il diritto di publicare e di
» stampare le loro opinioni, conformandosi alle leggi
» La censura non potrà mai essere ristabilita.
m
» Tutte te proinrietà sono inviolabili. -* Una legge
» speciale dee regolare Tinstruzione publica e la li-
» berta d'insegnamento
La Costituzione del 184S metteva il suggello a tutte
le altre, dichiarando anch'essa:
a La Repnblica francese riconosce diritti e doveri
D anteriori e superiori alle leggi positive.
» Essa ha per principj la libertà, l'eguaglianza, e
» la fraternità.
9 Essa ha per basi la famtglia, il lavoro, la prò-
» prietà, e l'ordine publico.
» Nessuno può essere arrestato o detenuto, fuorché
» secondo le prescrizioni della legge.
» 11 domicilio di ogni abitante su '1 territorio fran-
> cese è inviolabile.
» Nessuno sarà distolto da' suoi giudici naturali.
» Ciascuno professa liberamente la sua religione, e
» riceve dallo Stato, per l'esercizio del suo culto, una
» eguale protezione.
0 I cittadini hanno il diritto di associarsi, di riu-
» Dirsi pacificamente e senz'armi, di porgere petizio-
> ni, dì manifestare i loro pensieri per vìa della stampa
« 0 altrimenti.
» L'esercizio di questi diritti non ha per limiti se
» non i diritti o la libertà altrui, e la sicurezza publica.
A La stampa non può, in nessun caso, essere sol^
» toposta alla censura.
» L^nsegnamento è libero.
» Tutte le proprietà sono inviolabili.
» La Costituzione guarentisce ai cittadini la libertà
> del lavoro e dell'industria. »
Dagli stessi principj s'inspirava un'altra Republica,
italiana , che voi , signor conte, co 1 vostro partito
iftassinaste in nome dì un papa. La Costituzione ro*
MI
Taltro. Perciocehè stando. al testi allegati e ad aUr
simigliaoti che potrei allegare, io debbo conchiudere,
al solito, roresciaodo la vostra proposizione, che fra
i due programmi, catoHco e democratico, dal nome
in fuori tutto è commune. E se il primo non tocca
alla forma del governo, mentre il secondo la defini-
sce; gli è perchè questo dovette applicare all'ordina-
mento dello Slato i principi, che a ^fucilo bastavad'aver
accennati in generale ; ma come i principj sono li stessi,
così le conseguenze non potrebbero esser diverse.
Adolfo Garnier, in un suo scritto: De rorganisalion du
pottvotr, inserito Della Liberlè depenser, Dum. 7 (4uUi, I8i8),
si esprime cosi :
0 Les besoins, et par coDséqueot les droits de rhumanité,
sont:
. » i. Geux da corps, qui comprennent la vie et la propriété;
» 2. Geux de la (Hgnité humaioe, auxqaels se rapporlent la
» liberté, regalile, et la récompense suivant les mérites et les
» ceuvres;
» 3. Les inclìDatìons du cceur, qui coostituent la famlUe et
la diari le;
» A. Les besoins de Tesprlt, qui renferment les sciencesi
» les arts, la morale, et la religion. •
E Pietro Leroux, n*l suo Projet d'une consliiution dèmo-
eraliqtie et sociale, riassume tutta la sua dottrina nei termini
seguenti:
M Nous déclaroDS que voici les droits de Thomme et du
ciloyen :
» i. Le droit de vivre, ou la propriélé;
» 2. La famille;
» 3. L'éducatioD ;
» 4b. La liberlé de conscience ;
» 5. La liberté d'association ;
a 6. La liberté d'industrie;
• 7. La liberté de la presse;
» 8. La liberté des suftrages;
» 9. Li sùreté persounelle. »
Pare y'ha, signor conte, una eerta difféitonza tra
la libertà del catolicismo e la libertà della democra-
zìa, che, non voglio dissìmularvelo, è essenziale, ed
apre tra voi e noi un abisso d'infinita distanza e d'in-
conciliabile opposizione. La differenza è qtiesta, che
la democrazia invocando la libertà parla come sente ,
obedisce alla propria natura, e noti inganna nessu-
no; laddove il catolicismo appellandosi alla libertà,
0 contradice a sé medesimo, o mentisce ed inganna;
perocché, ve lo proverò più innanzi, tutte quelle li-
bertà, che monsignor d'Anneeye voi con esso rico-
noscete come diritti naturali del cittadino, sono al-
tretante eresie, che la chiesa condanna ed abomina
come peste della morale, della fede, e della religio-
ne. Non aveva io dunque ragione d'affermare, che
voi insultate alla democrazia senza pur averne la mi-
nima conoscenza? Ma questo giudizio quante conferme
non trova ancora nel séguito del- vostro discorsoi
Queirasserzione così grave e calatale, che la libertà
reclamata dai catolici non ha nulla di commune con
la democrazia, abbisognava certamente di prove chia-
re, decisive,' irrefragabili; e voi quali ne date? Ohi
ne date tali e tante, che per fermo questa volta, si-
gnor Montalembert, non v'ha più dubio che le vo-
stre parole non sieno il frutto di studj serj e prò-
fondi! A sentirne e gustarne meglio tutta bi forza,
tutta l'evidenza, mettiamole ad una ad una in piena
Ince:
Prima prova. — Che la libertà sia incompatibile con
lo spirito democratico, io Vko già detto altrove {!), Ecco
un magnifico sillogismo 1
(4) J'ai diCailleurs, combien la liberté étalt incompatìble avec
l'esprit démocratique et róvolutionnaire (pag. 77).
Seranda fitoim. ^ Che ìa4ibéfA ita h /prima e
la iòla 9iUima ietti eanquièU Mia democrazia, io
l'avea pure già predelló in «n olirò luògo (t). Ed ecco
un terribile dtlemnataì
Tersa prova. — < Lo ripeto adesso: appena la de-
mocrazia prevale y si pttd annunziare con certezza ,
che per la libertà è finita. L'una apparisce ancora
di costa all'altra per qualdie tempo; ma la sua òta
è sonata (2). E quest'argumeoto, o signore, come si
chiama? falsità? iiii]^tura? calttUBla? perfidia? De-
cidete voi. I due paesi più liberi del mondo, per con-
senso universale, sono la Svizzera e li Stati-Uniti
d'America; dae paesi, ove domina la democrazia. £
per non ascire dalla Francia, che è l'oggetto primario
della vostra diatriba, è la democmzia che ha strap-
pato dalle nani aVestri re lo scettro del despotismo,
che ha liberato il vostro paese dalle catene de privi-
legi, che lo ha generato alla libertà, composto all'u-
nità, e ricolmo di f^ria. Napoleone vuole schiacciare
la libertà sotto il giogo militare? £ la democrazia
che gli resiste. I Borboai tentano di sopprimere la
libertà per ripristinare T antico reggimento? E la
democrazìa che li abbatte. L'Orleanese ^studia di cor-
rompere la libertà per farne mercato? È la democra-
zia che lo atterra. Dunque la deBaK>crazià e la libertà
vanno di conserva, e Tuna è nunzia fedele e com-
pagna inseparabile dell'altra. Lo stesso colpo, che
suona l'ora della libertà, suona l'ora della demo*
crazia»
Ma, voi opponete, la democrazia e la libertà ap-
parirono solo per poco tempo l'una alato dell'altra;
(I) J*avais prédil qne la liberté serait la première et la tenie
vlclime dea conquétes de la démocralie (pag. 77).
IS; Dèa qui la démoeratle remporte, od pe«t Tannoncer
avec cerUtQde, c'en oat fàit de la Uberto (pag. 77).
poi la ithSFtà è éeompMsà. -^ èì^ ma scomparve in-
sieme la democrazia. E questo prova, che il movi-
mento della società verso là sua meta finale non è
retto, continno, uniformemente accelerato; ma risulta
dalla combinazione di movimenti diversi « dal con-
trasto di forze parziali, dalla vicenda instancabile di
azioni e reazioni, che luttano perpetuamente nel mondo
dell'Umanità, come in quello della natura. Prova,
che la democrazia non ha saputo finora assicurarsi
il pacifico possesso di tutte le sue conquiste, e non
ha proveduto abbastanza a fiaccare Torgogliode^suoi
Demici, sventarne le trame, disarmarne Todio, chiu-
derne i nascondigli : e vi sapiamo buon grado del-
l'ammonimento (1). Quando la democrazia richiamerà
la Francia a libertà, state certo, signor Montalem-
bert, che non ricadrà più negli errori del 48. No, non
spingerà più la generosità verso 1 suoi nemici fino
all'imprudenza ed alla stoltezza; non si lascerà più
{i) La democrazia francese se n*è pure oggimai persuasa.
Noui avons vu, dice E. Qainet alladendo alla rivoluzione
del 48, une république débonnaire i'établir sur Videe qu'elU
pourrait en un jour changer en partisatu tes ennemU in-
vélérét. Sans fairt à eeux-ci atieune eondition, elle a cru
lei dompler en s*(igenouillant devant eux.'Sei adversaires ne
lui wit su aueun gre d*une mansuélude, qui leur a pam
cacker quelque faiblesse. N^ayani pas su éire JusUt ni bonne
pour se* amiSf ni sevère pour ses ennemiSt nous la vog<ms
à demi ruinée (scrivea nel i 851) par Vindifférence des pre^
miers qu*eile n*a pu récompenser, par l'audace des seeonds
qu'eUe n*a pas osé ehàtier. Uìie ielle expérience, ajoulée à
UmUs eelles de Vllaliet m'aulorise à tirer de ee chapilre
la conclusion suivante: que dans une epoque corrompue,
toule démoeralie qui surgira après une longue habitude ds
urvlttié, et qui se contenterà du pìaisir de naìtre, sanspre»'
dee aueune garantie contre la malice de ses ennemis, devien^ ^
^a nieesiairement leur prole et leur risie, (tu aiiiFOLu-
iMRs i>*4tai4S, Uv. I, oh. XH.)
abbindolare dalla loro ipocrisia; non presterà più fede
alle loro proteste. Allora si ricorderà delle vostre fa-
cili profezie; e farà in modo che non abbiano ad
avverarsi mai più. Ed i primi provedìmenti, i più
energici e radicali, li prenderà contro di voi e del
vostro partito; poiché voi foste sempre i suoi nemici
più astuti, più perfidi, e più implacabili. Oh! dite,
signor conte, dite alle vostre dame del Sacro Cuore,
che lascino pur in piedi li alberi delle loro terre: il
popolo cercherà in altre terre il simbolo della sua liber-
tà. Dite ai vostri curati, che si tengano ì loro turiboli ed
i loro aspersori : il popolo ricorrerà ad altri sacerdoti
per benedire i suoi martìri e consacrare i suoi trionfi.
Dite a* vostri vescovi, che vendano ad altri le loro
preghiere ed omelie: il popolo rimetterà a migliori
maestri la cura morale e religiosa della nuova socie-
tà. Dite aVostri banchieri, ai vostri nobili, ai vostri
principi, che non si sfiatino neir acclamare la magna-
nimità, la grandezza, la sovranità del popolo; nel far
pompa di rispetto a' suoi voleri, d'interesse a'suoi bi-
sogni, di compassione a'suoi dolori: il popolo non
s'appagherà più della loro vigliaccheria, e troverà
ben il modo di ottenere da loro una restituzione delle
sustanze, che gli han rapito; un compenso dei su-
dori, che gli hanno spremuto; una espiazione della
miseria, a cui l'hanno dannato; e, orribile a dirsi!
una vendetta del sangue, con cui han punito l'e-
roismo de' suoi difensori. E forse allora la Francia,
anzi l'Europa, salve dagl'intrighi, dalle insidie, e dalle
machinazionì della vostra setta, vedranno la demo-
crazia e la libertà non solo comparire insieme per
qualche tempo, ma insieme fondare il regno imperi-
turo della giustizia e della fratellanza uoiversade.
Quarta prova. — Nessuna delk rivoluzioni fatte
dalh idee e dalle passioni democratiche, da sessantanni
m
in qua, potè durare sotto una forma liberale; laddove
le rivoluzioni fatte già da popoli, che la democra-
zia non aveva ancora invasi, hanno loro assicurata
la libertà e la nazionalità, che reclamavano: testimo"
nio il Portogallo nel 1640, Vlnghilterra nel 1688 (1).
Io credo, signor Montalembert, che la logica ignori
al tutto la forma ed il nome di questo argumento;
però la Francia, se non erro, ne dee sapere qualche
cosa: non è desso à la Loriquet? Oh! voi mi parete
un bravo discepolo di quello storico molto reveren-
do! Nessuna rivoluzione democratica potè durare?
Ma questa proposizione in termini così generali è una
falsità. Non ha forse durato agli Stati-Uniti? E in
Svizzera non ha durato? E se non durò in Italia, in
Germania, ed in Ungheria, forsechè non ha già poe-
tato ì suoi frutti? Non ha forse conquistato moral-
mente la massima parte di queste nazioni? L'a-
more della libertà, il principio dell' indipendenza, il
sentimento dell'unità nazionale, l'emancipazione dal-
l'autorità temporale dei re e spirituale del preti, po-
chi anni fa, erano ancora il privilegio di alcuni in-
telletti rari e solitarj; e adesso? Adesso sono il pen-
siero commune, l'idea madre, la forza motrice di que-
sti popoli : su i loro- corpi, sì, impera la spada di un
principe; ma su le loro anime regna lo spirito della
democrazia. L'officio primo della rivoluzione, la con-
quista degli animi, s'è dunque compito: il secondo,
la conquista dei poteri, inevitabilmente si compirà:
tutti ! soldati e tutti i preti del mondo non varreb-
bero ad impedirlo.
(1) Aucuoe des révoluUoos faites par les idées et les pas*
sions démocratiques, depuis soixante aos, n*a pu darer sous
noe forme Ubérale; tandis que les révolutions faites autrefois
par des peuples, que la démocratien'avait pas encoreenvabìs,
iear ont garanti la liberto ou la nationalité quMIs réclamaient:
témoinle Portugal en 1640, TAngleterre en i68S (pag. 97).
I. . 14
fio
Se poi la vostra proposizione si riferisce soltanto
alla Francia, è uno sproposito ancora più grave. Che
cosa intendete per quella forfna liberale della rivo-
luzione? La forma propriamente estrinseca e mate-
riale del governo? il suo titolo? la sua insegna? la
sua polkìa? Ma dovreste sapere, che questo è Tele-
mento accessorio ed accidentale di una rivoluzione,
la quale può ben durare, e progredire, e fortificarsi,
anche a traverso di tutte le mutazioni possibili nella
forma governativa. Se poi intendete l'essenza vera e
reale della rivoluzione, cioè i nuovi principi sociali,
su cui essa fonda il riordinamento della nazione : al-
lora la storia vi dà una solenne smentita. Quello che
la rivoluzione ha dovuto distruggere, non è risurto
più ; e queljo che ha voluto edificare, non è più ca-
duto. Dov'è più il diritto divino de' vostri monarchi?
Dove il potere assoluto della corona? Dove i privi-
legi feudali della nobiltà e del clero? E per lo con-
trario, Teguaglianza civile, l'unità nazionale, la to-
leranza religiosa, la sovranità popolare, il sistema
elettivo, la libertà industriale, non han continuato
sempre a dominare in Francia sotto qualunque forma
di governo? Tutta la potenza colossale di Napoleone
il grande non dovette inchinarsi davanti a queste
vittorie della democrazia? E tutta l'audacia sfrenata
di Napoleone il piccolo non dovette abbassarsi dinanzi
a questi trofei della rivoluzione?
Tacio degli esempj, che voi adducete in contrario;
poiché non meritano risposta. Che cosa giovò al Por-
togallo la nazionalità, ottenuta con la rivoluzione
del 1640? A segnar l'epoca della sua decadenza, che
l'avea da ridurre alla condizione di un portofraaco
dei mercatanti inglesi. Ed in Inghilterra a chi pro-
fittò la libertà, assicurata dalla rivoluzione del 16SS?
Ad alcune milliaja dì famìglie, che si appropriarono
il perpetuo possesso di tutto il territorio, e quindi
f11
la direzione del governo, lì monopolio, deglia^ìeghK
la fonte delle riochezze; e quindi satto il nonote di
libertà, la pia orrìbile delle tirannie, la tirannia della
fame. Oh! davvero, la democrazia non ha da invi^
dlar nulla a quelle due rivduzioni, ehè si fecero senza
di lei. '
Del resto, acciocché il rostro, argumento provasse,
converrebbe supporre, che le idee e le passioni de^
fuoeraiiche avessero potuto attuarsi, esplicarsi libe^
ramente, pienamente, facendo così un esperimento
sincèro e compito di sé medesime. Ora questa sup^
posizione non s'è per anco avverata. Se nelle rivo^
luzioni successe da sessant'anni in qua ve n'ebbero
alcune, che la democrazia inspirò, «uscito, e promosse
ne' loro primordi; di nessuna finora può dirsi, che
venisse condutta a termine dalla democrazia. Colpa
talora dei nemici stranieri, che non gliene lasciarono
il tempo, come alla Convenzione di Francia, alla Be*
pobllca di Roma e d'Ungheria; e talora dei nemici
intestini, che non gliene concessero il potere, conte
alla rivoluzione del 30 in Francia, ed a quella del
48 iti Francia^ in Italia, in Austria, e in Allemagnn.
Yoi dunque combattete, non un fatto della stona, ma
un fantasma del vostro cervello*
Quinta prova. — In sustanza^ la democrazia è in-
compcUibile con la libertà, percfiè essa ha per^ base
l'intndia sotto il nome d* eguaglianza, mentre che la
libertà, per la sua stessa natura, protesta senza posa
contro il livello tirannico e bestiale dell'eguaglianza (1).
Finalmente, troviamo qui un perchè! La forma deU
l'argumentazione é rispettata; saggiamone il valore,
(1) Au food, la démocralie est iocompaUble avec la liberté,
parce qn*elle a pour base Tenvie sous le nom d*égalité.
tandis qua la liberté, par sa nature méme, proteste sans cesso
oontrt le niTcau tyraonique «t bra|al do l*égalité (pag. 7* )•
Gì dilB tdMqiie, rignor Ifoitriernhert, cha to dtm^
crtuia è iweamfiMite em la Marte; e peròhèf Ptor-
Aè ha per ba$e l'iwndia. Ha questa ràgiooe noa è
un assioma, ed ha mestieri anch'essa di prova. E voi
die prova ne date? Un motto di Proudhon a piò di
pagina: La dimocraHe, e'eit Vem>ie(l), Cornei avete
scambiato ia democrada co 'i catolicismo, e fatto di
Proudhon il nostro papa, de' suoi libri la nostra Bib-
bia? Ma noi non riconosciamo nessun individuo e
nessun libro per giudice iniàUibile della verità; ed
in una questione di diritto, qucA vostro raziodnio:
la cosa è vera, perchè Tha detta Proudhon; è un
sofisma indegno anche di un academico.
Tanto più, che voi abusate perfidamente di quella
sentensa, e le date un significato ben diverso da quello,
che ha nel testo dell* autore. In quel capitolo, Prou-
dhon cerca di spiegare codesto enigma: Comm$ni
eelui qui iehùua et mieérablement à Bwhgne si à
Stratòourg, dem» dee dreoMtaneee (fui, d'àprèe noe
éoeure inewrrectUmnettee, ne pawaient que lui concHier
une certaine eetime, réueeit à Parie dome dee oomIì-
tUms o<ttefMe«(2)?£ ne arreca per ragione principale
V indifferenza e la elmpatia M popolo: La maeee, il
faut Vavouer, parce que cela none eet eneore plue Ao-
norable que de le taire, la maeee, en haut et en bae^ a
éU eompHce, ici par eon inactimi, là par eee applaur-
dieeemente, ailleure par une co&pératim effective^ éu
eeup d*ÈM du 2 déeemìire. — Ce n'eet pae la farce
aimée, e' eet le peuple indifférent au plutei e^mpoM^
que, qui a decidi le mauvemeni en fàioeur de Banen
parte (8).
(1) La révoluUen tocieUe démonirée par U paup d'État,
pag. 7S.
(9) Pag. 69.
(!) Pag. f9-70.
SliDaM tattavift d» sptegard quella stf&na aèerra-
2ion^ di un popola, che 8i tenea per T avanguardia
defla libertà; e Froudhon, fra le altre ragioni, allaga
Il discredito, in cui era caduta per propria colpa TÀ»*
semblea nadonale: Une réwM^ de Représent&nU
(È^€ua à Itur iite MM. Berryer, 0, Barrot, Creton,,
fitet, ek., se forme au W arrondissement. Elle est
aklwée 'par la troupe^ et conduite, entre deux rangs
de soldats, au quai d^Orsay, Le» cHayens, ewr le pas-
tage de celle puissance déchue, se découvrent: lepeu-
pk, cruel comme les enfanls, sans géièérosUé, insuUe
à leur désastre:Ils Vont voulu! fainement ils inwh-
fueni la ConstUuHon: La ConstUuHo% dit le penf4é,
V9US Vavez les premiers et sciemment violée. Cesi un
chiffon dans une hotte (1).
fife non tutta T Assemblea erasi resa complice di
qadli attentati: Proudhon no*l poteva dissimulare;
e quindi si fa robjetione: Mais la Montagne! Bd ecco
la sua risposta: Ses membres les plus popultnres.
Greppo, Nadaud, Miot, soni arrétés ausst, — Le peu^
pie, ingrat, infidèle à Vamitié, ne trouve à cette nou*
velie gue des railleries ignobles sur la perle deS
S5 frames, Les mogitagnards iiaient dépopularisés, #a^
vez-^fous pourquoi? parce qu'ils étaient indemnisis»
Le peuple, qui aeeueille sans sourdUer une Uste ci*
vUe de ì% milHons, attendu, dO-il, que cela fait al*
kr le conmerce, regarde l'Hidemnité de ses Repri^
sentante comme un voi fait à sa bourse.2!^francs par
jourì des démocratesl... La démocratie, e' est Venvie{%
Ora per capire il valore dì queste parole non fa
d'uopo di molta critica, e basta il senso commune
Lasdaado da parte Tesaé^^razione .retorica ddle ae-
cose, dw Proiidhon maam ingioatanenle a tii^ un
(1) Pag. 7S.
(S) Pag. 7S-7I.
314
/^ran popolo, egli è evideate^ che la sua ooaclusiome
V aprirne non ud assioma, non un teoreooa, benù un V
lonia, con la quale morde la stolta e cieca invidia
ili quei popolani, che imputiivano a colpa de' loro
Uappresentanti una tenue e giusta indennità, laddove
))on si scandalìzzano deiren<»'ine ed iniqua dotazione
(li un principe. E voi, signor conte, voi spingete la
loala fede tant' oltre da citare questo motto quasi
una formula o una definizione?
E v*ha di peggio. Voi attribuite alla democrazìa il
livello Uranmoo e bestiale dell'eguaglianza; ma con
quale diritto? Il livello deW eguaglianza , come voi
Tintendeto, è il commuaìsino(l); ma il communismo
(i) Bd anche applicale al cotnmanismo le qualiflcazioni di
tirannico e ìMstiale sonp un'indegna calunnia dei signor Mon*
lalembert, il quale dovrebbe rammentarsi, cbe la tirannide
l'estiale essendo unicamenle, esclusivamente U materia e la
forma della sua setta, non è possibile cbe altri partiti le
e ontendano il privilegio di queste doti, tutte sue. Io riferirò
i(ui, a sua ignominia, un documento solo, ma decisivo. Egli
i*. il proclama, che la matina del 25 febrajo 1848, Cabet indi-
rizzava ai communisti suoi discepoli ed amici:
« Aux Communistes icariens. — TravaUieurs nos fròros:
t nous àvons toujovrd dit que nous étions avant tout Pran-
» cais, patriotes, démocrates, aussi iatrépides qtt'bumains et
•> modórés: vous venez de le prouver. — AQjourd'hui, c*est
• Vwìion seulo, Vordre et la discipline, qui peuvent assurer
• au peuple le fruit de sa victoire, en garanlissant ses droits
» et ses ìnléréis. Rallions-nous done aulour du Gouverne-
> ment provisoire prèside par Dupont (de l'fiure), rem pia-
» cant Todieux gouvernement, qui vientdese rougir da sang
» des citoyens. Appu-yons ce gouvernement provisoire, qui
» 86 dèclaffd ré(nii>ti&aiiì et d^eoràtique; ■ «pi txrootame la
I souverainetó nationale et Tonité de la nation; qui adopte
» la Fraternité, TÉgalité, et la iiiberté pour priacipes, et le
f Peuple pour devise et mot d*ordre ; et qui dissoùt les Cbam-
S15
è fotse la democrazia? E siete voi, che denunciate
per communisti quelli uomini, che nudi guardavano
i vostri palazzi, affamati proteggevano i vostri tesori,
e per non toccare alle vostre proprietà offrivano al
governo tre mesi di miseria? Ohi se non per grati-
tudine, almeno per prudenza dovreste tacere, signor
Hontalembert , affinchè il popolo non avesse a pen-
tirsi delFeroica probità, che osservava nei giorni del
suo trionfo, quando pallidi, tremanti, atterriti vi te-
nea tutti nelle sue mani. E, il popolo, non solo a Pa-
rigi, ma dovunque, si mostrò eguale a sé stesso.
Vienna, Berlino, Milano, Pesth, Roma, Palermo stet-
tero ben in potere della democrazia; ma il livello ti--
rannico e bestiale dell'eguaglianza non l'hanno ve-
duto mai.
f bres pour convoqner l'Assemblée natioDale, qui doDDera
I à la Prance la constituUon qu'eile demande. Mais sachons
I DOBs^mémes réclamer constamment toutes les conséquen-
• ces de ces princìpes. Deroandons que totis les Francais soient
1 déclarés frèbbs, égaux en devoìrs et en droits sans aucune
> espèce de privilège, tons membres de la garde naUonaie,
• totts électears et éligibles à toutes les foilctions publiques
> saos aucune vile condition d'argeot. Demandons le droit
• naturel et imprescriptible d'associatioD , de réuniop et de
• discQssion; la liberié individnelle, saos Tarbilraire d'aucuD
» homme; la liberté de la presse, sans entra ves, sans cau*
B tionnement ni timbre. Demandons snrtout la garanlie de
I tous les droits et de tpus les intéréts des travajllenrs; la re*
■ connaissance formelle da droit de vivre en travaillant, afln
t que le pére de famitle ne soit plus réduit à Taffrense né-
> eessité d'abandonner sa femme et ses enfants pour aller
• mourir en combattant. Demandons. Torganisation du tra-
» Tati et Tassarance da bien élre par le travail. Deman-
B doDS la suppression de tous les impóts sur les objects de
■ première nécessité. Demandons TaboUtion des humilianles
> vexations et iniqaes institations de la Donane et de VOc-»
» troì. Demandons pour le peuple rinstruclion generale, gra-
t tuite, commune, réelle «t complète. Demandons des insti-
"E v'ha di peggio ancora. Voi qualificate per invì-
dia il sentimento dell'eguaglianza fraterna che parla
al cuore dei popoli, e lo travisate a bello studio per
renderlo odioso e detestabile. Ora questo procedere per
parte vostra sapete come si chiama? Ve lo dirò io, signor
conte: si chiama cinismo 1 Per l'onore dell'Umanità
voglio credere, che fra li stessi catolici si trovi an-
cora qualche aoima generosa, qualche nobile cuore,
che protesterà con indegnazione contro di voi; —
di voi, che ricco d'onori e di sustaoze, tacciate
d'invidia il povero, se invoca un sollievo alla sua
miseria; — di voi, che seduto a lauto banchetto, ac-
cusate d'invidia il padre, se sospira le briciole della
vostra mensa, quando la sera dopo quattordici ore
di stento ritorna al suo abituro, vede accorrere i suoi
» tations et des garaoties pour le bonbeor des femmes et
» des BNFANTS, pouF que chacan ail la possibìlité de se ma-
» rier, avec la certUade de poavoir éiever sa famiUe et la
I rendre heureuse. Fidèles à nos prlncipes de fraternité, d'ha*
I manlté et de modération, de Justice et de raison, crions
» toujours et partout: Poiat de veogeancel point de désor-
» dres, point de violences, point d*oppressions pour per-
> sonno ! Mais fermeté, clairvoyance et pradence, afln d'obtenir
> justice pour touèt Point d*atteinte à la propriété! mais ioé-
» branlable persévérance à demander tous les moyens, qoe
» peut accepter la jasUce ponr supprimer la misere; notam*
» ment en adoptant nn système démocratlqae d'inégalité sno-
• cessivement décroissante, et d*égalité saccessivement crois-
• sante. Gardons-nons de demander l*appUcaUon immediate
» de nos doctrines communistes. Noas avons tovjonrs dit,
» que nousne vonlons lenr triomphe qne par la discussion,
» par la conviciion, par la poissance de l'opinion pobliquei
> par le consentement individue!, et par la volontó nationale :
• restons fldèles à nos paroles. » — Tal è il linguaggio di
quelli uomini, che vogliono il tirannico e bestiale livello del-
l'eguaglianza. Paragonatelo con lo stile dei preU, dei vescovi,
e dei papi; e ditemi poi da qttal parte stia la butiaUtà e la
tirannide.
figli sctf lyi, pallidi, famelici, stringersi intorno a lui»
affacciargli le ginocchia, domandargli del pane, e
si trova le mani vuote; — * di voi, che in mezzo al
lusso ed allo splendore delle vostre sale, gridate al-
riavidìa della donna, se madre, vorrebbe un lettic-
ciucco pe'suoi bambini; sposa, un onestò guadagno
pel suo consorte; figlia, un alimento sano, un Ce-
stito, un medicinale pe' suoi cadenti genitori. Ah l che
pane? che tetto? che moglie? che figli? Voi, conte
di fliontalembert, ci annunziate, che pel povero po-
polo il de^derare un sollievo alla miseria, un conforto
al dolore, un sostegno alla vita de' suoi cari, è un
grave peccato d'invidiali Dunque, per non peccare
d'invidia e per non turbare la gioja delle vostre fe-
ste, muoja di fatica, e tacia; perisca di fame, e si •
rassegni; logori le vostre scale ad implorare un'ele-*
mosina,e vi benedica; venda le figlie, prostituisca le
mogli, cacci i vecchi all'ospedale, e ringrazii la Pro*
yidenzal Così va bene, eh, signor conte? Questa ò la
libertà che vi piace, non è vero? A vqì ed a qual-
che milliajo d'altri signori, nobili, cavalieri, conti,
principi, duchi, ecc., la libertà di godervi tutte le
deliàe della vita; ed ai'millioni di poveri la libertà
di scegliere fra i varj generi di morte. E voi siete
un cristiano? Siete un i^omo, voi? Ohi voi mi fate
ribrezzo: saranno ben d'uomo le vostre fattezze; ma
l'anima, se n'avete, certo è di fiera.
V
Per mantenersi, la democrazia condanna tutto ciò
the vuol vivere e agire ad abdicare ogni valore per-
Bonale, ed a prostrarsi in adorazione servile davanti
al fantasma della ragione e della virtit delle masse (1).
(1) Poar se maiotenir, ia démocralie condamne tont ce
i|bI veQt vivre et agir à atHliqner tonte valeur personneUe, et à
m irioDger en adoration servile devant le fantdme de la raison
et de la verta dee maseei (pag. 79).
Voi errdté ó mentite àtìcòra, signor Montaìembert, e
calunniate sempre. La demoerazia condanna una sola
classe di gente, i nemici della libertà, coloro che vo-
gliono, come voi, la vita per sé soir, per sé le ricchezze,
per sé i piaceri, per sé li onori, per sé il comando, per
sé tutto quanto v'ha di buono e di bello nel mondo;
li condanna come assassini de' popoli, a cui occidono
Tanima con l'ignoranza e la superstizione, il corpo
con li stenti e la miseria ; li condanna appunto, per-
ché vuole che tutti possedano il diritto di vivere,
ed esercitino la facultà di operare; li condanna, per-
ché ama di misurare il valore personale de^ì uo-
mini, non dalla nascita, dalla fortuna, dal caso, ma
dal merito di ciascuno. — Quanto poi ^Wadorazione
servile, debbo dirvi che queste voci le cerchereste in-
darno njel vocabolario della democrazìa. Vadorazione
è la virtù degl'idolatri, la servilità é l'arte degl'ipo-
criti: voi siete catolico e gesuita; dunque.... c'inten-
diamo? — Né scenderò qui a discutere, se la ragione
e la virtù -delle masse meritino il titolo di fantasma^
di ehe voi le onorate (1). Fantasma o realtà, questo
(1) Non so astenermi da! ricordare al signor Montaìembert
le parole', con cui descriveva il popolo, non un nostro amico
rivoluzionario, ma un suo reverendo confratello: » Sì, noi
» amiamo il popolo, perchè il Figlio di Dio lo lia amato; e
» sempre severo, sempre sdegnato, sempre terribile contro l*i>
» pocriti, contro i ricclìi, e contro i gaudenti: Vae vobis, hy^
» pocrifae. Vae vobis divitibus. Vae vobis, qui ridetis nunc;
» co 'i poveri singolarmente e co '1 popolo si é dimostrato
» compassionevole, indulgente, amoroso. Noi amiamo il po-
li polo, perchè è nel popolo che si trovano meno vizj e più
» virtù, più religione e meno empietà. È il popolo che la-
» vora, è il popolo che soffre, è il popolo che crede; e le classi
» che lavorano, che soffrono, che credono, sono generalmente
» meno corrotte delle classi clie marciscono nell'ozio e nei
» piaceri, e si fanno trastulio della religione. Noi amiamo
» il popolo, perchè esso non si perverte da sé, non perverte
419
vi dioo|io^ 0 sigooré, che ^ultimo dei popokufii pos^
sede ancora tanto di ragione da sentire pietà dì un
8(^ta, cioone voi siete; e tanto dì virtù da sentir
orrore di un fariseo, come siete voi. Questa ragione
e questa virtù bastano sicuramente al popolo per con-
solarsi de' vostri nobili e catolicì insulti.
EsMt distrugge tosi logicamente e gradualmente, non
sdo tutte le tradizioni, tutti i diritti antichi ed ere-
dita/rj, ma ancora ogni indipendenza, ogni dignità, ed
ogni resistenza. Ella cosi riduce in polve il genere
umano (1). Queste non sono ragioni, signor Mon**
talembert, ma insolenze, che muovono più a com-
passione che a sdegno. Sì, la democrazia distrugge
logicamente e gradualmente tutte le tradizioni, che
hanno orìgine e fdkulamento in una favola, in un
mito, in una leggenda, in una condizione, insomma,
propria delle età d'igooranza e di barbarie; distrugge
tutti i diritti antichi ed ereditai, il cui titolo riposa
unicamente sopra un' usurpazione, un privilegio, una
violenza, cioè sopra lUna qualche forma d'ingiustizia.
£ che per ciò? Non è anzi questo il suo merito e il
suo elogio? Non è appunto per questo ch'essa pre-
vale oggidì n^lle nazioni adulte e civili, come dee
■ già le àlire classi, ma è sempre pervertito da tutto ciò,
> cbe è ai di sopra di lui. Che anzi quando la corruzione
> e l'incredulità eomiueiano a spandersi nella «ocietà, la prò-
1 bità e la religione, T amore della giustizia e de! T ordine
» vanno a rifugiarsi nel popolo; e solamente per mezzo di
I sforzi perseveranti e moltiplicati sì giunge a cacciarli da
B quest'ultimo asilo. » (P. Gioachino Ventura, Introduzione
al Discorso funebre per i morti di Vienna.)
(1) Elle détruit ainsi logiquement et graduellement , non
seùlemeat tontes les traditions,tous les droits anciens et he-
rédìlaires, mate eucore tonte iDdépecrdauce/ toote digtiité^ et
tonte Eésistaaoe. EUe rédwt aìASi tò gwreliamaiB en poosn.
naturalmente prevalwe la ragione alla ilEuitaaia, la
scienza airìgnorama, la giustirìa al privilegio^ Il di-
ritto alla forza? Lecito a voi ed ai vostri oonlni-
teli! di odiare e detestare un principio, appunto per-
chè mena lo^icammUe e gradualmente alla riforma di
iniquità antiche e all' instituzione di nuove libertà:
gli è una prova di più del fanatismo ridicolo insieme
e abominevole, in virtù del quale voi altri godete di
atteggiarvi a lancie spezzate della reazione e a ne*
mici implacabili del progresso; e ben vi sta. Ma per
buona ventura TUmanità non piglia esempio né legge
da voi. Essa non ha, come voi, interesse a perpetuare
le tradizioni favolose e i diritti iniqui; anela invece
a rompere le une e abolire li altri; e però saluta e
vagheggia nella democrazia il principio del suo pro-
gresso avvenire, appunto perchè ^riconosce in essa il
rimedio alla sua antica oppressione.
Che poi la democrana distrugga ogni indtpendenM^
ogni dignità, ed ogni reeietenza, è un'asserzione oasi
bugiarik, che perfino un Hontalembert se ne dovrèbbe
vergognare. Perocché, volete voi farne una questione
di dottrina? E allora voi negate Tevidenza della ve-
rità; giacché la democrazia non essendo altro ohe la
coscienza del diritto applicata air ordinamento d^la
società, è di sua propria natura il principio stesso di
ogni indipendenza, di ogni dignità, e di ogni reii$tenxa
airingLU8tizia;onderaccusarla di portare logicamente
alla distruzione di queste doti morali e civili è cos\
ragionevole, come sarebbe l'imputare alla dialettica
i paralogismi o alla medicina le malatie.
.Volete farne invece una questione di fatto? E al-
lora voi negate l'evidenza della storia; la quale non
è altro che una solenne e costante testimonianza del
come risponda sempre ad ogni conquista della de-
mocrazia un aumento di indipendenza, dignità, e re^
eiitenza da parte degrindividui e delle nazioni. Voi
CnMseM ed io Haliano; iMenrof^iteiiio adunque
k ilorta rispettiva deUa nostra patria. Orsù, vediamo:
dina grande rivoluzione in qua, clie è per oonfession
vostra la data, se non deirorigine ideale, oerto della
oosiltiàione pratica della democrazia nel sraso e va*-
loie moderno, è aumentata o diminuita rindipendeutt
e la dignità? È cresciuta o scemata la forza di nssi-
slenta, che i popoli oppongono ad ogni fatta d'ingiù-
stUe per vendicare in libertà? Paragonate un pò* la
raslstenza della Francia alla corte di Luigi XYI, alla
lega europea del H e del 96, al gesuitismo dei Bor-
imi restaurati, alla eerrazione del regno orleanese,
al dispotismo ddl'impero reèUvivo, con la resistenza
della Francia medesima alle vic^nze e alle ignomi-
nie di'ebbe a sopportare da' suoi governi nei secoli
80(dM: dov'è m^;gÌore T indipendenza e la dignità?
Paragonate similmente la resistenza deH'Italia dal 15
in poi alla dominazione dell'Austria e del papa e de-
gfi altri suoi tirannelli mezzo austriaci e mezzo ge-
sslts, con la resistenza onde l'Italia stessa luttava
oel secoli passati contro i dominj stranieri e le ser-
vila domestiche: dov'è maggiore la dignità e l'indi-
pendenza? Oserei voi 4ire, che dessero miglior prova
dlndipendenza e dignità i popoli di Francia e d'ita-
fia, quando si lasciavano trattare a guisa d'armenti
da un pugno di nobiU e di preti, che quando hanno
conquisto i loro diritti civili e costretto l'aristo-
crazia ed il clero a riconoscere una legge commune?
E Tosaste pure — di che non è mai capace un Mon-
talembert? — sarebbe quello un ultimo omaggio reso
da voi, mal vostro grado, alla democrazia; giacché
verreste così a provare co '1 fatto, che essa non può
essere più impugnata se non da chi voglia accecarsi
con le proprie mani per non vedere la luce del verp.
Quanto all'ultima q^ausula, che la democrazia rt-
Afce in vohe U geure umanor la è de^^na di Uttt^
le altre. Capisco bé^tiié^lmo, che ini genere niiMlno
democraticamente instituito dee garbarvi aìseai poco;
dacché in luogo di essere voi soli a padroneggiarlo
in nome dei vostri diritti antichi ed ereditafj, siete
obligati anche voi a rispettare ì diritti degli altri,
siete suggettì per amore o per forza ad aiia legge
universale ed eguale per tutti, e non contate né più
né meno che Tnltimo dei cittadini. Ma se un tal as-
setto della società non aggrada alla vostra superbia,
poco male: basta bene che soddislacia alla coscienza
deirUmanìtà , e sia conforme ai dettami della giu-
stizia. Polve 0 non polve, quello stato di cose che
la democrazia ha stabilito 0 intende a statnlire inEu
ropa, é la legge stessa che la natura impone al po-
poli civili; e ciò che la natura prescrive, si compirà
a dispetto di tutti i conti ed academiei, di tutti t
gesuiti e farisei dell'universo.
Così] dovunque essa trimfa, prepara ed assieura
il trionfo del potere assoluto; essa lo rende wcesi$c^
rio; essa non trova che in lui un ten^^eramento alle
sue passioni, un rimedio a* suoi errori; essa finisce
con personificarsi in lui, e confundersi con lui (1).
Diteci un po\ signor conte, chi é l'autocrate che
regna in Isvizzera, ed il sultano che comanda agli
Stati-Uniti? Dovete saperlo vói, che ci date questa
notizia: dovunque trionfa la democrazia, prepara ed
assicura il trionfo delV assolutismo! Vi degnerete di
una risposta? — Ma anche ristretta alla sohi Fran-
cia, la vostra asserzione che significa mai? Significa,
che la rivoluzione moderna, cominciata nel 1789,
(1) Ainsi, parlout où elle iriomphe, elle preparo et assare
le triompbe dn pouvoir absolu; elle le rend nécessaire; elle
ne trouve qa*eA lui nn tempérament a ses passions, un re-
mède à ses fftutes; elle flnit par se personnifler en lai, e( se
cDDfondre ^v^p lui (p»g. 79-^0^
Stt
non ha ancora percorsa tutta la sua carriera e con*
seguito il suo scopo finale; significa, che la demo-*
crazia in questo primo periodo della gran lutta, che
oltrepassa di poco i sessant'anni, non ha potuto an-
cora convertire tutti i suoi avversar] e sterminare
tutti i suoi nemici; significa, che neir avvicendarsi
dell'azione e della reazione, la democrazia riportò
trionfi e sconfitte, non già nel campo delle idee —
oh I non arrivano tant' alto i vostri colpi ^— ma in
quello delle instituzioni; significa, che il popolo non
educato ancora sufficientemente alla novella «vita so-
ciale, ondeggiante per difetto d'instruzione fra i dog-
mi della religione antica e le credenze della mo-
derna, patisce a viceiida T influsso contrario delle
due religioni: ora inspirato dall' idea di libertà e
dal grido de' suoi tribuni, scuote il giogo, rovescia
i troni, abbatte li altari e si proclama sovrano; ed
ora dominato dalla voce del prete e dalla forza delle
abitudini, ripiega il capo, rialza l'idoli, obedisce ed
aspetta. Ed in questo fatto che v'ha egli mai di nuovo
e di straordinario? Non è questo appunto il procèsso
di tutte le rivoluzioni morali e sociali, che han se-
gnato un'epoca nella storia dell'Umanità?
Voi, signor Montalembert, che avete studiato se-
riamente e profondamente V interessi della vostra chie-
sa, voi meno di ogni altro ne dovreste fare le ma-
raviglie. Perciocché codeste vicissitudini stesse, che
voi imputate a delitto della democrazia, occupano
nella storia della fondazione del cristianesimo non
solamente due terzi di secolo, ma quattro, cinque, e
più secoli intieri. Che direste adunque di me, se pre-
tendessi mai di condannare il cristianesimo come as-
surdo ed immorale, perchè l'imperatori, i proconsoli,
i prefetti, i sacerdoti pagani ora gli moveano per-
secuzione, ed ora gli usavano indulgenza; oggi lo
yoleaoo proscritto, e domani onorato; tal volta su
1 patiboli, e tal altra su i troni? Clibeiìe, quello che
vÀ direste di me, io debbo dire di voi; di voi, che
apprezzate la verità e la bontà di un vasto sistema
sdentifioo, religioso» pMitico, e sociale, dalle peripe-
ide tutte estrinseche ed ordinarie, per cui ebbe a
Oramai slamo In grado di afferrare netto e preciso
Il valore della sentenza, che a mo'd'epifonema sug-
gella codesta indecente ed insulsa diceria: Disconth-
scere questa verità è chiudere volontariamente li oc-
chi a tutto dò che succede in Europa dal 1789; è
negare un fatto, che acquistò la certezza d'un teore-
ma di geometria (1). Traduzione letterale: per cre-
dere alle; ciance del partito catolico fa mestieri di
due condizioni: aver li occhi di Montalembert, che
vedono tutto a rovescio; e sapere la geometria del
catechismo, che Insegna ^ fare 1 circoli quadrati.
La parte indiretta della dimostrazione, che io aveva
promessa, parmi compiuta. Ho mostrato, che nessuno
degli argumenti di Montalembert vale a stabilire il
preteso accordo del catolicismo con la libertà; poi-
ché in luogo di ragioni egli non arreca in mezzo al-
tro che sofismi grossolani, asserzioni bugiarde, e ca-
lunnie impudenti. Ora è tempo dì scendere alla parte
diretta della dimostrazione. Ponendo a confronto !
prìncipj della libertà moderna con i dogmi e le leggi
della chiesa, m* affido di provare che fra quelli e
questi corre un antagonismo, una repugnanza tale,
che ogni lusinga di conciliazione riesce impossibile.
(1) Méconnaitre cette vérité» c*est fermer volontairement les
yenx à tout c« qui se passe en Europe depuis 1789; c*est
nier un fait, qui a acquis la certi ludo d*UD théorème de geo-
metrie (pag. 80).
CAPITOLO SETTIMO
L'o{^;K)sizìone contradittoria, che passa fra I prin-
cipi della libertà e i dogmi del catolicismo, ha la
sue profonde radici nella questione primitiva e su-
prema del metodo. Incominciamo da questa.
Qual è il criterio della libertà nell'indagine e
nel!' applicazione delle leggi sociali? In una contro-
versia filosofica, io non oserei dare una risposta ge-
nerale; poiché a tutti è nota la varietà dei sistemi
intorno al criterio della verità, che corrono per le
scuole. Ma nel caso nostro, cioè in una disputa po-
litica, non havvi luogo a dubio o questione d'alcuna
sorta; e tutti convengono, amici e nemici, in que-
sto principio, che la libertà riconosce ed ammette
come legitimo un solo criterio; la ragione. E per
togliere ogni appicco alle sofisticherie degli avver-
sar] aggiungerò, che per ragione non s'intende già
da noi una facultà particolare e determinata dell'in-
telletto umano; sibbenejl complesso di tutte le fa-
cultà eonosdUvt, eha fanno dall'uomo ub ente ra-
I. 18
tt6
gionevole e morale. Nel qual senso parmi, che la
proposizione non soffra contrasto e non ammetta
replica.
Dal 1789 in poi la libertà, figlia della filosofia, non
ebbe, né volle mai altra guida che la ragion natu-
rale. Pongasi mente a tutti i programmi da lei es-
posti, a tutti i sistemi da lei inspirati, a tutti i pro-
blemi da lei risoluti ; e si vedrà, che il principio da
cui muove, il metodo a cui s'attiene, il criterio di
cui si vale, tutto riducesi al lume naturale della ra-
gione. Quali diritti attribuisce all'uomo e al cittadi-
no? quelli che la ragione sta^bilisce. Quali doveri
impone ai governi ed ai governati? quelli che la ra-
gione prescrive. Quali leggi reclama? Quali institu-
zioni domanda? Quali guarentigie richiede? quelle
che la ragione consiglia, persuade, ed approva. Né
per ciò è da dirsi, come il signor Montalembert in-
sinuava, che la libertà abbia una fede cieca ed as-
soluta nella infallibilità della ragione — il pregio
dell' infallil^Iità lo abbandona volentieri ai sacri dot-
tori e pastori della chiesa romana ; — crede bensì, che
l'unico giudice legitimo, naturale, inappellabile della
verità, è la ragione; e quindi tiene come certo, ama
come buono, vuole come giusto tutto quello, che agli
occhi della ragione ha i caratteri della certezza,
della bontà, della giustizia. Può ben darsi che nei
casi particolari la ragione erri e s'inganni; ma a
chi spetta sempre il giudizio dell'errore? A chi la
sentenza dell'inganno? Sempre alla ragione, la quale
meglio illuminata 0 dalla riflessione, o dall'esperien-
za, corregge i falsi giudizj che avea portato, rettifica
le sentenze erronee che avea proferito. Nel sistema
della libertà non si conosce altro processo dottrinale
che questo.
Non ignoro, che ultimamente una scuola di demo-
erattei s'era intitolata neocatolìcai e vagheggiava Tae-
M7
cordo dell^vdngélil) éón là llbe^. E nondimeno,
po^a (^r (]|ì^ in Hi^partè fó c|n)dstióne del valore in-
trinéfeco Ilei 1òi*ò *t)rogramma, atidh'essi rìmaneano
fedtìitil nostro principio; dappoiché 'non intendevano
già 'di ^uboràln^fè h ragione lilla parola rivelata
della bibbia, sibbene di accomtnodaìre ({tiesta a quella,
interpirétando T Evangelio in modo che non repu-
gnas^ 'ptrtito ai 'iletttltni della libertà. S' appongano
3l Vero 0 Tio,'^a sétaprfe férmo, ètte per essi ancora
il giudice *stfprétoò della causa è*la 'ragione. Noi dun-
que "pOSsitlmo à buon diritto affermare, che Tauto-
nothla o indipéndenzia della ì'&giofle costituisce la
base ft^datiQféìiftale di Slitto il sistema della libertà.
Oha, •il catolicismo 'ptò egli 'afcéetthre questo prin-
cìpio fc sdftométtersi a qUè^tO'«iritériò? No; 11 prin-
cipio del catòlidi^mo è la fede; 11 suo criterio, Tau-
torità (l). Dispiftatlò betifei i teologi, se T oggetto o
il motivo formale della 'fede sia rautorità immediata
della "Scriaura o della dhiesà; ma, in fine, si tratta
sempre d'autorità.L'ana/i5i della fede, come dicono,
(t) <« Syslema fldei e^t systrma stuctorìtàtis. Fides enim in
• géaere ndn est nisi assetisus sHctii praesUtus ob ejus an^
• ctoritatétxi. Aposfdli atiiem a Chinilo 'edocli tle Yerltatibus
■ fldei, bas easdem tradiderant sncressdribns a se deieclis,ut
I isti pariter bas easdem integras transmiUerent ad seram
■ Qsqne posteritatem, quales acceperunt. absque alla discns-
I sìooe. Apostoli rursum eorumque successores infldelibus
» eas ipsas credendas propusuerunt; el cum rationis caplum,
> totiim istnd surernaturale sysiema exceileret, signa edide-
■ nint vel motiva cted'bifiiatis exposuernnt, utrationabile es-
f set eorum obseqviium erga fidem. Qaod lamen s^pectat ad
t verltates ipsa^ prout in se sunt, id semper expostalartint ,
» ut omnes eaptivarent intellecdiin» et eas crederent, coromi-
■ nantes aeternas poenas bis, qui eas credere detrectassent.
I Qaotquot proiode crediderunt, crediderunt ob anctoritalem
> Bcclesiae, quae testabatur a Gbristo seu a Dee se eas acce-
■ ptest. • FmoHi, De Vera Religione, p. S, n.* 1T4.
m
può diversificare alcun poco in apparenza; in sustan-
za, non mai. Così quei teologi, cbe risolvono l'atto
dì fede nell'autorità immediata della chiesa, ne in-
stituiscono l'analisi in questa forma: Se al catolico
si domanda, perchè crede un dogma, risponderà:
tt 1.° Lo credo, perchè la chiesa catolica me l'inse-
» gna, e me lo mostra nei libri ch'essa tiene per
» la santa Scrittura: 2.° Credo che il suo insegna-
» mento è la parola di Dio, perchè la missione de' suoi
» pastori viene da Dio: 3."^ E lo credo, perchè questa
» missione vien loro dagli apostoli per successione;
» e quella degli apostoli era certamente divina :
» 4.° Credo che lo era, perchè fu provata dai loro
» miracoli, e dalle altre prove della divinità del cri-
» stianesimo: 5.^ Credo in fine, che tutta la Scrit-
» tura sacra è la parola di Dio, perchè la chiesa me
» n'assicura; e tengo per sacra Scrittura tutti i li-
ce bri, che la chiesa tiene per tali (l). » Quelli inve-
ce, che assegnano per ultimo e formale motivo del-
l'atto di fede l'immediata autorità della rivelazione,
ne fan l'analisi nell'ordine seguente: « 1.** Il cato-
» lieo crede di fede divina un dogma, unicamente
» e precisamente perchè è rivelato da Dio, che es-
» sondo la verità stessa, la stessa santità, egli sa
» non poter ingannare le sue creature: S."" Egli è
)> sicuro che quel dogma è rivelato da Dio, perchè
» la chiesa dichiara che tal dogma fu rivelato agli
» apostoli: 3.° La ragione, per cui egli crede alla
» dichiarazione, fatta dalla chiesa, che quel dogma
» fu rivelato, si è che la Scrittura afferma esser la
» chiesa infallibile in cotali dichiarazioni : 4.^ La ra-
» gione, per cui egli se ne sta a quanto dice la Scrit-
» tura, si è che la Scrittura è la parola di Dio stes-
» so: 5.® La ragione, che lo accerta essere la Scritr-
(i) BtRoiBR, Dielionnaire de TMologie, art. Poi.
229
» tura parola di Dio, si è, ch'egli è convìalo dall'evi-
» danza dei motivi di credibilità, che converrebbe
» non fare alcun uso della retta ragione per non
» giudicare certissimamente, che la Scrittura è la pa-
s rola di Dio medesimo (1). » E Tomaso l'Aquinate,
riassumendo in un solo concetto ambedue le senten-
ze, avea già insegnato la stessa dottrina: Species cu-
juslibet habitus dependet ex formali ratione objecti,
qua sublata, species habitus remanere non potest. Fot-
faale autem ohjectum fidei est veritas prima, secundum
quod manifestatur in Scripturis sacris et doctrina
ecclesiae, quae procedit ex veritate prima, Unde qui-
cumque non inhaeret, sicut infallibili et divinae re-
gulcte, doctrinae ecclesiae, quae procedit ex veritate
prima in Scripturis manifestata, ille non haòet habi-
tum fidei (2). Adunque il metodo del catolicismo non
può appropriarsi il metodo della libertà, se non a
patto di snaturarsi e perire. Perciocché il riconoscere
qual criterio ultimo del vero la ragione, sarebbe un
subordinare la rivelazione alla scienza, il dogma al
raziocinio, Dìo all'uomo: la religione diventerebbe
una filosofia. Manifestum est, diceva lo stesso dottore,
quod ille qui inhaeret doctrinae ecclesiae, tanquam
infallibili regulae, omnibus assentit, quae ecclesia do-
cci; alioquin si de his, quae ecclesia docet, quae vult,
tenet; et quae non vult, non tenet: jam non inhaeret
ecclesiae doctrinae, sicut infallibili regulae, sedpro-
priae voluntati (3).
n catolico pertanto crede, non già perchè la ra-
gione lo dimostri, ma perchè Dio l'ha detto, e la
chiesa l'insegna. Sia pure un mistero; sia una pro-
posizione, a cui contradicano i fatti, repugnino i sensi,
{i) JutfNiN, Théologie Morale» tona. 1, De la foi, eh. 3, ft. 7.
(5) P. II. Il, q. V, art. a.
(%) Ibié.
280
coDlrasti la coscienza: che monta? E Dio che l'asse-
risce, è la chiesa che lo conferma; di|nque la ragione
deve crederlo e tacere. Al contrario i la libertà di-
scorre così: quella dottrina non è conforme alla ra-
gione; dunque non è verità. Sia pur insegnata dalla
chiesa, e rivelata dal suo Dio: cbe vale? Un Dio,
che parla il falso o l'assurdo; una chiesa, che si fa
interprete della parola di questo Dio, e spapcìa per
dogmi rivelati le assurdità, che gli mette in bocca:
sono argumenti,di cui il senso commune ha diritto
di ridere, e non oblìgo di darsene pensiero. Ecco l'o-
rigine prima dell'antagonismo profondo e irrepara-
bile, che passa fra la religione catolipa e la libertà
moderna.
Ma andiamo più innanzi, e vediamp q|iale sja la
dottrina della chiesa intprno alla ragione. Ella inse-
gna primieramente, che. lo stato attuale 4* ignoranza
in cui nasce l'uomo, e la debolezza del suo intelletto
che gli rende così difficile la scoperta e lo studio
del vero, non sono già una condizion naturale del-
l'Umanità, ma una pena del peccato originale: Cum
Deus, insegna l'Aquinate, humanorum actuum sic
curam. geraty ut bonis operibus praemium, et malis
poenam retribuat, ex ipsa poena possumus certificare
de culpa, Patitur autem communiter humanum genus
diversas poenas et corporales et spirituales Inter
spirituales autem est potissima debilitas rationis, ex
qua contingit quod homo difficulter pervenit ad «ert
cognitionem, et de facili labitur in error'em (1). Ed
altrove, enumerando le ferite, onde il peccato origi-
nale ha percossa e. piagata l'Umanità, pone per la
prima là ferita dell'ignoranza, in quantum ratio de-
ètituitur suo ordine ad verum (2).
(4) S. Thom., Contr. gent, lib. IV, e. 69.
(«) P. J. Il, q. LXXXV, art ^8.
m
Oa questo dogma capitato derivano conseguenze e
doUrine della più alta importanza. Quindi « tutti
9 quelli intrinseci ed estrìnseci impedimenti, i quali
h s'opposero sempre agli uomini presi collettivamente
9 nell'acquistare, co '1 solo lume della ragione, la co-
» noscenza delle stesse verità naturali (1). » Quindi
pure « la dìffìcultà grandissima, nell'indagine della
» verità che è sempre lunga ed implicata, di prece-
» dere costantemente secondo le rette leggi della ra-
B glone, di frenare le ardenti passioni dell'animo, e
» di seguitare il desiderio della sola verità; sicché
9 appena pochi, e dopo lungo tempo, e con molti er-
]» rori apprendono quelle verità medesime, che pos-
» sono anche investigarsi dalla ragione (2). » Quindi
ancora « il fatto stesso, in cui tutto ciò implicita*
» mente si contiene, che cioè nessun popolo, privo
» della rivelazione divina, abbia reso a Dio un degno
» culto, e non sia caduto in assurdi errori contro
» la sana etica; che nessuna saviezza o industria
» umana abbia potuto richiamar li uomini da quella
9 universale defezione; cl^ infine la ragione umana
}} non somministri da sé motivi sufficienti a contener
» li uomini nel dovere e ritrarli dai vìzj (S). » Quindi
in somma « non che l'utilità, ma la necessità di quel
» sussidio straordinario, che èia rivelazion divina pò-
» sitiva, onde provedere all'indigenza degli uomini,
» moralmente presi, anche nelle verità stesse di or^
» dine naturale (4). »
Stabiliti questi priucipj, egli é facile determinare
quali sieno li officj, che il catolicismo assegna alla
ragione.
(1) Perrone, De locis theologieit , p. III, s«ct. 1^ cap. I,
art. I, n.« 90.
(8) Ibid.
(3) Ibid.
{à)ìhi4.
PiinM della fede, cioè prima cbe Tuomo abbia (hito
l'assenso alle cose rivelate, la ragione umana può
eonoeceré con certezza i motivi, che dicono di credi-'
hiUtà, e per via di questi motivi assicurarsi dell'e-
sistenza della divina rivelazione (1). Ma quel può va
inteso nel suo legitimo senso, e tradutto per deve;
giacché la chiesa medesima ha deciso, che questi mo-
tivi di credibilità formano una dimostrazione certa,
evidente, irrepugnabile, sì che la ragione non può
trovarvi nulla da ridire, e se ne dee tener paga e
soddisfatta. Laonde ogni altra. conclusione, che si
traesse dall'esame di quei motivi di credibilità, nel
sistema catolico si chiama abuso della ragione. « Sotto
» il nome di abuso della ragione innanzi alla fede
» s'intendono quelle opinioni o quei sistemi filoso-
» fici, che non possono affatto conciliarsi co '1 rice-
» vimento della fede, sia perchè in modo diretto le
» tagliano anticipatamente la via, o perchè in modo
1» indiretto fanno lo stesso, mentre demoliscono e
ì> rovinano di nascosto la base, per dire così, e il
» fondamento, a cui essa deve appoggiarsi, e rendono
» la persona inetta a ricevere la stessa fede (2). »
Con questa norma si conosce subito, che tutta la
scienza e la letteratura moderna non è altro che un
abuso della ragione. Abuso della ragione i sistemi
di Spinoza, di Fichte, di Schelling, di Hegel, e tutta
la scuola panteistica; abuso della ragione le dottrine
di Schleiermacher, di Ahrens, di Michelet, di Leroux,
e tutta la scuola umanitaria; abuso della ragione le
scoperte di Darwin, di Richerand, di Broussais, di Gali,
di Raspali, e tutta. la scuola fisiologica; abuso della
ragione la filosofia di Kant, e tutta la scuoia critica;
(t) Perronb, De locis theologkis^ p. Ili, sect. I, cap. I,
aiM. I, n.« 90, prop. a.
(2) md.y ìoc. city art. Il, ».• \ìi.
m
di GoQsin, e tutta la scuola eclettica; dì Rousseau,
di GonstaDt, di Jacobi, e tutta la scuola sentimentale*/
dì Locke, di Bentham, di Romagnosi, e tutta la scuola
onpirìca (1). Ed ecco una conferma abbastanza chiara
ed esplicita dell'interpretazione, ch'io dava alla cato^
lica dottrina; ed una prova abbastanza certa ed elo-
quente, che la chiesa concede una sola prerogativa
sdla ragione prima della fede: la prerogativa cioè di
amoiaestrare li uomini nella dialettica dei preti.
Con la fede, ossia nell'atto di prestare l'assenso
alle cose rivelate, le parti della ragione van tuttavìa
scemando e diminuendo. Quell'assenso, ch'essa dee
prestare, costituisce la fede, ma non la scienza; fede,
die ha per principio efficiente, la grazia affatto gra-
tuita di Dio; per oggetto proprio, le verità soprana-
turali che Dio rivelava in modo straordinario e mi-
racoloso; per motivo formale, l'auCorità dello stesso
Dio rivelatore; e per fine ultimo, la beatitudine cele-
ste e la visione intuitiva di Dio (2). Né si creda già
che questa fede sia produtta dalle ragioni, con cui
provasi la credibilità e l'esistenza della rivelazione:
tutt'altro! L'atto di fede vuol esser necessariamente,
intriosecamente sovranaturale; dunque non può pro-
cedere da veruna dimostrazione razionale, per quanto
(^usta e calzante la si supponga; poiché questa non
produrrebbe altro che una certezza ed un convìnci-
mento naturale. L'atto di fede apporta seco una cer-
tezza objettiva ed infallibile, la quale non può essere
il frutto di alcuna scientifica discussione, ma viene
tutta dalla sola grazia sovranaturale, e tutta s'appog-
gia all'autorità divina. Inoltre ì motivi di credibilità,
quali che pur sieno, non possono generare che una
certezza affatto estrinseca; laddove l'atto di fede si
(l) Pebronb, toc. cit, ari. Il, !).• 122-151.
iS4
rifoisoe ad oggetti, non die destituiti d'ogni Intrin*
seca evidenza, ma oscuri ed impenetrabili alia ragio-
ne; a cui però la ragione stessa aderisce e crede più
fermamente che se ne avesse l'intuizione immediata
e l'esperienza sensibile. Da ultimo, se la iède teolo-
gica si risolvesse formalmente nella certezza di una
dimostrazione, sarebbe una credenza affatto filosofica
ed una forma di razionalismo, non già un imo di
Dio, come l'ha definita il concilio d'Orange: ed.aliora
ogni dotto e scienziato potrebbe con le sue fatuità
* naturali procacciarsi la fede, come bestemiavano i
Pelagiani. Non è dunque la scienza, che produce la
fede, ma la grazia; non è la ragione, che fornisce il
criterio del dogma, ma Tautorìtà di Db rivelante (1).
Il corollario, che scaturisce da questi principe dog-
matici, è manifesto. La dimostrazione medesima dei
motivi di credibiPità, non toccando punto l'evidenza
intrinseca ed immediata delle cose di fede, ma sol-
tanto l'estrinseca e mediata, non vale dunque per sé
a costringere all'assenso l'umano intelletto; spetta
dunque alla volontà d'imporre codesto assenso; e la
volontà per imporlo abbisogna del soccorso di una
grazia interiore, che renda docile il cuore dell'uomo,
e l'induca a credere (2). Ipsum crederà, dice il cori-
feo dei teologi, est aotus iniellectus assentientis veri--
tati divinae ex imperio voluntaiis a Beo motae per
graiiam, et sic suhjacet libero arbitrio in ordine ad
Detm (3). E pòco appresso: Intellectus credenti^ as-
sentitrei creditae, non ^uiaipsam videat vel seeund/um
se, vel per resoltUionem ad prima priwyipia per se
visa;sed propter imperium voluntatis moventis intel-
lectum (4). Adunque nell'atto di fede la ragione non
(i) Perronb, loe. eit., d.° 300-205.
(5) ma., D.» 216-218.
(3) S. Thom., P. 11. Il, q. Il, ari. 9.
(4) Ibid., q. V, art. 2.
m
ha in realtà veriiQ altro officio che quello di piegarsi
agli ordini della volontà, e ammettere ciecamente tutto
quello che da essa le viene proposto.
Ho detto ciecamente y e Io mantengo, sebbene la
teologia se n'offenda e gridi alla calunnia. Percioc-
ché qual è, in somp^^, la, i^utua relazione, ch'essa
riconosce tra la rs^one q 1^^ f^? È questa, che la
fede non estinguQ.il^ Iuiqq n^tur^^e defila retta ragione,
DÒ mai le può ropug/iare (1). A, dirlo si fa presto, ma
le son parole I NoUcCi ha essa già insegnato, che
tutti i motivi di credibilità non bastano ad obligare
la ragione alla credenza dei dogmi sovranatnrali (2)?
Non ci ha pure asserito, che questi dogmi sono prò-
prìaoiente misteri, oscuri ed impenetrabili alla nostra
ragione (3)? Non ci ha ripetuto ancora, che la credenza
a questi dogmi è un ordine della volontà, e non
un assenso deir intelletto; e che quest'ordine stesso
non è un atto proprio deir.uomo, ma un dono di
Dio (4]? Dnnq^e il processo della fede è irrazionale:
irrazionale, perchè le cose imposte alla credenza sono
incQgoite; percl^è i motivi di credibilità sono insuf-
ficienti; perchè Tassenso richiesto non è un atto del-
roomo. —r E poi, ohi decide se fra i dogmi della fede
e i prVncipj della ragione .vi sia, o no, repugnanza?
La dìiesa, che ha espressamente sentenziato nel con-
cilio V di Laterano : (hnnem assertionem veritati fidei
cantrariam, omnino falsam esse definmus (5). Laonde,.
secondo la dottrina catolica, i principi della scienza
van subordinati agli oracoli della rivelazione; e la
ragione dee riconoscere sempre, qual criterio ultimo
della verità, la fede. Ora le verità della fede son mi-
(4) Perronb, loe, cil., art. Il, ptop. I.
(J) /Wd.,arl. I, n.« 2i7.
(3) Ibids, D.o 203.
a) /W«f., n.« 504.
ih) ìhid, n%. Il, ii.« tU^
836
steri oscuri ed incomprensibili; dunque la ragione,
credendole, dee chiudere li occhi e procedere di ne-
cessità alla cieca.
Dopo la fede, cioè dopo che s*è dato l'assenso alle
cose rivelate, T officio della ragione consiste nello
studiare i dogmi, difenderli, coordinarli (t); e vuol
dire, che la ragione deve andare alla scuola dei teo-
logi ed uniformarsi alle loro lezioni. Perciocché, dopo
la fede, commetterebbe un perverso abuso della ra-
gione chi non sottomettesse pienamente il proprio
giudìzio air autorità infallibile della chiesa (2); la
quale però scaglia Uanatema contro il protestantesimo,
il miticismo, ed il razionalismo, appunto perchè in
questi sistemi vien. costituita regola della fede la
ragione: orrendo delitto! L'uomo, che prestò una
volta il suo cieco assenso alla fede, ha rinunciato
fatalmente al diritto di ragionare; ossia, che è molto
peggio, non ha conservato altro diritto che quello
dì ragionare come i teologi romani. S egli muove da
principi diversi, erra; se tiene un diverso metodo,
erra pure; se giunge a diverse conclusioni, erra an-
cora; se concepisce un dubio, erra sempre. Tali sono,
nel sistema catolico, le parti della ragione 1 Lugen-
dum valde est, gridava, ma certo senza piangere,
Gregorio XVI, quoriam prolabantur humanae rationis
deliramenta, uhi quis novis rebus studeat, atque, can-
tra Apostoli monitum, nitatur plus sapere quam opor-
teat sapere, sihique nimium praefidens, veritatem quae-
rendnm autumetur extra catholicam ecclestam, in qua
absque vel levissimo erroris coeno ipsa inDenitùr; quae^
que idcirco columna ac fìrmamentum veritatis ap-
pellatur, et est. Probe autem intelligitis , V, F., nos
(1) Pbrrone, toc, eit.yCap, III, ari. I, prop. I • 9,
(9) /Md., «rt. Il, ■.• SOS.
M7
kicjoqui etiam dt fallaci ilio haud ita pridem invecto
philosophiae systemate piane improbando, quo ex prò-
jecta et effrenata novitatum cupiditate veritas, uhi
certo consistit, non quaeritur; sanctisque et apostolici^
traditionibìis posthabitis, doctrinae aliae inaiies, futiles,
incertaeque, nec ab Ecclesia probatae adsciscuntur (1).
E qualche tempo innanzi, lo stesso papa avea dato
ordine al cardinal Pacca d'intimare a Lamennais un V
naloga sentenza di un altro papa, Alessandro VII:
Eximium illud Salvatoris nostri voce toties inculcch
tum praeceptum de servandis ecclesiae mandatis, deque
audienda voce pastoris, quem Vicarium suum in terris
tfiiiversi gregis cura demandata constituit, cum ad
ialuiem et vitam, tum profecto est ad omne verae
sctetUiae doctrinaeque lumen suscipiendum absolute
necessarium; nisi enim in omnibus omnino determi-
nationibus apostolicis, et firmitati petrae, supra quam
ecclesiae suae fundamenta statuit Dominus, omnes
hominum, et praecipue litteris addictorum cogitatio-
nes et Consilia immobiliter adhaereant, incredibile
prorsus est in quot et quantas vanitates et insanias
falsas humani curiositas ingenii, quo magis etiam
ejus vis et perspicacitas exceUit, per invia tandem et
obruta feratur (2).
Né si può già ricorrere alla consueta distinzione
dello spirituale dal temporale; poiché a Lamennais
che l'aveva fatta, non venne menata buona. Egli
avea diretta al papa Una dichiarazione, in cui pro-
fessava sottomissione di spirito alle decisioni di fede,
e sottomissione di fatto alle leggi di disciplina; sog-
giungeva però : Ma conscience me fait un devoir de
déclarer in mime temps, que, selon ma persuasione
«
(1) Lettela eneiclica, data in Rema il 25 giugno 1884.
(S; Lettera del cardinal Pacca a Lamennais, Roma i9
agosto iUlì.
si dms l'ordre religieua; le chrétien ne sait <(u*icoU'-
ter et xfhéPTy (l demmfe, à Tifftifà de lapui^mnieeiìpM'-
tuelle, entièrement libre- de^es opinicfniSy de )Bes "paroles,
et de ses actes, dans Vordre pttremerìt teniptff^l (ì),Mb.
il papa Hon ne fa soddisfano, « gfi ^ce rlspowJere
dal Pacca: Votre tonne fot, à laqnelle j'en (tppelh,
V0U8 dira si 'la nouvtlle déclàrdtion par vùus "emise
soit conforme h ce qn't)n tfous d&manànit, **- ^ ne
pourrais pas me -dispenser de voits déclarer ^néHe-
menty que les explications conienues dans % *Vnéme
lettre ont d'à affliger de plm eh plus fé cwur si doux
et si tendre du souverain pontife, qui quoique "Tìsmpli
de eharité pour vòus, ne fent nianmoins ^ taiY^ *sur
ijotre demière déclaration, se voymt an tontraire ììhHgé
de ia désappromer, — iTuime à m pttsuadì^ que
vons adresserez btentót h notre Très-ISaint PèTt une
déclaration digne de vous, c'est-^h-difiB missi 'èimple,
absoìue, et Ulimitée qu'elle rép&nd parfaitemeià ò vo-
tre précédente promesse, et qui puis^se enfin istttftfàire
entièrement à ses meux sijustes et si apoiVoliques {^),
Onde Lamennais conchìtréeva cott tutta ragiotìfe : En
signant cette déclaration sìmpte, absoloe, iìlìmitée,
je savais très-bien qué je stgnais impHcilement que le
pape était Dieu (3). Solamente io mi maraviglio,
come quel grande ingegno abbia Tìconoscìmo così
tardi, che precisamente ia divinità del papa % tutto
il catolicismo.
11 processo teologico involge tuttavia nm contra-
dizione così grave e manifesta, che la chiesa stessa,
quantunque amica e familiare dell'assurdo, la dovrebbe
(i) Lettera di Lamennais al papa» Parigi 5 novembre, i833.
(2) Lotterà del*cardinal Pacca a Lamennais, Roma 58 no-
vembre 1&33.
(3) Lavbnnais, Affaires de Rome, pag. 163-169, edil. Pa-
gnerro.
«t9
sentire, fissa ammette, come abbiamo veduto, ake la
credibilità deUa fede d dimostra con ona serie d'ar-
gumeotl 0 nmtim raekmali, da cui risulta con grande
sicurezza la verità della rellgtove. Dunque in code-
sto discorso la fede è una iliazio»e, a cui tien luogo
di premesse la ragione. Ora egli è un canone fon-
damentale di logica, cbe nel conseguente non può
trovarsi nulla più di quello, .cbe neiraatecedente si
caoUene; talché Tuno non può mai essere di satura
0 dì portata diversa dalFaUro. .Quindi la forma stessa
del ragionamento catolico distrugge la cattolica dot-
trina, non potendo la conclusione uscir (fuori dai
termind delle ipremee^e. Le premesse sono razionali;
dunque razionale rdev 'essere la conclusione. La ve-
ntò delle premesse ha per unico criterio la ragione;
dunque la ragione dev'essere eziandio il criterio unico
della verità della conclusione; dunque unica regola
della fede riman sempre la ragione. In somma, o bi-
sogna ammettere, che la fede non s'appoggia a ve-
runa dimostrazione, a verun antecedente, a verun
principio; che crede chi vuole; e che non può vo-
lerlo se non chi abbia un organo particolare da ve-
der rdttvisibile e da pensare l'inconoscibile, o, per
lo «meno, chi non senta in suo cuore l'inspirazione
diretta di Dio: e allora si cade in un fatico e cieco
misticismo, che non è più né scienza nò religione,
ma delirio e follìa. Ovvero bisogna stabilire la fede
su qualche principio o .preambolo, che dir si voglia,
naturale e razionale: ed allora si resta nel dominio
della logica e sotto il governo della ragione; la fede
non può esser altro che una maniera di conoscimento,
e la religione una forma di razionalismo.
Invano i teologi ricorrono alla trita distinzione
della certezza o evidenza estrinseca ed intrinseca,
concedendo alla ragione la prima, ma disdicendole
la seconda. Perciocché, in primo luogo, se la ragione
240
ha diritto di apprezzare i titoli, i motivi estrlofecl
della credibilità dei dogmi rivelati, non le si può in-
terdire né anche (piello di giudicare il valore e la
natura intrinseca degli stessi dogmi; altrimenti la
ragione riuscirebbe a conchiudere, che non le è più
lecito di ragionare. Or chi non sente quale mostruo-
sità sarebbe una ragione, che a forza di bel sillogi-
smi persuade a sé medesima la legitimità e la ne-
cessità del suicidio? D'altra parte, fra quanti motivi
addurre si possono per rendere credibile un dogma,
il più valido e convincente, senza alcun paragone,
si è quello di provare che esso esprìme una verità.
Vietando dunque alla ragione la facultà di definire,
se il dogma proposto a credere sia per sé stesso una
verità o un errore, le si nega appunto quell'atto, che
costituisce il carattere principale della credlbilitìi ; e
però si costringe a credere, senza che sapia di cre-
dere il vero. — Né giova l'opporre, che sì tratta qui
dì misteri incomprensibili, di cui la ragione conosce
bensì Vesistenza, ma ignora la maniera d*esisteTe, cioè
ignora necessariamente il subjetto, il 'predicato , e il
nesso dell'uno con l'altro (1); onde non può portare
alcun giudizio legitimo della loro verità. Nella co-
noscenza, quale che sìa, che si può avere del dog-
ma, 0 la ragione trova una positiva conformità a* suoi
principi; e lo deve ammettere come vero: o vi scorge
qualche reale repugnanza; e lo dee rigettare come
assurdo: o non può determinare né la repugnanza,
né la conformità; ed esso non forma oggetto dì co-
gnizione in verun senso; non é, per la ragione, né
vero, né falso; la non può e non deve né ammet-
terlo, né rigettarlo: per lei, esso é nulla. Dunque ri-
man sempre fermo il nostro assunto: o i dogmi ri-
velati non si devono credere, o il loro criterio dev'es-
sere la ragione.
(1) PiUbokk, loe. eit,y cap. ti, art. Il» a.* S3t.
In secondo luogo, perchè la ragione af esse Tobligé^
di arrestarsi davanti airautorità delia rivelazioiie^<«r
prestar una fede assoluta alla parola di Dio, codVdtì^
rebbe che la nozione delFesìstenza e della natui^^dt
questo Dio non dipendesse panto dal criterio della>ta^
gione; sì che esso Dio si rivelasse da sé medediitoif
come una sustanza o un ente positivo, la cui rlilMiP
e personalità si dovesse, non già argumentare Ibgi^
camente per via di induzione o deduzione, ma Mbl
accertare fisicamente per via d'osservazione o d'espaìd
rienza. Allora solamente potrebbesi invocare la tua,
autorità come inappellabile, e la sua parola come l'«*«
spressione della sapienza stessa increata e sussistili-»
te. Ma il fatto non istà cosi. La nozione di Dio pfé-'
cede per necessità alla teorica della rivelazione, e^-
costituisce la così detta teologia naturale, teodicea,^ò''
teosofia, scienza al tutto speculativa e filosofica, neUaj
quale perciò non havvi luogo ad altro criterio c^e,|
alla ragione. Ma la ragione può ella ammettere come,,
reale, o pur solamente come possibile, il Dio del ca- .
tolicismo? Ecco il nodo di tutta la questione. Data-
resistenza di questo Dio, il quale non è altro che'
un uomo sollevato con Timaginativa ad un grado in- !
finito di perfezione astratta o ideale, dato cioè un^'
Dio-persona, dotato di sentimento, di coscienza, di' ^
volontà, di libertà, il problema della rivelazione sa-\,'
rebbe tosto risoluto, e la teologia ne avrebbe il me-i.,
rito e la gloria principale (1). Ma il concetto di un ^
(i) Ne recherà un esempio. Il P. Luigi Tapparelli in quel
nojoso gua/.zabuglio, che per antifrasi intitolò Saggio teore- .
tico di Diruto naturale (p. I, cap. IX, n*" S36-337 ), accen- .
nando alte objezioni dei miscredenti^ esclama; « Quante dif*.
i flcuità si sono opposte dagli avversar] della rivelazione 1 ti
I uni pretesero, ctie Dio non può parlarci, altri ctie per suo
> onore non dee, altri gli permisero di parlare purchó non
■ insegni misteri, altri posta la rivelazione dei misteri riser-
I. 1*
ut
Dio così fotio, 66 potea piacere alla serva e puerile
ragioae* degli scolastici, repugaa troppo alla ragione
Ubera ed adulta <l£d filosofi. Oggioiaì non v' ha
più una: scuola filosofica di qualche polso, la quale
riconosca l*esi8itenzai del Dìohiook), che adora la chìe-
sa; e dì tuUe le eooclusioni dsUa scienza moderna
è questa per avye0i«ura la più comoiune e la più oer-
tà^ehC' la personalità repugna aU!easeaza sliessa del-
FEiite infinito; erquìAdi, che ilOìo personale del cateli-
clamor non è ttaeaie^ale, ma un concetto assurdo (1).
» bardnsi il dtritlo di' giadidairae la verità, altri senta limitar
È le materie- vtoftlevo aisegiiaro al loro creatore ti mezzo: con
• (mi dovea aUa- oreaMura eooimnDicaPsi, altri pretesero «saer
» iiMitile la Tivela»QDfi# aUtri... » (la reticenza è deirautore).
State ora ad udire ia trionlaate risposta del reverendo pa^
dre: « Ma basti questo catalogo di stravaganze; che se tutte
9 volessero enumerarsi, mancherebbe il tempo, essendo in-
» finito come il numero degli stolti, cosi per conseguenza
» delle stoltezze. Stcfltesze, io dico, giacché ammesso un Dio,
» cioè un essere influito creatore ed arbitro dell'universo,
» ciascuna delle aoce&Bste preposizioni sarebbe ridicola, se .
I non fosse empia. Un cainÉpotente ohe non può ciò che può
B ogni vecohierella, manifestar 1« proprie ide^l'» Avet& ca-
pito? Sotto pena d'empietà, e pe^^io, dovete credere la rive-
lazione arciposaibilissima in virtù di questo catolico razioci-
nio : — Iddio può tutto quello che fa ogni vecchierella; ora,
ogni vecchierella parla; dunque Dio può benissimo parlare.—
E queste pappolate, di cui vergognerebbero i garzonetti, si
chiamano sapienza catolic»! E l'animale, che le ripete, è
quel medesimo, che netta Civiltà eatoUea vuota ogni quin-
dici di il vocabolario delle ingiurie, de'vituperj, e delle ma-
ledizioni contro la scienza e li scienziati dell'età moderna! —
Ohi datevi pace, devotissimi padri. Se la teologia avesse po-
tuto istupidire rUmanità, li uomini sarebbooo pecore da lungo
tempo! Ma poiché il catolico disegno v'andò fallito, quando
yoi eravate i re dei re e i maestri della scienza; come dia-
volo volete che vi riesca oggidì , che siete divenuti servitori
dei cortigiani e discepoli dei bidelli?
(i) V, La Filosofia delle Scuole italiane, lett. 5 e 6., ed
// nazionalismo del Popolo, cap. IV e V.
Allora la possibilità medesima della rivelazione sva~
nisce: nata dall'antropomorfismo di alcune religioni
antiche, perpetuatosi nel cristianesimo, essa dovea
seguire le sorti del suo genitore; e venuta Torà in
cui la ragione umana riconobbe chimerico e repu-
gnante il Djo degli antropomorfiti, anche la teorica
dì una divina rivelazione^ sovranaturale, immediata,
diretta, particolare, dovette cadere e scomparire dalla
scienza, siccome falsa anch'essa e piena d'assurdità
e di contradizioni. Dunque la dottrina catolica in-
torno alle prerogative della rivelazione e della fede
vuoisi relegare tra le favole e le chimere.
Questa dottrina mitologica rimonta però ad un er-
rore più aito e profondo, che vizia tutto il sistema
teologico dal vertice alla base; perchè altera e gua-
sta la teorica bell'umana conoscenza. La quale, con-
forme all'analisi accurata e dìligentissima che ne ha
fatto la scuola critica, consta di due elementi: uno
subiettivo, condizione dell'intelletto conoscente; e
l'altro objettivo, condizione dell'ente conosciuto. Ora
l'umana conoscenza (non parlo dell'ordine cronolo-
gico, ma del razionale) passa per tre gradi: nel primo
essa non è certa né subjettivamente, nò objettiva-
mente, e si chiama opinione; nel secondo offre bensì
una certezza subiettiva, ma pure manca dell'obietti-
va, e dicesi fede ; nel terzo porta seco la certezza subiet-
tiva non meno che T obiettiva, e s'appella scienza*
Opinare, credere, sapere : ecco i tre atti progressivi,
co 'i quali la ragione i)erviene alla verità (l). Con-
siderando questi atti per rispetto alla coscienza del-
l'uomo pensante, l'opinione importa un dubio, la fede
una persuasione, la scienza un convincimento; e per
rispetto alla natura della cosa pensata, all'opinione
\i) Kant, Logique, Introduction.
244
risponde una probabilità, alla fede un'ipotesi, alla
scienza un'evidenza. L'opinione si esprime con un
giudizio problematico; perchè ciò che si opina, vien
tenuto per incerto: la fede con un giudizio assertivo;
perchè ciò che si crede, vien asserito come certo
subjettivamente : la scienza con un giudizio apodittico ;
perchè ciò che si sa, vien affermato con certezza sub-
jettìva del pari che objettìva.
Pertanto l'opinione, cioè una conoscenza fondata
su motivi insufficienti così dal lato subjettivo come
dall' objettivo, può considerarsi qual un giudizio pro-
visionale: la ragione opina avanti di affermare, e l'o-
pinione è il primo passo dell'intelligenza verso la ve-
rità. L'opinione adunque, come stato permanente della
ragione, non ha luogo nelle conoscenze a priori^ quali
sono, per esempio, le matematiche: qui v'ha scienza
0 ignoranza; nessuna via di mezzo. Ma occorre so-
lamente nelle cognizioni empiriche, come nella fisica,
nella medicina, ecc.: qui si tratta di oggetti speri-
mentali, la cui conoscenza vien limitata spesso dalle
condizioni della facultà di sperimentare, dall'eserci-
zio, e dagli strumenti. Quelli oggetti possono quindi
conoscersi in -parte, senza escludere tuttavia la pos-
sibilità del contrario: non v'ha dunque più ignoranza,
né havvi ancora certezza.
La fede, cioè una conoscenza produtta da motivi
sufficienti dal lato subjettivo a persuadere l'individuo,
ma insufficienti dal lato objettivo a convincere li al-
tri, si riferisce essenzialmente ad oggetti, intorno ai
quali .non è possibile né l'opinione, né la scienza,
ma soltanto una certezza personale, che il pensarli
a quel modo non repugna. La ragione adunque per
via deUa fede crede alla possibilità dell'oggetto, che
non può sottomettere né all'esperienza, né alla di-
mostrazione. E però non sono materie di fede né le
cognizioni empiriche, di cui si può av«r« una cer-
tezza sperìmeutale» né le speculative a priori, di cui
si possono aver prove apodittiche; onde la fede ri-
mane esclusa dalle scienze naturali e razionali. Essa
è cosa tutta subiettiva; e concerne solamente quelle
conoscenze, a cui la ragione vien determinata, nod
già da un principio di verità objettiva, ma da un
iastinto, da un sentimento, da un bisogno, da un
interesse, da un principio insomma dipendente dalla
natura o dalla condizione personale dell' individuOi
Così crediamo, per cagion d'esempio, alla realtà delle
sustanze, air identità dell'io, all'esistenza dell'infi-
nito, all'immortalità dell'anima: credenze, che impor-
tano solo la persuasione della possibilità del proprio
oggetto; poiché non lo riguardano in sé stesso, ma
nella coscienza e nel pensiero.
La scienza da ultimo, cioè una conoscenza gene-'
rata da motivi sufficienti a produrre ambedue le spe-
cie di certezza, la subiettiva e T objettiva, si fonda
0 su l'esperienze, ed é empirica; o su le idee, ed è
razionale. L'intelletto allora possedè l'evidenza della
verità: evidenza fisica, nel primo caso; metafisica,
nel secondo; e sente in sé stesso non la persuasione
soltanto, ma anche il convincimento. Da quest'or-
dine di cognizioni vien al tutto esclusa non men
l'opinione che la fede: l'opinione, perchè si ha la
certezza, e non più il dubio ; la fede, perchè si hanno
teoreoìi, e non più ipotesi. E questa è la vera e per-
fetta conoscenza, la sola che valga ad appagare lo
spìrito, la sola che metta la ragione in pieno possesso
della verità. Perocché neir opinione la verità si co-
nosce come incerta; nella fede non si conosce come
corta per sé stessa, ma si asserisce come possibile in
un ordine ideale; nella scienza all' incontro si conosce
come certa ed evidente ; la ragione l'abbraccia, non per
un impulso cieco e mistei*ioso, ma con un assenso ri-
flessivo ed a89olutó. . .
m
Da questi principi sì raccoglie manifeslapiente,
che la fede è una specie di conoscenza assai imper-
fetta, poiché non ha un legitimo valore objettivo;o
a dir meglio, una specie d'ignoranza, poiché infine
è l'assenso ad un'incognita. Ma, ignoranza o cono-
scenza che si voglia, la fede è sempre un atto della
ragione; onde è assurda lìe' suoi termini stessi la
dottrina , che al criterio della ragione pretende di
sottrarre la fede. E non vai punto l'opporre, che
nella fede catolica entra un doppio elemento afiatto
superiore e sovranaturale, cioè objettivamente l'au-
torità della rivelazione dì Dio, e subjettivaraente l'im-
pulso della grazia di Cristo. Perocché né l'uno riè
l'altro non mutan l'essenza e la natura di quel fatto
psicologico, in cui condiste la fede. Non la muta il
secondo; poiché l'impulso della grazia starebbe alla
fede teologica, come l'instlnto o il sentimento della
coscienza alla fede naturale: ambedue si riferiscono
ad una persuasione individuale, che dee sottostare
evidentemente alla critica della ragione. E non la
muta il primo; poiché tanto varrebbe nell'ordine so-
vranaturale r autorità della rivelazione di Dio, po-
sto che si dovesse ammettere, quanto neir ordine ra-
zioTYale l'autorità della testimonianza degli uomini ,
cioè, scientificamente nulla. L'autorità delle testimo-
nianze, in materia di fatti sperimentali, non ispetta
alla fede, ma all'opinione, se fornisce una semplice
probabilità ; e alla scienza, se produce una vera cer-
tezza;' onde la locuzione di fede storica è un idio-
tismo e un controsenso. I fatti storici essendo feno-
meni esterni e sensibili, non si credono a rigore
di termini, ma si provano con l'esperienza propria
o altrui. In materia poi d'idee ovvero di fatti so-
vrintelligibili, r autorità delle testimonianze non prova
nulla. Essa non può influire punto su la realtà ob-
iettiva delle conoscenze; poiché altrimenti le tra-
t47
sformerebbe in oggetti o di scienza o di opinione;
il che repugna al nostro caso. Laonde potrà, tutto al
più, recar un appoggio o un rinforzo alia persuasione,
con cui altri crede a quei fatti, a quelle idee sovrintelli-
gibili; ma non riuscirà giammai a dare quello che
non ha e non può avere, cioè la certezza objettiva
della realtà di quelle idee, di <[uei fatti incompren-
sibili, a cui si crede. Adunque la fede, naturale o so-
pranaturale che si supponga, va tempre sottordinata
alla ragione; la ragione adunque è eeoipre l'unico cri-
terio del vero.
Ed ecco in qual senso la filosofia isodema rieow»^
see rassoluta indipefideitza o arotonomia della ragiohe :
senso, own'è diiaro per sé, ben diverso da quello, in
cui mostrano d'intenderla i cieob! e oaparbj difensori
del 4»tolicismo. I quali per dafs! il vanto di trioni^T
agevolmente della filosofia, ^a fan discorrere a modo
loroyele affibbiano assurdità di loro* propria invenzione.
Così per indipendenza della ragione essi intendono ia
sregolatezza, o la negazione di ogni principio e di ogni
verità; e gddafio ^lla vittoria, quando abbiano jpro-
vato die un'indipendenza così fatta è assurda, poi-
ché v'è una legge suprema di verità, a cui la ra-
gione 'non deve, anzi non può contradire (1). Che
(1) Valga per tutti queifinterpreie della compagnia (K Gesà,
cioè del papa, cioè dei lo Spirito Saoto, cbeò la Civilià eia*
tolica : « La prima questione, che mi si offlre degna di -sta*
• dio e bisognevole di scfoglimento, é la seguente: che debba
I stimarsi dell*umana mente, dell'umano pensiero: se ilebba
I credere lìbero da regole e sciolto da leggi. In altri ter-
» mini, se ciò che è altissimo in noi, se la mente nostra, eh»
» tanto ci avvicina a Dio, e tanto dalla materia e da quanto
I è sensibile ci diparte, debba giudicarsi superiore ad (Sgaì
» legge, autonomo, o non anzi sottomesso a leggi, ohe ft»
» dirigano li atti, e ne moderino e goveroino I4 QpeEaii9i^t
^eiatotierlal Ma dov'è, in giazìa, im iìiosofo di qual-
Id^tlieiuìo, che abbia mai sognato il contrario? Chi
^Cif^fti' sostenuto» che la ragione per essere indipen-
4tbte! [debba riguardarsi come eslege, licenziosa, sca^
fitstnAa? Chi mai ha sostenuto, che l'autonomia della
lagioiié consista nella facultà di negare l'evidenza o
4i -Ammettere la contradizione?
-oSìi sijgnori, i filosofi lo sanno e lo provano meglio di
jniAfiiM^ìè una legge suprema di verità, a cui la ragione
DìQiD (può repugnare. Fin qui siamo d accordo perfet-
tamente. Ma che cos'è questa legge e questa verità?
Voi la chiamate ragione o volontà di Dio ; noi invece
Ti^pp^iamo legge razionale o naturale dell'Umanità.
Npf^,|è p^rò questo il puntp della questione. Qualunque
f^ ij^, filalo 0 il nome che le stia meglio, egli è evidente,
f^a riposta legge suprema di verità non può gover-
fi||iffl,l.' stelletto umano, se non a due condizioni:
Xi^ «^'^sa si trovi: 2.*' che si applichi. Or bene, qual
ÒM^kj/agultà destinata a farne la scoperta e Tappli-
^zipjQ^,? È una sola : la ragione. Alla ragione adun-
qi^, s'i^ppartiene d'investigare la legge di verità e
di) j9pp)f^rla ai varj ordini di conoscenze; ed in que-
aÌ!offic^ .sublime è. affatto indipendente da ogni au-
iOi;^t^[ ^rinseca, da ogni regola positiva; non di-
pende |Che da sé stessa, cioè non dee riconoscere al-
tra guida che il lume naturale, da cui è rischiarata;
ivè alUe leggi che i principj razionali, ond'è costi-
tuìta*.fi[on è ella dunque propriamente il criterio as-
soluto d^ vero?
' 'B"'WtBdbno dì opporci un argumento fortissimo re-
cltànidohé'la storia dei moltiplìci e moltiformi erro-
Md^^inéliiesla é nobile, è Hijlcndida, é fondamentale, e do-
»ujnarida.i$el«glimei]io chiaro, in-cciso, decisivo. » (Tom. V,
249
ri, in cui cadde rUmaiiilìi? Ma, dire che la ragione
; è indipendente, non è dire che sia infallibile; e molto
) meno, che sia infallibile la ragione individuale di cia-
scun uomo, in ogni tempo, in ogni luogo, in ogni
cosa. Quella storia prova solamente, che la ragione,
individuale o collettiva che sia, nasce nell'uomo, come
tutte le altre sue facultà, debole, inesperta; che ha
bisogno dì educazione, di sviluppo, di esercizio per
fortificarsi; e che. pure non è giunta finora all'apice
delia sua perfezione, e molte cose ignora tuttavia,
d'altre dubita, ad altre crede, ma senza motivi suf-
ficienti. Oh! la gran novità! la gran maraviglia! E
temono forse, che noi vogliamo contrastare air evi-
denza di questi fatti?
Inoltre, se parlasi veramente di errori, i fatti
stessi ridondano a titolo di merito, e non di accusa,
per la ragione; perciocché attestano in somma il suo
progresso effettivo nello studio e nella scoperta del
vero, essendo per fermo un gran vero il riconosci-
mento di un errore. Onde apparisce, che la ragione
merita tanto più di fiducia ne' suoi giudizj, dacché
l'errore non arriva giammai ad accecarla ; e se l'ab-
baglia oTaffascina un giorno, il giorno appresso, alla
luce della riflessione, al cimento dell'esperienza dile-
guasi; la ragione rinsavisce; il vero trionfa. Anche
l'errore è scuola di verità ; e la facultà dell'errore è
una condizion naturale della ragione. Non erra la
forza bruta, perchè è cieca; non erra l'inslinto, per-
chè è fatale; ma erra la ragione, perchè è ragione,
cioè coscienza, riflessione, libertà.
Se non che li errori, intorno a cui declamano co-
storo, non sono altro che le opinioni filosofiche e re-
ligiose, diverse dai loro dogmi; e muovono un pro-
cesso alla ragione, perchè invece di rassegnarsi docile
• tranquilla agli oracoli della loro rivelazione, la volle
tndare più innanzi; • per vedere di penetrar In qual-
250
che modo nella natura di tìio, deiruomo, e deiruni-
verso, inventò sistemi che non s'accordano punto con
le parole della Bibbia e le decisioni della chiesa. Il
quale argumento suppone niente meno che questo
principio : il dogma teologico essere il vero assoluto !
E queste favole, o signori, saravvi lecito forse di con-
tarle a quei poveri devoti, che della vostra lingua
fanno un membro particolare dello Spirito Santo, e
del vostro cervello un tabernacolo privilegiato di Dio;
ma volerle spacciare in publico, fra genti non idiote
affatto, egli è, uno spingere la semplicità e la pre-
sunzione fino al ridicolo. I vostri dogmi son forse
qualche rivelazione recente e segreta, di cui la ra-
gione non abbia ancora notizia, ed erri per ignoran-
za? Non sono Torse così vecchi come la vostra teo-
logia? Non han forse dominato per otto o dieci secoli
in tutte le scuole, co 'I più assoluto e despotico im-
pero, di cui faciano menzione le storie? E tuttavia
quell'impero dovette cadere, quando la ragione fu
convinta ch'era iniquo ed assurdo; le scienze allora
si emanciparono dalla vostra goffa tutela; e al si-
stema catolico la filosofia contrapose altri sistemi. Che
poi questi sistemi a voi sembrino errori e mostruo-
sità, non ci stupisce punto, e c'importa assai poco.
La filosofia li propone come ipotesi, e non come dot-
trine; li considera quali materie di congettura, e non
di scienza. La conclusione pertanto, che deriva da
questa varietà e contrarietà di sistemi, onde voi me-
nate sì gran rumore, sapete qual è? Si è questa: dun-
que la teorica dell'assoluto non esiste ancora ; la scienza
della causa suprema, dell'origine prima, e del fine
ultimo delle cose, non è ancora costituita ; tutti i si-
stemi ontologici possono abbracciarsi come opinioni,
nessuno come dottrina; tutti han ragione nella parte
critica, nessuno nella dogmatica; onde l'imputar ad
%rrore della ragione ledifficullà, in cui urtano tutti,
o li assurdi che tutti si tirano seco, tornerebbe lo
stesso che accusarla di non essere perfetta, onni-
sciente, infinita : accusa che noi, sì, possìam muovere
giustamente al catolicismo, il quale pretende alla ri-
velazione delFassoluto; ma che voi non potete ritor-
cere contro alla filosofìa, la quale riconosce i limiti
della ragione, circoscrive il campo della scienza, e
non isdegna di confessare, dovunque occorra, la pro-
pria ignoranza.
E qui potrei far punto. Che la libertà non am-
metta alcun altro criterio del vero fuorché la ragione;
che (juesto criterio non possa accettarsi dal catoli-
cismo; e che il principio d'autorità, contraposto daUa
chiesa a quello della ragione, sia erroneo ed insus-
sistente: parmi chiarito abl»astanza. Ma prima di le-
var la mano da questa controversia, invito i lettori
a voler assistere meco per brevi momenti ad uno
spettacolo, che non è tragedia, né comedia, ma un
misto di tragico e di comico, a cui sapranno essi
adattare un nome proprio. Il titolo si è : La ragione
filosofica e la ragione catoUca; la scena ha luogo in
Parigi, nel tempio dell'Assunzione, su'l pergamo, l'anno
1851; unico personaggio, il P. Gioachino Ventura (1).
Ed unico in tutti i sensi : perché egli solo comparisce
ÌD teatro; egli solo parla; ed egli solo fra tutti li
attori dell'universp mondo è capace di recitare in pu-
blico un monologo, dove quanti periodi, tante sono
le goffaggini, le menzogne, le insolenze, e le calunnie.
Chiunque non ha smarrito affatto 11 buon senso ed
il pudore, mal reggerebbe alla rappresentazione di
(I) La raison philosophiqne et la raison catfiolique, con-
férences préchées à Paris dans Tannée 1851 par le T. R. Ven-
tura. DE Raolica. — Le citazioni son tolte dalla versione ita-
liana, eseguita di commissione e con approvazione delPÀutore,
e publicata a Milano- Genova, dS53.
2:52
(j nella farsa indecente e scandalosa; ond'k) non vo-
glio condannare me stesso, né chi legge, alla tortura
Insopportabile di ascoltarla intiera. Ne udiremo sola-
mente qualche tratto, che valga per saggio di tutta
Topera, e basti a mostrare in quale fango si vadano
oggidì ravvolgendo li apostoli più famosi del catoli^
cismo.
II. P. Ventura chiama ragione filosofica quella dot-
trina, che sostiene: « l'uomo bastare a sé stesso per
» conoscere perfettamente la sua natura, le sue re-
» lazioni con tutti li esseri, e l'ultimo suo destino; »
e chiama in vece ragione catolica quella dottrina,
che afferma: « l'uomo avere bisogno e immenso bi-
» sogno dì Dio per conoscere lutto ciò; e doversi
» sottomettere all' insegnamento del figliuolo di Dio,
» fatto uomo (1). » Adagio, reverendo padre; e scu-
satemi, se, contro le usanze del vostro teatro, io vi
interrompo e vi do su la voce* Io, vedete, non sono
più una pecora catolica; e però non ho più l' obligo
di credere ciecamente alla vostra sacra parola. Fin-
ché voi parlate il vero, io mi sto cheto, e vi ascolto
con religioso silenzio; ma se voi spropositate, se men-
tite, se ingiuriate, se calunniate, peggio per voi I fate
conto di sentirvi a dare i titoli che meritate, senz'al-
tre cerimonie. Veniamo a noi. Nella definizione che
avete fabricata della ragione filosofica, voi assegnate
quattro caratteri alla sua conoscenza, e sono quat-
tro menzogne: capite, padre Gioachino?
La filosofia insegna, secondo voi, che l'uomo può
conoscere perfettamente: menzogna prima! La filoso-
fia invece sa^e dimostra, che la cognizione perfetta
non é possibile all'uomo nello stato presente della
sua ragione.
(4) Confvr, j, n.** 3.
259
La filosofia pretende, a vostro giudizio, clie Tuomo
può conoscere perfettamente la stia natura: menzo*
gna secondai La filosofia, al contrariOi^ prova e so-
stiene, che la natura così delFuomo come d'ogni al-
tro ente, o è afifotto incognita e impenetrabile alla
ragione, o se ne ha appena una conoscenza imperfet-
tissima, incertissima, e piena di oscurità e dì mi-*
steri.
La filosofia si vanta, a parer vostro, di conoscere
perfettamente le relazioni delVuomo con tutti li altri
esseri: menzogna terza 1 La filosofia, all'opposto, pro-
fessa che delle relazioni che corrono tra l'uomo e
li altri esseri ne conosce appena una minima parte;
e che quanti sieno veramente tutti lì esseri, ond'è
composto l'universo, l'uomo non l'ha mai saputo, non
lo sa ancora, e non lo saprà giammai.
La filosofia si arroga, per vostro avviso, di cono-
scere perfettamente Vultimo destino delViwmo : men-
zogna quarta! La filosofia, all' incontro, dichiara che
de' suoi destini futuri l'uomo non ha e non può avere
alcuna conoscenza certa e positiva: la vita avvenire,
agli occhi della ragione, è un vago presentimento,
un'aspirazione ideale, una credenza instintìva, ma non
una teoria.
Eccovi dunque, reverendo '^padre, quattro solenni
menzogne in due linee; e menzogne tanto più ree
ed inescusabili, perchè compongono una definizione;
e una definizione, che contiene tutto un sistema; e
un sistema, che è quello de' vostri avversarj.* — Li
editori deF vostro libello nel loro avvertimento ci danno
la notizia, che interrogato Gregorio XVI, quale fosse
il primo dotto di Roma, gli è, rispose, il padre Ven-
tura. Se per dotto quel tristissimo papa intendeva
bugiardo, egli avea mille ragioni; e poteva ben ag-
giungere, che voi siete il più dotto urbis et orbis, E
éoiv% mai trovart in tutta la cristianità un altro por-
254
tento di frate come voi, che avesse Taudacia di mon-
tare in pulpito a maltrattare la ragione filosofica y
cominciando a definirla con quattro imposture?
A qdesto bel principio risponde degnamente il sé-
guito della diatriba. Voi, padre Gioachino, intitolate
la prima: Della ragione filosofica presso li antichi;
e riducete tutti li antichi filosofi alle sole due classi
degli epicurei e degli stoici (1) , che nella storia della
filosofia antica tengono l'ultimo ed il mìnimo posto.
E questa, reverendo padre, è mala fede.
Voi ammettete una ragione religiosa degli antichi
tempi e dei primi filosofi, in virtù della quale t di-
versi popoli della terra sempre e dapertutto furono
poco meno che catolici (2) ; poiché professavano tutti,
chi credesse alla sacra autorità della vostra parola,
quasi la stessa dogmatica e la stessa morale, che voi
predicate (3) : e poi traducete in mezzo un'altra rct-
gione filosofica, che schiantava dalle fondamenta^quel-
l'altra ragione, e metteva sottosopra tutto quel si-
stema religioso (4). E questo, reverendo padre, è un
gruppo di falsità e di contradizioni.
Voi provate, che la ragione filosofica è assurda nel
suo metodo, perchè non tutti li uomini possono fa^
cilmente divenire filosofi (3). E questo, reverendo
padre, è un raziocinio catolico per eccellenza, e tutto
proprio di voi.
Voi credete, essere stati li ebrei, che per mezzo
di Giuseppe portarono nell'Egitto ogni scienza ed ogni
incivilimento, e lo chiamate un argumento da scrivere
un libro bello ed importmte (6). Ah! reverendo pa-
(i) N.« 5.
(3; N.» 7.
(3) N.« 6.
(4) N.? 8.
(5) N.« «.
(«) N.« <0.
255
dre, scrìvetelo voi questo bel libro. Non c'è fra tutti
i viventi oggidì nessuna testa, dalla vostra in fuori,
capace di provare, che un ragazzo, guardiano di pe-
core, abbia potuto portare ogni scienza ed ogni inct-
tilimento in un regno già da lunghi anni incivilito
e addottrinato. 11 tema sarebbe degno di voi, e voi
ancora più degno del tema.
Voi accusate la ragione filosofica degli antichi di
essere- stala, per riguardo a DtOy antropomorfita, non
avendo potuto mai imaginarselo senza corpo (1). E
questa; reverendo padre, è un'altra impostura. I più
celebri sistemi dell'antica filosofia erano spiritualisti;
e fra i materialisti medesimi, nessuno spinse mai l'an-
tropomorfismo fino al' segno della Bibbia. Direte forse,
che la Bibbia vuol essere interpretata? Ma allora,
padre Gioachino, perchè non interpretate eziandìo i
filosofi antichi?
Voi in somma compendiate tutta la vostra dottrina
circa la filosofia antica in questa conclusione : Presso
li antichi filosofi, tutta la metafisica altro non era che
idmlismo o materialismo ; e la loro morale altro non
era in fondo che orgoglio o voluttà. Così, dopo tanti
secoli d( studj, di ricerche, di viaggi, di dispute, di
ragionamenti, la ragione filosofica di quei tempi non
seppe risolvere alcuna questione, non seppe stabilire
alcuna verità; ma, al contrario, patrocinò tutti i vizj, ,
tutti li errori (2). E questa, reverendissimo padre, è
menzogna impudente e calunnia infame. I libri mo-
rali di Platone e dì Aristotele, di Cicerone e di Se-
neca, per tacere d'altri, sono così superiori e per la
sustanza e per la forma alla congerie di barbarismi
e d'oscenità, che nelle vostre scuole s'appella teolo-
gia morale, che io temerei d'offèndere la memoria di
(1) N.« i9.
(5) N.« i6.
256
quei grandi, de per difenderli m'accìngessi a parago-
narli co' vostri casisti, che sono una brutta carica-
tura de' farisei. Sì, mi farei coscienza di mettere a
confronto il sorriso del cielo con l'orrore dì una spe-
lonca, un'academia con una taverna, il linguaggio
eloquente della natura co'i pravi sofismi dell'ipo-
crisia.
E pure le maledizioni, che voi lanciate alla filoso-
fia antica, sono complimenti e gentilezze a petto di
quello, che voi osate asserire della moderna, lo non
istarò qui a ribattere le vostre impertinenze; che per-
derei l'opera e la fatica. Ne leverò solamente alcuni
saggi, come documenti a dimostrare, che voi, reve-
rendo padre, se non siete un ribaldo, siete un men-
tecatto: « La ragione filosofica nel decimottavo se-
» colo spezzo ogni freno, si tolse la maschera, e mo-
» stressi al mondo in tutta la sua licenza, in tutta
» la sua deformità, in tutti i suoi delirj, in tutti i
» suoi orrori. — Essa negò non solamente ciò che
» non si vede, ma ancora ciò che si vede; negò non
» solamente Iddio, ma ancora il mondo; non solamente
» li spiriti, ma ancora i corpi; non solamente la vita
» nel mondo futuro, ma ancora la morte nel mondo
D presente (1); essa negò ogni morale, ogni giustizia,
(i) Qui r accusa è talmente enorme ed incredibile, che il
frate medesimo senti il bisogno di giaslillcarla in qualche ma-
niera; e vi appose per ciò la seguente annotazione: Ognunv
sa che Condor cei, il più pazzo dei filosofi di questo secolo,
ha predetto che un giorno la filosofia acrebbe trovato e ri-
velato alPuomn il segreto di non morire. Ma in primo luogo,
Topinione di un filosofo non è la filosofia. Oh! che direbbe
il P. Gioachino s'io imputassi alla ragione eatoliea tutte le
bestialità, che uscirono dalla penna di ciascuno dei suoi pri-
vati dottori? Ed in secondo luogo, non è vero che Gondor-
cet ab^a negato la morte: il P. Ventura falsifica la attera
» ogDi dovere, ogùi virtù; essa negò ogni Idea, ogni
» principio, ogni sentimento, ogni credenza, ogni v^
» rità, ogni certezza, ogni culto, ogni religione, ognt
« Io spirito della sua dottrina. Nell*opent postuma. Esquitte
d*un tableau historique des progrès de l'esprit humain, di'
xième epoque, discorrendo dei progressi futuri dello spirito
umano, Gondorcet scriveva: « La perfectibilité ou ladróne-
ration orgargque des races dans les végétaax et daos let
animanx, peut étre regardée comme une des lois générales
de la nature. Cette loi s*étend à l*espèce humaine, et per-
sonne ne doutera sans don te, que les progrés dans la mé-
dedne conservatrice, Tusage d*alìments et de logements plus
sains, uno manière de vivre qui développerait les forces par
l*exercice, sans les détruire par des excè8;qu*enfin, la des-
Iniction des deux causes les plus actives de dégradatlon,
la misere et la trop grande richesse, ne doivent prolonger*
pour les hommes, la dnrée de la vie commune, leur assu-
rer une sante plus constante, une consiitution plus robus-
te. On sent que les progrès de la médecine préservatrice,
deveuus plus efflcaces par ceux de la raison et de l*ordre
social, doivent faire disparaltre à la longue les roaladies
transmissibles ou contagieuses, et ces maladits générales,
qui doivent leur origine an climat, aux aliments, à la na-
ture des travaux. Il ne serait pas difflcile^de prouver, qus
cette espérance doit s'étendre à presque toutes les autres
maladjes, dont il est vraisemblsfble que Ton saura toujours
reconnattre les causes éloignées. Serait-il absurde, mainte-
Dant,de supposerque ce perfectionnement de Tespéce bu-
maino doit étre regardé comme susceptible d*un progrès
indéflni; qu'il doit arriver un temps où la mort ne serait
plus que reffet ou d*accidens extraordinaires, ou de la des-
truction de plus en plus lente des forces vitales; et qu*en
fin la durée de T intervalle moyen, enlre la naissance et
cette destruclion, n*a elle-méme aucun terme assignable?
Sans doule Thomme ne dev iendra pas immortel ; mais la
distance entre le moment où il commence à vivre, et l'e-
poque commune où naturollement, sajs maladie, sans ae-
cident, il éprouve la difficulté d*étre, ne peut-elle s*accrot-
tre sans cesse? Comme nous parlons ici d*QD Vrogrò<: su-
1. 17
«te
» società. — Non ritiiànen'dole più nulla a negare
» fuòri' dj M médtóiffi^y edcò un bel" j^ornò difessa
» tiegi è' cahòélld' sé medesima, facendo TapoteiD^i di
» sceptiblA d*étre repr(>senté avee précision, par des qaantltés
namériqoes ou par des lignes, c'est le moment où il con-
viene de développer les deux sens« dont le mot indéflni
est susceptìbìe. én effei, celte durée moyenne de la vie,
qui dolt angmenter sans cesse, à mesnr» que nous en-
fongons dans Tavenir, peut recevoir des accroissements, sui-
vant une loÌ telle, qVetle approche continuellement d'une
étendue illimitée, sans pouvoir Tatteindre jamais; où bien
saivant une loi telte, que celte méme durée puisse acque-
rir, dans rimmensiié des siècles, une étendue plus grande
qu'une quanlité déterminée quelconque qui lui auralt. été
ossignée pour limite. Dans ce dernier cas, les accroisse-
ments sont réeliement indéflnisdans le sens le plus absolo,
puisquMl n*existe pas de borne én deca de laquelle ils doi-
vent s*arré(er. Dans le prenàier, ils le sont encore par rap-
port à nous, si nous ne ponvons flxer ce terme* quMls ne
peuvent Jamais atteindre, et. dont ils doivent toujours s*ap-
I^rocber; snrtout, si connaissant seulement quMisne doivent
point s*arréler, nous ignorons méme dans lequel de cea
dfìux sens le term^ dMndéfini leur doit étre applique; et
tei est précisément lei terme de nos connaissancès actuelles,
sur la perfeciibiiiié de Pespèce bumaine; tei est le sens
Àans lequel nous pouvons Tappeler indéhniè. Ai'nsl, dans
l'exemple que l*on considère lei, nòus devons crotre, que
cette durée moyenne de la vie bumaine doit crottre sans
cesse, si des révolutìons physiques ne s*y opposent pas,
mais notis ignorons quel est le terme quVlIe né dòlt ja-
mais passer; nous ignorons róémè si les lois générales de
ià nature en ont déterminé, au-delà duquel elle ne puisse
s*étendre. » Edi à quésto filosofo un frate ardisce dar del
pazzo? Ed in questo discorso un frate arriva a leggere la n«pa-
zione d'ella morte f Ah! giàm*ero accorto, cbe costui non ha
DÒ pudore, né buona fede, né senso commune'; ma adesso im-
paro di più, èJÀ* eg\ì è privo pérfin degli òcchi!.. . Accecato
À*anima e di è^rpol cò^V va 6éné: lì P. CibacAìno Vt^nlùi'aè
f\ modello più compilo (tei fra^è, det teologo, e (JfelràK^oloiitlstai.
» una prostituta sc^to^il titolo di Dea Mh ra§i<fn6 (1).
» — I filosofi, che aveano tanto gridato contro la
» superstizione, finirono co '1 curvare la fronte orgo-
» gliosa ai piedi dell'idolo infame della voluttà, ed
D immergersi nella superstizione più oscena^ pia d-
» nica, più triviale, dinanzi la quale i fìlosofi'pagani
» aveano sempre retroceduto. — Più vei^ognoea di
9 quella degli antichi, questa idolatria fu aneora più
» crudele, l Greci ed i Romani immolavano ecatombi
» di animali a Giove ed a Venere, meatre' dinanzi
» all'altare della Dea della ragione vennero immo-
» late ecatombi di vittime umane, ed anco di filosofi,
B affinchè nella persona di questi sacerdoti della ^ra-
» gione, i quali eransi stabiliti quai rappresenCattti
» della ragione, essendo questa spirata ntel sangue,
» venisse in miglior modo confermato essere cpiesta
» l'epoca deirawillmento della ragione, della sua fine,
» e della sua distruzione. Fu questa ancora 1* epoca
» d'orribili orgìe, di scene di sangue, di delitti, di
» cui niun popolo pagano, akin popolo s^vaggio
» avea dato l'esetopìo (2). »
E la filosofia del secolo decimonono è fovse quai*
che cosa di meglio? Voi, padre Gioachino, riducete
tutta la ragion filosofica di qhiesto gran secolo alla
scuola francese: prima balorda^ine o impostura,, come
volete. Poi riducete tutta la filosofia francese all'e-
cletticismo: seconda impostura o balordaggine, come
vi piace. Travisata cosi, adulterata, mutilata, e mano-
messa la filosofia moderna di Francia con le vostre
proprie mani, come la trattate? Essa fece « passar
» nella lingua universale, nella lingua dell' incìvili-
» mento, direi qiTasi nella lingua cristiana, ì sistemi
{ìj Confer. Ili, n.« 11.
C2, N.» 13.
B vuoti, ignobili, assurdi della filosofia tedesca, non
» avente per base che il paganesimo, i falsi splendori
» della ragione, le tenebre per guida, le vane discus-
» sioni dei due uHimi secoli per ajuto, e per iscopo
» la degradazionedeiruomoelaruìnadellasocietà(l).»
Essa « ha presentato e fatto accettare alla Francia,
9 come filosofìa indigena, i sogni di tutto ciò che
» l'intemperanza più svergognata della ragione ha
» prodntto di più pesante, di più incomprensibile, di
» più mostruoso neir estero: il che sarebbe immen-
» samente ridicolo, se non fosse profondamente em-
» pio (2). » Essa « adottò particolarmente Tignobìle fa-
» vola, che lo stato primitivo ed originario dell'uomo
ì> fu lo stato selvaggio ^ questa ignobil favola, dove
» trovasi la poesia, la balordaggine, la menzogna,
» l'assurdità, tutto, fuorché la filosofia, venne tra-
» dutta letteralmente dai libri degli epicurei tedeschi,
» che essi pure l'aveano rinvenuta nel fango degli
» epicurei della Grecia (3). » Essa non a fece altro
» che oscurare, affievolire con mezzi celati e perfidi,
» non osando combattere apertamente, le verità gè-
9 nerali, di cui il mondo non può far senza (4). » Essa
non « riuscì ad altro che ad ingannare, a depredare
» le menti che ad essa si confidarono; — non è altro
» che un vile ammasso di stupide bestemie, di assurde
» e stravaganti opinioni (5). Nel principio di questo
» secolo, atterriti dagli orrori dell'ateìsmo sociale, che
» fu l'ultima parola della filosofia moderna, i filosofi
» razionalisti hanno fatto sembiante di voler restau-
» rare le credenze, hanno inventato una specie di pan-
j> teismo e di misticismo cristiano, e ne han formato
{[) N.« i3.
i3) ma.
(3) /ftid. , not,
(i) N.» i5.
15) ibid,
MI
n un sistema, una dottrina, una religione. Orribile
j» e stupida religione, che non è che la mistura del
» sacrilegio e dell'assurdità ! — Il panteismo moderno
» altro in fondo non è che l'ateismo dell'ultimo secolo
» con una maschera per nascondre la sua deformità. —
0 La filosofìa razionalista de' nostri giorni non è che
» la continuazione della filosofia del secolo decimot-
» tavo, aggiuntavi l'ipocrisia (1). »
Poi fate di Proudhon un discepolo di Gousin; e
per confutarlo con un tremenda raziocinio: è désso,
voi gridate, che « aggiungendo l'insulto alla nega-
» zione, ha pronunciato queste orribili parole, che
» gettarono lo spavento, la costernazione, il èolore
9 lo tutta l'Europa cristiana; queste orribili parole,
1» che sarebbero l'onta del paese che le ha ascoltate,
» se questo paese non ne avesse rigettato, con l'or-
» rore con cui le accolse, l'odiosa solidarietà; que-
» ste orribili parole, che non si direbbero la favella
]> d'un uomo, ma il grido di Satana; non una voce
» della terra, ma un muggito dell'inferno, e che io
» tremo in ripetere: Dio è il male.... (2). » Ah, pa-
dre Gioachino, tremate? Ma senza tante smorfie di
tremore, e tanto baccano d'inferno, di muggito^ di Sch
tanasso, di urlo, di dolore, di costernazione, di spa-
vento, di orrore^ non fareste meglio a confutare con
buoni argumenti la conclusione di Proudhon? Il quale»
vedete, suol provare quello che dice; e nel caso no-
stro, egli ha provato veramente, che il Dio del ca-
tolicismo, se esistesse, sarebbe l'autore del male, e
quindi sarebbe desso il male. Voi dunque perchè non
rispondete alle sue prove? Ma che? Rispondete he
nissimo.... da frate 1 « Dio del cielo, levatevi dunque
» e vendicate la vostra santità, la vostra maestà in
(1) N.« i7.
(f^ N • il.
» fmlla, tanto sacrilegamente oltrà^iata da uh verme
» della terra (l). » Ecco le vostre dimostrazioni 1 Per
«ora invocate il braccio dì Dio, non potendo più in-
vocare quello del carnefice! — Ab! sgherro del San-
t'Officio! -Non profanate almeno een quella lingua,
piena di veleno e di sangue, TaUJ^usto nome della
tilodofiftl
Da ultimo, i risultati della ragione filosofica del
rfiostf 0 secolo Tengono da voi compendiati in questo
somttiario: «'L'uomo, separandosi da Dio, ha fatto
li «tinV)rribile caduta. — Il suo intelletto s'è oscu-
i> n%ò] W Suo senso morale si è alterato; egli non
» >ha più interesse che per la vita materiale, più at-
'»>tWittiva iche per la voluttà, più gusto che pel
» <dlletto,'plù ìrttftintp che per la distruzione. Egli
T> won ectopie una mina che per incominciarne un'al-
y^ %fz. Tutto dò che è, tutto ciò che. è stato, gli è
-» «divenuto intcSerabile.' Iddio lo spaventa, la.relì-
•» gione lo desola, l'ofdine lo afTalica, T autorità gli
T» 'è <MiÌosa, anco sotto la forma ch'egli medesimo le
^ bà ^Mo; la società stessa gli sembra una sventura
» oWefro un anacronismo. Eccolo adunque pronto
» a distruggere tutto, per rifarlo poscia ad imaglne
»' sua, nella forma de'suol ^elirj, de' suoi capricci,
» delie sue passioni. — Injfratanto, i delitti e le sven-
» tirre aumentansi sempre più. La costituzione itoo-
» rale dell'uomo si abbrutisce, a proporzione che
» lai sua costituzione fisica 'deteriora; i corpi degra-
»'dansi cosi profondameute come le anime; tutto è
» cancrena è putredine. Infratanto, l'ordine vacilla,
» l'atitòrità cade, la medesima felicità materiale sva-
D nisce; tutti i legami si aHentano, tutte le insti-
i> tuzioni si decompongono, tutto si scuote, tutto
(i) N.« !?.
26S
9 erolla. L'ordine della fede caduto in ruina sotto
» 1 colpi della ragione demente, minaccia di trasci-
» nar seco l'ordine civile, l'ordine politico, l'ordine
> sociale; in modo che gli è forza domandare tre-
» mando : per quanto tempo ancora avremo noi la
9 società (1)? » Ah! padre inquisitore, tremate di
nuovo? Calmatevi, rassicuratevi un po'; e quindi
riflèttendo I>ene, a sangue freddo, v'accorgerete che
v'ha bensì ancora una cancrena nella moderna so-
cietà: ma è^ là vostra setta! V^accoi^gerete che sicu-
ramente qualche suo membro è ^ià corrotto dalla
putredine: ma è la vostra fazione! Pregate adunque
tutti li Pei, magdori e minori, maschi 'e femine, della
vostra cViesà,'cne liberino prestò* il 'Inondò dalla 'itre-
seùzii dì vói e ^i.tillti t vostri; fe irWondò, sehz'àl-
VOI è 1 vo^tri'''sifaiÙi'poésiaieBlu recare altìónido
derno, ^i' 'è quello' 'dPiMàrveltfe'tutil,"prfeto, e'^ptìr
seihpre.... frpai^IsoV ' ' - " '''^ ' "^ ^" ' '^^
Del resto, chi badasse al sussiego beffardo, con
cui maltrattate i ftlosofl di tutte'le età è di' tutti' ì
|[>aesì,^^pòtrèt^,sósj)ettare, che vili. djàijbiaté but^, es-
sere (^alfehe^ gràth bàcèisilare' .dèlia tòòspàa, ed avéi^e
in pronto (jiialtìheàmmtf abile sist'em'a 'ila èurtoj^are
tutti li'^altri, a cui 'imbrecate. Ebbene, ffate; òr'tbWa
a voi. Dite suiqual è'ia vostra fifósotfà? Non è^là
l^ filosofia 'inquisitiva^ ossia' la Irtóèrcà del vero con
le sole facilità umane;' ma sibbene iti' ^losQfia dimo-
strativa, quella 'cioè, che « recandosi a ventura di
» poier essere illuminata dalla luce dell'alto, che le
» scende dalla religione, è l'amica, l'alleata sincera
(\) N.« 19.
Mi
» del piiucipio religioso; non sì affatica che a svi^
tt lupparlo, a confermarlo sempre più nello spirito
» dei popoli, a difenderlo, dagli attacchi dell'errore
» e delle passioni (1). —È quella, che piglia le sua
j^ mosse dalla fede, si appoggia alla parola di Dìo,
» e l'ascolta, la conserva fedelmente. — È la ragione
» dell'uomo, che accetta il freno, riconosce le leggi,
» rispetta Tautorità della religione. — £ la ragione,
]> che ama di sottomettersi a Dio, dipendere da Dio,
» e non far uso della sua libertà che entro i (Confini
9 da Dio assegnatile (2). » Bravo, padre: voi sì, che
l'avete trovata finalmente 1 Ahi voi siete ^un genio
favoloso, frate Gioachino 1 In due parole voi ne date una
ricètta, che non può fallir di sanare tutte le menti
umane dalle devastazioni, dai guasti, dagli orrori della
filosofia antica e moderna. Miracolo d'ingegno e di
dottrina, che siete voii £ quelle bestie di Platone e
d'Aristotele, di Cartesio e di Leibnitz, di Locke e
di Kant, di Hegel e di Lamennais con tutti 1 loro
parenti ed amici, prossimi e lontani, non ci aveano
pensato mai! Oh imbeqilli! Si stillarono il cervello
per trovare un buon sistema di filosofia, mentre Fa-
veano lì, sotto li occhi e tra le mani. Orsù, compa-
titeli, padre Gioachino; quei poveretti non ebbero la
fortuna di ascoltare il vostro sermone. Ma, lode al
cielo e grazie a voi, il vero sistema della filosofìa
ormai è scoperto e conosciuto: egli è.... la negazione,
l'al)olizione, la soppressione pura e semplice di ogni
filosofialll — Queste poi non sono più insolenze, im-
posture, e calunnie; queste, frate Ventura, si chia-
mano buffonerie; e coloro che vengono a spacciarle
con tanto di sussiego e di petulanza, si chiamano buf-
foni I La scienza, vale a dir l'ignoranza, che piglia
(1) Confer, li, b.« 2.
(2) Ibid.
26S
le mosse dalla fede, che s* appoggia atta parola di
Dio, che è illuminata dalla religione, e che sì tra-
vaglia a sviluppare, confermare, e difendere il prin-
cipio religioso, 'è teologia, e non filosofìa; sicché
lutto il vostro sistema riducesi ad uno scambio e ad
un abuso di nomil Ohi il motto dì papa Gregorio
vi quadra a maraviglia, non solamente se per dotto
s'intenda bugiardo, ma anche meglio se s'interpreti
per ciarlatano. Sì, rallegratevi e predicate; che nel-
l'uno e nell'altro senso, voi, molto reverendissimo
padre Gioachino Ventura, siete il più gran dotto che
la terra abbia mai sopportato.
CAP,iTpto omyp
L^I^RTA* BEIilGIOSA
I principi, che abbiamo stabilito, ci aprono la via a
discutere partitamente i due programmi, della libertà e
del catolicismo. Il primo, che venne già da noi riferito,
non è altro che Tappllcazione del principio razionale
ai varj ordini o elementi della vita umana, in tutte
le sue manifestazioni, individuali e collettive. Il se-
condo ne è l'antitesi perpetua e universale; poiché
movendo da un principio opposto, riesce per neces-
sità in ogni sua applicazione ad opposti risultati. Co-
minciamo a provare questo antagonismo neir ordine
religioso.
Se nel sistema della libertà il criterio del vero è
la ragione, ne segue manifestamente, che Tuomo ha
un diritto naturale: l.*" alla libertà di esame; S."" alla
libertà di coscienza; 3." alla libertà di culto, che sono
i tre caratteri essenziali della libertà religiosa. Né fa
mestieri certamente, ch*io mi trattenga a provare con
lungo discorso la legitimità della deduzione, quando
il fatto parla da sé stesso. In tutte le dichiarazioni
dei diritti dell'uomo, che di sopra abbiamo citato;
t67
in tutti i programmi della moderna demoorazia, que-
ste libertà vengono ammesse, riconosciute, sancite
come principi fondamentali. E ^se il vescovo d'Anpecy
nella sua enumerazione delle libertà. non menziona
quella ch'io pongo in capo a tutte le altre, la li-
bertà d'esame, non è sicuramente perchè la TOglla
esclusa; ma solo perchè la stima implicita in quella
di coscienza e di culto. Il &tto adunque non avendo
bisogno di, prova, basterà .che Be determiniamo (1
senso ed il valore, a fine di stabilire in termini pre-
cisi e formali l'opposizione fra la liberila, e. il catoli-
cismo.
Libertà d'esame o di pe^iero .non , vuol già. dir^e»
coma cogliono spacciare i oali^niatori/di porofessione,
che l'uomo abbia il diritto di.n^gareKed.afléirmare.ia
suo c«prJL^io la verità e ) Terrore, U bene j^d il ma-
le,, senza veruna regola, né logge: la^locu^ìoine me-
desima di. diritto air errore, ed al. male, /è m ; Inde-
gno coBtrosenso. Ma slgBàfi.ca ìAV^e, .obe jruomo
siccome ha il dovere di professale, e (ier«cià4i .co-
nosc^e.la verità, così. ha il diruto ^di. studiarla.! E
poiché nello studio jdel.veroL'unico^oriterio Ifigil^m)
e validonè la ragione; l'uomo, fetto. sdutto, ha.do-
vere e diritto di ricer^re qo '1 lume della, ra^MMse,
se le idee, di cui veniva imbev»t0> nella sua, educa-
zione, sieno 0 no conformi .alla verità; e quindi do-
vere e diritto di abbandonare gvielle, ohe ricono-
scesse pregiudicate, erronee, assurde; e dlah})racciar
quelle sdtanto, che ravvisasse .giuste, sode,- ragìop^e-
volL In somma, la libertà d'esame p di pensierose jl
diritto alla verità; perciocché l'u/cupo non,. può. pro-
fessare la verità, se non la conosce; non f>uò oono-
Boerla, se non la studia; e aqu può studiarla, se la
sua ragione non ha la facultà di discutere il prò ed
il contro, • di rigettare tutto ciò che !• preatnta i
m
caratteri dell'errore. La verità stessa, qualora venisse
imposta air umano intelletto, non sarebbe più veri-
tà; perchè non sarebbe più un convincimento, cioè
un assenso spontaneo, coscienzioso, ragionato; ma
una violenza, cioè un assenso cieco, sforzato, irra-
zionale.
L'uomo, in fatti, non ba altra norma da discernere
i giudizi legitimi dai fallaci che il criterio della ve-
rità; onde quei giudizj, a cui non può applicare que-
st'unica regola, non sono per lui né veri, né falsi;
non sonò suoi; in essi egli è passivo, e non £i al-
tro officio che quello di eco o di papagallo. Ma chi
oserebbe da senno sostenere, che tale sia il destino
dell'uomo? Che l'uomo debba per tutta la sua vita
starsene a quelle idee, che gli venivano communi-
cate nell'infanzia da'suoi educatori? Gh'ei debba sem-
pre tenere per vero ciò che gli fu raccommandato
come tale, e per falso ciò che gli fu come tale de-
nunciato? Nessuno, per fermo, l'asserisce in rispetto
alle cognizioni fisiche, storiche, morali, civili, ecc.;
nessuno ardisce imporgli l'obligo di credere sempre
alle favole della nonna, ai pregiudizi della balia, agli
errori della madre, alle sciocchezze del pedagogo : que-
st'bbligo sarebbe, a giudizio di tutti, un dovere as-
surdo, sarebbe la violazione del primo e principalis-
simo diritto dell'Umanità. Or bene, e perchè dunque
vorrebbesi fare un'eccezione in quanto alle credenze
religiose? Come mai quella legge, che si riconosce
iniqua verso il padre, la madre, ed il maestro, po-
trebbe divenir giusta a riguardo del prete? Ahi la
ragione non soffre prìvilegj, la logica non patisce ec-
cezioni, la giustiàa è una ed eguale per tutti. Come
l'uomo, secondo che viene svolgendo le proprie fa
cultà ed acquistando esperienza e dottrina, può e deve
chiamare a rassegna le conoscenze ricevute dalla fa-
miglia e dalla scuola, e correggerle, rettificarle, am-
t69
pllarle, rassodarle oo'nuovi lumi della sua intelligen-
za; così, né più né meno, egli può e deve corregge-
re, rettificare, ampliare, rassodare con le nuove forze
della sua ragione le credenze attinte dal catechismo
e dalla chiesa; può e deve trattar il curato come il
precettore, la chiesa come la scuola, la religione come
la scienza; poiché nell'uno e neir altro caso egli é
in diritto e in dovere di accertarsi della verità.
— Ma potrebbe ingannarsi.— E non potrebbe an-
che ingannarsi nelFesame, che imprende a fare delle
altre sue credenze ed opinioni? E pure questo pe-
ricolo non glielo vieta. Perchè adunque gli dovrebbe
interdirela critica delle sue opinioni e credenze re-
xligiose? 0 la ragione gli é buono e sicuro criterio in
tutti i casi, 0 in nessuno. Se in nessuno, perché ac-
cettarla negli ordini della scienza? Se in tutti, per-
ché escluderla dagli ordini della religione? Dunque
la libertà d'esame é una prerogativa naturale del-
Tuomo, perché é condizione essenziale dello sviluppo
e del perfezionamento del suo intelletto : essa é l'etica
del vero.
La libertà di coscienza venne pure calunniata a
bello studio, e travisata da'suoi nemici. I quali non
arrossirono di dire e replicare con incredibile sfron-
tatezza, che la libertà di coscienza importa l'aboli-
zione di ogni principio e di ogni legge morale; %
quindi la licenza a tutte le passioni dì sbizzarrirsi,
d'imperversare in tutti i modi, senza ritegno e senza
freno veruno. E dovrò io vendicare la democrazia da
codeste infamie? Ohi chi le ha inventate, é punito
abbastanza dall'opera sua. No, la libertà di coscienza
non é il diritto al vizio ed all'immoralismo; é anzi
la legge dell'onestà, il principio della virtù, la con-
ditone stessa del bene. Essa non é altro che la fa-
cultà ed il diritto di professare co '1 cuore le veri-
WIv
tSi, àie te ì&MVé! Abcmiee ; il qual diritto impiles' e
présùppòiie il dovere, ch6 hanno 11 altri di usarci
rispètto' é non fànJi mai violenza. Ora non sono
(Jueste appunto Ife due coridizionl morali dell' atto
ttfaaano, cioè' verità dèlia conoscenza, e libertà del-
Télezìone? Se ruotnb' non conosce il bene che dee
fare, opera ciecamente; se non è libero nel farlo, opera
necessariamente: e un atto cieco o necessario non è
morale, è non può essere onesto, né Virtuoso. Dun-
que 0 la religione non ha da essere virtù, o biso-
gna che là coscienza dell'uomo sia liberà neirosser-
varlà; libera, cioè, di credere o no ai suoi dogmi, e
Ubera di eseguire o no le sue leggi. Ricusare all'uomo
questa libertà, egli è un condannarlo ad atti immo-
rali; poiché sarebbe cosa immorale il professare certi
dogmi che non si credono veri, é il praticare un culto
che non si repota buono.
— Sarà dunque lecito ad ognuno di seguire un'etica
tutta sua propria? — No, signori; non è questione
d'etica, ma di dogmatica religiosa. I principj della
morale sono li stessi dapertutto; e qualunque sia la
religione degl'individui e degli Stati, è un fatto no-
torio e costante, che ì doveri sociali, q\iantò alla su-
stanzd, Aòn sono puntò diversi. Vuol dire, che la mo^
rale rìon dìipénde dal dogma religióso; e che tutte
le religioni convengono negli stessi principj della
legge di natura. Ma sia comunque, Il fatto ci basta.
La liberta di coscienza non, può dunque offendere
l'unità della morale, nò l'efficacia della legge; perchè
la legge morale si fonda nella natura stessa dell'uomo,
e la natura è una ed identica in tutti. La qua! con-
clusione equivale a quest'altra, che la libertà di co-
scienza non ha per oggetto sno proprio l^a morale.
Ha bensì per oggélitò fi religione, come quella che
non procede da un lume naturale, cotnmuùe a tutti
li uomiùi; ma da qualche rivelètzrónè dpéoiale alle
sètte dei credenti ,, o da qualche sistema particoiìaìré
alle scuòle de'filóàoiS. E qui, sistema ò' rìvólàiiionè cUé
sia, ben ha luogo là varietà, il contrasto, è Tóppo-
sìziònè dèi simboli e delle ipotesi; ónde' non che pos-
sll)f{e,é afssàì probàbile, così niei fedeli come negli
^^ài; utik diversità, di créàerizé con egnàl buòiià.
iSdff p^TT ognf. partii! (iìascuiiò' ha diinque un diritto
éè'tìaie a pròfessarè' le dotlrìhé, dì cui si sente péi^-
^aèòV è ndsàurio può avere l'aidlorità di j^bsérivére
d^'aitrt tó jirpjirie credenze, taònde le cose di rér-
ijgtóiiè sotio l'oggetto proprio della Kbértà di cosclìéii^
Sì'; il fiéàètè né dee rèndere cónto uiiìcàmente al suo
io, étf n Alòsofò' alla sua ragione; e se là libertà
dWbé*^ rétiòadèl vero, là libertà' (6 coscienza può
dt^ 1^ Id^tca del bène.
fttttàVW ri8lìbettl rf'ésame, riè'lìtiórtà di coscienza
pBtifétilSéì susslsiSéifé mil sénia là libertà di culto. Dire
alf dbino*: tu hat piéhb^ dlrittó* di perisWe ó dfif cré^
dfee flf s^nda della' tuà'j^ersuasloné, iià npb; li'àl
(ftièUó^ A' conformare allessa le tue àiioni; s'ài^è^liè
agéiuSigéì^èSirà^ùitlò lltotilà, airinl'otiità' rìn^ultó^
Se la libertà d'esktó e di co^ìWnzk' non iinpbrtas^é
altro che la facultà interiore di pensare e di credere
qad clie st vuole; sarebbe una questione derisoria;
poiché uesàunbf ha mài sogtimo di potere a for«a spó-
jiraàr riitjmp di questa libertà', che s'immedesiihà co 'I
pensiero it'ésso' è con ia coscienza: libertà, che sfida
impunemente le carceri e le catene; libertà, che si
ride dei patiboli e dei roghi. La controversia pertanto
non cade su la libertà, come potenza fisica, ma come
diritto morale; non riguarda l'atta intano e mentale,
nm Fatto esteriore e civile. Qaindi la" libertà di culto è
Il omnplemwivy «àturalè' e insicfesswtd df c^éWà dV
ÉttM e di (smì^ni^'; pòTch* Fifnà sentó l'àllra iton
sarebbe iìbèirtl che di nome; sarebbe il diritto del
«72
pensiero senza l'azione, o dell'azione senza il pen-
siero: doppia immoralità e ipocrisia, dacché la legge
morale prescrive all'uomo di armonizzare il pensiero
e l'azione in guisa, che questa sia Tespressione o Tat^
tuazione fedele ed esatta di quello, e quello la legge
vitale e sustanziale di questa. E però, come la libertà
di esame implica la libertà di coscienza, perchè ci
dev'essere armonia fra la mente ed il cuore dell'uo-
mo; così la libertà di coscienza importa la libertà di
culto, perchè l'armonia e l'unità della vita umana
richiedono non solamente l'accordo della ment^ co '1
cuore, ma sopratutto il concerto della mente e del
cuore con le opere. L'uomo ha dunque il dovere di
operare conforme alle sue credenze; e quindi il di-
ritto di praticare quel culto, in cui solo ha fede.
L'autorità, che gl'interdicesse questo diritto, gli &-
rebbe violare eziandio quel dovere, cioè gli coman-
derebbe un atto essenzialmente vizioso e disonesto;
sarebbe dunque un'autorità ingiusta, iniqua, immo-
rale; sarebbe la più trista e la più scelerata delle ti-
rannidi; e l'uomo avrebbe non solo il diritto, ma
altresì il dovere, a tenore delle proprie forze, di re-
sisterle, di combatterla, di rovesciarla (1).
' (1) Merita di essere conosciata la ragione, onde certi calo-
liei stimano conveniente e legitimo Taso della fona per co-
stringere airosservaoza religiosa i re f ruttar j. Eccola in latta
la sua schifosa nudità: « Quando ia chiesa ha definite' le dot-
• trine, quando ha dannato e multato Terrore, se al suo di-
f ritto resistesse ia prepotenza dei refrattarj> nulla vieta che,
I implorata da lei, venga in suo soccorso la publica forza;
» quella forza, che assiste ad ogni cittadino privato, ad ogni
V privata associazione, per obligare il promettitore ad attener
> la parola. Oh che! La chiesa, la più angusta deUe asso-
> ciazioni, l^associazion divina per eccellenza, non otterrà da
t un governante catolico queirassistenza ai proprj diritti, die
» otterrebbero la compagnia comica e ia società dei saltimi
A questo sistema di libertà religiosa i catoUci op*
pongono molti sofismi, e nessuna ragione. E poiché
mi cade in acconcio, darò qui un primo saggio della
gran dottrina dì quel gran teologo, gran filosofo, e
gran politico, ch'era, per sentenza di Montalembert
e di tutta la fazione clericale, il prete spagnuolo Gia-
como Balmes. Nel capo XXXY della sua ^ran<f' opera :
// protestantesimo paragonato co 1 catolicismo (1), egli
prende a combattere i filosofi che negano ai governi
il diritto di violentare le coscienze in materia di re-
ligione (%; e comincia a stabilire con l'esempio di
Stati antichi e moderni, che ogni governo, che pro-
fessa una religione, è più o meno intolerante con le al-
tre (3). Lo sapiamo anche noi; ed è per ciò appunto,
che la democrazia non vuole più nessuna religione di
Stato. Dunque il primo argumento non prova nulla.
Ripiglia Balmes, che i filosofi non han potuto met-
ter bene in chiaro la loro ctsserzione, e molto meno
farla adottare generalmente come sistema di governo (4).
» banchi? E mentre la prima donna verreblse costretta con
» la multa o con l'arresto a gorgheggiar su quel teatro, a
» cui s'ingaggiò; si permetterà al cristiano di violar quella
• fede, che giurò alla chiesa entrando nella società catolica
• con un atto, che forma la base della sua civiltà e de' suoi
B diritti? » {Civiltà catoliea , voi. Il, pag. i35.) E vuol dire»
che il catolico è tenuto all'osservanza della sua religione in
forza di un contratto; che questo contratto veniie stipulalo
da lui, bambino di due giorni, nel ricevere il battesimo; e
che questa stipulazione fu da lui pronunciata cosi sciente-
mente e liberamente, come quella di una prima donna, che
s'ingaggia a cantare su d'un teatro. Ohi ci vuole ben la fronte
di un gesuita per calpestare Ano a questo punto il senso com-
mone!
(I) Tom. Il, ediz. di Roma 1846.
(3) Ibid., pag. )d5.
(3) Pag. 364.
(4) Pag. 351».
L iS
Che la doltrloa dei filoeoii non sembri chiara agli
occhi di UD prete catolico, non è maraviglia; ma ne
segue forse che non sia vera? I governi generai'-
mente non l'hanno ancora adottata, sta bene; ma
forse ne deriva, che non sia praticabile? Già si pra-
tica da molti anni negli Stati-Uniti d' America, dove
pare a tutti la cosa più liscia e chiara del mondo.
Ma Balmes insiste, che la non è poi tanto sempUee^
eo^ne ei è voluto eupporre; ed in prova ei rivolge a
codesti pretesi filosofi edcune interrogazioni (1). Udia-^
mole: Se viene a staìnlirsi nel vostro paese una re-
ligione ^ di cui il culto domandi sacrifizi umani ^ la
toier ereste voi? — No (2). — Ma perchè? — Per-
chè non possiamo tolerare un simile delitto (B). —
Questo perchè è un equivoco, di cui ha tutto il me-
rito Balmes, e non la filosofia. I filosofi risponde-
rebbero: perchè Tomicidio è un atto, che non ri-
guarda meramente il culto religioso, ossia i rapporti
individuali dell'uomo con Dio; ma entra nel campo
della giustizia civile, tocca i rapporti dell'uomo con
la società, e viola i diritti del cittadino. Ora i diritti
cittadini, i rapporti social!, la giustizia civile sono
tutte materie che appartengono all'autorità governa-
tiva, la quale dee proteggere ed assicurare la vita di
tutti da qualunque attentato che la minacci, qualunque
sia il motivo che dirige la mano e il ferro dell'omicida.
Ma allora sarete intoleranti, violenterete le co-
scienze altrui, proibendo come delitto quello che agli
occhi di questi uomini è un ossequio alla divinità (4).
— Se chiamasi intolerante e violentatore della co-
ti) Pag. Uh.
(3) È r argomento,, che S. Agostino opponeva ai Donatisti.
V. Db Potter, Histoire du Christianisme, t. Il, ìiv. VI, eh. III.
Note supplémentaire.
(3) Ibid.
(4) Pag. 855.
Vili
ieMm t|aét ptfm6\ «bt mh lasclt «ad un ni^iatìo
hr fil$l9rtl'(tl: ifi0ltettii a 90cfl[iRMlro, a ferro ed a fuoco
il A^o pà6èe, (StfW { Mm^ 9opt)orteraH yoloatìeri
rii6(^«Mt di iiftoteratttl e violeataUifi delia odsoieaza^
pèt eie dbò tttftt perfiMUano nel toro Stato i saorì-
fil} HitÉtaflL Mi imtn paesi, chi repatasse datvaro
un òÈiPe^Hià tkllà riMMità lo sptrginfmto del sangue
iftiMMNmte, «(afì^MI» tooutò e trattato ila pazflo o da
d^te^lo : ita (ftmVtoìììò s' atrebbe da riatdvere co 'I
ò&ìlls^ « tidti eo 1 tRuàle. •»- Dei resto, il dire che
9i tfiòì^ntisti^é'ki ùowièntia di qoei Mcrìfìcatori, è un
gi^Vè M iffitpèihiofìabile afemo deHa paroia. La vio^
lenza involge essenzialmente nel suo concetta ait
male, un danno, un oltraggio, in aommà una vìola-
zilMàe del diritto e della Htiertll comìèune^ Adunque
p^ potef chiamare WolMiaa ir divieto degK umam
satcriitj, bisognerebbe provare che Questi sabrìfizj
nfòdeshni sletio un diritto^per parte dei sacerdoti^ e
uff dotèfè per parte détte pittime. E chi oserebbe più,
oggMì, fira neS, proferire di tali beatemie ?
Con qmi diritto àmtinie miete che la vostra cor
sciènza pfcml^a sopra la loro (l)? — Con quello
stesso diritto, per cui la cooeieni» dei sani dee pre-
valere a quella dei mentecatti, e là coscienza dei ga-
lantuomini a quella degli assassini; Balmes confonde
sempre due cose addai differenti e diverse: il culto
religioso e la giustizia sociale. Finché il culto si li-
mita alla propria sfera, cioè ad atti religiosi, che
non offèndano i doveri proprf deir uomo verso li al-
tri, è i diritti degli altri verso di lui^ la sua libertà
è \Xibm ed iutiera: praghl in qoaflè idioma egli vuole^
mangi quale cibo gli aggrada, compia quale rito gli
piace ; nessuno pttè Imporre leggi aila^ sva libertà e
alla sua coscienza. Ma quando il culto invade la
{\) Pag. 965.
S76
giustizia, e li atti religiosi divengono civili, allora
la coscienza e la libertà dell' individuo deve sotto-
stare alla legge ed al diritto della società; e nes-
suna opinione religiosa può autorizzare 'un delitto,
come non può autorizzarlo nessuna passione privata.
Quindi la risposta, che Balmes attribuisce ai filo-
sofi: Non importa; saremo intoleranti, ma la nostra
intoleranza sarà in prò dell'Umanità (1); •— non è
loro, ma sua. Essi non dovrebbero già dire: saremo
intoleranti, ma saremo giusti. Né dovrebbero punto
scusare la loro intoleranza co 1 pretesto dell'Umanità;
ma sostenere la loro giustizia co'i prìncipj naturali
del diritto.
E la replica che Balmes soggiunge, non ha più
senso: Applaudisco alla vostra €ondutta;ma non po-
trete negarmi, che si è presentato un caso, in cui
r intoleranza di una religione vi è sembrata un di-
ritto e un dovere (2). — No, signore, non è V into-
leranza di una religione, che ci farebbe vietare i sa-
crifizi umani; ma è la legge universale e suprema
della giustizia. Fingete pure qualunque caso: fino a
tanto che si tratterà dì atti religiosi, noi non vi fa-
remo giammai nessun divieto, in nome di nessuna
religione; ma ogni volta che si tratterà di atti ci-
vili, noi lì giudicheremo, non co '1 catechismo di una
chiesa, ma co '1 codice della giustizia e deir eguaglianza
sociale.
Dopo altri esempj, tratti dal pudore e dàW ordine
publico, che riescono evidentemente allo stesso so-
fisma, Balmes ne inferisce questa conclusione: In tutti
I tempi e in tutti i paesi è stato riconosciuto come un
principio ineontrastaòile, che la podestà publica ha
(\) Pag. 256.
(3) Pag. SSÌ-S56.
«77
t7 diritto in alcuni casi di proibire certi atti, non
ostante la maggiore o minore violenza, che con quo*
sto si facia alla coscienza degl'individui che li eser*
citavano, o pretendevano di esercitarli (1). Posto da
un lato il valore storico del fatto, che doq ìnonta.
al nostro caso, questa proposizione!, ne' suoi termini
così generali, può ben ammettersi anche da noi; ma
che vale? Rimane sempre a definire, quali siend li
atti, che la podestà publica ha diritto di proibire.
Noi diciamo, che sono unicamente i delitti, ossia le
offese contro la giustizia; e non mai li errori, ossU
le azioni- innocue. La podestà publica non potrebbe
proibire questi, senza violentare le coscienze; per-
chè unico limite naturale al diritto di ciascuno è il
rispettivo diritto di tutti li altri; e quindi, ove non
è offesa d'alcuno, non può esservi legitima restri-
zione della propria libertà. Ma potrebbe sempre, anzi
dovrebbe proibire quelli, senz' alcuna tema di vio-
lentare le coscienze; perchè nessuna persuasione di
coscienza vale a giustificare un'offesa o un danno,
che si rechi ad altri; perchè la libertà di ciascuno
finisce là, dove incomincia la libertà di tutti; perchè
nessuno ha diritto a violare il diritto altrui.
E parmi, che questa classificazione fondamentale
degli atti umani basti a risolvere la questione gran
vissima di diritto {% che Balmes propone ai filosofi
come una difficultà non possibile a superarsi co' i loro
prìncipi : Ecco la questione. Con che diritto si può
proibire ad un uomo che professi una dottrina, e
operi in modo conforme ad essa, se è convinto che sia
la vera dottrina, e che soddisfa ad un obligo suo,
ovvero esercita un diritto, quando opera in confor*-
f<) Pag. 257-25«.
Paf. 251.
tmuioM MÌA f9m; e quomAo qi^lie(i4fi ìm9((i^ penfk,
9a8tigk0ret» ti» iMmo, cto ««i/a tua cwfciem^ è in-
Boeenie. £a fimluùi «ttpfw>f»e t7 Ciolp^vole; e netsuno
è oalpev^, 9e prirm wn h è tulla pua (^cjettxa.
la ^élpakilità kah. vodke nfilla fo^i^ftsia mi^dfifima;
e 9oi»fo»3iafno #Mer tenuti a veuder QOfita iella «|V
lazione di una legge, quandd^. queAlA Ugge ha parlalo
pe 'l eamle della n^9tra coj^iensia' Se queet» ci A'ce
che un* agiane è cattiva, nonr pa^im fo/rla* per g^afUo
ee lo pres€fi9ala Ugge ; e se ci detta ìAa una t(nle Oddone
è UH dotew, «OH foeeifm ttalaseiarla, pev quanjki dalla
legge eia pfoWta (1). Tijala^ip guel pde i^um^d^il
fitofenar imm dottrim, perchè mi ocq^wc^ ^\ mup-
larae lu mi altiìQ «fintolo, tuAto dedicato ^ code-
sto argumanto^ Ma qmsato airo9)fr«r«, io. fìq;)OAd<x:
o r opera di qj^^at^nomo è IndifferMilQ ^ ÌAo^im,
0 è ingiusta « nociva. Nel primo caso, 1q ripeto, Qe«h
sana poUstk lia diriUo di proibirla; perchè qiuril'o-
pera non fa ouile a Bessano» e queir uoiqo »oa viola
alena diritto altrui, non trasgredisce alcun davere
sociale. Dunque h proiblzUme StarebJbe una tiiiaAnia.
Nel secondo caso, al contrario, la legge proibisce e
punisce meritamente in nome della giustizia e del
diBìtto commuoe. Invano si opporrebbe, cbe quel-
rutNMO ioddiefaeia ad u» obligo suo, ed eeereiti un
diritto.; pokkh non può.essdrvi diritto, né obligo iU
oAndere altrui. Invano pure si accuserebbe la legge
di eaeiiga/te uh uema, ehe nella ewi coscienza ò ieir-
nocenie; poiebò, tranne un mostro d'idiotismo o 4i
dfipravanone, nessuno commettendo unMugiusti^ia
può in ooscìea4(a tenerci per innocente^ Gonvien an-
cora distinguere la colpabilità intrinseca e privata,
(1) Paff. 969.
tn
dalla aQl|iab11|tà pHbHct e gbiridiea. La print sa-
sce dalla cosdap^a individuale; e però afoge ad o-
gnì autorità umana e ad ogni prooessp legale: ma'
la seconda proeede dalla coseiensa sociale; e quindi
va suggQtta alla legge commune ed al ml&lBtero na*
menale.
Erra dunque Balmes, quando rimprovera ai filosofi
la dottrina, che nega al pMico potere la fatuità di
castigare i delitti, chetai commettono in conseguenza
di un errore d'intelletto (1). No, essi non han mai
sostenuto questo principio antisociale, che un errore
d'intelletto possa giustificare i delitti, Han detto bensì,
che non sono mai delitti li atti puramente r^giosi;
ed ban però negato al publico potere ogni ingerenza
nelle cose del culto.
Ed erra parimente quando, per risolvere quella
di fficultà principale, che consiste nelV incompat^iHtà
della giustizia del castigo con l'azione dettata o per-
messa dalla coscienza di chi la commette, ricorre al
principio catolico, che vi son degli errori é' intelletto
colpevoli; ed imputa 9^^' increduli eà ai protesUnnii
di pensare, che tutti li errori d'intelletto sono inno-
emti (i). No, r opposizione tra i catolici da una parte,
e l'increduli e protestanti dall'altra, non èquestion
di morale, ma di diritto; non di coscienza privata,
ma di giustizia sociale; non dipende dal condannare
coma colpevoli, o assolvere come innocenti, nel foro
intemo, li errori d'intelletto; ma consiste nel dare
0 negare al publico potere la facultà di sindacare
il pensiero, e di punirlo come un delitto, qualora
lo giudichi un errore. I primi glier accordano, e
riconoscono per competente un tribunale ecdesior-
etico, dinanzi a cui si trattino le cause di religione,
(i) Pag. 26 i.
(2) Ptg. Sd4-S6S.
e, si procewino le credenze. I secondi gliela ricusano,
fi combattono come tirannico ed oppressore qualun-
que magistrato, che s' arroghi l'autorità di senten-
ziare, oltre li atti, anche le idee; di tutelare non solo
i diritti dell'uomo, ma anche quelli di Dio; di pre-
vedere, non che alla vita reale in su la terra, ma
anche all'esistenza chimerica nel cielo. Tutto il di-
scorso di Balmes è dunque, a dir poco, fuori di pro-
posito. Per provare il suo assunto, egli dovea sta-
bilire, che V errore intorno alle importanti verità re-
ligiose e morali sia, non già una delle principali
offese che l'uomo può fare a Dio, ma un'offesa effet-
tiva al diritto dei cittadini; che V ignoranza di al-
cune verità molto gravi sia, in certe circostanze, non
già colpevole moràdmente (1), ma giuridicamente ini»
qua; e che V eresia debba dirsi, non un peccato (2),
ma un delitto. Ecco il vero cardine della controver-
sia, che Balmes non avvertiva o dissimulava; onde,
invece di confutare le dottrine della libertà, egli getta
le parole al vento, mena colpi alle ombre, e combatte
nemici imaginarj.
Su '1 finire dello stesso capo egli accenna di volo
un altro punto, e forse 11 più importante e capitale,
della question religiosa; quello, cioè, che concerne i
rapporti della religione con la morale: Sono stati at-
taccati i dogmi; ma non si è riflettuto abbastanza,
che co 'i dogma è collegata intimamente la morale, e
che questa stessa morale è un dogma (3). E tal è l'u-
nanime insegnamento dei catolici, i quali van pre-
dicando altamente, che la morale è inseparabile dalla
religione, sì che l'una non può stare senza dell'ai-
(\) Pnì?. 2G5.
(2) Pag. 260.
(3) Pag. 27,>..
281
tra. Già di sopra io ebbi ad impugnare di passag-
gio questo falso e funesto principio; ma poiché Bai-
mes me n'offre ancor il destro, gioverà che mi trat-
tenga alquanto a discuterlo più direttamente.
Cominciamo a fissar bene i termini della que-
stione. In questo problema: se possa stare la mora-
lità senza la religione; egli è evidente, che la reli-
gione non si considera nel senso generale ed assoluto;
perchè allora la morale diverrebbe una parte della
religione, ed il problema sarebbe assurdo: sarebbe
come ricercare, se un membro può stare senza del
corpo, 0 un tutto senza delle sue parti. Qui adunque
la religione si prende in un senso più ristretto e ri*
goroso, in quanto rappresenta un sistema particolare
di dogmi e di precetti, che prescrivono all'uomo
che cosa debba credere intorno a Dio, e con quale
culto onorarlo. Così alla morale resta libero il campo
dei doveri e dei diritti naturali; essa è per sé ben
distinta dalla religione; e quindi si può ragione-
volmente esaminare, se possa quella stare senza di
questa.
Per risolvere la questione non fa mestieri di lun-
ghi e sottili ragionamenti; bastano i fatti. A non an-
dar troppo per le lunghe, restringiamo il discorso al-
l'Europa. Sono quattro le religioni, che vi hanno
esercizio legale: la catolica, la protestante, la mao-
mettana, e l'ebrea (tacio della greca, che può riguar-
darsi, parte come catolica, e parte come protestante).
Pertanto la sentenza, che fa dipendere la moralità
dalla religione, non ha mica un senso rigoroso ed
uniforme in tutte le lingue e le sètte; ma ne ha
quattro per lo meno, nella sola Europa, diversi e
contrari . Per un catolico vuol dire così: non può
essere onesto chi non professa le dottrine della chiesa
romana. Per un protestante invece suona così: non
può Msert onesto chi non s'attiene alla parola della
lifobia. Secondo un maomettano ^gniilca: non può
esfiere onesto chi non seguita il Corano. E nel lin-
guaggio di un israelita viene a dire: non può essere
onesto chi non osserva la legge mosaìca.
Posto adunque che religioso ed onesto fosse una
cosa sola, ne seguirebbe questo portento di assur-
dità, ohe cioè lo stesso indivìduo sarebbe onesto, e
non lo sarebbe, nello stesso tempo. Supponete che
egli sìa un buon suddito del papa: onesto lo gri-
deranno i catolici; ma protestanti, maomettani, ed
ebrei diranno di no. Imaginate ora ch'egli sia un se-
guace del puro Evangelio: onesto lo acclameranno
i protestanti; ma catolici, ebrei, e maomettani so-
sterranno che no. Fingete un zelante settario del
Corano: per i maomettani, onesto; ma per ebrei, pro-
testanti, e catolici, no. Ponete un fedele Israelita:
secondo li ebrei, onesto; ma secondo maomettani,
catolici, e protestanti, no. Curioso spettacolo, in ve-
rità, che rinover^l)e quello della torre di Babele I
Perciocdiè, ammesso il principio dei preti, la società
verrebbe disciolta, e TUmanità divisa in tante spe-
cie nemiche ed inconciliabili. Come sono diversi e
contradittorj ì simboli delle religioni, così bisogne-
rebbe stabilire varj ed opposti principi di morale.
Ogni culto avrebbe la sua giustizia, la sua probità,
la sya onoratezza, la sua virtù particolare; ed un
medesimo atto morale (dico morale, per escludere
le condizioni civili e politiche, di cui non occorre
adesso ragionare) sarebbe meritorio a Roma e colpe-
vole a Londra, virtù a Costantinopoli e delitto a Pa-
rigi. Ma allora, come sarebbe più possibile una re-
lazione qualunque fra uomini di cultc^diverso? Come
potrebbe esistere un commercio fra i varj popoli?
Come stringersi un' alleanza fra le nazioni? Come
sperarsi l'unione fraterna di tutti i membri deirU-
IDiQità?
m
Nei tiQtvito vedianM^I, ck/e 'm- ogni (Mi^sf^: ci bopo
biotti e i malvagi; e oesa«n» 9etta ha il privìl^io
.e96liisiyo della virtù o del vizio. Fra i catolici tro-
viamo il gala&tttoino, come lo troviamo egualmeAte
fra i protestanti, i maomettani,, e li ebrei; ed in que-
sti, ^ceonyd in quelli, troviamo il ladro, l'impudico,
lo spergiuro, l'assassino. Il qual fatto che cosa prova?
prova manifestamente, che le credenze e le cerimonie
religiose iaffluiscooo pkmm> q niente su la pratica della
vita umana; che Ja leggi della morale nascono dai
seetimAUto naturale della coscienza; che la coscienza,
quanto a' suoi principi e dettami fondamentali, salvo
il. gradfO div<ecso di civiltà e di cultura, è una ed
ìdentiea i|i tutti; e che 1 simboli religiosi dal senso
con^muae degU uomini vengono tenuti in conto di
opiotonl private, cui ciascuno dee rispettare nc^li
aMrì, ma nessuno ha diritto d' imporci; opinioni, che
variano secondo il paese dove si nasce, ll'educazione
^ H rioeve, li studj che si fanno, la professione
ck» sì ^bbva^ia; opinioni, professate con barbara
entusiasmo dai popoli i^^rantl e superstiziosi, ma
sil^odate oan tranquilla mdifTerenza dagli uomini
vktMfksi e<e»itii Poova inoltre, che i doveri prescritti
4aUa> mojale soiko as^luti, obligano tutti, in tutti
i Uvaapi, « in tutti i luo^i; laddove li officj co-
mandai éalla religione son relativi, e non obli-
gaao che certuni, in certi luoghi e tempi deter-
minati: i primi sono, ammessi e riconosciuti per
veri dalia coseiemsa universale, e i secondi non hanno
vigoare che nella setta rispettiva; li uni sono det-
tami della ragione, e li altri sono decreti dell'au-
torità; quelli costituiscono l'Umanità, e questi le
chiese.
Ora l'uomo onesto chi è? È colui che adempie i
Sii0i doveori. d'uomo e di cittadino, cioè i doveri as-
silliti,. iiai^«nali.d$dla coscienn, i dittami della ra-
1K84
gione, le leggi morali' dellTmanità, e le civili del
suo paese. Tutto il resto, credenze e pratiche re-
ligiose, sono un di più, che gli verrà imputato a
merito dai preti di una chiesa, ed a colpa dai preti
delle altre sètte; ma che, su le bilancio della mo-
rale, non aggiunge e non toglie nulla al valore della
sua vita.
— Ohi qui sta il punto, ripigliano i difensori del
simbolo e del rituale. Non può praticarsi la morale
senza religione ; perchè il dovere senza un comando
del legislatore vai nulla; e la legge senza una san-
zione penale è cosa vana. Ora chi può mai rive-
larci la volontà di Dio, cioè la legge ch'egli ha de-
cretata, e la sanzione onde volle confermarla, se
non la iveligione? Dunque senza religione la morale
è impossibile.— E con questa razza d'argumenti cre-
dono essi di trionfare? E non s'avveggono, T incauti!
che lungi dal dimostrare la necessità di una fede so-
vranaturale, condannano essi stessi e rovinano senza
rimedio ogni religione positiva? In fatti:
1.^ Se si considera il dovere, non come una legge
naturale dell'Umanità, ma come un libero comando
di Dio, la morale è schiantata dalle radici. Perocché
la differenza essenziale fra il bene ed il male spari-
sce; la virtù non è obligatoria di sua natura, né il
vizio di sua natura detestabile; ma l'una è un bene,
solo perchè Dio la comanda; e l'altro un male, sol
perchè Dio lo proibisce. Iddio allora diventa un de-
spota, un tiranno, che converte in legge il suo ca-
priccio; e il genere umano uno schiavo, che dee pie-
gar il collo a quel giogo arbitrario, sotto pena di
eterna dannazione. Ma non è questo un oltraggio a
Dio medesimo, e un insulto all'Umanità?
2.° Se il dovere è un comando di Dio, bisogna
dunque sapere ciò che Dio vuole, per conoscere quel
che dobbiamo fare: ed ecco distrutta la morale per
un altro verso. Perocché questo volere di Dio chi ce
lo manifesta? Una rivelazione sopranaturale, regi-
strata ne' libri sacri. Ma siffatte rivelazioni sono tante,
quante sono le religioni positive; ogni setta ne conta
una sua propria, e ciascuna fa parlare Dìo a modo
suo. Il Dio de'catolici ordina una cosa, e il Dio de'
protestanti la vieta; ciò che è bene secondo il Dio
d'Israele, è delitto secondo il Dio di Maometto. E v'ha
di peggio. Il Dio degli uni combatte a morte il Dio
degli altri; ì catolici, in nome del loro Dio, bru-
ciano vivi i protestanti; i maomettani, anch'essi in
nome di Dio, trucidano i cristiani; catolici, prote-
stanti, e maomettani, sempre in nome di Dio, danno
addosso agli ebrei. Eppure protestanti e catolici,
ebrei e maomettani proclamano tutti il volere di
Diol E dopo secoli di dispute, di guerre, di stragi,
non han potuto ancora né convincersi l'un l'altro,
né accordarsi. Dunque o i principi della morale sono
incerti e contrastabili, come i dogmi della religione;
o il dubio serve di fondamento al certo, l'oscuro
all'evidente, l'ipotesi all'assoluto. Nel primo caso sa-
rebbe rovinata la morale; pel secondo poi sarebbe
spenta fin la ragione.
B.^ Se i dettami della coscienza abbisognano di
una sanzione penale per avere forza di leggi, che di-
vien mai l'idea stessa della virtù e del dovere? Una
chimera 0 un'ironia! Un atto consigliato dalla paura
del demonio e dell'inferno non merita il nome di
buono ed onesto, perché non procede dall' amore del
bene, ma solo da un calculo di personale interesse.
Quando altri ha detto nel suo cuore: io sarei pronto
a mentire, a rubare, a tradire, se non mi spaven-
tasse il fuoco sempiterno, che mi é minacciato; già
costui, nel tribunale della coscienza umana, é bu-
giardo, ladro, traditore. La moralità dèlie azioni con-
2M'
siste, non mica neirefl^t^ esteriore, ma beiiM tieiihi
dlsposi^iìe dell'animo; e F animo è reo, appena «che
ha deliberato di oommettefe il dritto. Chi dif^bliè
innocente on masnadrefo, il quale lascia passar in^
colume un viaggiatore, qatmàb teme ch'ei j[M po^ttii
ht pagare il fio del stto «ttetitato? Ot bene, tò pe^u
sone cosi detl» religiose, cbe non Mno il m»)6
per tèma del diavolo e ^eirinferno, rasàinfigitano
a quel masnadiero òhe sta cheto, non già pMf sen-
timento di dovere, ma per paura delldl spada 6 della!
forca. E questa, no, non è virtù: è un misto scfhi*'
fbso, abòmitìevole, di vfltà, d'ipocrisìa, e di cort^
2tdnè.
i.'' E Hi srtéé^e cott^egucfAiiè imMM^li ^Nittfvafio dalfcy
8tabilitie, óome safi^toue dèft dovere, la t^romesMt df
un premio. Allora là tlttù si trasforma in egoisttK)^,
e Tuomo retìgioso In usuf^j^. Tutti chiamano Ui^
fame il tmfico delto cose sacre; ed' hanno ragione.
Ma qua! cosa V'ha dì pìh sacro che la virtft? F il
praticare la virtù, noù per debito d! coscienza, ma
per ìntertì^se di urna mercede, non è egli t!m trafi-
caria? Che il preizo poi siéno denart, onori, o pia^
ceri; e che i piaceri sieno temporanei o eterni, fi^
sic! 0 spirituali, poco importa: la natura dell'atto è
sempre la stessa; è sempre tm caicnlo, un cotn-
mérclo, un'usura; si fa quel bène, perchè retìde tanto:
Dunque tolta la rendita, non si farebbe; dunque far
virtù è trafìcatà, e la morale distrutta.
Del resto, meglio di qualunque ragionamento, l' e-^
sperienza quotidiana e generale dimostra la pervier-
sita di quella massima, che subordttìa la morale ai
dogmi religiosi. Ohi nott: sd che, generalmente par^
landò, la classe di gente codi detta pia e devota è la
meno virtuosa di tutte? Fatto (^ notorio & st&ti*^
dàiòso, che è oramai passato in protnérbiO: santi in
chiééa, dmott in eum, QueM gente Aa dèttipi^Bto
28*7
stt le labra^ recita il credo, fìrequenU i sacratteoti,
legge la Bibbia^ payenta TinferAo, sospira il para^Uso,
baoia la mano al carato; ma pei non ha cuoiti pe 1
prosaiHìo, fiOB ba viscere pe '1 peven», non ha sen-
timentiD di giustizia, di gènerosilÀ^ di amore, di sa-
crifìcio. Dttnqisd la itellgione pàò bene scompagiiarsi
dalla «orale. Che più? Lej^gasi l'Evangelio: qual è
il tà^ delFiiomo iféHgiosO fra li ebrei? Il hdseo.
E quei è, per seoteilaa di Cristo, il tipo dell' no^
mo iffiffiorale? Il fari^ed. E i ptei% che si sj^cmano
banditori dell'Ev^geliò e discepoli di Cristo, osane
dessi tNredlclure, ette teligioso ed <NM»tò è la stessa^ossl?
--'Ma sta par sempre tero^che l'aonO seiBai rMi^^
gìone ò MI empio; e remffcìe noa pòt¥à niai appel^
lafs* virtuoso. ^ È questo rargvmento prediletto
di eerti scrittori caCoiicì, i quali si kskigaiioéiaw
trionfato d'un awetsatio gettandogli in faccia ed
o£^i ffioteento il titolo d'empiói Ma se ooéeftti ebeiv-
gumenì in luogo d'iiiglullare radunassero, sentii
rebbero fadlmente quanto sta ridicola ed asBUfdn la
loro objetoioBe. Fercioeehè in d«e modi un uomo
puè inoeh<ère bella taccia di empio: 1.^ quandi «anca
della pietà dovtrta a persone» che gli sono portico^
lamento congiunte: così dicesi empio ohi disonora i
parenti , e chi combatte la patria. Non è qoeslo il
senso che fa ài nostro propesito.S.^ Quando manea di
pietà verso Dio e di riverenxa alle cose salerei; e questo
è il nostro easo. Bisogna pertanto deddere dì quale Dio
e divinale ettito si tratta ; pbi<ihè ogni religien<9 htn il suo
culto iMroprio e il suo I>io spetsiale. Ed eccoci da capÉ
in mezzo alle contradizioni. Uno stesso uòmo sarà
empk) per li uni, e piissimo per li alt#i. I catolici
diranno emj^o chi adora il Dio di Maometto; ma i
maomettafii lo stimeranno un snnfo. Ài protestanti
parrà iln santo cM venera il Dio d^' Evangelio; ma
li ebrei lo ckiameranno an empio. Chi dunque ha
ragione, chi torto? Tutti torto, e tutti ragione ad
un modo; perchè la qualificazione di empio èaffiHitto
relativa alla fede religiosa, che ognuno professa; è
una voce, che ha tanti significati diversi, quanti sono
! sistemi di teologia; è un termine, di cui può va-
lersi una setta di fanatici, non mai una società di
popoli civili. In somma, prima d' incolpare un uomo
di empietà, bisogna sapere positivamente quale sia
il suo IHo, quale culto gli debba, e se véramente
glielo presti o no. Dunque i catolici non possono
chiamar empio chi non crede al simbolo della chiesa
romana; i protestanti non possono dir empio chi non
crede alla Bibbia; i maomettani non possono tac-
ciar d'empio chi non crede al Corano; li ^rei non
possono appellar empio chi non crede al Dio d' Israele
Dunque chi non professa veruna religion positiva, non
può venir accusato d' empietà da nessun prete dtel
mondo. Tal è la condizione di colui, al quale si ri-
ferisce il nostro discorso. II Dio del galantuomo è il
proprio dovere; e F unico culto accettevole e grato
a questo Dio è la pratica della virtù. Laonde, finché
egli rimane fedele al suo Dio, con quale diritto po-
trebbero i preti denunciarlo per empio?
Ehi signori, non ingeritevi ne' fotti altrui, e ba-
date ai vostri; sarà meglio per tutti. Meglio per voi,
che cesserete una volta dall' infame mestiere di scru-
tar le coscienze, e di tribolare, sconvolgere, e ma-
nomettere la società, sotto pretesto di zelo per la
gloria di Dio e la salute delle anime. Meglio per noi,
che cominceremo a poter gustare le gioje d^la fa-
miglia e della patria, senza che fra il nostro cuore
e il cuore dei figli, delle sorelle, delle spose, delle
madri s'attraversi più l'osceno spauracchio del prete,
che avvelena ogni affetto, corrompe ogni virtù, pro-
stituisce ogni sentimento. Sì, meglio per tutti. Voi
289
in casa o in chiesa adorerete liberamente qual Dio
vi piacerà; ne adorerete uno, tre, o cento, di sas-
so, di legno, di tela, di carne, o di spirito, come
v'aggrada; e nessuno di noi, state certi, verrà a
disturbarvi. Ma lasciate, che noi pure alla nostra
volta adoriamo quel Dio, in cui solo abbiam fede;
e gli rendiamo quel culto, che la nostra coscienza
c'impone. La coscienza, intendete? perchè è dessa
l'unico giudice, a cui dobbiamo render conto delle
nostre opinioni religiose. Quando noi abbiamo adem-
pito a' nostri doveri morali e civili, non dobbiamo
più nulla a nessuno; siamo liberi ed arbitri di noi
stessi; e combatteremo come nemica ed oppressiva
ogni autorità, che in nome di un Dio o di un governo
volesse fare violenza alla libertà inalienabile dell'anima
nostra.
A conferma di queste verità piacemi invocare la
gravissima testimonianza di Lamennais, il quale con
uno splendore impareggiabile di stile così le espone-
va: « Non v'è parola, che i nemici della civiltà mo-
» derna, e dei principi su cui riposa, abbiano più
2> sovente su'l labro clie la parola di religione. La
» ripetono incessantemente, e incessantemente i'op-
» pongono come accusa e come sfida ai loro avver-
» sarj. Sentendo vagamente, com'essa risponda ad
)» alcun che d'immortale nell'uomo, ad una necessità
» sociale assoluta, vi cercano la forza che loro man-
> ca, si fan della religione una specie di proprietà
) esclusiva, e di carattere che li distingua. Ma che
) cos'è mai la religione per loro? Un ammasso di
> cose radicalmente diverse, le quali si escludono,
> si respingono reciprocamente. In Ispagna ed in Ita-
) Ila il puro catolicismo ; in Francia, compresavi l'Al-
> gerla, terra presentemente francese, oltre il cato-
» ìicismo, certo communioni protestanti divise fra
L l^
S§0
» loro, il giudaismo e il maomettanlsmo egualmenU
» riconosciuti e -protetti dalla legge. Eguale varietà
» nel rimanente d'Europa, dove formicolano le sètte
» è le religioni più disparate. Ora, di queste reli-
» gioni runa non potrebb' essere vera, senza che le
» altre sieno false; perchè la verità è una. Sotto il
» nome medesimo di religione si prendono indiffe-
» rentemente le credenze più opposte, i culti più con-
» trarj, armati degli stessi diritti, dichiarati degni
» dello stesso rispetto. Adorare il Cristo, religione;
» bestemiare il Cristo, religione. Come concepire con-
» tradizione più empia, irrisione più sacrilega? E la
» religione di tal genere che altro è se non un'in-
» stituzione politica, strumento di regno, mediante
» il quale i poteri politici tengono i popoli suggetti,
» sostenendo il prete che li sostiene, dividendo con
» lui il potere, ìe ricchezze, e fondando la commune
A potenza su Fabbrutimento e su la depressione degli
» animi?
» Non basta. Le loro religioni, proscrivendosi Tnna
» con Taltra, cagionarono, per li odj che han parto-
» rito, orrendi mali all'Umanità. Armando a nome. di
» Dio fratelli contro fratelli, quante lutte atroci,
» quante guerre funeste non suscitarono, erigendo
» l'omicidio, le stragi, lo sterminio, confessato come
» line, in un principio santo di diritto e d'azione?
» E quando la lutta cessava per l'ineguaglianza delle
» forze ^ l'intoleranza generava persecuzioni spaven-
» tose, che oggi ancora alcuni fanatici osano rim-
» piangere, le carceri, i cavalietti, le ruote, le tor-
» ture d'ogni specie, la forca, la scure, il sole ve-
j> lato dalle ceneri de' roghi sparse al vento. Ed in
» un con questi orrori, la paura della scienza, l'i-
» gnoranza sistematicamente mantenuta per ottenere
» la sottomissione, ridicole pratiche, superstizioni as-
» surde, sostituite ai doveri reali: ondQ T indebolì-
891
» mento della coscienza, la correzione della morale
» subordinata alla fede cieca in dogmi non compre-
» sì, spesso incomprensibili. Ecco quello, che i dìfen-
» sorì del passato chiamano religione. E certo non
» è la nostra, non è quella che deve guidare rUma-^
» nità verso T avvenire! Religione per noi è il le-
» game degli uomini con Dio, e degli uomini fra lo-
» ro; è il complesso delle leggi dell'intelligenza e
» dell'amore; è il progresso non interrotto nella scien-
» za, nel diritto, e nel dovere, mediante lo svolgi-
» mento naturale del pensiero libero e della libera
» coscienza ; è Tapplicazione sempre più perfetta alla
ì> società, come agl'individui, delle sante massime
» vivificatrici della morale universale; è un'eterna
» crescenza nel vero e nel bene in grembo della
» pace.
» Fra le vostre religioni, e la nostra religione, sen-
» tenzino ì popoli (l). »
Farmi chiarito il senso, in cui la democrazia vuole
e propugna la libertà religiosa. In primo luogo, li-
bertà di ricercare il vero co '1 criterio della ragione;
in secondo luogo, libertà di professare le credenze,
cjie si riconoscono vere; e da ultimo, libertà di ope-
rare conforme alle credenze che si professano. Ora
il catolicismo può egli ammettere questa libertà re-
ligiosa?
Il conte di Montalerabert e il vescovo Rendu non
dubitano di rispondere affermativamente; il che pro-
va, come quei due campioni del partito catolico o
non sono più catolici, o fingono d'ignorare i primi
elementi della catolica dottrina, o mentono alla pro-
pria coscienza per ingannare il catolico vulgo deloro
(l) Manifesto del Comitato democratico frincese-spagnuQ^
Id-italiano (il Prpgr*3S0. Ad. U, n.« i97j.
292
devoti. Perciocché, come può mal un catolico rico-
noscere qual diritto reale la libertà d'esame? La sua
ragione non ha più altro officio che quello dopo la
fede, cioè la facultà dì studiare la teologia della chie-
sa. Ma la sola deliberazione di sottoporre ad esame
i suoi dogmi importando il dubio, e il dubio essendo
la negazione della fede, lo farebbe reo d'apostasia.
Dtibins in fide, infidelis est. Questo dubio, nel lin-
guaggio della morale catolica, si chiama tentazione
contro la fede; e per liberarsene, la chiesa coman-
'da. che? l'esame? no; Vatto di fede. Ed il conci-
lio di Trento ha espressamente definito, che non è
lecito interrogare i battezzati, fatti adulti, se vogliano
perseverare nella professione di fede, a cui vennero
iniziati da bambini; e che molto meno è loro per-
messo di abjurarla (l).
Ma senza ricorrere ad altre definizioni e documen-
ti, v'ha un fatto generale, che già da tre secoli du-
ra, come una protesta vivente e perpetua del cato-
licismo contro la libertà d'esame. Parlo della guerra
implacabile, ond'egli seguita a combattere il prote-
stantesimo, il quale, secondo che è noto, riposa infine
su questa libertà, come sopra la sua base fondamen-
tale. Ora la chiesa sotto il nome di spirito privato ha
sempre anatematizzato quella libertà, che ì riforma-
tori {avevano applicata all'interpretazione della Bib-
bia, e che bentosto i filosofi estesero a tutto il si-
stema sovranaturale della religione. Come osano dun-
que parlare di libertà religiosa il conte di Montalem-
berl e il vescovo Rendu? Se ammettono la libertà
d'esame, non sono più catolici, ma protestanti ed apo-
stati; se la rifiutano, non sono più apostoli della li-
bertà religiosa, ma satelliti dell'autorità e della ti-
rannide papale. Dunque o il primo articolo del loro
(I) ConcU. Trid., »ess. VI!, De baptismOt can. <4.
299
programma è una meojcogoa, o la' loro professione
di catolicismo un'ipocrisia. Come possono salvarsi da
quest'alternativa?
Oh) che? se la cavano asssìi facilmente all'uso dei
teologi, con una distinzione. Mediante le sue distin-
zioni, la teologia non ha paura di nulla; nega ogni
verità, abbatte ogni principio, deride ogni evidenza,
giustifica ogni errore, divinizza ogni assurdo; e tira
innanzi gloriosa e trionfante! Così, nel caso nostro,
chiedete un po' ai teologi se ammettono, o se rifiu-
tano la libertà d'esame? — L'ammettiamo, e non l'am-
mettiamo, vi rispondono gravemente;, la rifiutiamo
sì, e no cioè, bisogna distinguere. È lecita, anzi
oblìgatoria- a tutti li eretici ed infedeli; ma ai ca-
tolici è disdetta e vietata severamente. — Pare incrc"
dibile, che uomini di senno mettano in campo sì pue-'
rili sofismi, quasi fossero dimostrazioni inconcusse;
e non s'accorgano mai, che la loro teologia a forza
di distinzioni ha fatto loro smarrire il senso commu-
ne. Citiamone un solo che valga per tutti.
11 P. Perrone, nel suo trattato De vera religione,
riferisce a modo di obiezione una delle prove, che
noi altresì abbiamo recato; e fa discorrere il suo av-
versario così: tf Le cose che spettano alla salute,
vanno ponderate da ognuno e discusse con dilìgen-
tissimo esame, se non vogliasi violare lo stesso di-
ritto di natura; ognuno adunque dev'essere libero di
acconsentire odi rinunciare al giudizio della chiesa,
secondo la persuasione della prq)ria coscienza (1). if^
L'argumento è in buona forma; sentite ora la ri-
sposta: « Distinguo: prima di abbracciare la fede cri-
stiana ognuno ha il diritto di esaminare i motivi di
credibilità, passi pure ; ma dopo che s'abbia ricevuto
(1) Pari. II, prop. VI, n.« i66.
tu
la fede, si nega. Perciocché ai fedele non è permesso
alcun esame dubitativo, il quale non può stare con
la vera fede. Solamente a coloro, che ne son capaci,
si permette un esame di discrezione, per confermarsi
vie meglio nella loro fede (1). » Avete capito? Yuol
dire quel dabbeo uomo di teologo, che i cristiani,
grazie alla loro fede, han perduto un diritto di na-
turai Che di un diritto di natura parlava espressa-
mente l'objezione; ed è questo diritto medesimo, chV
gli disdice ai cristiani. Dunque i cristiani non hanno
più il diritto di essere uomini 1 Affò, che il giorno
del battesimo fu per essi una bella ventura !!.<
>(«^..é
Ma ora viene il buono. Fin qui si tratta dei cri-
stiani in generale; ed i catolici meritano bene qual-
che privilegio in quest'opera del disumanarsi per
imbestialire. Il P. Perrone fa dunque ripigliare al-
l'avversario Targumento in questi termini: « Almeno
però sarà lecito a chi che sia d'instituire Tesame du-
bitativo circa la vera chiesa; altrimenti ne segui-
rebbe, che ognuno possa, anzi debba aderire a qua-
lunque setta cristiana, in cui sìa nato: il che è as-
surdo. Che se poi Tesame dubitativo è necessario pcf
conoscere la vera chiesa di Cristo, come no'l sarà
eziandio p^? discutere i dogmi di fede (2) ? i> Qui,
ognun lo vede, è la ragione che parla per bocca del
P. Perrone; talché, suo malgrado, egli discorre per
bene.
Eccovi ora la risposta, in cui favella da teologo e
da gesuita: « Distinguo. È lecito, anzi necessario co-
desto esame a tutti quanti son fuori della chiesa ca-
tolica, concedo: ma, ai catolici, nego. E la ragione
della somma disparità fra li uni e li altri apparisce
(4) Part. II, prop. VI, n.» 167.
(2) /Wd. , n.o 168.
29Si
da ciò, che ì catoUci per l'esame di dUcrezione han
fai certezza e l'evidenza morale della per{)etua e nou
mai interrotta successione dei vescovi, dagli apostoli
sino a noi, come attestano tutti i public! monumen-
ti. All'opposto, tutti i settarj hanno la medesima cer-
tezza ed evidenza morale dell'epoca, in cui i loro
maggiori si separarono dalla stessa chiesa, per fon-
dare una nuova società, la quale si opponesse e al-
l'autorità e alla fede, che aveano abbandonato, o da
cui per la loro pervicacia erano stati espulsi. Per-
tanto i primi sono certi, e per certezza dì fede, del-
l'infallibilità della propria chiesa, a cui Cristo pro-
mise di assistere fino alla consumazione dei secoli;
i settarj invece non possono mai attribuirsi questa
infallibilità, se. non vogliano arrogarsi ciò, che ricu-
sano a tutta la chiesa da lora abbandonata. Quindi
i catolici, in' virtù dei loro principj, non possono du-
bitare; invece i settarj, in forza dei loro principj, de-
vono dubitare (1). » E così ragiona la teologia 1 La
chiesa decide, che il catoltco non può dubitare di lei;
e la chiesa stessa decidue, che tutti li altr devono du-
bitare della loro religione.
Stupenda procedura!* Ai catolici, che a milliaja ed
a millionl dubitano di qualche articolo delia loro fede,
la chiesa risponde: Voi non potete dubitare. ~ Ma
se in realtà dubitiamo. — Mo, signori, il dubio non
è possibile.
Ed agli eterodossi, che non dubitano punto della
verità delle loro credenze, la chiesa risponde: Voi
dovete dubitare. — Ma se in effetto non dubitiamo
punto. — Sì, signori, il dubio è necessario. — Sicché
la chiesa non vuole, che sia possibile quello ch'esiste ;
e vuole, che sia necessario quello che non esiste af-
fatto!
(I) Pari. Il, prop. VI, n.» 16J.
D'altra parie, non v'ha setta alcuna che non possa
far suo il discorso del teologo gesuita. Ciascuna è
persuasa di essere runica vera e divina; ciascuna
invoca per se la Bibbia e la tradizione; ciascuna allega
miracoli e profezie, apostoli e martiri, padri e dot-
tori ; ciascuna si tiene per legitima erede e discendente
di Cristo e dell'Evangelio; ciascuna, in somma, re-
puta valide, certe, evidenti le proprie ragioni, e chiama
insufficienti, fallaci, sofistiche, le ragioni delle altre*
Ora, che direbbe il P. Perrone, che direbbe la sua
chiesa, se un'altra setta venisse a discorrere come la
catoììca, e decidesse che i proprj seguaci non pos-
sono dubitare di lei, mentre che tutti li altri cre-
denti devono dubitare della loro fede?
Certo, su questo punto, sono assai più ragionevoli
i protestanti che non i catolici; poiché quelli con-
cedono a tutti lo stesso diritto d'esame, senza privi-
legio 0 eccezione per conto proprio; laddove questi
rimpongono agli altri come un dovere naturale, ed
essi poi se ne dispensano. Ed anche più dei prote-
stanti sono logici i razionalisti, i quali non solamente
sottopongono all'esame il senso particolare dei testi
della Scrittura, ma eziandìo il fatto stesso della ri-
velazione, e con esso l'autorità della Bibbia e la realtà
di tutto l'ordine sovranaturale. Imperocché, se il cri-
terio della verità è la ragione; se la conoscenza e la
professione della verità è un diritto dì natura; non
hawi ordine alcuno d'idee o di fatti, che possa sot-
trarsi all'esame della ragione, né la ragione può am-
mettere per vero se non quello che s'accorda co'l
suo criterio.
Ma io non ho qui dà rilevare» e molto meno da
combattere quel miscuglio di paralogismi, d'assurdi-
tà, e dì barbarle, che s'intitola teologia. Bene omale
che la chiesa ragioni , il fatto sì è, ch'ella proibisce
espressamente a tutti i calolirl la libertà d'esame in
matecia di religione; e quindi, che il partito catolico
non può annoverare questa libertà nel suo program-
ma, senza cadere o nell'apostasia o nella menzogna.
Passiamo alla libertà di coscienza^ La quale im-
porta, come abbiamo veduto, il diritto per T indivi-
duo di professare le credenze religiose, che la sua
ragione gli persuade; e il dovere per la società di
rispettare in chi che sia questo diritto, e però di non
costringere nessuno ad atti religiosi, che repugnino
alla propria coscienza. La società pertanto non può
arrogarsi veruna autorità in fatto di credenze; per
lei, la religione è tutta cosa di diritto privato, in-
terno, individuale; per lei, tutte le religioni sono
egualmente legitime e buone, a questa sola condi-
zione che osservino le leggi della morale publica e
della polizia civile. Ora i catolici a questo sistema
diedero per istrazio il nome di indifferentismo! Ma
la democrazia bada più alle cose che ai nomi; e se
indifferentismo vuol dire, che lo Stato dee riconoscere
tutte indifferentemente le religioni, che ai cittadini
piacia di professare; e che la società dee rimettere
indifferentemente alla coscienza di ciascheduno l'ar-
bitrio e la responsabilità delle sue credenze: la de-
mocrazia accetta il titolo d'indifferentlstay e se ne
gloria; poiché la liberta religiosa non è altrimenti
possibile che néìVindifferenza dello Stato e della so-
cietà; e l'uno e l'altra cesserebbero d'esser giusti con
lutti, se cessassero d'esser indifferenti verso di tutti.
Ma il catolicismo può egli ammettere questa li-
bertà religiosa? Attento, conte di Montalembert; at-
tento, vescovo d'Annecy: eccovi la risposta formale
del vostro Dio, perchè è del vostro papa: Tocchiamo
adesso, dicea Gregorio XVI a tutti 1 vescovi catolici,
un altra cagione fecondissima dei mali, onde gemiamo
di vedere al presente tribolata la chiesa, cioè Tindif-
298
ferentismo, ossia quella perversa opinione, eke per
la frode dei malvagi divulgossi d'ogni parte, potersi
ottenere l'eterna salute delV animai con qualsivoglia
professione di fede, purché i costumi sieno retti ed
onesti. Ma facil cosa vi sarà, in una materia così
chiara ed evidente, di respingere questo funestissimo
errore dai popoli alla vostra cura commessi (1). E
prima di Gregorio, un altro papa, Pio VII, avca con-
dannato i carbonari, perchè « hanno* per principale
» oggetto di dare a chi che sia ampia licenza di falMri-
» carsi a proprio talento e secondo le proprie opi-
» nionì la religione da tenersi, introducendo così
» Findifferentismo religioso, dì cui appena potrebbe
» imagìnarsì cosa più perniciosa (2). » Vedete un pò*,
signor conte, bel missionario della chiesa che siete!
Voi, catolico e gesuita, difendete una libertà, che il
papa, cioè il vostro Dio, deplora come una tribola-
zione rovinosa per la chiesa, un'opinione perversa,
una frode degli empj. E voi, monsignore, specchia>-
tevi, ed osservate strana razza d'apostolo che voi
siete I Voi, sacerdote, vescovo, e dottore della chiesa,
bandite una libertà, che il vostro Dio, cioè il papa,
vi denuncia per un errore funestissimo, e v'intima
di respingere ben lungi dal popolo a voi confidato^
(1) Alteram nunc persequimur causam malorum uberri-
mam, quibas affliclari in praesens comploramus ecclesiam,
indifferentismum scillcet, seu pravam illam opinionem, quae
improhorum fratide ex omnl parie percrebuìt, qualibet ndel
professione aeiernam posse animae saluiem comparar!, si mo-
res ad recti honeslìque normam exiganlur. At facili sane ne-
goUo, in re perspicua planeque. evidenti, errorem exiliosissi-
mum a populis veslrae curae concredilis propellelis. (ff/wic«ca
data in Roma il i5 agotto 1832.)
(5) Carbonarios id praecipue spedare, utljmagnam licen-
tiam cuique dent religionem, quam colai, proprioiingenio el
ex suis opinionlbus sibi Hngendi, indifTerenUa in religionem
inducta, qua vlx quidquam excogilari polesl rernioiusius.
(Cnnstit. Ecclesiam, 13 settembre is;i.)
29»
% noo mi venite fuori con una delle solite distin-
:doni, gridando che condannate anche voi con papa
Gregorio V indifferentismo; ma che voi ammettete so-
lamente la libertà di coscienza. Perocché lo stesso
papa Gregorio v'ha chiusa d'avanzo questa teologica
scappatoia. Ascoltate quell'eco fedele dello Spirito San-
to: Da questa fetentiséima surgente ^e/r indifferenti-
smo scaturisce quell'assurda ed erronea sentenza, o
piMosto delirio, doversi assicurare e mantenere a
chiunque la libertà di coscienza. A/ quale pestilentis-
Simo errore spiana la via quella piena ed illimitata
libertà di opinioni, che largamente si sparge a danno
della religiosa e civile società, mentre alcuni spac-
ciano^ con somma impudenza, che ne ridondi qual-
che vantàggio alla religione (1). E ben vi stai Fra
quei nonnulli, a cui il papa getta in faccia, senz'ai-
ttrl complimenti, un per swnmam impudentiam, voi
siete i primi. Siete voi, signor conte, che avete osato
scrivere un volume per provare, che il catolicismo
abbisogna della libertà, e la libertà giova al catoli-
cismo. Voi, che avete detto e ripetuto: JLa libertà di
cofscienza, principio invocato per tanto tempo dai ne-
mici della religione, oggi volgesi dapertutto a suo
profitto. Là dove esiste, dove una volta fu inscritto
nelle leggi, guardiamoci dal cancellarlo; poiché ivi
diviene la salvaguardia della fede, e il baluardo della
chiesa (2). Oggidì il temere la libertà, o temere la
scienza per amor della religione, sarebbe un dubitare
(1) Atque ex hoc palidissimo indifferentismi fonte absurda
fila fluii ac erronea sententia, seu polius deliramentum , as-
-serendam esse ac vindicandam cuilibet liberlatem conseien"
tiae. Cui quidem pestilentissimo errori viam sternit piena illa
atque immoderata liberlas opinionuro, quae in sacrae et ci-
viiis rei labem late grassatur, dictilantibus per summam im-
pudentiam DonnulliSi aliquid ex ea commodi in religionem
promanare. (Ibid.)
(2) Pag. 93.
300
della terità (1). Oh, V impudente! É poi, quasi pèt
Ischerno «onchiudete: Tal è la mia fede politica; e
/ Hors qu*un commandement du pape exprès ne Vienne^
fo conto di persenerarci. Anzi io confesso, che non
vedo alcun profitto^ alcun onore, per i caloUci, a nu-
trirne un'altra (2). Oh, V impudentissimo! Ed il <J0-.
mando del papa non è già venuto? Non vi ha egli
dichiarato solennemente, che la libertà di coscienza
è un'opinione falsa ed assurda, o meglio un delirio?
Che è un pestilentìssimo errore? £ che a Fiutarla»
utile alla chiesa ci vuole una somma impudenza?
Non vi basta dunque disobedire al papa; volete an-
che beffarlo? Non siete pago di calpestare un suo
comando; ne attendete un altro ancora? E vi pre-
sumete catolico, voi? Ma se voi siete catolico, chi
sono dunque li eretici? chi li scismatici? chi lìapo^
stati? chi i rlnegati?
E su voi pure, monsignor d*Annecyv ricada il ful-
mine della sentenza papale. Siete ben voi, che in capo
al vostro programma avete inscritta la liberta di co^
scienza, quella libertà, che il papa dalla sua catedra
scommunicò siccome erronea, assurda, e pazza. Siete
voi, che avete scritto: iVot non saremmo giammai li
avversari di coloro, che volessero allargare la defi-
nizione della libertà (e sì che la vostra è già larga
discretamente!). iVoi siamo piuttosto, ernie cristiani,
disposti ad ammettere tutte le larghezze , che le si
potranno dare. Ciò che noi condanniamo, noi, sono U
sforzi che dovunque si fanno per restringerla (3).
Siete voi che avete affermato: Si citi una sola delle
(i) Pag. 101.
(2; Pag. i92.
(3) Pag. Ì98-I99.
301
parti della libertà, che il clero respinga! Noi non esi-
tiamo a proporre questa sfida (1), Oh impudente!
Voi, vescovo, sfidate adunque il vostro papa? Ed in
nome del catolicismo, voi, vescovo, predicate Terrore
pestilentissimo, che il capo del catolicismo ha fiera-
mente proscritto? Voi, vescovo, sostenete in nome
della chiesa un'opinione, che il capo della chiesa giu-^
dica una rovina della società religiosa e civile? Oh
impudentimmo! E vi dite catolico, voi?
Ahi signor conte, e monsignor vescovo, andate a
studiare il catechismo, prima dì atteggiarvi a dottori
della chiesa. Finitela ormai, che è tempo, questa in-
degna e perfida comedial Via le maschere e le ipo-
crisie! Se siete catolici, state co'l papa, parlate come
il papa, fate come il papa. Lasciate che parlino di li-
bertà religiosa i protestanti, ì filosofi,' i liberali, i ra-
zionalisti, i socialisti, tutto il mondo; ma voi tacete!
Ossia parlate pure, ma di scommuniche, di anatemi,
di torture, e di roghi, contro ogni e qualunque 11-'
berta: questo è il linguaggio che vi conviene, poi-
ché fu sempre ed è tuttavia il linguaggio di Roma.
Parlate come i vescovi della provincia di Genova, I
quali in una loro protesta dichiarano: La tanto de-^
cantata libertà di coscienza può fare bensì oggetto di
filosoficìie discussioni; ma non può invocarsi in que^
sti Stati a base di governativo provedimento (2). Par-
late come il teologo Scavini, Il quale nel suo Corso
di teologia morale, dedicato al papa e adottato per
t^to in molti seminarj, deduce a guisa di corollario;
quantum deploranda sit {cito le parole latine, per non
ispoglìarle con la mia traduzione della loro forza ori-
ginale) illa eonscientiae libertas, quam aetate nostra
(l) Pag. 200.
(3) // Catolico, n.« 6*1,
302
plerique jactitant; quantumque deceat moraliBta$ om-
nes ieto foedere hanc pesterà fidei exitiosam vehemen-
ter aggredi, atque armis simul una conjunctis illam
ad mortem usque confodere (1). Parlate come il gior-
nalista Yeuillot, che deplora quale una sventura, per-
chè non abbiano bruciato vivo Lutero, siccome Gio-
vanni Huss e Gerolamo da Praga. Parlate come l'abbate
Morel d'Angers, il quale tessendo l'apologia dell' In-
quisizione, esclama: Sapete voi, dove bisogna cercare
l'origine della pena di morte? Sapete voi, qual è il
papa, il grande Inquisitore, che per il primo Vintro-
dusse nella chiesa di Cristo, e V applicò per il pri-
mo? Conoien risalire fino a S. Pietro, fino alla chiesa
primitiva. Là, a quella data, consegnando due colpe-
voli d*una semplice bugia, Anania e sua moglie, al
braccio secolare di Gesù Cristo, re supremo del pari
che pontefice, per essere non solamente bruciati, ma
fulminati senza indugio, senza pentimento possibile,
là S. Pietro stabilì la pena di morte per un delitto
puramente religioso, ed esercitò una tale Inquisizio-
ne, che nessuno de* suoi successori osò d'imitare (2).
Parlate come il Pontificale romano, che impone al
vescovo, nella sua ordinazione, questo giuramento:
Perseguiterò e combatterò con tutte le mie forze li
eretici, li scismatici, ed i ribelli al papa e a' suoi
successori. Parlate come il concilio generale di Go-
stanza, che condannò a morte Giovanni Huss per aver
insegnata, fra le altre, questa proposizione (la 14.^):
Doctores ponentes quod aliquis per censuram eccle-
siasticam emcndandus, si corrigi noluerit, saeculari
judicio est tradendus, prò certo sequuntur in hoc pon-
tifices, scribas et pharisaeos, qui Christum non volen-
t€m eis obedire in omnibus, dicentes: nobis nonlicet
(t) Traet De Conneientiaf cap. 2, q. 3.
(?) L'Univerif 27 avril U50.
SOS
ìnterficere quemquam» ipmm saeculari judkio tradì-
d€mnt;'^'quod tales sint homicidae graviores quam
Pilatus. Parlate come papa Leone X, il quale con-
dannò per eretica la proposizione 33." di Lutero, che
il bruciare li eretici sia contro la volontà dello Spi-
rito Santo. Parlate come papa Clemente XII, il quale
nella bulla di canonizzazione di Vincenzo de'Paoli,
10 esalta perchè non cessò di ammonire il re, la re-
gina, ed i rcgj ministri, che costringessero cdl'obe-
dienza con le debite pene i contumaci; e scacciassero
da tutto il regno di Francia, come una peste, li osti-
nati neloro errori. Parlate come Taltro papa, Pio VI,
11 quale nella hullà Auctorem (idei condannò per ere-
tica parimente la proposizione 4." del sinodo di Pi-
stoja, che affermava abusum fore auctoritatis eccle-
siae transferendo illam ultra limites doctrinae acmo-
rum, et eam extendendo ad res exteriores, et per eam,
exigendo id, quod pendei a persuasione et carde;
tum etiam multo minus ad eam pertinere, exlgere per
vim extcriorem subjectianem suis decretis. Parlate come
un altro ^ran papa, Pio V, un santo del vostro calen*
darlo, di cui e perchè papa, e perchè santo, io rife-
rirò più distesamente le dottrine intorno alla libertà
di coscienza, che stanno registrate nelle sue let-
tere (1).
1568, agosto 26. — Al duca d'Alba, dopo che avea
fatto una strage degli eretici neTaesi Bassi: « Sia
» benedetto il Signore, che in mezzo a tante cure
1» ed a tanti dolori, si degnò di consolarci con si
» liete novelle! Noi esultiamo per la religione cato-
» lica, che Iddio v'abbia concessa una vittoria così.
(1) Non avendo potuto procurarmi il testo latino, mi valgo
della traduzione, che ne fece De Poller: Ultres da 5- Pie K,
sur les affair ei religieum de son temps ^n France, Bru\el»
les 1827.
304
» luminosa. E non solo ce ne congratuliamo con
» voi, cìie combattendo per la causa del Signore
» siete cosi manifestamente sostenuto dal suo soc-
» corso; ma ancora ve ne rendiamo grazie in nome
» dì tutta la chiesa, percliè avete bea meritato di
» lei. Continuate ad accumulare queste belle azioni,
» che a guisa di gradini vi condurranno alla gloria
» eterna, »
1569, genajo 17. — Al cardinale d' Armagnac, le-
gato pontificio in Avignone: « Abbiamo inteso con
» la più viva gìoja del nostro cuore, che voi avete
» ordinato di fare, e realmente avete fatto la divi-
» sione dei beni degli eretici di codesti nostri Stati.
» Noi proibiamo, che questi beni sieno dati ai pa-
9 renti o ai prossimi de* primi possessori, o che per-
» vengano loro in qualsiasi maniera, ancorché fossero
» oneste persone e buoni catolici. »
Sotto la stessa data. -— Al cardinale di Bourbon:
« Vi esortiamo ardentemente, e vi eccitiamo a faro
» tutti i vostri sforai, ad usare tutta la vostra in-
» fluenza, perchè si abbracci una volta il partito più
» efficace a compiere la distruzione dei nemici im-
» placabili di Dio e del re (li ugonotti). »
Stessa data. — Al cardinale di Lorena: «Notiamo
» con dolore, che non si eseguì ancora ciò, che do-
» vea farsi secondo T editto del re, cioè la confisca
» dei beni degli eretici; il che sarebbe stato utilis-
» Simo a ritener nella fede i dubiosi, e a distogliere
» tutti lì altri dalla nefanda società ed amicizia con
» li eretici. »
1S69, marzo 6. — A Carlo IX, re di Francia:
« Quando Iddio ci avrà fatto riportar la vittoria,
» spetterà a voi di punire con estremo rigore li
» eretici e 1 loro capi, perchè sono i nemici di Dio;
» e dì vendicare giustamente su di essi, non che le
* vostre proprie, ma anche le ingiurie dì Dìo, ac-
SOS
D ciocché essi portino la pena dovuta alle loro sce-
» leratezzo, e voi siate Tesecutore del giusto giodi-
» zìo dì Dio. »
Marzo 28. ~ Allo stesso: « Quanto più benigna-
n monte Iddio ci ha trattati, tanto deve esser 'mag-
» giore la vostra sollecitudine a profittare della vìt-
» toria, onde perseguitare e distruggere le reliquie
» stesse dei nemici, ed estirpare intieramente fin le
n radici, e le fibre medesime delle radici, di un male
)> sì grande e si profondo. Ci riuscirete, se nessun
» rispetto di persone e di cose umane potrà indurvi
» a risparmiare i nemici di Dio; che non arriverete
» a placare Iddio altrimenti, se non vendicandolo
» severissimamente di quelli scelerati, che T hanno
» offeso. Rammentatevi T esempio del re Saule; il
» quale avendo ricevuto da Dio, \yev bocca di Sa-
» muele, Tordine di esterminare l'infedeli Amale^citi,
» sì che per qualunque pretesto non ne risparmiasse
» nessuno, non obedì alla volontà ed alla voce di
» Dio, salvò il re stesso degli Araalecili, e riserbossi
» le sue cose migliori. Ma poco dopo, rimproverato se-
» veramente dal profeta medesimo, che Tavea con-
»> sacrato re, gii venne tolto il regno e la vita. Con
x> questo esempio Iddio volle ammonire tutti i re; che
j> il trascurare la vendetta delle sue ingiurie è un
» provocare contro sé stessi la sua ira e lasuaigde-
» gnazione. »
Stessa data. — A Caterina de' Medici, regina ma-
dre: « Che non si risparmino in alcun modo, nò
» per verun motivo, i nemici di Dio; ma si trattino
» con tutto rigore, poiché dessi non perdonarono a
» Dio, nò ai vostri figli. Non si può placare Iddio
» altrimenti che facendo una giusta vendetta delle
» sue offese. Se Vostra Maestà continua, come ha fatto
» sempre, a combattere apertamente e arditamente
» i nemici dell^ religione catolica fino air esterminio,
l 211
306
» sia oerta che il soccorso divino inai non le verrà
» menò. Solo con la strage di tutti il eretici il re potrà
» restituire a cotesto nobile regno il culto della car
» tolica religione. »
1369, aprile 13. — Alla stessa: « Voi dovete, d'ac-
» cordo con vostro tiglio il re cristianissimo, ado-
» perare tutte le vostre forze per vendicare le in-
» giurie fatte a Dio ed a' suoi servi, trattando i ri-
>» belli con giusta severità. E ci affrettiamo tanto più
» a raccommandarvi caldamente la cosa, polche ab-
» biamo sentito che certuni si studiavano di salvare
» qualche prigioniero, e di rimetterlo in libertà. Ab-
» biate cura che ciò non avvenga; e fate ogni sforzo,
» acciocché quelli uomini sceleralissimi periscano tutti
» nei meritati suppllzj. »
Stessa data. — Al duca d'Anjou, fratello del re:
(( Vi preghiamo a non cessar di eccitare il re cri-
» stianìssimo, con le vostre fraterne esortazioni, af-
» finché punisca con la massima severità i. ribelli al
» suo potere. Se qualcuno fra loro cercasse di evi-
)> tare il castigo che merita, implorando la vostra in-
» tercessione presso del re, voi dovete, per la vo-
» stra pietà verso Dio e j)e '1 vostro zelo dell' onor
» suo, rigettare le preghiere dì chiunque vi suppli-
» casse in loro favore, e mostrarvi egualmente ineso-
» r^ile con tutti. »
Stessa data. — AJ cardinale di Lorena: «Non vi
)> sarete dissimulato, che la vittoria avrà contri-
» buito poco 0 nulla al principale scopo, che vo-
» gliamo ottenere, se voi dapprima, e poi tutti co-
» loro che godono di maggior favore ed influenza
» presso il re, non adoperate ogni cura ed ogni
» sforzo, acciocché in tutto il regno la sola religione
» catolica sia ricevuta ed osservata da tutti, cosi in
» publico, come neUVntimo della coscienza. »
Slessa data. — Al re Carlo IX: « Conviene che
' /•
.307
» Vostra Maestà iéngA per eerto, che ì' ordine e la
» pace non torneranno a regnare nel vostri Stati,
» finché tutti non abbracceranno nnanimemente, e
» non manterranno fedelmente la sola e medesima
» religione catolica. Per riuscirvi con Tajuto di Dio,
» egli è necessario, che Vostra Maestà infierisca senza
» pietà contro i nemici di Dio. Perocché, se mosso
» da un pretesto qualunque voi trascuraste di per-
9 seguitare e di punire le ingiurie fatte a Dio, certo
n finireste con istancare la sua pazienza, e provo-
ì> care Tira sua. Non ascoltate le preghiere di nes-
D suno; non cedete né air amicizia, né ai vincoli del
» sangue^ e mostratevi inesorabile con tutti quanti
» osassero parlarvi a favore di quelli scelerati. »
1569, ottobre 17. — Alla regina madre: « Non cre-
» diate di poter fare cosa a Dio più gradita, che^di
» perseguitare apertamente i suoi nemici, per zelo
» della catolica religione. »
1569, ottobre 20. — Al re di Francia: « Il frutto
» della vittoria consiste in ciò, che esterminati con
» giusta punizione T infami eretici, nostri nemici
]> communi, si ridoni a cotesto regno l'antica pace.
» Non permettete che v'ingannino, affettando vani
» sentimenti di pietà; e non ambite, perdonando le
» Ingiurie fatte a Dio stesso, la falsa gloria di un»
» pretesa clemenza ; poiché non havvi cosa più cru-
» dele che la pietà e la misericordia verso li empj.
» Dovete adunque, prima d'ogni altra cosa, far prò-
» fessare ai vostri sudditi la sola fede catotìcsi; e
» per conseguire un intento cosi salutare, far met-
» tere a morte coloro, che si ribellarono a Dio ed alla
» Maestà Vostra; indi stabilire rìnquìsitori in ciascuna
D delle vostre città. »
1570, genajo 29. — Allo stesso: « Non ;può es-
» servi nulla di commune fra la luce e le tene^
1^ bre; e quindi nessuna conciliazione fra catolioi
308
» ed eretici, se non piena d'inganni e d'insidie.
» Laonde noi esortiamo Vostra Maestà a volgere Ta-
» nimo suo verso la ricerca dei mezzi atti ad annìen-
» tare li avanzi di questa guerra intestina, ed a ven-
» dicare con giuste armi le ingiurie proprie e quelle
» dì Dio. »
Sotto la stessa data, ripete li stessi ammonimenti
alla regina madre e al duca d'Anjou.
11)70, aprile 23. — Al re di Francia: « Vostra
» Maestà dee star ben in guardia neir affare della
» pace, che dicesi già conchiusa, o prossima a con-
» chiudersi tra voi e li eretici, nemici di Dio e ri-
to belli al vostro potere. Noi vi assicuriamo, ed è
» questa per voi la più indubitabile ed irrefraga-
» bile autorità, che un tale accordo, lungi dal farvi
» godere la pace, diverrà anzi la fonte di grandi
» mali per la Francia. Li uomini, che pensano al-
» trimenti, e che cercano di tirarvi nella loro opi-
» ninne, s' ingannano, o per adulazione vìngannano.
» Mettono in campo il falso pretesto dell' utilità ge-
» nerale; ma dimeiìticano ad un tempo la religione
» catolica e la vostra gloria. Dovrebbero nondi-
» meno considerare, che facendo la pace. Vostra
» Maestà permette ai suoi nemici più accaniti di ve-
» nire nella propria regìa; che ne devon nascere per
» necessità pericoli ed attentati d'ogni genere; e
» che, se mancasse pure agli eretici volontà di ten-
» dervi insidie. Dio stesso, per un giusto giudizio
2> della sua providenza, ne inspirerebbe loro l' idea, a
» fìne di punirvi con tale mezzo per aver trascurata
» la religione. »
Ai 14 d'agosto replica le stesse minacce al cardinale
di Lorena.
Stessa data. - Al cardinale di Borbone: « La
» pace fra il re cristianissimo e l'infami eretici, che
« altro contiene se non la distruzione del catolici-
S09
» smo in Francia, un oltraggio alla dignità ed alla
» fama del re, ed il perìcolo più manifesto alla sua
» personal- sìcurem? Egli è perciò che noi vi esor-
» tiamo e vi preghiamo con tutto l'ardore possibile
» a voler turbare e disperdere i progetti dì una pace
» COSI ignominiosa e funesta; e ad opporvi forte-
» mente a coloro, che tentassero di persuadere il
» contrario al re. »
1570, settembre 23. — Allo stesso: « Non è così
» focile a noi trovar espressioni capaci dì dipingervi
» il dolore, onde ci ricolmò la notizia della pace
» conchrusa fra il re cristianissimo e li eretici, come
» a voi stesso d! sentirlo. Noi non possiamo dire,
» senza versare lagrime, quanto codesta pace sia de-
» plorabile e pericolosa, e quanto il re se n'avrà
» da pentire. Non abbiamo voluto mancare di esor-
» larvi con questa lettera a conservare la religione
» in Francia in questi torbidi tempi, a resistere agli
» eretici, ed a far loro gaerra ad oltranza. »
Sotto la stessa data inculca i medesiitai consigli
al- eaixtinale di Lorena.
V Ad un principe, esortandolo a purgare il suo Stato
dagli eretici: « Sapiamo quanti mali cagionò alla
» chiesa di Dio la dissimulazione, o la dolcezza. Sve-
» glialevi dunque, e ripigliate i vostri spìnti. Fate
» trattare secondo il merito, o cacciar vìa irtleramente
» li eretici ; trattate allo stesso modo quel vostri sud-
» diti, che si fossero lasciati sedurre dalla loro falsa
» dottrina. Gettate il vecchio lievito, perchè non ri-
j» manga nei vostri Stati né pur la minima traccia
» d'una peste così crudele. »
E questa <iollriBa dei concilj, de' papi, e dei teo»
logi, era stata elevata alla dignità di una teorìa ca-
tolica dall'angelo delle scuole, S. Tomaso. Il quale
discutendo espressamente la questione: Se U eretici
sto
debbmkd tolerarsi (1), definisce la libertà religiosa
del catolicismo ne' termini seguenti: a Intorno agli
» eretici sono 4a considerare due cose: Tuna per
9 *parte di essi; e T altra per parte della chiesa. In
j» (fuanto ad essi, è da considerare il peccato^ per
» cui meritarono, non che di essere separati dalla
1» chiesa con la scommunlca, ma anche di essere
» esclusi dal mondo con la morte. Perciocché è assai
:» più grave colpa di corrompere la fede, da cui di-
» pende la vita dell'anima, che il falsare la moneta,
» con cui si provede alla vita temporale. Onde se 1
» Jalsarj di moneta, o altri malfattori, vengono sa-
» blto dal principi secolari giustamente messi a morte;
» molto più 11 eretici, tosto che sono convinti del-
» r eresia, possono essere non solo scommunlcati,
» ma eziandio giustamente occlsl. Ed in quanto alla
j» chiesa, è da considerare la misericordia per la con-
» versione degli erranti. Perciò non 11 condanna su-
» blto, ma dopo una prima ed una seconda corre-
» zione, come l'Apostolo insegna. Ma poi, chi tro-
» vasi ancora ostinato, la chiesa, disperando della
» sua salute, provede alla salute degli altri separan-
» dolo dalla chiesa con la scommunica, e di più lo
» abbandona al giudizio secolare per essere sterminato
» dal mondo con la morte (2).»
(i) P. II. Il, q. XI, art. 3.
(2) « Respondeo dicendum, quod circa haeretico3 dao sani
» coDsideranda: unum quidem ex. parte lpsorum,,aliQd vero
» ex parte ecclesiae« Ex parie quidem ipsorum est peccatniu,
» per quod meruerunt non solum ab ecclesia per excommu-
» nicatìonem separar!, sed etiam per mortem a muodo ex-
» ciudi. Multo enim gravius est corrumpere fldem, per quam
> est animae vita, quam falsare pecuniam, per quam tempo-
• Tali vitae subveaitur. Uode si falsari! pecuuiae, vel ali! ma^
• lefactores, statim per saeculares priocipes juste morii tra-
» duntur, multo magis baeirelìci , stalìm ex quo de hncrcsi
311
Eccovi xome la chiesa eatollca intende la libertà
dì coscienza 1 Credi, o muori: ecco lutto il suo pro-
gramma. E non mi state a dire, che queste dottrine
SI vennero temperando' e correggendo co '1 progre-
dire della civiltà e della scienza; perciocché voi, si-
gnor vescovo e signor conte, siccome ogni buon cà-
tollco, dovete ammettere T unità e l'immutabilità as-
soluta dei principi della chiesa. Dunque la differenza
dei tempi voi non potete invocarla, senza mentire
alla vostra professione di fede: ciò che per la chiesa
è vero e bene un giorno, fu sempre vero e bene, e
sarà bène e vero per sempre. Oltre di che, le mas-
sime e li atti di quel frenetico e sanguinario, che
voi chiamate san Pio Y, hanno ricevuta una san-
zione particolare dalla chiesa co'l decreto della sua
canonizzazione; e voi, monsignore, tutti li anni a' 5
di maggio celebrando la messa glorificate Iddio, per-
chè ad conterendos ecclesiae hoste», et ad divinum
cultum reparandum, Beatum Pium Pontificem Maxi-
mum eligere dignatus est; come voi, conte, recitando
» convincQDtur, possunt non solum excommonicari, sed et
» juste occiUi.
9 Ex pane autem ecclesiae csl misericordia ad errantium
T» conversionem; et Ideo non stalim condemnaty sud post pri-
» mam et seeundam eorreptionem, ut Aposlolus docet, Posl-
• modum vero si adliuc perlinax invcniaiur, ecclesia do ejns
» conversione non sperans, atioram saluti providot, eum ah-
» ecclesia separando per exeommunicalionis scnlenliam; et
» uUerius relinquit cum judìcio saccnlari a innndo.exlermi*
» nandum per morlcm. Dlcit enim Ilieronymus (supra illud
9 Galal.V. Modicum fermentnm)yel liabetur XXIV, Quaest, III
■ cap. XVI: Hesecandae sunt pvlridae carnes, et scabiosa
» ocis a cauUs repellenda, ne tota domus, massa, corpusr,
» et pecora ardeant* corrtiinpanlnr, pntrcsòantf inlereant.
» Arius in Alexandria una scintili a fuil; sed quoniam non
» statini oppressus est, totuvi orbcm n-t^ finmma popnìata
I» csl. »
312
il breviario, in grazia della vostra dignità di apolo-
gista, ogni anno, lo stesso giorno, glorificale quel ti-
gre di papa, perchè inquisUoris officium inviolabili
animi fortitudine din sustinuit; multasque civitates*
non sine vitae discrimine , ab haeresi tunc grassante
immunes servavit. Così entrambi al2.di marzo esaltate
con tutta la chiesa un altro papa, Oregorio I, il wa-
gnOy perchè donatista^ in Africa, arianos in Uispa-
nia repressit; agnoitas Alexandria ejecit; pallium
Syagrio augustodunensi episcopo dare noluit, nisi
neophitos haareticos expelleret ex Gallia; Golhos hae-
resim arianam relinquere coegit; a' 23 di genajo,
Raimondo di Pennafort, perchè Jacobo Aragoniae regi
Sacrae Inquisitionis officii suis in regnis instituendi
auctor fuit; a'4di agosto, Domenico di Gusman, per-
chè hujus ingenium ac virtus maxime enituit inever-
tendis haeretieis, qui perniciosis erroribus Tolosates
pervertere conabantur; al 28 dello stesso mese. Ago-
stino, il grande, perchè haereiicos perpetuo insetto^
tus, ac nullo loco passus consistere; a' 4 di novem-
bre, Carlo Borromeo, perchè in profligandis haere-
tieis e partibns Rhactorum et Helvetiorum, maxime
laboravU; e, per finirla, a' 30 di maggio, Ferdinando
di Castiglla, perchè haereiicos insectando, quos nul-
libi regnorum suorum consistere passus, propriis ipse
manibus Ugna comburendis damnaiis ad rogum adve-
hebat, — Tal è l'unico programma, che i catolici si
in teorica e sì in pratica possano e debbano se-
guitare.
Nessuno tuttavia sarà più ormai tanto semplice da.
credere, che un conte dì Montalembert e un vescovo
d'Annecy vogliano in buona fede la libertà religio-
sa, qual diritto naturale dell'uomo. Il primo^ in fót-
tì, nell'atto stesso che si vanta soldato ed amante
della libertà, fa questa truce confessione : Io non est"
to a dirlo '.'Sé potesse mai sopprimersi la libertà del-
V errore e del, male, sarebbe un dovere (ì). E vuol dì-
re, che si rassegna alla libertà religiosa unicamente
per ciò, che la chiesa non ha più tanta forza da
proseguire lo stermìnio degli eretici e dei miscreden-
ti; ma se l'avesse ancora, o se la riavesse un gior-
no, egli, Montalembert, il vecchio soldato della liber-
tà, ramante sincero e passionato della libertà, stime-
rebbe un dovere di sopprimere ogni eresia, ricoprendo
la terra di roghi e di patiboli per la maggior gloria
di Dio e della chiesa II — E poco appresso, quasi
per commento, soggiunge : Senzu dubio, sarebbe cosa
insensata proclamare il principio della libertà di co-
scienza nei paesi, dove non esiste ancora, e dove non
è reclamato da nessuno (2). Ma, dove questa libertà
non esiste, chi ardisce reclamarla, quale risposta ot-
tiene? La galera 1 — Se poi il conte stima propria-
mente cosa insensata il proclamare la libertà di co-
scienza ove non esiste, certo è che non la reputa un
diritto umano; altrimenti, perchè non grida tiran-
nici ed infami quei governi, che non l'hanno ancora
proclamata? — Ed in termini assai più espliciti l'a-'
veva egli stesso già dichiarato nella relazione, che
lesse aio dicembre 1850 nell'Assemblea francese, in-
torno al progetto di legge per l'osservanza della do-
menica, deplorandola libertà di coscienza come una
«ventura fatalmente inevitabile nelle presenti condi-
zioni della sua patria. Così Montalembert spiega ab-
bastanza il suo pensiero, che non è questa per lui
una questione di diritto, ma di strategica; non è
una discussione di principj, ma una rassegna d' ar-
ci} Je n*hésile pas à le dire, si on pouvait sapprimer la li-
berto de Terrcur et du mal, ce serait un devoir fpag. 99).
(3) Sans doute, il seiait insensé de le proclamer dans les
pays, où il n'existe pas, ci où il n'esl reclame par personne
(rag. 99).
314 .
inali; egli non istudia la natura dell'uomo, i suo!
doveri, e le sue leggi, ma esamina le forze deb papa,
numera i soldati, saggia le armi, visita le fortezze,
scandaglia il tesoro; e poi sfiduciato, avvilito: Po-
vera chiesa 1 esclama; i suoi nemici sono molto più
potenti di lei. Ahi invece di pensare a sterminarli,
badi a difendersi! Per ora, la chiesa ammette la li-*
berta. — Tal è 11 senno, con cui ragiona il partito
catoiìco, di cui Montalembert è capitano e rappre-
sentante.
Né meglio si comporta il vescovo Rendu. Percioc^
che dopo menato tanto rumore per questa libertà
religiosa,, ch'egli pone a capo del suo programma,
volete sapere come in pratica cerchi di effettuarla?
Andate in Piemonte; e fra coloro, che si mostrarono
furiosamente più avversi a qualunque riforma, la
quale mirasse a temperar un poco la tirannia cato^
lica di quello Stato, troverete costui. Troverete il
suo nome appiè della protesta de' vescovi di Savoja
contro l'abolizione del foro ecclesiastico, contro la
legge civile del matrimonio, contro l'eiezione Mi un
tempio valdese. — Troverete, ch'egli, il banditore di
tutte le libertà, ha pure sottoscritta una dichiara^
sione, in cui si fh questa objezlone: Si dice, che non
deve legarsi la libertà di coscienza. Ed ecco la ri-r
sposta: Ma non si tremila di obligare un ebreo a ma-
ritarsi dinanzi ad un ministro protestante, né un pro^
testante a maritarsi dinanzi ad un prete eatolico. È
egli da maravigliarsi, che colui che è nato eatolico,
e non ha ancora abjurato il catolicismo, sia obligato
una volta nella sua vita a presentarsi dinanzi al prete
che V ha^ battezzato? {\) — Certamente è da maravi-
gliarsi un pochino, monsignore, per conto vostro;
giacché l'ampia libertà da voi predicai?^, vedesi qm
(1) Jl Calulico, n/ 938.
8tS
rkliiia all'alternativa dì scegliere fra la vostra legge
e la publica apostasia, la quale non costa altro, come
sapete, che parecchi anni di ergastolo o di reclusio-
ne; e tutta la vostra libertà religiosa consiste nella
necessità di professarsi catolico, protestante, od ebreo.
Ohi monsignore, siete ben liberale! — Tro-
verete infine, ch'egli, l'apostolo della più larga li-
bertà, ha firmata una pastorale, in cui si condanna
come eretica la dottrina del Patriote Savoisieriy che
« Ninno, in nome dì qualunque siasi considerazione,
» ha diritto d'impedirmi d'esercitare la mia professio-
» ne, nel dì e nell'ora che voglio esercitarla. Lo sì
» facia in America ed in Inghilterra a nome del prò-
» testantesimo, o lo sì voglia fare tra noi a nome
» del catolicismo, noi dichiariamo la pretesa Iniqua,
» spogliatrice, odiosa, assurda, insensata;» e si sta-
bilisce invece, come catolica verità, questo princi-
pio, che il potere civile può venire in ajuto alla chie-
«a, e stabilire pene contro coloro, che publicamente
trasgrediscono le sue leggi (1): principio, onde ari-
gore di logica rampolla l'Inquisizione, con tutti i
suoi strumenti e con tutte le sue leggi. Bravo, mon-
signore! La libertà religiosa, di cui trattate da scrit-
tore, noa significa altro in somma che la iacultà di
arrostire o trucidare tutti coloro, che non s'inchi-
nano dinanzi airinfallibilità della vostra ignoranza 1
Ah! siete un gran liberale, monsignore 11
Veniamo adesso alla libertà di culto. La quale, finché
prevalsero le religioni di Stato, catolica o protestante,
contentavasi dell'umile qualificazione di toleranza. Ma
il concetto di toleranza implica una tacita condan-
na; poiché non è un bene ciò che si teiera, ma un
male ; non una verità, ma un errore. Laonde oggidì
{\) li Catolico, n." 038.
316
che, grazie alle conquiste della scienza e della ci-
viltà, le religioni di Stato, se non sono ancora scom-
parse tutte dalla categoria delle institazloni sociali,
sono però tutte riprovale e rigettate dalla publica
.opiniooe, la libertà di culto non si chiama più tole-
ransa religiosa, ma diritto naturale.
Havvl tuttavia un'eccezione da fare per rispetto
alla chiesa, la quale di così fatte novità sente un
invincibile orrore. Quindi la teologia, in materia di
eulti, seguita a parlare di toleranza; e dalla parola
diritto aborre, come da una bestemià o un sacrile-
gio. A parlare, ho detto? No, a maledirla, ascommu-
mcarla, dovevo dire. Non osano, è vero, i teologi
pronunciarsi alRitto contro la toleranza politica e ci^
vile, che è la facultà concessa dal governo ai citta-
dini di professare una religione diversa da quella
dello Stato; perchè riconoscono anch'essi, che vi sono
<;ircostanze, in cui non solo divien lecita, ma ezian-
dio necessaria (1); ossia confessano tacitamente, che
i governi non vogliono e non possono fare più da
birri, da aguzzini, e da carnefici a beneplacito dei
preti. Ma serbano tutti i loro anatemi per la tole-
ranza religiosa e teologica, la quale è, secondo Fab-
bate Bergier, la professione che fa una setta di ere--
dere^ che i membri di un' altra setta possono salvarsi,
senza rinunciare alla loro credenza; che ognuna può
senza pericolo affratellarsi con loro, ed ammetterli
alle stesse pratiche di religione (2); secondo un. al-
tro teologo, è quella, per cui nelle cose di religione
M concede a ciascheduno ampia libertà di adottare ^
senza verun pericolo della salute y V opinione che gli
sembra piii vera (3) ; e secondo un terzo, è l'espressa
(I) Perbone, De vera religione, pari, 2, prop. XII, !!.• 88>.
(3) Dbrgibk, Dieiionnaire de tnèologie, art. ToufRANCC
(a) GAZZAifiGA, Di fundamentis religionit, part. Il, dìsa. Ut
cap. VI, n.« 3,
817
0 tacita professione della v^ità di tutte le religioni
e di tutte le sètte, onde ciascuno tiene tutte le reti-*
gioni 0 sètte per vere e buone egualmente, e perciò
tutte egualmente salutari alVuomo (1). Ma evidente-
mente, con sì balorde definizioni, questi teologi ed
i loro colleghi han voluto scherzare. E' scambiano i
filosofi co 'papi, e le scuole dei razionalisti co' i con-
cili de' vescovi. Oh ! tra noi non è questione di sa-
late delle ànime, né del paradiso e de' suoi angeli,
né dell'inferno e de' suoi demonj. No, non abbiamo
giammai sognato di definire un dogma o formulare ud
simbolo, che valga agli uomini di passaporto per l'al-
tro mondo: le son brighe codeste, che noi lasciamo
al teologi, i quali dicono di conoscere l'altro mondo
così ben come questo. E li stessi autori, che ho ci-
tato, quasi accorgendosi d'aver battuto Tarla, cor-
reggono la definizione mediante i corollari o i com-
menti, che non tardano ad appiccarle.
Il primo riconosca, che nello stile degli increduli,
la toleranza è lindifferenza in riguardo ad ogni re^
ligione; sicché il miglior partito è quello di non
renderne alcuna dominante, e di mettere fra esse una
perfetta eguaglianza (2).
Il secondo ammette, che la toleranza non è poi
altro che l'indifferentismo, per cui si approvano tutte
affatto le religioni e le sètte (3).
Eà il terzo confessa pure, che in virtù del princi-
pio di toleranza, nessuna religione o setta può accu-'
sare e rigettare un'altra siccome falsa, onde nasce
il così detto indifferentismo verso tutte le religioni (4)^
È questo precisamente lo stato della controversia,
che Bergier stesso aveva già espresso ancora più*
(1 PRRRONe, lati, eit
(2) RERaiER, loe eil.
<5) Gazzaniga, he, eit, n.« H5.
(4/ Pbruonb, Ino, eit.
ns
esattamente formulando il nostro principio consi:
Presso una nazione civile, ogni religione qualsiasi
dev'essere egualmente permessa; nessuna dev'essere
.dominante, o più favorita di un* altra; e ciascun prt-
tato dev'essere padrone di averne una, o di non
averne punto (1).
Or bene, questa dottrina può venire accettala étl
catoticiamo? 11 Perrone la ùichìtiTtii empia ed assurda^
talché può sostenersi da coloro soltanto, i quali non
hanno alcuna religione, né fede, cioè dagli atei, dai
deisti, e dai protestanti (2). Il Gazzanìgà la chiama
naturalismo e deistno (3). Ber|;ier sentenzia, che è
un'assurdità (i)« E i'immenso coro degli altri teologi
fa eco unanimemente a queste decisioni.
Se non che la teologia, in questo caso, è troppo
timida o moderata, cioè ipocrita; e tace o dissimula
per mala fede da vera dottrina della chiesa. La quale
non conosce le sottili distinzioni, che inventarono i
suoi apologisti per iscusarla;non ammette differenza
fi*a toferanza politica e religiosa ; e crede, insegna, pro-
fessa solennemente il principio dell' intoleranza uni-
versale ed assoluta d'ogni culto diverso dal suo: prin-
cipio, su cui ha fondato la legge propriamente ed
eminentemente catolica dello sterminio di tutti li
eretici e dissidenti. Di che apparisce, tanta essere
oggidì la potenza delle idee contrarie al catolicismo,
che perfino i teologi più ortodossi devono farsi mezzo
eretici, e rinegare in gran parte le dottrme e le leggi
della loro chiesa.
I lettori mi perdoneranno, se pongo loro sottoc-
chio un quadro, che farebbe spavento ai canibali > ed
(i) Ibid.
(i) Log eit., !>.• JW,
{%) Ibid,
(4) ma.
%\9
UDO spettacolo, di cui inorridireU)ero le fiere: ma
la verità e la storia me lo Impongono, e me lo im-
pone sopratutto la necessità di smascherare Tipocri-
sia di quel partito catolico, il quale per tradire an-
cor una volta i popoli non si vergogna di dirsi li-
berale. Conte di Montalembert e vescovo d'Ànnecy,
aprite li orecchi, piegate i ginocchi, e giungete le
mani per ascoltare questa lezione: è il vostro Dio, che
parla i)er organo di papi e di concilj. Questi docu-
menti, che noi crederemmo indegni di Satanasso, per
voi sono la voce dello Spirito Santo: attenti t
La legislazione catolica intorno alla libertà di culto
cominciò a stabilii-si sotto 11 papa Alessandro IH, nel
concilio ecumenico Lateranese HI (an. 11*79), con qoe«-
sto decreto: a Ordiniamo, che sieno scommunicati
j> li eretici ed i ioro difensori e ricettatori. E, pena
» la scommunica, vietiamo che nessuno li accolga in
» casa 0 nella sua terra, né li protegga, né facia con
» essi commercio di sorta (1). »
Lucio HI, il successore d'Alessandro, quasi per com-
mentare il decreto del concilio, promulgò la seguente
legge: « Sono in perpetuo sottoposti all'anatema tutti
9 coloro, che intorno aireucarìstia, al battesimo, alla
» confessione, al- matrimonio, ed agli altri sacramenti,
» non temono di sentire ed insegnare diversamente
» da quello, che la santa chiesa romana predica ed
» osserva; e generalmente tutti coloro, che la chiesa
» medesima o ciascun vescovo nella sua diocesi, col
» consiglio del suo clero, giudicano eretici.
» Con questa legge decretiamo, che il cherico reo
» d'eresia venga spogliato d'ogni officio e beneficio,
» e consegnato alla potestà secolare perdessero pu-
tì; Deor^t.Wh, V, 4il. VM, De hcierelicU, cap. Vili
» Ulto, se, appena scoperto, non ricorra spontanea-
>» mente alFunità della catolica fede, e ad arbitrio del
» vescovo non abjuri publlcamente il suo errore, e
» ne facia la debita penitenza. Il laico poi, se fatta
» rabjura e la penitenza non ritorni alla fede orto-
» dossa, si rimetta airarbitrio del giudice secolare per
» ricevere la meritata punizione.
» I sospetti d*eresia, se ad arbitrio del vescovo non
» dimostrino la propria innocenza, soggiaceranno alla
» stessa legge.
» I recidivi, senza più veruna udienza, dovranno
» rimettersi ai giudice secolare.
» Ordiniamo inoltre, che 1 conti, baroni, rettori,
» e consoli delle città ed altri luoghi, giusta i'am-
» monimento dei vescovi, prestino il giuramento, che
» richiesti da loro ajuteranno fedelmente ed effìca-
veemente, di buona fede e con tutte le loro forze,
» la chiesa contro li eretici e I loro fautori. E se
» non volessero farlo, sleno spogliati del grado che
» hanno, e non si ammettano ad alcun altro; sieno
» dessi colpiti di scommunica, e le loro terre Inter-
» dette.
» La citta , che resista a questi decreti , o contro
» l'ordine del vescovo trascurì dì punire i resistenti,
» sarà privata d'ogni commercio con le altre città,
» e della dignità vescovile (l). » '
Surse poco dopo Innocenzo HI, e publicò quest'al-
tra legge, che II concilio ecumenico- Lateranese IV
(an. 1215) registrò fra i suoi canoni; che Gregorio IX
Inserì nella raccolta autentica delle Decretali; e che
tutta la chiesa riguarda come II suo codice di pro-
cedura verso li eretici: « Noi scommunichiamo ed
» anatematizziamo ogni eresia, che surga contro la
(I) /Wd., cap. IX.
32 ì
» santa, ortodossa, e catolica fede, condannando tutti
» li eretici, con qualunque nome sì chiamino. Li ab-
» bandoniamo airautorità secolare, per essere puniti
» , col debito castigo. I beni di costoro, se laici, sieno
» confiscati; se cherici, sieno dati alle loro chiese.
» Si avvertano, si inducano, e, occorrendo, con
» l'ecclesiastica censura si costringano tutte le au-
» torità seCvOlari, qualunque sìa il loro officio, a pre-
» stare in publico per la difesa della fede il giura-
» -mento, che cercheranno con buona fede, con tutte
» le forze, di sterminare dalle terre di loro giurisdì-
» zione tutti 11 eretici dalla chiesa notati.
» Il signore temporale, che richiesto ed ammonito
» dalla chiesa trascurerà di purgare dalleresìa la sua
» terra, dal metropolitano e dagli altri vescovi com-
T> provinciali sia scommùnicato. E se fra un anno
» abbia mancato di soddisfare, se n'informi il Sommo
» Pontefice, affinchè dichiari sciolti i vassalli di lui
7) da ogni fedeltà, ed autorizzi i catolici ad occuparne
» la terra. Essi poi, dopo avere sterminati li eretica
» la possedano senza contrasto, e la mantengano nella
» purità della fede.
- » I catolici crociati, che si accingeranno* allo ster-
» minio degli eretici, godano delle stesse indulgenze
» e privilegi, che si concedono a chi va in soccorso
» della Terra Santa.
» Scommunichìamo inoltre i seguaci,.! ricettatori
» i difensori, ed i fautori degli eretici ; e decretiamo
T9 fermamente, che se alcuno di questi scommunicati
> ricusi entro un anno di soddisfare, sia tosto ipso
» jure dichiarato infame, né si ammetta negli officj
» o consigli pubììcì, né fra li elettori e i testimoni
» Non abbia facultà di far testamento, né di eredi-
» tare. Nessuno a lui risponda per nessun affare, mq
y> egli sia costretto a rispondere altrui. Se fosse giù-
» dice, l8 sue sentenze non abbian valore; né a luì
I. 21
322
» si deferisca nessuna causa. Se avvocato, non si am-
» metta giammai il suo patrocinio. Se notaro, i suoi
» instrumenti sien nulli e dannati co 1 loro dannato
» autore.
» Aggiungiamo di più, che ogni vescovo per sé,
» 0 per via di persone oneste ed idonee, visiti due
> o almeno una volta l'anno la parochia, oVe corra
» voce che dimorino eretici; e costringa tre o più
» testimoni gravi, o anche, se occorra, tutto 11 vici-
« nato a giurare, che se sapranno esser ivi qualche
» eretico, o alcuni che tengano segrete adunanze, e
» si dipartano dai modi e dagli usi communi de'fe-
» deli, s'affretteranno di denunciarli al vescovo. E
» quelli che non volessero giurare, sieno trattati da
» eretici.
» Vogliamo adunque, ordiniamo, e in virtù d'obe-
» dienza comandiamo, che per eseguire efficacemente
» questi decreti, i vescovi invigilino nelle loro dio-
» cesi, se vogliono evitare le canoniche pene. Per-
» ciocché quel vescovo, che nel purgare la sua dio-
» cesi dal fermento delUeresia sarà stato negligente
» e dappoco, verrà deposto, ed in suo luogo sosti-
» tuito un altro, che voglia e possa estirpare Te-
» resla (1). »
E lo stesso papa, oltre quel canone del concilio,
avea pure decretato: » Nelle terre di nostro do-
» minio sarà n confiscati i beni degli eretici; e nelle
)> altre ordiniamo, che si facia lo slesso dalle pote-
D sta secolari. E se fossero mai negligenti ad ese-
» guire quest'ordine, comandiamo che vi sieno co-
)) strette per censura ecclesiastica senza verun ap-
)) pello. Quei beni non ritorneran più a loro, se pur
» alcuno, veggendoli pentiti e convertiti, non voglia
» usar loro misericordia; sicché almeno la pena tem-
ei) Deerct, Vili V, lit VII, De kiereUcù, cap. Xllf.
d2S
» poxale raffreni, cui non corregge la ipirilual di-
» sciplina. Perocché, secondo giuste leggi, a' rei di
» lesa maestà messi a morte si confiscano i beni, ed
» ai loro figli per sola misericordia si lascia la vita ;
» tanto più adunque coloro, che errando nella fede
» offendono Gesù Cristo figlio di Dio, devono con
» la pena ecclesiastica recidersi dal nostro capo che
» è Cristo, e spogliare dei beni temporali, essendo
» molto più grave l'offesa della maestà eterna che
» della temporanea. Né la diseredazione dei figli ca-
» telici, sotto il pretesto di una cotal compassione,
» deve impedire punto una censura di tanta severità;
» poiché in molti casi, anche secondo il giudizio di-
» vino, i figli si puniscono temporalmente per i loro
» padri; e secondo le canoniche decisioni, la vendetta
» colpisce talora non solamente li autori del delitto,
» ma eziandìo la progenie dei' condannati (1). »
Gregorio IX v'aggiunse poi questo decreto: « Se
» qualcuno degli eretici scommunicati, dopo che venne
» scoperto, voglia tornar a fare condegna penitenza,
» sia rinchiuso in carcere perpetuo. Coloro che cre-
» dono ai loro errori, noi li giudichiamo eretici del
» pari (2). Sapiano di essere sciolti da ogni debito
» di fedeltà e di ossequio coloro, ch'erano obligati
» con qualche patto, stretto con qualsivoglia vincolo,
» verso chi è manifestamente caduto in eresìa (3). y>
Ed Urbano II, in una sua decisione indirizzata al
vescovo di Lucca, avea già dichiarato, che la chiesa
non tiene per omicida chi ammazza uno scommuni-
cato. Ecco testualmente le sue orribili parole: Ex-
communicatorum interfectoribuSy prout in ordine ec-
clesiae ramanae didicistis, secundum intentionem, mo-
(i) !bid,t cap. X. .
(2) Ibid., cap. XV.
(3> fbid., cap. XVJ.
dum congrua^ satisfactionis injunge, Aon cnlm eos
homlcidas arbilramur, quos adversus excommiinkatos,
gelo catholicae matris ardenteSy aliquos eorum truci-
dasse contigerit. Ne tamen ejusdem ecclesiae matris
disciplina deseratur, eo tenore quem diximm, poeni-
tentiam eis indicito eongruentem, qua divinae slmpli-
citatis oculos adversus se complacare valeant, si forte
quid duplicitatìs prò humana fragilitate in eodem
flagitio incurrerint (l).
Tali erano le dottrine e le leggi catoliche nei grandi
secoli XII e XIII (2).
(4) Decret. Gratian.^ip. 2. caus. XXIII, q. V, cap. XLVII.
(3) 11 papa Nicolò III riunì in un sol corpo i varj decreti
(lei concilj e de' papi antecedenti, con la sua bolla del 3 mar-
zo i2S0. La riferirò qui testualmente per T edificazione dei
catolici liberali: « Noverit Universilas vestra, quod nos ex-
» communicamus et anathematizamus universos haereticos...
» quibuscumqoe nomìnibus censeanlur, facies quidem haben-
> les diversas, sed caudas ad ìnvicem colligatas, quia de va-
» nitate conveniunt in idipsum.
» I i. Damnati vero per ecclesiam saeculari judlcio relin-
K quantur, ani mad versione debita puniendi, clericis prius «
9 ^uìs ordinìbus degradalis.
» § 2. Si qui aulem de praedictis, postquam foerint depre«
» bensì, redire voluerint ad condignam poenilentiam, in per-
» petuo carcere delrudanlur.
» g 3. Credentes autem eorum erroribus, sirailiter haereii-
» cos jndicamus.
» I 4. Iiem recepialores, defensores, et fautores haereltco-
» rum, oxcommunicationis sententiae decernimus subjacere,
» statuenies ut si postquam quilibet latium fnerit excommu-
«'nicatione nolatus, satisfacere contempserit infra annutn, ex
9 lune ipso jure sii factus infamis.
» § 5. Nec ad publica officia, seu Consilia, nec ad eligendos
> alios ad hujusroodi;
» g 6. Nec ad lestimoniam admitlatur.
» ^ 7. Sitcliam intestabilis, nec testamenti habealfacUoncm.
» 5 8. Nec ad bacreditatis successioaèm acccJal.
S29
•I papi ed i concilj, che si vennero poscia sticce-
dendo, le confermarono e le ampliarono replicata^
mente con una costanza ed una solennità, che fa rac-
capriccio. Io ricorderò in particolare:
Nello stesso secolo XIII, il concilio generale di
Lione I, e i papi Onorio III, Innocenzo lY, Alessan-
dro IV, Clemente IV, e Gregorio X.
Nel secolo XIV, Bonifacio VIII, Benedetto XI, Cle-
mente V, Gregorio XI, ed Urbano VI.
» § 9. Nullns praeierca ipsi saper qaocamquQ aegotio, sed
» tpse aliis respondere cogaiur.
» S ^^' Quod si forte judoK extiterit, ejns sentenlia nuilain
9 obtineat nrmitatem; oec causae aliquae ad ejus andientiam
• perferantur.
» § 11. Si fui^rit advocatns, ejns patrociniam nnUateous
» admittatur.
» { i3. Si tabellio, instrumenta confecta per ipsum Dullius
» penilus siDt moirieoti, sed cum auctore damnato dananeot
n tur; et in similibus idem praecipìmus observari.
> § i3. Si vero clericus foerit, ab omni officio et beneficio
p deponalur.
» § 14. Si qui autem tales, postquam ab ecclesia fue>
• rint denotati, evitare contempserint, excoromunicalionis
» sententia perceltaulur, alias aDìmadversione debita pu-
» Diendi.
» § 15. Qui autem inventi fuerint sola suspicione notabi-
» tes, nisi juxta cdnsiderationem suspicionis, qualitalemque
j> personae, propriam innocentiam congrua purgatione mon*
1» straverint, aoathematis gladio ferianiur, et usque ad satis-
9 factionem condigsam ab omnibus evitentur: itaquod si per
» annum in excommunicatione perstiterint, lune \eiut haere-
» tici co^ìdemnentur.
» § 46. Itetn proclamationes aut appellationes hujnsmodi
» penonarum minime audiantur.
• t |7- Item judices, advocalf, et notarli, nulli eorum oN
» flcìQib suum impendant, aiioquin eodem officio perpetuo
9 sint privati.
» 3 4i- Item clerici non exhibeant hujusmodi pestilentibus
9 ecclesiastica sacramenta, nec eleemosiuas aut oblationej
m
Nel secolo XV, i concììj generali di Pisa, di Co-
stanza, di Siena, di Basilea, ed i papi Martino V,
Nicolò V, e Innocenzo Vili.
Nel secolo XYI , i concilj generali di Lalerano V e di
Trento, ed i papi Leone X, Adriano VI, Clemente VII,
Paolo III, Paolo IV, Pio IV, Pio V, e Gregorio XIV.
Net secolo XVII, Clemente Vili, Paolo V, Grego-
rio XV, Urbano Vili, Alessandro VII, Clemente X,
e Innocenzo XI.
» eonim recipiant; similiter hospitalarii, aut conteraplarii, aut
» quilibet regulares; alioquin suo priventur offlcio, ad quod
* numquam restiluantur absque iodalto Sedis apostolicae
> speciali. Item quicumque tales praesumpserint ecclesiasti'
» cae tradere sepulturae, usque ad salisfaclionem idoueam,
» excommunicationis sentenlìae se noverint subjacere, nec
» absointionis beneticfium mereantur, nisi propriis manibus
» publice exlumulent, et projìciant hujusmodi corpora daui-
» natoruro; et locus ille perpelao careat sepuitura.
» § 19. Item flrmiter inhibemus, ne culquam laicae per-
> sonae liceat publice vel privatim de fide cathollca dispu-
» tare; qui verO'Conlra fecerit, excommunicationis laqueo In.
» nodeiur.
» g 20. Item si quis baerelicos sciverit« vel aliquos occulta
» conventicula celebrantes, seu a communi conversalione fi-
B delium vita et moribus dissidentes , eos studeat indicare
» confessori suo, vei alii/per quem credat ad praelati sui e-
» Inqdisitorem haereticae pravilalis nolitiam pervenire: aiiot
» quin excommunicationis senlenlia perceliatur.
» § 21. Haeretici autem, et receptatores, defensores, et fau-
» tores eorum, ipsorumque flliì usque ad secundam genera-
» tionem, ad nullum ecclesiasticum benefldum seu officlum
È admlttantur: quod si secus actum fuerit, decernimus irri-
> tum et inane. Nos enim praediclos ex nunc privamus be-
> neflciis acquisitis, volenles ut tales et habitis perpetuo ca-
» reant, et ad alia similia nequaquam in posterum admittan-
» tur. illorum autem filioruni emaqcipationem nullfus esse
9 momenti volumus, quorum parentes, post emancipationem
» hujusmodi, ad iavium superstitionis haereticae a via decii-
• nasse eónstiterìt veritatts. >
i:3
Nd 8C!Colo XYIII, Clemente XI, Clemente XIII, e
Pio YI.
Se io avessi da allegare i testi de'loro decreti, do-
vrei comporre parecchi volumi di sole citazioni ; ma
basterà al mìo intendimento, che io accenni le leggi
principali. Quindi apparirà vie meglio quale sia la li-
bertà, che il catolicismo concede agli altri culti.
« È dichiarato fautore degli eretici chi impedisce,
ritarda, o trascura l'intiera estirpazione dell'eresia;
ehi loro accorda un rifugio, in vece di denunziarli;
chi fornisce loro ì mezzi di nascondersi, o disfugire
alla giustizia; chi direttamente o indirettamente li
rimette in libertà, dopo ch'erano arrestati; chi mo-
stra verso di essi qualche rispetto, o fa ad essi qual-
che favore; chi raddolcisce o modifica le pene, a
cui sono condannati.
» È vietato abitare nella stessa casa, dove sono
eretici; e dimorare in paesi, dove non si può eser-
citare publicamente il cullo catolico.
» Qualunque sieno i legami, che ne congiungano
ad un eretico scommunicato, egli è dovere di abban-
donarlo a sé stesso, di negargli ogni minimo segno
di affezione, ogni consiglio > ogni assistenza, ogni
favore.
» La dote della donna, che sposa un eretico a lei
noto, sarà confiscata insieme coi beni del marito.
» Tutte le autorità civili di qualsiasi grado, tito-
lo, e qualità, devono obedire agl'inquisitori ed ai ve-
scovi, ed a loro inchiesta procedere alla ricerca de-
gli eretici per arrestarli, spogliarli de'loro beni, con-
segnarli al tribunale ecclesiastico, e sterminarli. Alla
stessa obedienza sono ancora tenuti i privati.
» Chi viene a conoscere dove sta nascosto un ere-
tico, deve denunciarlo al proprio confessore, o ai su-
periori •cclesiastici. Quest'obligo della denuncia è
328
sempre hi vigore, ancorché l'eresia fosse molto Sj>arsii
e (tomìuante.
» E per guarentigia dei denunciatori, il processo
dee farsi in segreto, senza veruno strepito d'avvocati
e di formalità, senza speranza di revisione e d'appel*
lo ; segreti devono rimanere r nomi degli accusatori ;
ed accusatori e testimoni, in queste cause, possono
^sere anche li scelerati e l'infami, anche li eretici
e 11 scommunicati, anche 1 soej ed i complici dell'ac-
cusato.
» Il signore di una terra dee ricercare sollecitar
mente li eretici; visitare le case, le ville, i boschi,
le caverne; e chiudere o distruggere ogni nascon-
diglio, che li potesse celare.
» L'imperatori, i re, 1 duchi » i principi» e tutti
quanti esercitano una giurisdizione civile, devono
espellere dai loro regni, proviucie, città, borghi, ca-
stella, villaggi, terre, ed altri luoghi e dominj, tutti
e singoli li eretici ed i sospetti. Non possono lasciar-
veli predicare, soggiornare, far contratti, negozj, e
commercio di alcuna sorta, nò participare insieme
co' fedeli a verun sollievo dell'umanità.
» Arrestato un eretico, devesi trattare come un
ladrone ed un assassino. I magistrati lo sottopongano
alla tortura; e con ogni sòrta di tormenti, pyrchè
non cagionino mutilazione di membra o pericolo di
morte, lo sforzino a rivelare i suoi errori, i suol -
complici, aderenti, fautori, ricettatori, con la dichia-
razione di tutti i beni, ch'egli ed essi possedono.
» Non può esimersi dalla prigionìa nessun eretico
per nessuna ragione di marito, di moglie, di figli,
dì parenti, di congiunti; per nessun riguardo d'affari,
di debolezza, di vecchiaja, senza uno speciale Indulto
del papa.
» Questa prigionia dev'essere stretta, dura, ed
afflittiva: li accusali porteranno i ferri ai piedi e
3B
alle mani, finche 1! tribunale ccclesiasUco non abbia
terminata la loro causa.
» Il principe o signore, dopo essersi impossessato
(lei beni degli eretici, può eziandio ridurre in Ischia-
vilù le loro persone.
» I figli e discendenti degli eretici e dei loro fau-
tori, protettori, ricettatori, e aderenti, fino alla se-
conda generazione, saran privati di ogni beneficio,
impiego, ed onore. Ai figli nondimeno rimane aperto
uno scampo: la chiesa non li punisce, se vanno
essi stessi a denunciare la segreta eresia del loro ge-r
nitore.
» La casa, in cui sì trovi un eretico, vefrà di-
stratta dalle fondamenta; il terreno confiscato; e non
sarà mai più lécito di rifabricarvi un'abitazione umana*
Anche le case circonvicine, se appartengono allo
stesso proprietario, «aranno abbattute e disfatte; e
lutti i beni, che vi si trovino, saranno di chi se II
pigHerà pe'l primo.
» II proprietario medesimo è dichiarato infame per
sempre; condannato ad una forte multa, o al car-^
cere perpetuo; ed i suoi beni confiscati
i) Se l'eretico si fosse rifugiato in un publieo edi-
ficio, come in una torre, anche la torre o l'edificio
si dovrà ruinare; ed i legni, le pietre, le tegole, sic-
come i beni, apparterranno a chi pel primo se n'im-
padronisca.
» Venendosi a scoprire il cadavere di un eretico
sepolto in una casa, o nel terreno adjacente, sia di-
roccata la casa, e confiscato il fondo con tutto quanto
vi si trova.
0
» Qualora taluno fosse dichiarato eretico dopo la
sua morte, avrà sempre luogo la confisca de' suoi
beni.
» Tutte queste pene valgono non solo contro Ir
erplici, f d i loro fautori • aderenti, ma altresì con-^
tro i Dotarì, li avrocati, od i medici, che loro presias-
^sero l'jopera del proprio officio.
» E per lo contrario, quelli che perseguitano li
eretici per esterminarli, che li arrestano, li denun-
ciano, li scacciano, ed eseguiscono contro di essi le
sentenze? dell' Inquisizione., ne acquistano in pre-
mio le Stesse indulgenze, che i crociati di Terra
Santa.
» Chiunque in giudizio viene convinto d'eresia, o
di recidiva, sarà condannato dal tribunale ecclesiastico
ad essere bruciato vivo, in publico, sopra di un alto
rogo ; 0 per misericordia dei giudici, ad aver mozzata
la lingua.
» Il potere civile è obligato ad eseguire pun-
tualmente,^senza rimostranze, senza ritardi, la sen-
tenza.
» E se il condannato fosse già morto, si dovrà
disepelire il cadavere, e bruciare le sue ossa. »
Anzi non fa mestieri né men di processo e di giudizio,
L'occisione degli eretici è un dovere di ogni catolico.
La chiesa ne'suoi cànoni ha sancita e consacrata la mas-
sima di S. Agostino, che li eretici non han diritto alcuno
di lamentarci, se i catolici li ammazzano; e quella di
S. Gerolamo, che è opera di pietà il vendicare le offese
di Dio, poiché Dio stesso ha fatto questo comanda-
mento: Se un tuo fratello^ figliuolo di tua madrey o
un tuo figliuolo^ o una figlia, ower la moglie, che tu
porti in seno, o un amico, che tu ami come V anima
tua, tenterà di persuaderti, e segretamente dirà a te :
Andiamo a servire li dei stranieri, non conosciuti da te,
né da'padri tuoi, li dei di tutte le genti, dalle quali
tu sei circondato, o vicine, o remote, alVuna o alVal-
tra estremità della terra: non dargli retta, non ascol-
tarlo, e non lasciarti muovere dalla compassione a
perdonargli, ed a nasconderlo; ma tosto l'oeciderai:
Hi sarai il primo ad alzar la mano contro di lui, e
ISt
pò» tutto il popolo ahi la mano. Sepolto $otto le pie^
tre egli morrà (1). »
Sì dice, lo so bene, che questa legislazione infer-
nale non è più in vigore; e che almeno tacitamente
venne dalla chiesa abrogata. Ma chi dice così, parla
di una chiesa imaginaria, e non della reale; di una
chiesa, qual ei vagheggia nel proprio cuore, e non
qual esiste ne' suoi monumenti. Tutte le leggi ese-
crande, che ho riferite, costituiscono ancor oggi il
diritto canonico della chiesa, la quale non ne ha mal
abrogato, né modificarto nessun articolo. Anzi nel
suo codice stesso registrò una bulla di Paolo lY, ra-
tificata poscia da Pio Y nel 1566, ove è sancita for-
malmente la perpetuità e Timmutabilità di quelle sue
leggi: « Tutte e singole le sentenze, le censure, e le
» pene di scommunica, sospensione, interdetto, pri-
» vazione, e qualsiasi altra, in qualsivoglia modo
» portate e promulgate contro li eretici e li scisma-
» ticl, noi per Y apostolica autorità le approviamo
» e le rinoviamo, ordinando che si debbano osser-
9 vare in perpetuo, e rimettere e mantenere in piena
y^ osservanza, se per avventura non ci fossero (2). yy
(3) « Si libi Toluerìt persuadere frater tuns, Alias ma-
» tris luae, aut tilius taus, vel Alia, sive uxor, quae est
• in Sina tuo, aut amicus, quem diligis ut animam tuam,
» clam dieens: Eamus et serviamns diis aUenis, qaos igno-
9 ras tu et patres tui, cunctarum in circuito gentium , quae
• Juxta vel procul sunt, ab initio uaque ad 0nem terrae, non
• acquiescas ei, nec audias, neque parcat ei oculus tuus, ut
1 miserearis et occultes eum ; sed stalim interficies : sit pri*
» mnm manus tua super eum, et poslea omnis populus mit-
» tat manum. Lapidibus obrutus necabitur. • Deoteh. XIII,
6-iO. Vedi Db Potter, tlatéehUme eathoUque-romain compre-
nant la iégUlaiion pénale eeeléiùuiique en fnatière (Vhéréiie-
(S) Sepiim. Decretai^ lib. V, tit. ili, De haeretieU et ac^.
smalicit, cap. IX: e OmnAi et n^gulas excommuiioationit •
332
Più di recefite, nel VM, Clemcnlé XI protestando
contro il tìtolo di re di Prussia, che il marchese di
Brandeburgo assunieva, disse e ripetè ne' suoi Brevi,
ch'era quella « un'offesa contro la Santa Sede, con-
» tre Tautorìtà della chiesa e dei sacri canoni; poi-
0 die li eretici devono essere spogliati del potere
» e degli onori che godono, anziché venir inalzati.
» a dignità maggiori. » In tempi ancor più vicini,
nel 1805, Pio YH, fra le instruzioni che dava al
suo nunzio a Vienna, dichiarava: « Non solamente
ì> la chiesa ha procurato in ogni tempo d'impedire,
» che li eretici occupassero i beni ecclesiastici ; ma
» ella stabili eziandio, come pena del delitto d'ere-
» sia, la confida e la pwdita dei beni posseduti da-
» gli eretici. Ou^ta pena è decretata, per ciò che
» spetta ai privati, nella Decretale d'Innocenzo III,
» riferita al capo Vergenti$ (è quello stessQ citato di
» sopra a pag, 322j ; e per quel che concerne i prin-
» clpati ed i feudi, è egualmente regola del diritto
» canonico, al capo Absolutos (citato pure di sopra
» a pag. 323J , che i sudditi di un principe manife-
» stamente eretico rinmngono assoluti da qualunque
» omaggio, fedeltà ed ossequio (1). » Ed oggi stesso
tutti ì vescovi nella loro ordinazione giurano di per-
» suspensionis , et iiiterdicti, ae privaUonis, et qnasvts alias
■ sentenilas, censuras et poenas a qotbasTis rornams porttfl-
1 cibus praedecessoribus nostris, aut prò talibus babitis, oliam
» per eorunk litteras extravagantes, seu sacris conciliis ab ec-
> desia Dei receptis, vel sanctorum Patrum deccetis el sta-
» taiis, aut sacris caoonibus, ac constilutionihus, et ordina-
» tioDibus apostolicis con tra baereticos aut schismaticos quo-
a modolibet lalas, et promulgatas, apostolica auctoritate ap-
» probamns et ìnnovamus, ac perpetao obsenrari, et in virid
■ observantia, sf forsan in ea non sint, reponi et esse debere, b
{ConsHt. Inter mnitipMces, Bu itor, tona. IV, pari. Il,pag. 3S5).
« (i) Db Potteb, he. cit., leQ. 13.
3gS
ieguitare e combattere li eretici e li scismatici con
tutte le proprie forze. Oggi ancora il papa, nella sua
consacrazione, giura di mantener intatta bsque ad
UNUM APiCEM, di confermare e difendere con la vita
e co'l sangue la dottrina dei concilj generali, fra cui
sono espressamente annoverali quelli di Lalerano e
di Costanza, che contengono tutta la disciplina del-
l'Inquisizione. Oggi parimente papi, vescovi, preti *e
secolari, tutti i catolici in somma, riconoscono per
unica professione di fede ortodossa quella, che Pio lY
formulò secondo lo spirito del concilio di Trento,
Ove si dichiara di ammettere e professare fermamente
tutto ciò, che dai sacri cànoni e dai concilj ecume-
nici venne insegnato, definito, e deciso; ed insieme
di condannare, rigettare, ed anatematizzare tutte le cose
contrarie, e tutte le eresie dalla chiesa condannate, ri-
gettate, e anateìnatizzate. Oggi infine sussiste in Roma
il li ibuoale del Sani Wlìclo dell'Inquisizione adversus
haereticam pravltatem, con tutte le sue fdcultà, di-
ritti, e privilegi, con tutti i suoi ministri, con tutto
il suo codice, con tutta la sua barbarie.
Vero è, che quelle leggi non si osservano più in
verun paese civile; ma se ne deve tutto il merito
alla civiltà, e non pùnto al catolicismo. Non si osser-
vano più, perchè nessun governo obedisce più alla
chiesa, perchè nessun popolo adora più il papa, jjer*
che nessun galantuomo ha più paura delle scommu-
nìche, perchè una società catolica non esiste più. La
chiesa lascia dormire il suo codice, non perchè debba
e voglia corrèggerlo, ma perchè non può eseguirlo.
Essa lascia vivere lì eretici, non perchè riconosca
in loro un diritto alla vita, ma perchè non può farli
bruciare. E questa interpretazione della sua condutla
non è un mio trovato, ma è l'insegnamento espresso
dei papi. Pio VII nelle instruzioni sovracilalo al suo
3S4
nunzio, Tha dichiarato apertamente: « I*)oi Tiriamo
» adesso in tempi così infelici, così umilianti per la
» sposa di Cristo, che siccome a lei non è possibile
» usare, così neppure è espediente ricordare queste
ì> sue santissime massime di giusto rigore contro 1
» nemici e i ril)elli della fede. Ma se non può eser-
» citare il suo diritto di deporre da' loro principati,
» e dichiarare decaduti da' loro beni li eretici, non
y> dee però lasciarsi spogliare essa stessa per dare
» agli eretici beni maggiori e nuovi possedimenti. Sa-
» rebbe un fornire agli eretici stessi ed agli incre-
» duli un'occasione di burlarsi della chiesa, e d'in-
» sultare al suo dolore: direbbero essersi trovati fi- -
» nalmente i mezzi onde farla divenir tolerante (1). »
E per ciò che spetta particolarmente alia libertà di
culto, lo stesso papa Pio VII, nel 1808, scriveva ai
vescovi del regno d'Italia : « La protezione di tutti i
» culti non è che un pretesto del potere civile per im-
» mischiarsi nelle cose spirituali; perchè rispettando
» veramente tutte le sètte, con tutte le loro opinioni,
» usanze, e superstizioni, non si ha rispetto alcuno
» per i diritti e le instituzioni della religione cato-
D lica. Sotto una tale protezione si nasconde e si ma-
» schera la più astuta e pericolosa persecuzione, che
» possa imaginarsi contro la chiesa di Gesù Cristo,
» e la più adattata a turbarla e perfino a distrug>
» gerla, se la forza e le arti dell' inferno potessero
» mai prevalere contro di lei (2). » Ed ultimamente
Gregorio XVI incaricava il cardinal Pacca di ammo-
nire Lamennais, che « le dottrine deìVAvenir intorno
» alla libertà dei culti, sono riprovevolissime, ed
» in opposizione con l'insegnamento, le massime, e
» la pratica della chiesa. Esse l'hanno fortemente
(0 Oe Potter, loe., cit.
(2) De Potter, loc eit, \e^. i.
» sorpreso ed afflitto; poiché, se in certe circostanze
» la prudenza esige di tolerarle come un male mi-
» nore, siffatte dottrine non possono mai presentarsi
» da un catolico siccome un bene o una cosa desi-
» derabile (1). »
Or a noi, monsignori, e conti, e academici, e ar-
chimandriti del partito catolico: dichiaratevi. Am-
mettete voi, sì 0 no, queste dottrine della chiesa?
Se no, via la maschera religiosa: voi non siete ca-
tolici, ma eterodossi. Se sì, giù la maschera liberale:
voi siete inquisitori. Ma catolici o eterodossi, liberali
0 inquisitori, siate sinceri. La legge catolica si com-
pendia tutta in quest'articolo : esterminio di tutti co-
loro, che non credono e non obediscono al papa. E
voi la professate*? Su yia, bando alle distinzioni ed alle
restrizioni mentali: rispondete un sì, o un no, accioc-
ché i popoli conoscano una volta con che razza di
apostoli abbiano da fare. Se poi voleste ancora per-
sistere a mantenere nel vostro programma la libertà
religiosa, come principio catolico, allora dovete pro-
vare due cose: in prima, che non sono dottrine e
leggi della chiesa quelle, che vi ho testé allegate; e
indi, che la chiesa all'incontro insegnò dottrine e pro-
mulgò leggi di libertà religiosa. Leggi e dottrine, io
vi ripeto; poiché la nostra controversia è teoretica,
e non pratica. Sì tratta del codice della chiesa, non
già della sua storia; dei cànoni, e non delle azioni.
Quand'anche l'Inquisizione non avesse mai bruciato,
né torturato, né processato un eretico al mondo;
quand'anche la chiesa non avesse giammai mandato
ad effetto nessuno dei suoi decreti, la questione ri-
marrebbe sempre la stessa; ed io v'attendo alle prove.
Ma prove, non ciance, e sofismi, ed imposture, al vostre
{\) Lettera de' \Z agoUo «832.
336
solilo. La questiouesi dee risolvere coi documenti;
e i documenti vogliono essere decisioni di papi e di
concilj, non già private opinioni di qualche teologa-
stro allucinato. Strana cosa è, per verità, che ai ra-
zionalisti oggimai tocchi d'insegnarvi la teologia : ma
la colpa è tutta vostra; poiché al modo con cui ra-
gionate, si direbbe che non avete mai aperto un trat-
tato De loci» theologicis.
Così voi, signor conte, che in nome del catolicismo
predicate la libertà, non avete mai addutta una sola
prova teologica per mostrare, che la libertà è una
legge della chiesa. Ricordate bensì in un luogo al-
cuni testi della Bibbia, ove si favella del diritto (1);
ma la parola della Bibbia, dovreste saperlo, non prova
nulla: tutto sta nello spirito y cioè nel senso; e il
senso della Bibbia per un catolico non può essere
altro che quello determinato dalla chiesa, cioè dalle
decisioni solenni dei concìlj e dei papi. Ed a voi si
potrebbe tuttavia perdonare; giacché, in fine, con
tutto il chiasso che fate da oltre a venti anni, non
siete altro che una pecora dell'ovile'.
; Ma voi, monsignor d'Annecy, voi che siete pastore,
voi che umilmente v'intitolate dottore della fede e
custode della sacra dottrina , anche voi ignorate o
calpestate i principi della vostra chiesa? Voi publì-
cate un programma in nome del catolicismo; e non
date pur una sola ragione per dimostrarlo conforme
alle massime della chiesa? Voi parlate sempre, ed in
nome della chiesa, di popoli e di principi, di Stati
generali e di costituzioni, di medio evo e dì fran-
chigie feudali, di Communi e di rappresentanze, di di-
ritti e di libertà (2) ; e non pensate mai a cercare la
dottrina della chiesa là dove unicamente sì trova, nel
{{) Pag. 90.
(2) Lettera al ionie di Montalembert, 15 novembri 1852.
337
concilj, nelle decretali, e nel bullario? Egli è uno
scandalo , monsignore, che dovete cessare. 0 prova-
teci, che la chiesa ammette la libertà religiosa, al-
legando i testi formali che la stabiliscono, come
io VI ho citato quelli che la condannano; o altri-
menti ritrattatevi. Abjurate U catolicismo, se vi piace
d'esser liberale; o rinegate la libertà, se vi giova di
esser catolico. Perocché il titolo di catolico liberale
suona per un laico una contradizione ridicola; ma
■per un vescovo importa di più un'apostasia, un tra-
dimento, una ribellione mascherata. Voi adunque do-
vete, se* non a voi stesso, almeno alle vostre pecorelle,
una dichiarazione che le disinganni : e noi l'attendiamo.
Il rimprovero, che rivolgo a Montalembert ed a
Rendu, potrei estenderlo meritamente agli altri scrit-
tori, che si vantano catolici e liberali. Ma per non
abusare della pazienza deflettori, io toccherò sola-
mente di quel Balmes, che tutto il partito catolico
riconosce e venera come uno de' suoi più potenti ed
illustri campioni. Or bene, il prete spagnuolo, cosi
buon teologo come il cónte francese ed 11 vescovo
savoiardo, discorre anch'egli con una logica sì biz-
zarra e scapestrata, che fa pietà. Tratta in due lun-
ghi capi (1) della toleranza; e pretende giustificare
la selvaggia dottrina della chiesa, senza mai darsi
la briga di stabilire quale essa sia. Loda la carità e
l'umiltà cristiana; accusa d'intoleranza i protestanti
e l'increduli ; ma non dice una sola parola delle dot-
trine, che propriamente la chiesa professa; e non
cita né un cànone, né una bulla. Anzi affibbia al ca-
tolicismo i prìncipi stessi, che la chiesa per dieci
secoli fulminò con tale tempesta d'anatemi, che già
(t) // protestantesimo paragonato co 'l catoìieismoyiom. ff.
cap. XXXIV e XXXV.
I. 22
3S8
formano parecchie dozzine di cnormisslmi volumi.
Così egli dà una smentita a Rousseau, il quale diceva ,
che per un ortodosso « amare li acatolici sarebbe
aver Dio in orrore »; ed afferma, che per lo con-
trario cesserebbe di essere catolico chi sostenesse
una tale dottrina (1); giacché la carità catolica fa
amare tutti li uomini, ed anche i nostri maggiori ne-
mici, inspira la compassione per le loro mancanze e
per t loro errori, ed obliga a riguardarli come fra-
telli (2) ; e l'umiltà catolica, non limitandosi alla sfera
individuale, ma abbracciando Vintiera Umanità, ci fa
considerare come membra della- grande famiglia del
genere umano; ce lo mostra degno di compassione e
d'indulgenza ne' suoi traviamenti e nei falli suoi, e ci
rende indulgenti con tutti (3). Io voglio credere che
Balmes abbia tenuto questo linguaggio in buona fede
e per mera ignoranza o inavvertenza; che altrimenti
dovrei qualificarlo un'ironia disumana ed atroce. Per-
ciocché quale sia la carità, Yindulgenza, la compas-
sione. Idi fratellanza del catolicismo, l'abbiamo ve-
duto; e chiamare con questi nomi dolci e soavi le
massime sanguinarie di quelli antropofagi mitrati,
che sotto le divise di vìcarj di Cristo e successori
degli apostoli, disonorarono l'Umanità; oh! sarebbe
troppo 1 Finiamola una volta con questi equivoci e
con questi sofismi. Il catolicismo non è la Bibbia, né
l'Evangelio, ma è la chiesa; e la chiesa come insti-
tuzione, è la curia romana ; e come dottrina, è la rac-
colta dei concili e delle bulle. Che possano trovarsi
alcune idee liberali e progressive in qualche verso
dell'Evangelio ed in qualche massima degli antichi
Padri, anch'io me'l so, e non Tho mai negato; ma
(n Pag. 2^3.
(2) Pag. 242.
(3) Pag. ^\'i.
339
chi fouda la propria religione su queste uiiichabasi,
chiamisi pure cristiano, so gli piace, chiamisi rifor-
malo, evangelico, puritano, metodista, indipendente;
chiamisi lutto quello che vuole, purché non si vanti
catolico. li catolico non deve e non può riconoscere
che un solo Evangelio ed una sola Bibbia: la parola
del papa. Ecco la sua legge e i suoi profeti; ecco il
suo Dio.
FINE DEL VOLUStE PRiXO
INDICE E SOMMARIO
Prefazione Pag. 6
CAPITOLO PRIMO
'•VAVo wBAjk Qvumm.Oftm
Carattere religioso del secolo XiX, secondo i catolicl — i
protestanti •— i razionalisti. •» Condizioni di luogo — di
tempo — di dottrine» che delcrminano la questione. > SI
CAPITOLO SECONDO
CJUBATTSai DI VIVA nniIdlOWB
Varj significati della parola Religione, -^ Elementi essen-
ziali ad un sistema religioso. ~ La religione dev'essere
il criterio della verità — la legge della coscienza — la
regola del progresso — la norma del diritto pnblico. —
Il catolicismo era propriamente la religione del medio
evo » 56
CAPITOLO TERZO
caiTSBio iiBi*iaio«o di hontalbiuisii*
Divisione del suo libro. — Egli riduce tutta la religione
agi' interessi. — §lalo del catolicismo in Polonia — ed
ili Isvizzcra. — Eloquente silenzio dì Miinlalembcrl in-
342
torno all'Italia. — In lulia il eatollcismo non esisle
più. — Documenli. — Sua condizione in Ispagna. —
Donoso Cortes. — Il catolicismo in Germania — nel
lìelgio — nell'Olanda — nella Francia. ~ Insulti di
Montalembert alle sue vittime: — La chiesa di Francia-
ha dato T ultimo colpo al catolicismo. — La reli-
gione di Bonaparteedeir Assemblea francese. -- Stalo
del catolicismo in Inghilterra. — 11 Pio IX di Montalem-
bert. — Il popolo romano. — L'Allocuzione del S3
aprile. — I frutti della spedizione di Roma. — Testi-
monianza del P. Ventura. . Pag. S&
CAPITOLO QUARTO
II. CATOK.ICIMfO ■ LA mVOtiOBIOI«H
Falli (}a cui Montalembert deduca il movimento interno
e spirituale dol catolicismo. — Essi non provano nulla.
T- Un altro silenzio eloquenlissimo intorno ai rap-
porti delia scienza con la fede. — La religione di Mon-
talembert è un'appendice dei governi e delle polizie.
— Concetto e legge della rivoluzione. — Montalembert
fa r elogio del protestantesimo. — Un academico cha
bestemia la fllosofla. — Un profeta di nuovo genere.
— Il discredilo della fllosofla dinanzi alla cliiesa. —
Gonlradizione di Montalembert. — La ragione e la li-
bertà sotto Pala del catolicismo. — Il problema del-
l'alleanza del catolicismo con la ragione. — Como Io
risolva il secolo XlX » Ì02
CAPITOLO QUINTO
II. CAVOUC»
1 profeti del secolo passato l'hanno indovinata. — Pro-
gresso della rivoluzione. — Rivoluzione oggidì signi-
fica razionalismo -^ socialismo — e democrazia. —
La diicsa nel 90 e nel 48. — La chiesa e la libertà.
— Argumenti su cui Montalembert vuol fondare Tal-
Icanza dalla libertà conia chiesa. ~ Egli Mostra di non
343
conoscere i primi elementi delia teologia. — La tradi-
zione catolica di iVJontalembert. — I suoi studj profondi
e serj. — Il clero di Francia e Bonaparte. — Se il go-
verno della cliiesa sia temperalo. — Se il medio evo
avesse qualche nozione del potere assoluto. — Il dì-
ritto modirno e razionale. — Proteste dei catolici
contro Montalembert. -> Il programma catolico del ve-
scovo d'Orléans Pag. 136
CAPITOLO SESTO
-AI. CATOLICiailO M X>* nUMOCUAMlA
Qaale siala libertà che Montalembert desidera ed ama. —
Assurdità della sua definizione. — Contradizione formale.
— Il relativo e l'assoluto. — Il programma catolico di
monsignor Rendu, approvato da Montalembert. — Se
abbia nulla di commune con quello della democrazia.
— Le dichiarazioni dei diritti delTuomo. — Nuovo ge-
nere di dimostrazioni a uso di Montalembert. — Per-
chè la libertà e la democrazia non abbiano durato. —
La forma e l'essenza della rivoluzione. — Abuso che
fa Montalembert di un molto di Proudhon. — La ca-
lunnia portata fino al cinismo. — LMnvidia del po-
polo. •— La democrazia non ha compiuto ancora il
suo trionfo » 185
CAPITOLO SETTIMO
Nel 'sistema della libertà il criterio del vero è la ragione.
— Nel catolicismo invece è l'autorità. — Dottrina ca-
tolica intorno alla ragione — prima della fede — con
la fede — dopo la fede. — La distinzione dello spi-
rituale dal temporale è insussislenie. — Conlradizione
fondamentale [del processo teologico. — La teorica
dell'umana conoscenza distrugge lutto il sistema del
calolicismp. — Autonomìa della ragione. — Vicn con-
fermata, e non abbattuta, dalla storia degli errori
344
umani. — La ragione fllosoflca del P. Venlura. —
Egli definisce la filosofia con quattro menzogne. —
Sue balordaggini e calunnie intorno alla filosofia an-
tica — suo furore contro la moderna. ^ La grande
scoperta ch'egli tia fatto di di;e filosofie con è ctie
un ciarlatanesco abuso di nomi ^. Pag. S25
CAPITOLO OTTAVO
XiXBBRTA* BBKiIOIOSA
Antagonismo fra i due programmi della libertà e del ca-
tolicismo. — (.a libertà religiosa comprende la libertà
d'esame — di coscienza — e di culto. — Sofismi di
Balraes contro queste libertà. — Rapporti della reli-
gione con la morale. — Il catolicismo distrugge la base
stessa della morale, subordinandola al dogma. — Se chi •
non professa una religione positiva sia un empio. —
La chiesa non ammette la libertà d'esame. — Scan-
dalose distinzioni della teologia. — Non ammette nò
pure la libertà di coscienza. — Dottrina dì Grego-
rio XVL — Monlalembert e Reiidu non sono catolici.
— Documenti. — Lettere di Pio V. — Dottrina diS. To-
maso e del Breviario. — Monlalembert e Rendu ne-
gano anch'essi la libertà religiosa. — Il catolicismo
non ammette la libertà di culto. — • Legislazione cano-
nica intorno all' esterminio degli eretici. — E non ò
abrogata. — I catolici liberali sono sofisti. ...» 266
V
L\ RELIGIONE DEL SECOLO XIX
LA
RELIGIONE
DEL SECOLO XIX
PER
AUSONIO FRANCHI
SECONDA EDIZIONE
con moli* correzioni ed aggignlOi
YOL. II.
LOSANNA
1860
LA
RELIGIONE DEL SECOLO XIX
CAPITOLO NONO
LIBBBTA* ClVIIiV
In tutti i programmi liberali, da quello della Co-
stituente deir89 fino a quello deirodierna democra-
zia, la libertà civile primeggia fra i diritti uaturali
dell'uomo e del cittadino. Essa implica nel suo con-»
cetto e nella sua attuazione la libertà della persona,
del domicilio,» e della proprietà; e quindi il consenso
della nazione ai publicì tributi. Anche Montalembert
e Rendu, come abbiamo veduto, lo riconoscono; sic^
che la cosa non ha punto mestieri di prova.
Tuttavìa quest'accordo nelle parole a noi non ba-
sta; e dobb^mo trattenerci un istante a determinare
il senso, in cui le prende oggidì la democrazia. Per-
ciocché la libertà civile, per sé sola, nelle present
condizioni della società, tornerebbe tutta a benefìzio
del ceto aristocratico e denaroso; pe'l popolo non
sarebbe che il diritto all'oppressione, alla miseria,
alla servitù della fame. Questa libertà adunque, per
non equivalere ad una crudel derisione, vuol essere
6
fondata ed eretta su leguaglianza. Tutti i democra-
tici ammettono ormai questo principio, qual dogma
fondamentale del loro sistema: le questioni, intorno
alle quali v'ha disenso e contrasto fra i varj partiti,
cadono esclusivamente su le applicazioni, e non mai
su '1 principio. Egli è questo, per la nostra causa, un
articolo COSI importante, un fatto così capitale, ch'io
mi tengo in debito di arrecarne in prova alcuni do-
cumenti irrefragabili..
A' 14 di luglio 1845 publicavasi dalla Riforme un
manifesto, in cui si dichiarava espressamente* « Colà,
» dove non esiste eguaglianza, la libertà è una men-
» zogna.
»*La società non potrebbe vivere altrimenti che
» mediante l'ineguaglianza delle attitudini, e la di-
» versità degli offìcj ; ma le attitudini superiori non
» devono conferire maggiori diritti: esse impongono
» maggiori doveri.
» È questo il principio dell'eguaglianza: l'associa-
» zione ne è la forma necessaria.
» Scopo finale dell'associazione si è di arrivare alla
» soddisfazione de' bisogni intellettuali, morali e ma-
» teriali di tutti con l'impiego delle loro diverse at>
» titudini, e il Concorso de' loro sforzi.
y> Li opera] furono schiavi; furono servi; oggi sono
« stipendiati; bisogna tendere a farli passare allo
» stato di associati (1); »
Questa professione di fede, compilata da L Blanc,
era sottoscritta dal fiore dei democratici francési. Pie-
tro Leroux la riprodusse nella sua Revue sociale'; e
ripetè, in nome proprio, le parole onde Taveano fatta
precedere 1 suoi amici: « Noi abbiamo creduto di do-
» ver riassumere in poche linee chiare, concise, for-
» mali, le principali verità democratiche, pigliando
(i) L.,Blakc, Pagei d'Mstoire, eh. «.
T
» per base li eterni princìpj proclamati al oespeita
» del mondo da. quella grande Rivoluzione, cbe ha
» fatto della Francia la guida deirUmanità (1). » ,
n Gomitato democratico europeo, rappresentato da
Giuseppe Mazzini, Ledru Roilin, Alberto Darasz, e
Arnoldo Ruge, nel suo programma del 22 luglio 1850,
formulava lo stesso principio in termini equivalenti:
« Noi tutti crediamo allo svolgimento progressivo
» delle facultà e delle forze umane su la via della
» legge morale, che ci venne prescritta.
» Noi crediamo airassociazione, come al solo mezzo
» regolare, che possa conseguire la meta.
» Crediamo alla libertà, senza di cui ogni respon-
» sabilità umana svanisce;
» Air eguaglianza, senza di cui la libertà non è
» ohe un inganno;
9 Alla fratellanza, senza di cui la libertà e Tegua-
» glianza non sarebbero altro che mezzi senza uno
» scopo;
» All'associazione, senza dì cui la fratellanza sa-
» rebbe un programma ineseguibile.
» Noi crediamo alla santità del lavoro, alla sua
» inviolabilità, alla proprietà che ne deriva, come il
» suo segno ed il suo frutto;
» Al dovere, i)er parte della società, di fornire
» r elemento del lavoro materiale co'l credito, del
» lavoro intellettuale e morale con l'educazione;
» Al dovere, per parte delFindividuo, dì usarne a
» tenore delle sue facultà, e per il miglioramento
» commune (2) ».
Un altro manifesto dei democratici socialisti alle-
manni, polacchi, ungheresi, italiani, e francesi, in
data dì febrajo 18151, che serviva d'invito a celebrare
(ì) N.« i, octobre ÌUb,
' (2) Li Proscrit, n."» 5, aoAt 1850.
8
GOù un banchello l'anniversario delia rivoluzione eu-
ropea del 48, consuona alle medesime dottrine:
» Noi proclamiamo in commune, altamente:
» Che tutti li uomini sono fratelli, e tutti i po~
» poli solidarj;
» Che dove non esiste eguaglianza, la libertà è
» una Hìenzogna;
» Che l'eguaglianza, per durare, ha bisogno d es-
» sere sostenuta dallo spirito di fratellanza;
» Che ciascuno deve alla società tutto quello ch'ei
» può; e che colui, che fa quanto può, fa pure
» quanto deve;
» Che la società, in contracambio, deve ad ognuno
» tutto quello che gli fa d'uopo, e come svolgimento
i> delle sue faoultà, e come soddisfazione de' suoi
» bisogni;
» Che l'educazione dev'essere commune, obllga-
if toria, ed in virtù dello stesso ordine sociale, gra-
» tuita;
» Ch'essa deve tendere principalmente a verificare
» le diverse attitudini, non dovendo ciascuno eser-
» citare nella società se non li officj più conformi
» alle sue attitudini naturali;
» Che tutti hanno un egual diritto ali educazione,
» un egual diritto alla felicità, e che per tutti il
» lavoro è un diritto eguale;
» Che ciò è appunto quel che costituisce il prin-
» ciplo dell'eguaglianza;
» Che l'associazione ne è la forma necessaria;
» Che lo scopo finale dell'associazione si è di ginn-
» gere al soddisfacimento dei bisogni intellettuali,
» morali, e materiali di tutti, mediante l'impiego ar-
» monico delle diverse facultà, ed il concorso fra-
» terno de' loro sforzi: ciò che riepiloga la formula:
» — Da ciascuno secondo le suo facultà, e a ciascuno
» secondo i suoi bisogni (l). — »
(i) Le Kouveau Alonde, aii. 2, n. 6, mars 4851.
9
Il Comitato democratico francese-spagnuolo-ilaliano
nel suo programma, scrìtto da Lamennaìs in ago-
sto 1851, manifestava le stesse credenze: « Qual è
» il carattere, quale l'indirizzo di questo agitarsi di
» genti? L'Umanità che vuole?
» Vuole in prima, che l'uomo, redento della lunga
» decadenza, surga pienamente restituito alla dignità
» originaria e naturale, per rabolizione d'ogni potere
» imposto, usurpato, che non derivò dal popolo; d'ogni
» distinzione sociale arbitraria, d'ogni classe privi-
» legiata; non più né schiavo né padrone, né signore
» né servo, né piccoli né grandi per diritto di na-
» scita, 0 per Instituzione legale; ma una famiglia
» di fratelli.
» Vuole di più il regno della giustìzia eguale per
» lutti; mediante l'instruzìone ed il lavoro, la vita
» intellettuale e la vita materiale assicurata; mediante
» la cooperazione di tutti, il benessere di tutti ogni
» giorno crescente.
» Ora il principio democratico, svolto e applicato,
» racchiude queste cose; è il diritto fondato su la
» sovranità del popolo, a cui corrisponde, da una
» parte, il governo di tutti, per tutti, e a profitto
» di tutti; e d'altra parte, l'ordine economico, che
» mettendo a portata dei lavoratori, ormai liberi, lo
» strumento generale del lavoro, il capitale, con l'in-
» struzìone che lo feconda, cancellerà le ultime tracce
*> della schiavitù,e avrà per fine l'estinzione progres-
» siva della miseria, e degl'innumerevoli patimenti
» fisici, e delle malattie morali, da essa generare (1). »
Non diverso linguaggio teneva il Comitato nazl'v
naie italiano nel suo manifesto del 30 settembre 181)1,
in cui delinea.ndo il programma della rivoluzione
(i^ f! Progresao. an 2, n." 107.
II. 5
10
vicina, e delia nuova libertà che deve ìnstiluirsi in
Europa, diceva: « La rivoluzione sarà sociale. Ogni
» rivoluzione è tale, o perisce sviata da traficatorì
» di potere e raggiratori politici. Mallevadrice della
» rivoluzione, della patria commune, che si tratta di
» conquistare, starà la società intera se tocca, rav-
» vivata, migliorata in tutte le sue aspirazioni di
» vita dalla instltuzione politica. Né patria commune
» può esistere, se l'esercizio di diritti ottenuti con
» l'armi riesca, per ineguaglianza soverchia, ironìa
» alla classe più numerosa del popolo; se non si
» costituiscano più eque relazioni tra il contadino
» e il proprietario di terre, tra l' operajo e il delen-
» tore di capitali ; se un unico sistema di tassazione
j) non raggiunga, rispettando resistenza, proporzio-
» natamente il superfluo; se il lavoro non sia rico-
» nosciuto come la surgente legitinaa neir avvenire
» della proprietà ; se V associazione volontaria di uo-
» mini forniti di moralità e capacità di lavoro, con
» trovi incoraggiamento e anticipazione di capitale
0) a stabilire più immediato contatto fra i produt-
» tori, e quei che consumano ; se un'ammìnistraziorie
» di giustizia eguale, economica, non sì sostituisca
» al labirinto dì formule e processure, che oggi a«-
» Sicurano in ogni piato la vittoria al ricco su '1 po-
» vero; se l'abolizione dì ogni gravame su materie
» prime, di ogni inceppamento alla circolazione ìnler-
» na ed esterna, di ogni monopolio su quanto è diritto
» di ognuno, non apra all'attività di tutti un vasU
» mercato, non crei nuovi sbocchi a' produUi, noa
» solleciti l'attività manifatturiera, agricola, e com-
» merciale ; se un vasto sistema ili lavori publicl i
» di agevolate communicazioni non ajuti a scioglici?
» il problema economico di ogni Stato, accrescìnienij
» di consumatori; se un'educazione prima, unifonr'
» non affratelli li uomini di tutte le classi, non d^
Il
» il pane deiranima e il programma delle communi
» credenze a quanti sono chiamati a vivere e pro-
» gredire neiritalica società (l). »
E non si creda, che dopo il misfatto del 2 decem-
bre la democrazia abbia mutato sistema e linguag-
gio: oh! i colpi di Stato possono bene assassinare i
cittadini, ma non i prìncipj. Recherò un solo docu-
mento, che valga per tutti. Ecco come Giuseppe
Mazzini inculcava ancora nel maggio del 1852 le
medesime credenze : « 11 grande pensiero sociale, che
» ferve oggi in Europa, può così definirsi : abolizione
» del proletariato ; emancipazione dei lavoratori dalla
» tirannide del capitale concentrato in un piccolo
» numero d'individui; riparto dei produtti, o del
» valore che ne esce, a seconda del lavoro compito;
» educazione morale e intellettuale degli operaj ; as-
» sociazione volontaria tra li operaj sostituita paci-
» ficamen te, progressivamente, e quanto è possibile,
» al lavoro individuale salariato ad arbitrio del ca-
» pitalista. E questo il riassunto di tutte le aspira-
» zioni ragionevoli attuali. Non si tratta di distrug-
» gere, d'abolire, di trasferire violentemente la
» ricchezza da una classe a un'altra; si tratta d'ai-
» largare il cerchio del consumo, d'aumentare per
9 conseguenza i produtti, di fare più ampia parte
0 nel riparto a quei che producono, di schiudere una
j vasta via al lavoratore, perch'egli possa acquistare
) ricchezza e proprietà; di far sì che ogni uomo, il
> quale dia sicurezza di volontà, di capacità, di mo-
> ralità, trovi capitale e ipodo di libero lavoro. Idee
) siffatte son giuste, e a poco a poco trionferanno.
> Storicamente, i tempi sono maturi pe '1 loro trionfo.
. All'emancipazione dello schiavo tenne dietro quella
i del servo; e quella del proletario deve seguirla.
(1) Vedi Raccolta di atti e documenti della Democrazia
tauanti.
12
» 11 progresso della mente umana rovesciava, per
» mezzo del patriziato, il privilegio despotico della
» monarchia; per mezzo della borghesìa, deirarìslo-
» crazia finanziera, il privilegio della nobiltà di san-
» gue ; e rovescerà, per mezzo del popolo, della genie
» di lavoro, il privilegio della borghesia proprietaria
» e capitalista; fino al giorno, in cui la società, fon-
» data su '1 lavoro, non riconosca privilegio se non
» quello dell'intelletto virtuoso dirigente, per scelta
» di popolo illuminato dall'educazione, lo sviluppo
» delle facultà e delle forze sociali (1). »
Queste dichiarazioni così unanimi e concordi ri-
velano, quale sia propriamente il significato ed il
valore della libertà civile nel programma della de-
mocrazia. Per essa dunque la libertà della persona,
del domicilio, e della proprietà non è un diritto
meramente negativo; non consiste solamente nella
facultà di non andare suggetti a catture, a perqui-
sizioni, a spogliazioni arbitrarie e despotiche per parte
del governo; ma richiede qualche cosa di più. Ri-
chiede, che la libertà civile sia un diritto, non che
di nome, eziandio di fatto; richiede, che sia una fa-
cultà, non che inscrìtta negli statuti, ma attuata
pure nelle instituzioni ; richiede, che abbia il suo
fondamento e la sua guarentigia nell'eguaglianza. E
non mica nell'eguaglianza violenta, ingiusta, livella-
trice, impossibile, di alcuni communisti, che la de-
mocrazia stessa combattea per la prima e repudiava
in nome della libertà; ma^ nell' eguaglianza pacifica,
progressiva, equa, proporzionale, del socialismo : egua-
glianza che dev'essere frutto di riforme e di leggi,
atte a riparare le ingiustizie e le iniquità del sistema
catolico feudale, sotto cui gemono ancora, se non di
nome, certamente di fatto, i popoli d'Europa. Questa
' ) ibid. Condizioni ^"Europa.
13
eguaglianza non deve già togliere ogni differenza di
beni e di sustauze tra li uomini, ma bensì emanci-
pare Toperajo dalla servitù dello stipendio, e fornir-
gli un lavoro che gli sostenti la vita senza esporlo
alle angoscie della miseria e alle disperazioni della
fame. Non si tratta dunque d'impoverire i ricchi per
arricchire i poveri, quasi che un'ingiustizia potesse
rimediarsi con un'altra; sibbcne di far cessare a
}oco a poco il barbaro ed atroce spettacolo della no-
Ura società, in cui tutti ì diritti, tutti i beni, tutti
piaceri sono a beneOzio di una minima parte, e
,utli i doveri, tutti i sacrifizj, tutti i patimenti a ca-
lco dell'universale; e di ordinare la società novella
n guisa, che i doveri e i- diritti sieno ragguagliati
'on equità e giustizia; che la proprietà mediante il
avoro sia accessìbile a tutti ; che li aggravj e i con-
ributi publici vengano proporzionati alla ricchezza
ispettiva dì ciascheduno; che scompariscano fin le
estìgia d'ogni privilegio di casta, di nascita, di for-
una ; che la vita del ricco non sia più un ozio vo-
uttuoso e correttore, ma un lavoro utile e fecondo ;
che resistenza dell'operajo non si logori tutta negli
tenti materiali, come non fosse altro che una ma-
hìna, ma eserciti anch' egli le facultà mentali e
lorali, gusti le gioje dell'intelletto e del cuore, e
apia e senta di aver anch'egli un'anima, una famì-
lia, una patria. In somma, abolizione del proletariato
er fondare il regno dell'eguaglianza; e regno dei-
eguaglianza \yeT assicurare a tutti l'esercizio della
ropria libertà: ecco come la democrazia intende e
uole la libertà civile, ecco il nostro socialismo.
Del quale io so bene tutti li orrori, che va spac-
iando la fazione dei catolici, e degli onesti e mode-
Iti; so, che lo denunciano al credulo vulgo per
uerra 'dei poveri contro i ricchi; lutta del lavoro
jntro il capitale; divisione delle terre, o ritorno
u ^
esclusivo del suolo allo Stato per ria d'espropriazione
violenta odi appropriazione fiscale ; saccheggio rego-
lare; scioglimento dei vincoli di famiglia; despot ismo
del numero;- governo del terrore; bando della fidu-
cia; annientamento del credito; disordine del lavoro;
aggravamento della miseria, ecc. (l). Ma so pure,
che questo sistema non esiste fuorché neirimagì na-
zione atterrita dei nemici del popolo e della libertà.
Il socialismo, nel senso critico, e in quanto mira a
distruggere le cattive instituzioni del passato, nega
il catolicismo, cioè la lega dell' altare, del trono, e della
borsa ; l'assolutismo sotto tutte le sue forme; il diritto
divino, regio, e sacerdotale; ogni iniquità religiosa
e civile; il sistema della grazia nell'ordine morale,
(1) Ecco un saggio di queste infamie catoliche, otiestc, e
moderate: « I democratici socialisti non sono nulla di nuovo
» nel mondo; anzi il loro sistema vi é antico quanto la cor-
> pozione della natura ed il male; e stimo che Caino e
B Nemrod sicno stali 1 primi socialisti e i veri antenaU dì
» Mazzini e di Proudhon. ... A giudicarU dai piccoU segni,
9 che ne diedero in Italia, Ano alle dichiarazioni più aperte
> che ne fecero in Francia, voi non vi potete riconoscere
» che il male nella sua più rigorosa espressione. Senza te-
B ner conto delle parole, la sustanza è non riconoscere al-
ti tro diritto che la forza, non altra autorità che il proprio
» capricio; quindi nessuno diritto nei popoli, nessuna legi-
> limita nel potere. Ultimo scopo ai loro conaU è lo sfogo
» hrutale delle più nefande passioni; quindi apoteosi della
B prostituzione e delPassassioio , abolizione della famiglia,
» emancipazion della donna,' il diritto di proprietà rinegato.
B Iq questo mostruoso indisUnto di schifose follie e d*ìnsulti
9 procaci alla natura, voi certo non potete scorgere una dol-
9 trina; ma b^n vi potete vedere le ultime conseguenze della
9 umana corrozione, le quali non fur mai, ch'io sapia, prò-
B clamate nel mondo con eguale svergognato cinismo (Ci-
9 viltà Caiolica, voi. l,pag. 304). Essi rappresentano Umale;
B e diciam più chiaro, rappresentano quanto ci ha di più
riolenlo • di più turpe nella corrotta natura.» (pag. aioi.
e del privilegio nell'ordine politico, per cui un pìccoi
numero soltanto era eletto e predestinato avanti delle
opere, avanti della nascita, da tutta l'eternità. Nel
senso positivo, e in quanto tende ad apparecchiare
le migliori instituzìoni dell'avvenire, il socialismo
importa un rinovamento progressivo per opera della'
democrazia e del suffragio universale ; il governo del
diritto e della giustizia sostituito a quello dell'autorità
e della forza ; l'effettuazione della formula sublime : li-
bertà, eguaglianza, fraternità; l'elezione dopo e per le
opere, non avanti e senza; l'abolizione di tutte le feu~
dalilà, inclusive a quella del capitale; la trasformazione
pacifica della vecchia società in una società novella (1).
Il socialismo adunque significa l'ideale dell'Umanità; la.
scienza applicata al governo; lo studio costante df
tutti i mezzi atti a migliorare la condizione del po-
polo, ad allargare la sua intelligenza, a nobilitare la
sua moralità; la soppressione dell'ignoranza, che
mantiene l'antagonismo; l'abolizione delle cause, chft
perpetuano la miseria; la forza disarmata dalla ra-
gione; la continuità del progresso; la religione della
giustizia; lo stato infine, che s'avvicina il più pos-
sibile all'idea che l'uomo s'è fatta del regno di Dìo
su la terra.
Laonde il socialismo è propriamente T attuazione
dei più sublimi principj dell'Evangelio; è la pratica,
delle massmìe fondamentali di Cristo : « amatevi Tun
l'altro; non fate altrui ciò, che non vorreste fatto a
voi stessi ; il primo tra voi sia il servitore di tutti
li altri. » Queste leggi che il socialismo toglie dall'Evan-
gelio, come l'Evangelio le avea tolte dal cuore dell'U-
manità, mirano a fondare e stabilire una società, « in
cui per l'educazione commune, gratuita, ed obligatoria,.
(i) E. Desciunel, Le cathnlicisme et le sociali^me,^r\. ^
{Libertà de penser, lam. V, n* "U),
16
tutu i cittadini sieiio ammessi a svolgere pienamente
le proprie facultà intellettuali e morali, e vengano per
ciò soffocati nella loro orìgine i vizj, i delitti, e le
sventure, che nascono dall'ignoranza; — in cui, po-
sto il principio, che tutti li uomini hanno un eguale
diritto all'esercizio compiuto delle loro facnltà disu-
guali, li strumenti del lavoro appartengano a tutti,
come l'aria e il sole; — in cui il regno dell'indu-
stria e dell agricultura, in* luogo di presentare lo
spettacolo di un campo di battaglia, co|)erto di ruine
e di morti, sia fecondato dalle associazioni fraterne,
solidariamente legate l'una con l'altra; — in cui la
distribuzione del lavoro e la ripartizione dei suol
frutti sieno fondate su questo principio, che è oggidì
il principio costitutivo della famiglia: da ciascuno
secondo le sue facultà, e a ciascuno secondo ì suo!
bisogni; — in cui l'interesse dì ciascuno trovandosi
inseparabilmente congiunto con T interesse di tutti,
cessi l'emulazione dell'invidia, della cupidigia, della
superbia, e dell'odio; — in cui la publica ricchezza ri-
ceva dalla combinazione armonica di tutte le capa-
cità e di tutte le forze un accrescimento indefinito;
— in cui non s'affolli più, per divorarne la sustanza,
quella turba di agenti parasìti, che la separazione e
l'antagonismo degl'interessi rende ora necessarj; —
in cui la fratellanza, ravvicinando i popoli dopo rav-
vicinati l'individui, facia considerare la guerra come
un'atroce follia, e riesca alla soppressione degli eser-
citi ; — in cui lo Stato non sia che una riunione d'uo-
mini d'ingegno e di cuore, liberamente eletti dai loro
eguali, per fare nella società l'officio del capo nel-
l'organismo umano; — in cui i malvagi essendo te-
nuti in conto di maiali, si pensi più a preservar-
sene che a farne vendetta, più a guarirli che a tor-
mentarli; — in cui, da ultimo, l'incivilimento, che
avanzandosi fa indietreggiare davanti a sé le fiere.
17
e tende a distruggerne la razza, giunga eziandio a
distruggere la miseria, e con la miseria tutti i vizj,
tutti 1 delitti, tutti 1 mali, di cui essa è Torìgìne o
la cagione (1). ]»
Tal è il socialismo, che la democrazia moderna ha
tolto a simbolo della sua fede. Esso non è ancora
una scienza costituita, né un'arte compiuta; e quin-
di, nei tentativi già fatti per comporlo in un sistema
teorico e pratico, dà luogo alla varietà ed al contra-
sto delle opinioni. Ma egli è il sentimento, il votp,
il grido della coscienza di questo secolo; è il frutto
e la conquista di tutte le rivoluzioni passate; è la
bandiera della solidarietà umana, intorno a cui si va
raccogliendo da ogni parte del mondo la giovine ge-
nerazione; è la stella, che guida i passi dell'Umanità
verso un nuovo avvenire; è oggi quello ch'era nel
secolo XVIII la filosofia, nel XVI la Ri forma, e nel I
l'Evangelio. E si verifica l' analogia perfin nelle ac-
cuse e nelle calunnie: i socialisti vengono denun-
ciati i)er empj, sediziosi, anarchici, s])ogliatori, ne-
mici della proprietà, della famiglia, e della religione,
appunto come prima de'socialisti lo furono i filoso-
fi; avanti'de'filosofi i protestanti; ed innanzi ai pro-
testanti li antichi cristiani (2).
(i) L. Blanc, Cfitéehisme dès socialiste*,
(S) Fra i più sfacciati calunniatóri del socialismo primeg-
gia naturalmente il conte di Montalembert, il quale osò af-
fermare, che le toeialisme détette, par^dessus touU la tra^
dilion et la liberti ; che il doit détester et il déteste, en ef"
fet, lei garanties poliliques ; che chaque foia qu'il a voulu
aborder la tribunCy il a été baltu, baltu à plates eoutures;
e che on se rappelle les snccès de fou rire obtenus par df.
Louis Blane et M. Pierre Leronx (pag. 178-179). Cos^ egli
scrìve adesso, perché crede il socialismo vinto e incatenato,
e non ha più paura. Ma nel Ì84S non la pensava cosi. Quelle
stesso Pietro Leroux ai 15 di giugno compariva la prima
volta alia ringhiera per proporre le idre del socialismo; e
18
— Ma il socialismo noQ può dirsi la fede comma-
ne della democrazia; dacché tanti sono i sistemi
di socialismo, quante le teste degli autori. — Può
dirsi benissimo, ed è un fatto indubitato. Tutti quei
sistemi, come già ho accennato, differiscono bensì
nelle leggi secondarie e derivative, ma s'accordano
nei prìncipi fondamentali: I varj manifesti e program-
mi, che vennero di sopra riferiti, ne fanno testimo-
nianza. Non sono tutti animati dello stesso spirito,
guidati dalla stessa idea, diretti alla stessa mela?
Non s'accorda Lerou,x con Lamennaìs, L. Blanc con
Mazzini? Non s'accordano l'italiani co'i francesi e If
spagnuoli, i tedeschi con li ungheresi ed I polacchi ?
D'altra parte, una certa discrepanza d'opinioni in
teoriche così vaste ad un tempo e così nuove, non
dovrebbe far maraviglia a chi abbia qualche notizia
della storia dì un'arte o di una scienza; poiché non
ve n'ha alcuna, né pure fra quelle studiate e praticate
da lunghi secoli, che non vada suggetta in moltr
punti all'opposizione de' sistemi. Perchè adunque si
vuol imputare a colpa del socialismo una condizione-
dello spirito umano?
— Il socialismo viola ad ogni modo il diritto di
proprietà, e lede la giustizia. — No, non viola
quella proprietà che è un diritto, ma quella che è
un'usurpazione: non lede quella giustizia, che è de-
finita dalla ragione e sancita dalla coscienza, ma
quella che è fondata unicamente su la forza e l' in-
teresse dei privilegiati. Prima di chiamar diritto la
Anito il suo discorso, M. de Monialembcrt vint lui server la
main avec effusion en signe (VansenUment. M. de Falloux
traversa tonte la salle ponr lui mieux témoigner son ad-
miration et sa Sifmpathie (Daniel Stern:, liisloire de la Re-
volution de 4848, lom. IH, pag. I39j. Vile genia! Strisciare
■"»3nzi al vlMii#re,«d insultare al vinioiecco la sua eUrnii
19
proprietà, come sta al presente distribuita fra li uo-
mini, bisogna provare che l'ordine sociale, in cui
viviamo, sia conforme alle leggi naturali ed assolute
della giustizia; provare, cioè, che la giustizia e la
natura prescrivono, alcuni pochi dover nascere ric-
chi, e lutti li altri poveri; alcuni pochi dover vi-
vere da signori senza far nulla, e tutti lì altri
guadagnarsi un tozzo di pane a forza di stenti ^
di sudori, e di pianto. Ed un cuore, che potesse
nutrire di tali sentimenti^ sarebb'egli umano? Se
dunque le leggi, che reggono l'ordinamento della
società, sono ingiuste, la giustizia consìste, non già
nel mantenerle, ma nel riformarle.
— Che riforme I son tutte illusioni : il mondo presso
a poco fu sempre lo stesso, né i socialisti arrive-
ranno mai a modellarlo su '1 loro ideale. — Ma
codesti oppositori vadano a leggere la storia; e ve-
dranno, se il mondo fu sempre quel desso. Vedran-
no, per citare un solo fatto, che le riforme intro-
dutte nella società pagana con l'Evangelio, non erano
da meno di quelle che il socialismo intende a por-
tare nella società cristiana. Anche allora i padroni
chiamavano diritto il possesso de'loro schiavi; i pa-
dri, i mariti stimavano diritto la signoria dei figlj e
delle mogli: e pure a quel diritto la coscienza cri-
stiana diede il nome di iniquità, e predicò l'emanci-
pazione della donna, del figlio, e dello schiavo. Ora
questa emancipazione repugnava assai più profonda-
mente alle idee ed alle credt^nze del mondo pagano,
di quel che repugni remancipazione del proletariato
alle credenze ed alle idee della società moderna. La
prima nondimeno s'è compita; perchè adunque non
s'effettuerà la seconda? Il passato non ci sta forse
mallevadore dell'avvenire? Ohi non siamo noi di co-
loro, che presumono di trasformare e rinovar il mondo
con un decreto, e da un giorno all'altro mutar tutto
20
il vecchio organismo delle nazioni europee. Ma la rifor-
ma cristiana sì operò forse in un giorno? in un anno?
in un secolo? Noi non fagiamo questione di tempo,
sibben di dottrina. Più o meno lunga, più o men
diffìcile che sia per essere la riforma sociale, che
imi>orta? Essa è figlia della verità e della giustizia:
dunque si deve effettuare; dunque chi ama la giu-
stizia e la verità, deve concorrere con tutte le pro-
prie forze ad assicurare e promuovere il suo riusci-
*raento (l). Ah! se una metà del tempo, del denaro,
e dell'irigegno, che si spreca per combattere, reprimere,
disonorare, avvilire il socialismo e i socialisti, si consa-
crasse allo studio sincero ed all'esperimento leale di
quelle leggi primarie, che tutti i riformatori ammettono
per base di un migliore ordinamento sociale; quanto
più avanzata sarebbe già la soluzione del gran proble-
ma! Quanti ostacoli già superati! Quanti nemici con-
vertiti! E sopratutto, quanti dolori, quante lagrime, e
(1) « Eh ! quel est donc l^hoinme de sens, qui réverait de
> transporter, dn jour au lendemainy dans Ics pures régioDS
» de ridéal ^cl que le congoivent les inteiligenr^s élevées,
» tei que le sentenl les coeurs droits, une sociéié aussi cor-
» rompue que la nóire et aussi profondément Ignorante?
» Non, non : le Socialisme n'a pas celle prétention chimérique;
» et ceux qui la lui attribuente le savent bien. SMIs nous
» traìtent d'utoptstes, c*est justement parce qu'ils touchent
> du doigt la possibilité de nos doctrines; ils ne nous ap«
» pelleraìent pas utopistes si souveut, avec tant de terreur
> et de fracas, si la réalilé'de ce qu'ils combattent ne les
> oppressait. Et pourquoi, en effet, cet e?Lcès de baine, pour-
» quoi ces éclais de fureur, pourquoi ces apparences d'ef-
i> froi? On ne sMrrite pas aìnsi contre des idées qu'on re-
» garde comme autant d'ombres vaines; et frapper à coups
» de poignard des corps vivants, qu'on déclare étre des fan-
• tdmes, c'est une inconséquence qui ferait pitie si elle ne
» faisait p.is horreur. » L. Blanc, Nouveau Monde, n. 12,
15 Juin, 1850.
•21
quanto sangue si rlsparmierebbero alle generazioni
future l Ma che? Per costoro, che s'atteggiano a di-
fensori ed amici sviscerati dell'ordine, della religione,
della famiglia, l'Umanità non esiste fuorché di nome.
Contenti loro, chi può mai avere diritto di lamen-
tarsi? Si ostinano per ciò a respingere qualunque
riforma ; chiudono li orecchi per non udire, chìudon
li occhi per non vedere la miseria del popolo; e quel
progresso, che potrebbero compiere essi stessi paci-
ficamente per via di buone instituzioni, lasciano che
il popolo spinto alla disperazione se lo conquisti
violentemente con l'armi e le battaglie. Su chi adun-
que, su chi dee ricadere il sangue, che tutte le ri-
voluzioni costano all'Umanità?
Da queste considerazioni consegue, che il princi-
pio della libertà democratica importa logicamente,
necessariamente, un sistema di governo, il quale sia
idoneo a farne l'applicazione in tutti li ordini civili
e sociali. « Questo risultato, già lo notava L. Blanc
» nel manifesto della Ré forme, non può altrimenti
» conseguirsi che per l'azione di un potere demo-
» cratico.
» Un potere democratico è quello, che ha la so-
ft vranìtà del popolo per principio, il suffragio uni-
» versale per origine, e. per iscopo l'adempimento di
» questa formula: libertà, eguaglianza, fratellanza.
» I governanti, in una democrazia ben costituita,
» non sono che mandatarj del popolo : devono essere
» risponsabili e revocabili.
» Li officj publici non sono distinzioni ; non devono
» essere privilegj: sono doveri. »
Ora io temo forte, che i signori Montalembert e
Rendu non abbiano punto prevedute le conseguenze
fatali del principio di libertà civile, che dicono dì
22
accettare. Perocché, se ammettono qual diritto il
consenso della nazione alle imposte, bisogna pure che
libila nazione medesima riconoscano il diritto di ne-
garle, quando le trovi inique; e per conseguente, il
diritto e il potere legale di resistere alla violenza
del governo. Laonde il consenso alle imposte, ch'essi
hanno inscritto nel programma catoUco, implica la
subordinazione del governo alla volontà della na-
zione; e quindi il sistema elettivo in tutti i gradi
della publica amministrazione. E questa, come ve-
dremo nel capitolo seguente, è Republica. Ma la Re-
publica non è certamente- il governo, per cui par-
teggiano i conti, i vescovi, ed i loro seguaci. Come
possono dunque costoro professar un principio essen-
zialmente republicano? Ohi non possono, no; ma lo
fanno....! che, per essi, una menzogna di più che
cos'è mai? Essa è nondimeno qualche cosa per noi;
e la registriamo con tutte le altre. Il partito cato-
lico adunque mentisce come nel primo articolo, così
nel secondo; mentisce tanto alla libertà religiosa,
quanto alla civile ; mentisce, sia che ammetta o che
rifiuti il principio del consenso nazionale alle impo-
ste. Se lo rifiuta, conlradice al suo programma, in
cui è espresso; se lo ammette, contradice al suo
sistema, da cui è escluso. Questa è la logica e la
buona fede, con cui si governano i dottori del- ca-
tolicismo.
La conlradizlone con sé medesimi é tuttavia il
minore dei loro torti. Ben più grave è quello che
hanno verso della fede e della religione, che si glo-
riano con tanta pompa di professare. Perciocché la
libertà civile, anche nei termini del programma di
Montalembert e Rendu, e molto più nel senso della
democrazia, repugna manifestamente alle dottrine
fondamentali del catolicismo. Ne venissero pur meno
le decisioni formali della chiesa; potremmo tuttavia
23
citar un fatto secolare, che parla assai più allo e
più chiaro d'ogni cànone e d'ogni bulla. Dico la
storia degli Stali della chiesa, dove il governo sì
concentra tulio nelle mani del papa, ed in suo nome
si esercita da cardinali, vescovi, preti, e frali, tutta
gente sacra, più o meno infallibile, posta da Dio
medesimo alla custodia e alla direzione del catolici-
smo. Ebbene, diteci, conte, quali sono le libertà, di
cui godono i felicissimi sudditi del papa? Diteci, mon-
signore, qual è la libertà civile, che il papa riconosce
ed autorizza nei popoli del suo Stalo? La libertà
delle persone? Le persone, negli Stali del papa, sono
cose di cui il governo dispone a suo pieno arbitrio.
La libertà dei domicilj? I domicilj, nelle terre della
chiesa, stanno sempre alla mercè della polizia. La
libertà delle proprietà? Le proprietà, nel regno dello
Spirito Santo, dipendono tutte da un ordine di qual-
cuna fra le mille autorità despotiche ed assolute,
che comandano devotamente ia nome di Dio. E che
libertà potrebbe mai aversi in un paese, dove li or-
dini amministrativi e giudiziarj sono in balìa di al-
cuni tirannelli, tulli sacri, santissimi, ed inviolabili,
che nell'offìcio di legati, ablegati, delegati, prolegati,
vìcarj , provicarj , ecc. attendono solo a mungere le
borse, istupidire le menti, e depravare li animi di
que' popoli sventurati? Dove un codice non esiste
ancora? Dove non si conoscono franchigie commu-
nali? Dove il magistrato non è censore, né giudice,
ma sen'o? Dovei soldati non sono cittadini, ma birri
stranieri? — E il consenso alle imposte, quando s'è mai
doibandato a' Romani? Ohi colà, non si domanda il
consenso , ma si esige il denaro ; e se non basta , si
toglie, si ruba, si rapisce; e indi, per la salute di
quelle anime traviate, v'è il carcere e la galera; ed
in fine, un articolo espresso della sentenza, che non
lasci né pure una speranza lontana di grazia. Eccovi
le libertà civili del catolicismo!
In venia, dinanzi ad un fatto così notorio e lu-
minoso, la cecità o la perfidia del partito catolìco
liberale è inescusabile. Perciocché, se la chiesa ne'
suoi Stati non ammette la libertà, con qual fronte
osa egli predicare la libertà in nome del catolici-
smo? E predicarla su l'esempio di governi increduli,
scismatici, protestanti? Un catolico non può spec-
chiarsi altrove che in Roma. Il governo di Roma
interdice, detesta, scommunica la libertà? Dunque la
libertà è un'eresìa, una bestemia, un sacrilegio, qual-
che cosa in somma che nuoce alla fede e repugna
alia legge della chiesa. Un governo o un sistema
autorizza, favorisce, protegge la libeità? Dunque è
contrario allo spirito e alla disciplina della chiesa;
è un governo esecrabile; è un sistema eterodosso,
che tutti i catolici, sotto pena di scisma e d'apostasia,
devono condannare ed aborrire. Ad un catolico non
è lecito di ragionare altrimenti, signor Montalembert;
e li esempj, che voi andate rovistando nelle cortes
d'Aragona (1) e negli stati della casa di Borgogna (2),
dimostrano solo, che voi v'intendete di catolicismo
quanto il vescovo d'Annecy, che va razzolando negli
antichi stati generali di Savoja (3). Ma che stati di
Savoja, di Borgogna, e d'Aragona ci venite a con-
tare? La chiesa non ha né il merito, né la colpa de-
gli atti loro: li atti, di cui ella unicamente può e
deve rispondere, sono i suoi, sono quelli del suo go-
verno. Adunque, senza tanto sfoggio d' archeologìa e
d'eloquenza, mano alla storia moderna e contempo-
ranea, mano a' fatti e documenti c«rti, notorj, so-
lenni ; provateci che negli Stati della chiesa regna e
fiorisce, meglio che dovunque, la libertà; e noi con-
dì Pag. 135.
(2) Pag 136.
(3) UUrrn al rnnte di Moììtalembert, già citata di so\:t^.
2-i
chiuderemo eoa voi, che la libertà non repugiia al
catolicismo. Ma finché vediamo con li occhi nostri,
che non havvi paese in Europa, dove la libertà sìa
cos\ maledetta, perseguitata, manomessa come negli
Stati della chiesa, noi seguiteremo a conchiudere,
che dunque il catolicismo avversa intrinsecamente,
essenzialmente la libertà ; e che voi liberali cato-
liei, non siete né catolici, né liberali, e non sapete
che cosa sia né libertà, né catolicismo.
Oltre i fatti però non mancano le decisioni. Già
Gr^orìo XVI nella sua enciclica del lo agosto 183':i
avea condannato il principio della libertà; poiché,
secondo l'interpretazione autentica che il cardinale
Pacca ne dava a Lamennais, in essa il papa disap-
prova e condanna le dottrine [doW Avenir) relative
alla libertà civile^ le quali tendono di lor natura ad
eccitare e propagare dapertutto lo spirito di sedi-
zione e di rivolta per parte dei sudditi contro i loro
sovrani, E questo spirito è in aperta opposizione co'i
principj deW Evangelio e della santa chiesa. È que-
sta una decisione così formale e precisa, clie parmi
incredibile come li stessi casisti la possano eludere.
E non è sola.
Abbiamo veduto, che la libertà civile, secondo l'i-
dea moderna, si traduce nel socialismo. Sentito ora,
che cosa ne pensi e ne dica Pio IX. Nella sua allo-
cuzione del 20 aprile 1849 si esprime così : « Ci rì-
» corre ancora alla memoria quella notte, ed abbiamo
» ancor presenti agli occhi alcuni, che mìseraraen-
» te illusi ed affascinati dai'raachinatori di frodi, non
» dubitavano di patrocinare in ciò la causa di quc-
» sti, e proporci la proclamazione della stessa Repu-
» blìca. Il che, oltre innumerevolr e gravissimi al-
» tri argumenti, dimostra sempre più, che le do-
» mando di nuove instituzioni , ed il progresso da
» cotali uomini cotanto predicato, unicamente orni-
li. ' 3
3r>
» rauo a tenere sempre vive le agitazioni, a togliere
» al tutto di mezzo ogni princìpio di giustizia, di
9 virtù, di onestà, di religione, e ad introdurre, a
» propagare, ed a Dar largamente dominare in ogni
» luogo, con gravissimo danno e rovina di tutta la
» umana società, T orribile e fatalissimo sistema del
» socialismo, o anche cammunismo, contrario prin-
» cipalmente ai diritto ed alla stessa ragion natu-
ri rale. »
Poco appresso, el qualifica la libertà republìcana
di Roma in questi termini: « Chi non sa, che la
» Città di Roma, sede principale della chiesa cato-
» lica, è ora divenuta, ahil una selva di bestie fre*
» menti, riboccando di uomini di ogni nazione', i
» quali 0 apostati, o eretici, o maestri del commu-
» nismo 0 del socialismo , o animati dal più terrl-
» bile odio contro la verità catolica, sia con la vo-
» ce, sia con li scritti, sia in altro qualsivoglia modo,
» si studiano a tutt'uomo d'insegnare e diseml-^
» nare pestiferi errori dì ogni genere, dì corrom-*
» pere il cuore e l'animo di tutti, affinchè in Roma
» stessa, se fia possibile, si guasti la santità della
» religione catolica, e la ìrreformabile regola della
9 fede? »
Indi, alludendo sempre ai princìpi della democra-
zia che il popolo Romano professava, egli stabilisce
che « sarà d'uopo sommamente afiTaticarsl a rischia-
» rare co 1 lume del vero sempiterno lì animi, e le
» inclinazioni miseramente illuse dalle insìdie e dalle
» frodi degli empj, affinchè lì uomini conoscano i fu-
» nestì frutti degli errori e dei vizj, esìeno eccitati
» ed animati a seguire le vìe della virtù, della glu-
» stlzla, e della religione. Imperocché molto ben co-
» noscete (parla al concistoro) quelle orrende, e
» d'ogni maniera mostruose massime, che scaturite
j» dal fondo dcirabìsso a rovina e desolazione; già
«7
» prevalsero, e vanno infuriando con danno immenso
» della religione e della società. Le quali perverse
B e pestifere dottrine i nemici non si stancano mal
» di difundere nel vulgo, e in iscritto e nei publici
» spettacoli, per accrescere e propagare ogni d\ più
» la sfrenata licenza di ogni empietà, di ogni cupi-
» digia e passione. Di qua derivano tutte quelle ca-
» lamità e sventure e disastri, che tanto funestarono
» e funestano l'uman genere, e quasi il mondo uni-
» verso. »
Ricapitoliamo; che il catalogo delle maldicenze e
delle calunnie papali è già discreto. Per una parte
adunque Pio IX, cioè la chiesa, cioè il catolicismo,
sentenzia che le libertà della democrazia, proclamate
almeno implicitamente dai signori Montalembert e
Rendu, non sono propriamente altro, che frodi, agi-
tazioni, distruzione d*ogni principio di giustizia, di
virtù, di onestà, di religione, di diritto, di ragion
naturale, danno e rovina di tutta la umana società,
pestiferi errori atti a corrompere il cuore e Vanimo
di tutti, fallacie, insidie, e frodi degli empj, funesti
frutti degli errori e dei vizj, massime orrende e di
ogni maniera mostruose, scaturite dal fondo delVa-
hisso a rovina e desolazione , perverse e pestifere dot-
trine, sfrenata licenza di ogni empietà, di ogni cu-
pidigia e passione. I liberali poi sono niente meno
che bestie frementi. Per altra parte, i principi con-
trari, cioè il sistema del governo pontifìcio, ossia il
despotismo e la tirannia bestiale, sono precisamente
la giustizia, h virtù, V onestà, h religione, il diritto,
la ragion naturale, la verità catolica, la santità della
religione, la irreformahile regola della fede, il lume
del vero sempiterno , le vie della virtù, della giusti-
zia e della religione. L'antitesi è in tutto e per
tutto degna di un papa: Montalembert e Rendu c'im-
pareranno, so non altro], il proprio nome di batte-
88
Simo: bestie frementi! E pazienza, quanto al primo:
che dar della bestia, eziandio fremente, ad an conte,
non è poi la gran maraviglia. Ma ad un vescovo, il
gridargli sul viso: tu se' una bestia fremente; affé,
gli è un ceremouiale di nuovo genere. Ahi quella
santissima bocca del papa vuol esserci maestra di
ogni cosa, perfin di galateo! Sicché, monsignori,
qualor mi occorresse di chiamarvi co '1 titolo che
vi ha regalato un papa, non solo ve '1 porterete in
pace, ma dovrete sapermene buon grado; giacché
per voi le sentenze del papa sono oracoli dello Spi-
rito Santo; ed io, appellandovi bestie frementi , non
sarei altro che l'eco fedele del vostro paradiso.
Nella sua enciclica dell'S decembre 1849 agli ar-
civescovi e vescovi d'Italia, Pio IX adopera un lin-
guaggio non punto diverso : « Voi ben vedete , egli
» dice, e vedete insieme con noi, con quanta perver-
to sita abbiano testé invalso certi perduti nemici
» della verità, della giustizia, e di qualunque one-
» sta, i quali o per frode e per ogni maniera d' in-
» sidie, 0 apertamente e a guisa di flutti del mare
» infierito, che spumano le proprie turpitudini, si
» sforzano difundere per ogni parte tra i popoli fe-
» deli d'Italia una sfrenata licenza dì pensare, di
» parlare, e di osare quanto v'abbia di empio, e ma-
» chinano di crollare nell'Italia medesima, e, se po-
to tesse loro venir mai fatto, rovesciare da' fonda-
to menti la catolica religione. »
Poscia, alludendo ai liberali, che cercano dì scio-
gliere l'Italia dal giogo del papato per rigenerarla
alla libertà: « Non possiamo rattenere le lagrime,
» esclama, mentre veggiamo trovarsi degl'Italiani
» così malvagj e miseramente illusi, che plaudendo
» alle prave dottrine degli empj, non temono di con-
» giurare con essi a tanto danno d'Italia. Non y'h
29
» però ignoto, come i precipui architetti di questa
» machina sceleratissìma mirino finalmente qui, che
» ì popoli agitati da ogni vento di perverse -dottrine
» vengano per loro spinti alla sovversione di tutto
» l'ordine delle umane cose, e trascinati agli ese-
p crandi sistemi del nuovo socialismo e communismo, j>
£ questo diluvio di maledizioni non basta ancora
al mitissimo vicario di Cristo. Non contento di ac-
coppiar sempre il socialismo co 1 communismo, quasi
fossero una sola e medesima cosa, egli passa a defi-
nirli così: a Li odierni nemici di Dio e dell'umana
» società niente lasciano d'intentato per divellere i
» popoli italiani dall'ossequio a noi e a questa santa
» Sede, avvedendosi che potrebbe allora venir loro
» fatto di contaminare l'Italia stessa con l'empietà
a della propria dottrina, e con la peste de' nuovi si-
» stemi. E per ciò che spetta a questa guasta dot-
» trina e a questi sistemi, è a tutti già manifesto,
» che abusando essi dei nomi di libertà e'd'egua-
» glianza, mirano principalmente ad insinuare nel
» vulgo li esiziali prìncipi del communismo e del so-
» cialismo. Egli è certo poi, che i maestri medesimi,
» vuoi del communismo^ vuoi del socialismo, benché
» per diversa via e con metodo diverso, hanno in
» somma questo solo proposito a tutti commune; che
» ingannati dalle loro menzogne li operaj, e li altri
» specialmente d'inferior condizione, e illusi dalla
» promessa di vita più agiata, vengano agitandosi in
» movimenti continui, e a poco a poco addestran-
» tlosi a più gravi delitti, per poter poi valersi del-
» l'opera loro ad abbattere il governo di qualunque
» superiore autorità, a rubare, saccheggiare, od in-
ì) vadere prima le proprietà della chiesa, e di poi
» quelle di tutti li altri; a violare infine tutti i di-
» ritti, divini ed umani, in distruzione del divin culto,
^D e in rovesciamento dell'ordine intiero delle civili
» società. »
so
Lascio al lettore la briga di ricapitolare qui le in-
giurie e le calunnie, che Sua^^Santità raccolse dai
trivj per diffamare tutti, senza eccezione d'alcuna sorta^
lì apostoli della libertà e li amici del popolo: a me
non reggerebbe né lo stomaco, nò la pazienza. Li uo-
mini onesti, qualunque sia il loro sistema politico,
giudiclieranno che nome si meriti questo portento
di papa, il quale osa presentarsi al Publico siccome
Toracolo della verità y del diritto, e della giustizia,
mentre porta su la fronte impresso a caratteri in-
delebili il marchio di spergiuro e di traditore della
sua patria 1 E costui parla di virtù? parla di fede?
parla di religione? E questo sedicente vicario di Dio
ardisce, al cospetto del mondo, denunciare per la-
droni e scelerati di proposito tutti i democratici,
tutti i socialisti, nessuno eccettuato? nessuno? Ohi
sì, fra i democratici socialisti — e sono parecchi mil-
lionil — T v'ha certamente, come ve n'ha in tutti i
ceti della società, della gente perversa e depravata;
ma si contano pure molti e molti uomini, per inge-
gno, per cuore, per virtù, per sacrifìcj, per eroismo
tali, cui quel favoloso portinajo del cielo, con tutta
h sua teatrale santità, non è pur degno di sciogliere
il correggiiiolo delle scarpe 1 Sì, fra i democratici so-
cialisti ci son dei ladroni e degli scelerati ; ma nes-
suno di loro ha derubato tante famiglie, quantejne
spogliò Pio IX 1 Nessuno ha costato tante lagrime ad
lira nazione, quante ne costò Pio IX If Nessuno, ha
versato tanto sangue dei popoli, quanto ne grondano
le mani di Pio IX 1 Sì, ci sono, fra 1 democratici so-
cialisti, degli scelerati e dei ladroni ; ma almeno nes-
suno di loro si chiama beatissimo, nè^ santissimo;
nessuno si pretende infallibile, nò inviolabile ;' nes-
suno si spaccia per abitacolo dello Spirito Santo, né
per vicario di Cristo, né per rappresentante di Diol Sì,
nella democrazia e nel socialismo avran luogo tutti
li orrori, che il papa predice ; ma non si verifipherà al-
meno rignominia di dover venerare per suo capo
visibile un uomo, tin re, un prete, come Pio IX I... E
questo solo argumento basterà sempre ad ogni ente
ragionevole per anteporre di gran lunga il sociali-
smo e la- democrazia, alla santa chiesa catolica, apo-
stolica, romana.
Ma il papa non volle terminare la sua lettem, senza
definire quale sia il vero sistema della chiesa da con-
traporsi a quello della democrazia. E lo compendia
In tre punti:
1.** Perpetuità della miseria: « Sapiano i fedeli,
» essere della naturale e però incommutabile condi-
» zione delle umane cose, che fra coloro eziandio,
» che non sono costituiti in sublime grado d'auto-
» rità,li uni tuttavia prevalgano agli altri, o perle
» differenti doti d'animo o di corpo, o veramente
» per le ricchezze 'e i beni esteriori di simil fatta;
» né per qualunque pretesto di libertà ed eguaglianza
» potersi mai fare, che sia lecito invadere o In qual
» che si voglia modo violare li altrui beni o di-
» ritti. »•
2.® Misericordia dei ricchi: « Rammentino i po-
» ver! e i miserabili d'ogni maniera, quanto deb-
» bano alla catolica religione. In cui persevera inte-
» morata, e publicamente si predica la dottrina di
» Cristo, il quale ha dichiarato di tenere come fatti a
» sé stesso 1 beuefizj, che fannosl ai poveri e ai mi-
» serabili; e volle a tutti prenunzìato il peculiar conto
» ch'egli sarà per f»e nel dì del giudizio delle mede-
» sime opere di misericordia, sia per dare i premj
» della vita eterna ai fedeli che le avranno esercitate,
» sia per punire del fuoco eterno coloro che le avran
» poste in dimenticanza. »
3.° Rassegnazione dei poveri: « I nostri poveri si
32
» ricorderanno, che secondo l' insegnamento dì Cri-
» sto raedesimo, non hanno ragione ad al.trislarsi
» per la loro condizione; dacché nella slessa povertà
» è ad essi spianata più agevole la via ad ottenere
» salvezza, purché cioè sostengano pazientemente la
» loro indigenza, e non sieno soltanto poveri di fatto,
» ma ancora di spirito. »
Così il catolicismo intende e promuove reman€i-
pazione del proletariato l Ma che dire dì questo papa,
il quale non sente ribrezzo, né vergogna di sé, ri-
petendo le dottrine di Cristo? Ahi Cristo, povero,
sì, poteva parlare di rassegnazione ai poveri: Cristo,
povero, potea ben tuonare contro i ricchi e intimar
loro il debito della beneficenza ; ma quelle pietose e
nobili parole in bocca di Pio iX diventano o ridi-
-cole, 0 atroci. Un re, che dalla più splendida regia
•del mondo decide più agevole la via della salvezza
nella povertà 1 Un re, che di mezzo ai godimenti del
lusso raccommstnila la pazienza ai miserabili! Un re,
che coperto d'oro e di gemme, attorniato da corti-
giani e servitori, inculca ai poveri di amare la loro
indigenza 1 No, costui non ha vìscere d'uomo; poi-
ché non sente che mostro sia, chi padrone dì tesori
celebra i vantaggi della miseria; chi abondante d'o-
gni bene esalta a cielo l'indigenza; chi seduto a lauto
desco fa il panegirico della fame! A tutte le sue teo-
riche di rassegnazione e di pazienza i poveri non op-
porranno che una sola risposta: Tesempio della sua
vita! — E scendete, grideranno, scendete giù da
quel trono; uscite fuori di quella regia; e venite
fra noil Venite a sudare con n(JI, più d'angoscia che
di fatica, nelle nostre officine; e poi ci descriverete
le delizie della povertà. Venite con noi a giacere nei
nostri tagurj; e poi ci racconterete le gioje della
ml-.eri«i. Venite a vìvere con noi in mezzo ad iiiui
famiglia, clic manca di lavoro e di pane, che s' addor-
33
menta tutte le sere e tutte le matine w sveglia col
pianto negli occhi e la disperazione nel cuore; e poi
ci canterete le beatitudini della fame. Siate povero'
come noi, se abbiamo da prestar fede alle vostre
omelie. Altrimenti vi diremo, che voi mentite l Vi di-
remo, che almeno per pudore dovreste tacere, a fine
di non cumulare Io scandalo della vostra vita con
l'insulto della vostra parola. —
Udiamo finalmente la conclusione del papa: « Che
» se i fedeli medesimi, non curando i paterni av-
» visi de' loro pastori e ì summentovati comanda-
» menti della legge cristiana, si lasciassero travol-
» gere dai sopradetti promotori delle odierne ma-
» chinazioni, e volessero cospirare con loro nei per-
» versi sistemi del socialismo e del communismo ,
» sapiano e pensino seriamente, che tesoreggiano a
» sé medesimi appresso il divino giudice tesori di
» vendetta pe' 1 giorno dell'ira ; e che fratanto non
» sarà per derivare dalla cospirazione briciolo di tem-
» porale vantaggio del popolo, ma piuttosto nuove
» miserie e calamità si verranno accumulando so-
» pra di lui. Imperciocché non è dato agli uomini
» stabilire nuove società e communioni repugnanti
» alla naturai condizione delle cose umane; e però
» l'esito di tali cospirazioni, qualora si dilatassero
» per l'Italia, altro essere non potrebbe fuorché, af-
» iìevolito e dalle fondamenta crollato l'odierno si-
» stema delle publiche cose per le scambievoli ag-
» gressioni, usurpazioni, e stragi di cittadini contro
» cittadini, alcuni pòchi alla fine arricchiti con ìe
» spoglie di molti afferrassero la sommità del co-
» mando nella commune rovina. »
Riassumendo ora in brevi parole la dottrina del
papa e della chiesa, egli è dunque manifesto, che
l'odierno sistema delle publiche cose, qual è ne' suoi
84
Stati, risponde perfettamente ai principj del eatoh-
cismo; ossia, che il catolicismi tiene l'oppressione e
la miseria dei popoli per la naturai condizione delle
cose umane. Ecco, o Italiani, la libertà civile che vi
promette il catolicismo! — Adunque non c'è mezzo,
conchiuderò anch'io co '1 dilemma, che Montalembert
proponeva all'Assemblea francese il 17 genajo del 1850 :
oggi conmene scegliere fra il catolicismo ed il socia-
lismo: e la mia scelta è fatta.
t
CAPITOLO DECIMO
LIBERTA' roixricA
Queiralternativa, che nell'ordine civile si formu-
lava cosi: catolicismo o socialismo; neir ordine po-
litico si trasforma in un'altra equivalente: despoti-
smo o democrazia. Da quale parte stia la libertà , il
nome stesso lo dice. Tuttavia il partito catolico li-^
berale, di cui abbiamo riferito il programma, vuol
tenere una via .di mezzo; e combatte la democrazia
non meno che il despotismo. Ma con la sua via di
mezzo, anziché sfugire ad ambedue le parti del di-
lemma, urta in ambedue e cade in una doppia con-
tradizione. Perciocché la libertà politica, secondo lui,
consiste neW assicurare ad ognuno il suo concorso
alla formazione delle leggi ed alla sorveglianza della
publica fortuna. Ora, o questo sistema implica la
sovranità nazionale come princìpio, ed il suffragio
universale come instituzione, o no. Se no, v'ha con-
tradizione; poiché una nazione, che non é arbitra
di sé stessa, ma obedisce ad un padrone o ad una
casta, non può concorrere alla formazione delle leg-
gi ed alla sorveglianza del governo se non per via
35
di un concorso apparente, fittizio," illusorio, menzo-
gnero; concorso, che il governo accetterà quanto e
come gl'interessa, ma ch'egli o eluderà con la frode
0 romperà con la forza, qualora gli riesca d'impac-
cio e d'ostacolo al suo intento. Se si, v'ha pure
contradizione; poiché il paese, dove è in vigore la
sovranità nazionale ed il suffragio universale, è una
republica, è la pura democrazia, che il partito ca-
toìico odia e aborrisce assai più che l'assolutismo.
Nel primo caso, egli tradisce la libertà per paura
della democrazia; nel secondo, tradisce la verità per
paura del despotismo. Questo partito è dunque con-
dannato non solamente all'assurdo, ma anche alla
menzogna.
No, la libertà non può restringersi entro la me-
schina cerchia del programma catolico ; né il catolici-
smo può abbracciare sinceramente il programma della
libertà. Qual è la condizione essenziale della libertà po-
litica di uno Stato? È questa, che tutto l'organismo
dello Stato dipenda, non dall'arbitrio di uno o d'al-
cuni uomini, ma dalla volontà generale della nazione;
e quindi, che il governo sia un mandatario del po-
polo, e non un signore. Tal è il principio della so-
vranità nazionale, da cui deriva come legge orga-
nica e costituente il sistema elettivo a suffragio uni-
versale. Ma il diritto di suffragio e d'elezione, come
ogni diritto naturale dell'Umanità, è inalienabile; e la
nazione non può cederlo o rinunciarlo a verun patto,
poiché è desso la condizione della sua libertà, e la libertà
è la sua vita. Dunque i mandatari della nazione, dal-
l'ultimo fino al primo, devono essere tutti sindaca-
bili dé'loi'o atti, e revocabili sempre da' loro ofiìcj,
a giudìzio degli elettori. E questa è Republica; se
non nel senso storico della parola, la quale un tempo
^'applicò a governi di diverse specie e talora di op-
tasti principj, bensì nel senso teoretico, in cui og-
37
gìdi la filosofia politica l'adopera esclusivamente; onde
republica e libertà sono una cosa sola.
Per lo contrario, qual è il principio generatore del
despotismo? È questo, che tutti o qualcuno de'pu-
blici poteri appartengano ad un uomo, ad una fa-
miglia, ad una casta a tìtolo di eredità, e si riguar-
dino come inviolabili, come anteriori e superiori alla
volontà nazionale, come indipendenti dall'elezione e
dalla revocazione popolare. La monarchia pertanto,
sotto qualunque forma si voglia, è una specie di de-
spotismo, più 0 meno assoluto, più o meno tempe-
ralo, secondo la costituzione che Tinteressi, i tempi,
le circostanze richiedono; ma i gradi non ne mu-
tano la natura e l'essenza. Sono dunque inesatti
ed erronei i termini, con cui Montalembert, seguendo
r usanza vulgare, qualifica il governo rappresenta-
tivo 0 costituzionale, ch'egli dice di amare e desi-
derare come una libertà* regolata^ contenuta, ordi^
nata, temperata. No, questi attributi non sono pro-
prj della libertà. La libertà, come la verità, è o non
è: regolarla, contenerla, ordinarla, temperarla, co-
munque si voglia, non è altro che distruggerla; poi-
ché ciascuno di tali rìraedj si risolve in una dose
di despotismo. Uniqo limite naturale della libertà,
siccome del diritto, è la stessa libertà, è il diritto
slesso; perchè il diritto e la libertà di ciascuno non
può sussistere che a patto di rispettare il diritto e
la libertà di tutti li altri. Ogni diritto adunque porta
seco un dovere; e però la libertà si converte a tutto
rigore nella giustizia. La giustizia crea il diritto, e
co'l diritto regola la libertà.
Così v'ha propriamente libertà in uno Stato, quando
unica legge della libertà individuale è la libertà com-
mune; ma dove esista un'altra Jegge, qualunque sia,
per restringerla e limitarla, ivi libertà non regna,
ma despotismo. Il despotismo, st, può essere in qual*
38
ehe guisa regolato, contenuto, ordinato, temperato;
poiché esso, come Terrore, è suscettibile di varj gradì,
secondo la varia natura del principe che comanda,
della casta che governa, del popolo che obedisce, delle
idee che predominano, dei bisogni che incalzano, delle
ire che fremono, delle vendette che minacciano, delle
paure che fanno stringere o allentare il freno. Corre
certamente un gran divario fra il despotismo delle mo-
narchie assolute e quello delle costituzionali; mala
pienezza della libertà politica, cioè la sovranità na-
zionale, esercitata mediante il sistema elettivo, non esi-
ste a rigore in alcuna; perocché vi ha in tutte ne-
cessariamente una 0 più persone irresponsabili : pri-
vilegio iniquo, che perverte i primi principj della
moralità e della giustizia; — v'ha un diritto, che si
trasmette per via di nascita e d'eredità: privilegio
assurdo, che repugna al senso commune, edassug-
getta l'Umanità al caso ed alla fortuna; — v'ha un
potere, che in luogo d'obedire comanda alla nazione:
privilegio tirannico, che rovescia la legge costitutiva
della società, ed eleva la guerra e l'anarchia a si-
stema; — v'ha un ordine amministrativo, giudizia-
rio e militare, che vien fletto, non dalla nazione,
ma dal principe; che tratta l' interessi, non del popolo,
ma della corte; che reputa la sua autorità, non su-
bordinata al Publico, ma superiore; che si considera,
non Qual mandatario dei cittadini, ma qual vicario
del re: privilegio sovversivo, che divide la nazione
in due campi nemici, l'uno dei quali cospira di sua
natura ad invadere l'altro; l'uno con l'oppressione,
l'altro con la rivolta; l'uno in nome dell'autorità,
l'altro in nome della libertà :lutta funesta ed atroce,
dove qualunque parte sia vincitrice, la nazione ha
sempre da piangere una sconfitta ed una sventura;
dove il diritto bisogna che dia luogo alla forza; dove
la libertà bisogna che corra all' armi, e combatta, ed
19
oecida, e conquisti a prezzo di saijigtto umano i po-
poli che vuol emauclpare.
Di che apparisce maDìfestamente, quanto vadano
errati coloro, che pretendono, fra il principato co-
stituzionale e la republica non esservi questione che
di mera forma; ed accusano la democrazia di puri-
tanismo e di caparbietà, perchè ricusa di scendere
ad accordi e stringere patti co' re. Ingiusti ed in-
grati che sonol Nelle questioni, che toccano vera-
mente la sola forma e non l'essenza dello Stato, la
democrazia fu ed è sempre conciliativa e tolerante,
fors' anche troppo 1 Ma come osano affermare, che
nella controversia della monarchia con la republica
si tratti puramente della forma, non già dell'essenza
di un governo? Si tratta di ammettere o di riget-
tare il principio della sovranità popolare; e la chia-
mano una questione di forma? Si tratta di stabilire,
0 no, come unica fonte dell'autorità publlca, il suf-
fragio universale; e la dicono una questione di for-
ma? Si tratta di rendere, o no, tutti li ordini del-
l'amministrazione elettivi, responsabili, e revocabili;
e la spacciano per una questione di forma? Si tratta
di diritto, di giustizia, di morale; si tratta del prin-
cipio fondamentale, su cui riposalo Stato; si tratta
dell'origine, della natura, dello scopo, dell'organismo
di tutti i poteri sociali ; si tratta di avere, o no, un
padrone; di essere sudditi o superiori ai governo;
di essere arbitri o servi della forza; di fare o di su-
bire le leggi: e la traducono per una questione di
forma? E se codeste non sono questioni che di sem-
plice forma, quali adunque saranno le questioni di
principio?
Che parlino di forma, quando si discute, se la re-
publica debba essere presieduta da un solo citta-
dino, 0 da più, 0 da nessuno; se questa presidenza
£0
debba elèggersi dal popolo o dall'assemblea; se que-
st'assemblea debba comporsi dì una Camera sola, o
di due; durare in officio uno, o più anni, ecc.; la
democrazia non ha niente a ridire. Comunque si ri-
solvano colali e simiglianli problemi, il princìpio della
libertà politica rimane salvo ed inviolato; perchè la
nazione mantiene sempre inalienabile la sua sovra-
nità, non abdica veruno de' suoi diritti, e può sempre
esercitarli tutti, a suo beneplacito, mediante il suf-
fragio universale. Ma che si giudichi questione acci-
dentale quella, che s'agita fra la monarchia e lare-
publica, no, la democrazìa no' 1 consentirà giammai;
poiché si discute il principio medesimo costitutivo
del governo, dello Stato, della società; si tratta in
somma di scegliere fra la libertà ed una specie di
despotismo.
Queste considerazioni mi aprono la via a risolvere
brevemente la questione generale su l'origine del di-
ritto: se, cioè, debba esso chiamarsi divino od uma-
no? — Definiamo il senso delle parole; altrimenti si
potrebbe disputare eternamente, sènza intendersi mai.
Chiamando umano il diritto, vuoisi per avventura si-
gnificare, ch'esso nasca e dipenda dalla volontà del-
l'uomo? E allora egli è indubitato, che il diritto non
può dirsi umano ; giacché la volontà dell' uomo non
è retta e rispettabile, se non in quanto si conforma
alla legge di giustizia ossia al diritto. Dunque il di-
ritto è logicamente anteriore alla volontà; ed è la
volontà che dipende dal diritto, non questo da quello.
£ chiamandolo divino, s'intende forse che derivi da
un atto positivo e libero della volontà di Dio? E al-
lora egli è non meno evidente, che il diritto non
deve appellarsi divino: poiché la volontà di Dio non
potrebbe conoscersi fuorché per una rivelazione so-
vranaturale; ed oltreché ogni setta di credenti vanta
4f
una rivelazione particolare, onde s' avrebbe una moi-
titudìae di diritti diversi e contrarj ; oltreché la scienza
non può attingere i suoi prìncipi da un dogma rive-
lato, né da un'autorità religiosa, bisogna sempre am-
mettere che la volontà di Dio è logicamente subor-
dinata e posteriore alla sua eterna ragione o legge, che
dire si voglia ; onde non è già, che una cosa sia giusta,
perchè Dìo la vuole; ma Dio la vuole, perchè è giusta.
Dunque il principio del diritto è pur indipendente
dalla volontà di Dio.
Ma se il diritto non è, in questo senso, umano né
divino, che cos'è egli mai? Egli è la legge naturale
della società ; e quindi può chiamarsi, in altro senso,
divino ed umano ad un tempo. Diritto umano, per-
chè è la ragione dell* uomo che indaga questa legge,
e la rivela, la determina, l' applica, la sviluppa, come
fa di tutti li altri principj razionali: diritto divino,
perchè la ragione, come la virtù, come la verità, la
giustizia, il bene, son cose che si manifestano nel-
Tuomo, ma non s'inventano dall'uomo; l'uomo le
apprende, ma non le crea; ne ha il sentimento, ma
non il dominio; son desse che lo regolano, non è
egli che ne disponga a suo arbitrio. 11 diritto adun-
que non procede né dalla forza, come pretende Hob-
bes ; nò da una convenzione volontaria, come vuole
Rousseau ; ma da un principio superiore, senza di cui
la forza non ha freno e la convenzione non ha va-
lore: principio, che costituisce la legge naturale della
società e la legge morale dell'uomo: principio uni-
versale ed assoluto in sé stesso, e indipendente da
ogni volere, da ogni arbitrio: — sì chiami poi Dio,
providenza, natura, fato, ragione, per noie lo stesso.
•
Dalla question generale del diritto scendiamo ora
alla questione subalterna del diritto di comandare, os-
sia deWcMtorità, Anche qui si disputa fieramente, se la
II. 4
sua origine sìa divina o umana; ma comunque si
chiami, il nostro principio rimane intatto e inconcusso.
L'autorità, considerata in genere ed in astratto^ è
una condizione naturale delia società; perchè il con-
cetto stesso di società implica un governo, ed un go-
verno senza l'autorità non è possibile. Pertanto, se
in questo senso l'autorità vuole dirsi un diritto di-
vino, un diritto, cioè, fondato nella legge di natura,
noi accettiamo il titolo di buon grado. La questione
non istà nella parola, e neanche nell'idea; ma nella
realtà e nel fatto. A chi appartiene l'autorità? Ecco
il punto. E noi rispondiamo i il diritto, il tutti, cioè
alla società medesima; e l'esercizio, a' suoi delegati.
Ora una società, in cui l'autorità o la sovranità ap-
partiene all'intiero corpo de' cittadini, ed il governo
a coloro soli, cui li stessi cittadini l'abbiano delegato,
è una pura democrazia, è una Republica pura. Dunque
l'unica forma di governo. In cui s'adempiano le leggi
naturali della società, è la Republica.
Il ragionamento parmi chiaro e rigoroso; talché
poste le premesse, ne deriva per sé necessariamente
la conseguenza: E nondimeno^ fidatevi alla logicai 11
signor Balmes ammette le une^ e poi ha l'abilità [di
negar l'altra. Egli s'accinge a difendere con lungo
discorso il famoso diritto divino, ed a rassicurare
V ignoranti o V incauti, a cui si vorrebbe far cre^
dere « che la chiesa catolica ueir insegnare l'obligo
» di obedire alle potestà legitime, come fondato
» nella legge di Diò^ propone un dogma « che de-
» prime la dignità umana, ed è incompatibile con
» la vera libertà (1); d Quindi, per venire a capo della
sua apologia con buon successo, delinea e spiega la
teorica del diritto divino in questo modo :
(i) // protestantiimo paragonato eoi eatolicismOy lom. 3,.
cap. XLVIii, pag. 1«'J.
ff L'iiòmd lic^ii é stato creato per viver solo; la di
» lui esistenÉa suppone una famiglia; le sue indi-
» nazioni tèndono a formarne una nuova; e senza
)) di quésto non si potrebbe perpetuare il getiere
» umanOi Le famiglie sono unite fra loro per mezzo
» di relazioni intime ed indistruttibili ; hanno delle ne-
» cessità communi; le une non possono star bene,
» e né anche conservarsi, senza l'ajuto delle altre:
» dunque han dovuto unirsi in società. Questa so-
» cietà non poteva sussistere senza ordine, nò l'or-
» dine lo poteva senza la giustizia; e tanto la giu-
» stizia quanto l'ordine avean bisogno di uti guar-
» «diano, dì un interprete, e di un esecutore. Eccola
» potestà civile. Iddio, che ha creato l'uomo, e che
» ha voluto la conservazione del genere umano, ha
» voluto per conseguente l'esistenza della società e
» del potare « dì cui questa avea bisogno. Dunque
» l'esistenza della potestà civile è conforme all'au-
» toritàdi Dio, come lo è l'esistenza della patria pò-
D testa: se la famiglia ha bisogno di questa, la so-
r> cielà non avea men bisogno di quella* Il Signore
B si è degnato di preservare dai cavilli e dagli er-
B rori quest'importante verità, con dirci nelle sa-
» ere Scrilture, che ogni potestà deriva da lui; che
» siamo obligati a prestarle obedienza; ejche chi le
» resiste, resiste all'ordine dì. Dio (1). » E fin qui
il discorso cammina a maraviglia. Balmes chiama
legge 0 volontà di Dio ciò che iìoi diciamo condii
zione 0 legge di natura : sotto diverse parole il prin-
cìpio è lo stesso. Ma l'applicazione?
« Essendo manifesto, che la potestà civile non
» risiede in alcun uomo per diritto naturale; e d'ai-
j» tronde sapendosi, che la potestà viene da Dio, chi ri-
» ceve da Dio questa potestà? Come la riceve (2)? »
(i) Pag. «8.
(2) Pag. 206.
44
Le domanda è giusta; ed egli risponde coeì: « Prin>a
» di tutto è necessario avvertire, che la chiesa cato-
» lica, nel riconoscere l'origine divina della potestà
» civile, non definisce nulla né in quanto alla forma
» di tal potestà, né in quanto ai mezzi, di cui Dio
» si vale per communicarla (l). » Ma allora, a che
mai si riduce tutto queir apparato catolico dì dogma
e rivelazione? A questo solo, che la società esige di
sua natura un governo. E veramente non faeea* me-
stieri né di rivelazione, né di dogma, né di chiesa,
né di sacre Scritture, né di Dio, per definire una
legge, che tutti li uomini, in tutti i generi di società,
praticano sempre per un insuperabile instinlo. Se dun-
que la chiesa non ha fatto altro, noi diremo che ha
Mto nulla.
Balmes però continua: « La chiesa insegna Tohligo
» di obedire alle potestà legìlime; e aggiunge, che
» il potere, eh' esse esercitano, deriva da Dio: le quali
» dottrine convengono benissimo tanto alle monar-
» chic assolute, quanto alle republiche ; e nulla de-
» cidono anticipatamente, né su le forme di governo,
» né su i titoli particolari di legitimità. Queste ul-
» time questioni sono di tal natura, che non si pos-
» sono risolvere in una tesi generale; esse dipendono
)) da mille circostanze, alle quali non discendono i
» principi universali, che sono il fondamento del buon
» ordine e del rljioso d'ogni società (2). » E questo
è assai peggio che nulla: egli è un assurdo, e tale
un assurdo, che mostra in Balmes e nella chiesa (dato
chela chiesa professi la teorica di Balmes) la man-
canza d'ogni principio di diritto, d'ogni amore della
giustizia, d'ogni rispetto alla verità. Perciocché la le-
gitimità del potere non può essere che una, come
(i) Png. 207.
(2; Ibia.
45
una è la natura, una la verità, una la giustìzia, uno il
diritto. La dottrinai adunque, che stabilisce legitima
la monarchia assoluta, dee giudicare illegitlma la
repuhlica; e il dogma, che afferma la legitimità della
republica, dee proclamare l' illegitimità della monar-
chia assoluta. 'E questa pure una tesi generale, che
non dipende affatto da nessuna ct'rco^^an^a; una tesi
che concerne, non la forma del governo, ma l'essenza;
non i titoli particolari di legitimità, ma i principi
universali di diritto. Monarchia assoluta e republica
non sono forse i due membri d'una proposizione dis-
giuntiva? Non sono la negazione reciproca V una del-
l'altra? Che cos'è la monarchia assoluta? È l'autorità
esclusiva d'un sol uomo. E che cos'è la republica? È
r autorità esclusiva di tutta la nazione. Dunque il prin-
cipio, che le ammette ambedue, ambedue le nega;
dunque è un assurdo.
Ed in Balmes è tanto più grave, in quanto che
venendo poscia a discutere, se la communicazione del
potere si facia da Dio stesso immediatamente, ovvero
mediatamente per via del consenso o dell'elezione po-
polare, egli inclina alia seconda opinione, e consa-
cra un lunghissimo capo (1) ad esporre la dottrina
di S.Tomaso, di Bellarmino, di Suarez, e d'altri teo-
logi, secondo i quali t( quando vengono destinate le
» persone, che hanno da esercitare colesla potestà,
» la società non solamente destina, cioè pone la con-
» dizione necessaria per la communicazione del po-
» tere, ma lo comrounica essa realmente, avendolo
» già essa ricevuto dal medesimo Dio (2). » Ora que-
sto è, in termini formali, il principio democratico,
republicano, della sovranità nazionale; ammesso il
quale-, dov'è più il diritto divino dei re? Se è la so-
li) Il cap. XLIX.
(2) Cap. LI, pag. 272.
16
cìetò che communica 11 potere al suo governo, è
dunque il governo che dipende dalla società, e non
la società dal governo. E siccome questo è l'ordine
naturale 0 divino, che voglia dirsi; così è perpetuo
e inviolabile. Dunque la sovranità dee risiedere per-,
petuamente, inviolabilmente nella nazione; e la na»
Eione, anche volendo, data anche T unanimità mate»
matìca de' suffragi, non ha il diritto di eleggersi un
re, ossia un sistema di governo ereditario; perchè
nessuno ha il diritto di spogliare sé stesso, e tanto
meno i suol discendenti, di un diritto naturale. Dun^
que la monarchia non può essere che o un abuso
di potere per parte degli elettori,'o una violenza per
parte dell'usurpatore; ed In ogni caso, la nazione ha,
non che il diritto, ma il dovere rigoroso di costituirsi
in republlca, e di abolire qualunque altra maniera di
governo,
Balmes Invece non avverte, non sente nemmeno
la portata della teorica ch'espone; e dopo avere sta-
bilito il principio, che certo non deprime la dignità
umana, che è l'unica base della vera libertà^ e che
divinizza giustamente la causa del popoli; s'affretta
ia rinegario, a ruinarlo, a manometterlo, In* favore
del re ed in servigio di tutti l despoti , passati e fu^»
turi : « Se la communlcazione del potere, o sìa fatta
p mediatamente, o Immediatamente, non influisce
» punto su '1 rispetto ed obedienza che gli è dovu-r
» ta, e in conseguenza rimane sempre In salvo la
r> santità della sua origine, qualunque sia Topinione
» che si adotti; accade lo stesso per rispetto al dW
» ritti e doveri tanto del governo che dei governati,
» E questi diritti e questi doveri non han che far
» nulla con l'esistenza o non esistenza di un Inter-
y> medio nella communlcazione; la loro natura e l
» loro limiti si fondano su l'oggetto medesimo del-r
p l'instituzione della società : il qùal oggetto è al tutto
47
» Indipendente dal modo, con cui Dio lo ha com-
» manicato agli uomini (1). » Conclusione che suona
così : Tutto quanto ho detto intorno alla costituzion
naturale della società, non era che un trastullo per
(iivertlre l'animo, e un artificio per cattivarmi la ber
nevolenza degli uditori. Ma In somma, volete pror-
prlo che vi confidi, a quattr'occhi, e senz' altre cirr
conlocuzioni, qual è il vero sistema politico del ca-
tolicismo? Eccovelo in due parole. Giustizia, diritto,
verità, natura, son cose, a cui il catolicismo non ha
(la badare. Intendetele voi, come meglio vi pare;
chiamate, a piacer vostro, giustizia l'oppressione, di-
ritto la forza, legitimità il ladroneccio, verità l'as-
surdo, natura r accidente; per il catolicisino è tut-
t'uop. L'unico dogma, ch'esso conosce; l'unico, di
cui è e sarà banditore infaticabile e custode geloso,
trovasi formulato in questa legge divina: chiunque
è padrone, comandi; e chiunque è servo, obedìsca,
E qual altro costrutto può egli ricavarsi dal suo
strano discorso ? Io non lo veggo, Si& la commufiicax
nione del potere è fetta davvero mediatamente^ se
cioè la sovranità risiede naturalmente nel corpo sor
ciale, ed 11 potere governativo non è che una sua
delegazione, un suo ^andato; t diritti e i doveri
tanto del governo ([uanto dei governati sono bei|
chiarì e precìsi. Il governo ha. un solo, diritto e un
solo dovere: eseguir fedelment§ il mandato, che ri?
ceve dalia nazione. I gov^rnatl poi hanno 11 dovere
«di obedlre al governo. In quanto ordina per provèr
dere all'amministrazione de' publici interessi; è il di-
ritto di mutarlo, di deporlo, dì punirlo, quando non
eorrisponda più all'incarico, che essi liberamente gli
ban conferito, ed egli ha liberamente accettato. Per
)o contrario, se il potere non è communicato dalla
i\) Pag 277,
48
società; o ancora, «e, oommunicato una volta, la so-
cietà rimane spogliata per sempre del suo potere so-
' vrano; i diritti e i doveri del governo consistono
lutti nel comandare,' e tutti quelli dei governati
neirobedire. E allora, non è ella pienamente giusti-
ficata Taccusa, da cui Balmes volea purgare la chie^
sa, che, cioè, il dogma catolico deprime la dignità
umana, ed è incompatibile con la vera libertà?
0 crede forse di spaventarci, chiamando disegni
4i sovversione e teorie anarchiche (1) le conclusioni
della logica republicana? Eh Isapiamo abbastanza che
significato abbiano, nel dizionario catolico, le voci di
sovversione ed anarchia; e noi rìdiamo delle catoli-
che paure. Il principio della sovranità nazionale è
'fondato nella natura della società; dunque è vero.
La republica è l'applicazione diretta e necessaria di
«quel princìpio; dunque essa è l'ordine, e non l'a-
narchia; e fuori di essa l'anarchia è inevitabile, e
l'ordine impossìbile- Alla forza di queste deduzioni
non può sfugìrsi che per due vie: o negando, che
l'autorità sovrana, per legge di natura, competa alla
jgocietà ; o affermando, che la legge di natura è sov-
versiva e distruggìtrice dell'ordine sociale, fialoies
n'assicura, <;he il catolicismo non intende negare la
prima tesi; dunque dovremo dire, che osi affermare
la seconda?
Io non ignoro le objezioni, che contro alla repu-
blica e alla democrazia muovono, non solamente 1
^sacerdoti del despotismo, ma principalmente i dot-
tori dell'opportunità , e li apostoli della libertà mo-
derata, regolata, temperata, ordinata, contenuta. I
primi ricorrono al principio d'autorità e di fede, che
noi abbiamo già confutato; e negano l'autonomia della
(1) Pag. 285.
49
ragk)ne e della ooecienza, che già abbiamo*del pari
stabilito. E poiché il sistema democratico e republi-
cano non è altro che l'applìcazìon rigorosa di que-
sto principio all'ordinamento dello Stato; così tutti
li argomenti di costoro cadono a vuoto, se prima
non abbattano il nostro principio inconcusso, e non
rialzino il loro principio rovinato.
I secondi poi non oppongono idee, ma fatti; non
discorrono di scienza, ma d'interesse; non s'appog-
giano ad una teorica della legge sociale, ma al cai-
culo diplomatico delle paure, dei pericoli, delle al-
leanze, e delle tariffe. 11 che prova, come quei pro-
fondi politici non intendano pure i termini della que-
stione; poiché vogliono risolvere un problema di diritto
puro con argumenti di fatto! Ma, signori, li argumenti
di fatto nell'ordine razionale valgono tanto, quanto
nell'ordine matematico i lavori dell'artigiano: sono
cose, che appartengono ad un mondo diverso. Dun-
que perchè un'assemblea di traditori da prima, e po-
scia una turba di malandrini assassinavano la repu-
blica francese; la sovranità nazionale non dovrà più
credersi un diritto? Perchè li eserciti venduti al
papa distruggevano a colpi di cannone la republica
romana; il sistema elettivo cesserà di essere la legge
della giustizia sociale? Perchè le armi riunite di due
imperi mettevano a ferro ed a fuoco la republica
ungherese; la libertà e l'eguaglianza politica non sa-
ran più il principio costitutivo della nazione? Per-
chè la Carta dell'aristocrazia inglese dura già da due
secoli, e promuove la ricchezza e la potenza della
Gran Bretagna; i privilegj feudali, i diritti eredi-
larj, i monopolj d'ogni genere non dovran più re-
putarsi un'iniquità, un'ingiustizia, una tirannia? Per
voi adunque tutta la morale consiste nel buon esi-
to; il giusto è quello, che riesce bene; il diritto è
la forza; la virtù è il denaro; la verità è la fortuna.
Dunque, per voi, un ladro che s'arricchisce, ha tulle
le ragioni ; ed un galantuomo che vien derubato, ha
tulli i torli. Ohi bravi, signori 1 E questa vostra po-
litica, questa scienza, quest'arte, indegna degli stessi
selvaggi*, voi la proclamate sistema di governo fra
popoli civili e sedicenti cristiani?
Io per me non Tintendo così. Qoando ho preso a
studiare le dottrine politiche e sociali, ho consultato
la ragione , e non la diplomazia ;' ho posto la mano
sul mio cuore, e non su la mia borsa; ho fìs^^alo
rocchio neiranima de' miei fratelli, e non nel bilan-
cio dei nostri padroni; mi sono levato alla sublime
ed immutabile ragione della giustìzia, della morale,
della verità, e non ravvolto nel fango degrintrighì,
delle convenienze, degriuteressi. Ho detto a me stes-
so: questi sono i diritti, questi i doveri dell'uomo.
Come dev'essere ordinala la società, perch'eglì possa
esercitare tutti li unì, e adempiere tutti li altri ? De-
v'essere un principato? No. Un'aristocrazia? Nemme-
no. Una republica? Sì: una republicaè il solo Stato,
dove l'uomo possa godere di tutti i suoi diritti, e
soddisfare a tutti i suoi doveri. Dunque io sono re-
publicano; ed ho verso la republica quella fede stes-
sa, quella stessa passione, che sento in me per la
verità e per la giustizia. La republica è dunqu0 un
articolo fonfjamentale della mia religione.
E mi fan ridere, non so se di compassione o di
disprezzo, coloro che per combattere questo ragiona-
mento assumono il tono di uomini pratici e positi-
vi; e mi abbozzano con tinte scure e lugubri uh qua-
dro delle difficultà d'ogni genere, che hanno resa
finora impossibfle ed efimera l'attuazione del puro si^
slema republicano, Povera gente! Se nessun mecanico
fosse mai riuscito a lavorarmi una ruota perfetlar
mente circolare, io dovrei dunque rigettare il prin-
cipio, che tutti ì raggi del cjrcolo sieno eguali fra
51
loro? Se nessun popolo ha saputo finora costituire
uno Stato conforme alle leggi naturali della società,
dovrei dunque rìnegare il principio morale, su cui
riposa il diritto e la giustizia? Se il più degli uo-
mini son viziosi, dovrei dunque maledire alla virtù
e far plauso al vizio? Se una cosa non s*è mai fat«
ta, dovrei dunque sentenziare, che non possa e non
debba farsi mal più? Ahi se è cosi fatta la vostra
logica e la vostra morale, tal sia di voi ; e Dio scampi
i popoli dalle vostre manil
Chiamateci pure utopisti; lo siamo In compagnia
d'un uomo, la cui autorità dovrebbe valere qualche
cosa anche per voi, Egli è quel Cristo, che propose
a tutti un ideale di perfezione, non solo grande, ma
infinita (l). E la nostra utopia non va tanl' oltre!
Ad ogni modo, lo non darei questa utopia, che è la
fede nell'Umanità e nella ragione, il culto della ve-r
rità e della giustizia, la religione del diritto e della
natura, per tutte le realtà de* vostri interessi. Le ore
più soavi e deliziose della mia vita io le debbo a
questa cara utopia, la quale mi fa sovente dimenti-
car le bassezze, le Ipocrisie, le nequizie di certa gen-
te, flagello e peste dell' Umanità;' e mi rapisce l'a-
nimo a pregustare un saggio delia felicità, onde li
uomini, liberati un giorno da quella peste e da quel
flagello, potranno rallegrpire ed abbellire la loro ter-r
restre esistenza. E quel giorno verrà. La missione
più gloriosa e più santa, a cui possa l'uomo dedi-
care e sacrificare la propria vita, consiste nell'afl'ret^
tare la venuta di quel giorno, che le lagrime, l do^
lori, le vittime di tante generazioni han preparato,
Ma voi, dottori dell'equilibrio, non credete a queslQ
utopie j ed io non vi biasimo: sì, vi compiango.
(i) » Estote ergo vos perfecii, sicul et Pater vesler coele-
slis perfeclus est. v Matt. V, 4S.
m
Del resto, fermati una volta ì principj di diritto,
e stabilite le leggi di giustizia, che devono informare
tutto il sistema polìtico, noi, importa ripeterlo, siamo
ben lontani dal pretendere, che la società quasi per
incanto si rinovelli d'un tratto, e li Stati si rifacìano
incontanente a furia di decreti. Tengasi pur conto
delle difficultà, che in pratica inevitabilmente s'at-
traversano ad ogni riforma importante ; abbiasi ri-
guardo alle abitudini, ai costumi, alle tradizioni^ agl'in-
teressi; purché questo riguardo non si spinga lino a
violare i principj. Si progredisca con senno e cautela,
purché si progredisca. Si riformi con prudenza e mi-
sura, purché si riformi. Vadasi a passi lenti e sicuri,
purché si vada. La democrazìa non domanda già, che
faciasi violenza al tempo ed alle idee; ma domanda,
che le idee si lascino deporre liberamente, e fecon-
dare, e svil-ippare i germi dell'avvenire; domanda,
che il tempo slmpieghi a promuovere, non a com-
battere le riforme; domanda, che queste riforme ten-
dano tutte, non a respingere sempre più indietro l'i-
deale che si vagheggia, ma a sospingere sempre più
avanti le nazioni che marciano alla sua conquista;
domanda, che non si sacrifichi la giustizia all'oppor-
tunità, che non si rlneghì la verità per economìa,
che non s'anatematizzi la libertà per amore del pri-
vilegio, e che non si scambil la prudenza con la
menzogna. Tal è il nostro programma.
E tal é ancora dopo altri sette anni di studj, di
lulte, e d'esperienze. Un intervallo sì lungo, sì pieno
d'eventi straordinarj ed instrultivi, non mi ha con-
dutlo a doverlo mutare in alcuna delle sue parli
principali. Ma se nulla ho da toglierne, ho per altro
da aggiungervi qualche cosa, non già quanto ai prin-
cipj teoretici, che mi pajono sempre più veri e giusti
e saldi che mai^sìbbenc in riguardo alla loro appli-
83
cazione pratica, al modo cioè più equo Insieme e più
efficace di venirli incarnando ed effettuando nelle insti-
tuzioni politiche della società odierna. E mi reco a de-
bito di farlo, perchè troppo mi dorrebbe che altri, dal
vedermi propugnare un sistema dottrinale a cui è pur
devotissima una certa setta democratica, inferisse che
io sia altresì partigiano del suo metodo pratico, o che
in qualche modaio appartenga al suo partito d'azione,
Cotesto partito, che ha ben meritato dell'Italia fin-
ché si contentò di esercitare l'apostolato della nazio-
nalità, dell'indipendenza, della libertà italiana, cadde
in due esaggerazioni funeste e ruinose, quando volle
di chiesa farsi setta, e scambiare l'insegnamento con
la congiura. La prima si è di non tenere conto al-
cuno della legge di graduazione, che governa il mondo
morale non mena che fi mondo fisico; e di presumere
quindi che i popoli passino in un istante e di botto
dallo stato di servitù a quello della massima libertà.
La seconda si è di non riconoscere il principato rap-
presentativo come più vicino alla democrazia che il
governo assoluto; e per ciò di combattere quello con
tutte le forze e in tutti i modi possibili, anche a costo
di ricadere sotto di questo, confidando che debba
uscire la republica più presto e più facilmente dal
despotismo che dallo Statuto.
Ora ambedue queste opinioni sono falsissime; sono
smentite così dalla ragione cóme dalla storia ; e tra-
dutte in pratica, sono un attentato contro il diritto
commune ed il progresso sociale. La legge dell'educa-
zione e dell' emancipazione procede , tanto per i po-
poli quanto per li individui, a grado a grado. Esce
forse l'uomo in un attimo dallo stato nativo d'igno-
ranza e di debolezza? Divien egli robusto e dotto da
un giorno all'altro? Le sue facultà fisiche e mentali
possono forse esplicarsi , attuarsi tutto ad un tratto?
Non de^'ono anch'esse sottostare alle condizioni d'uno
Si . ' . , , ^
svolgimeQto successivo e progressivo, a guisa d*iiDl
serie, ove non è possibile pervenire ad un termine su-
periore, se non ascendendo a passo a passo per tutti
i gradi inferiori,? Diasi pure ad un fanciullo piena
ed intera libertà di condursi a suo proprio senno :
a che gli gioverebbe la sua emancipazione? A rica-
dere bentosto in balìa del primo uomo, che se 1 vo-
lesse rendere mancipio. E tanto è a dirsi ilei popoli.
I quali non meno^ anzi ben più che li individui, sodo
per legge di natura obligati a procedere nella via
della loro emancipazione col metodo educativo. Non
possono dùnque pervenire dal fondo della servitù al-
l'apice della libertà se non mediante una serie di
progressi successivi, per cui la servitù a poco a po-
co diminuisca, e la libertà aumenti di pari passo. Pe-
rocché repugna al principio deir organismo sociale,
che unia nazione, scosso appena il giogo del servag-
giOi si costituisca di repente in quella pienezza d'au-
tonomia^ che spetta nel concetto moderno alla demo-
crazia pura; ma convien che attraversi una serie di
riforme graduate, che vadano temperando via via le
sue instituzioni monarchiche e aristocratiche, destino
nei popoli la coscienza de'proprj diritti) e li abituino
ad esercitarli un dopo l'altro^ finché sieno in grado
di saperseli conquistare e godere tuttii
Scendiamo ora alFapplicazione. 0 si parli dell'Eu-
ropa in generale» o in particolare dell'Italia, domaUdo
io: se le condizioni politiche sieno tali oggidì, che
possa ragionevolmente sperarsi di trasformare le mo-
narchici in republiche con un colpo di Stato o di
rivoluzione? Se possa credersi, che negl'imperi e nei
grandi regni che dominano l'Europa, il partito re-
publlcano sia quello^ che prevalga ad ogni altro? Se
abbia almeno un primato in Italia? E l'avesse pure,
se possa mai lusingarsi di rifare l'Italia a modo suo,
contro i voleri e li Interessi di tutti, li altri poten-
tati europei? Anche i più arrabiati fra i puritani, della
democrazia sono costretti a confessare che no. Msi
allora ììerchè ostinarsi dunque a voler Timpossibile?
Perchè, vedendo la meta così distante da non potersi
raggiungere con un salto, perchè non rassegnarsi a
fare i tre, i cinque, i dieci passi necessarj a percor-
rere queirinter vallo? Perchè incaponirsi a cozzar cie-
camente contro Tordine della natura?
Ed è ben la natura, che ha stabilito quest'ordine
nel progresso politico deìrUmanità, di passare dalla
servitù del despotismo alla libertà della democrazia
per una serie di temperamenti introdutti nel princi-
pato.'A questi temperamenti adunque li stessi demo-
cratici devono fare buon viso. Ogni nuovo diritto
che una nazione acquista, è un nuovo passo verso la
sua emancipazione finale; ogni grado maggiore di li-
bertà che ottiene, è un avvicinamento al regno della
democrazia. Stolta cosa è pertanto Tanteporre il go^
verno assoluto al principato rtipprésentativo , sul
pretesto che sia più facile da quello che da questo il
passare ad un reggimento affatto libero^ quasi che il
despotismo a fora;^ di Opprimere spingesse necessaria-
mente i popoli alla disperazione, e quindi alla rivolta^
laddove una mezza libertà, soddisfacendo alla mag-
gior parte del ceto medio, servisse come a dire di
sfiatatoio alle ire popolari e di parafulmine alla ri-
voluzione.
È cosa stolta, io ripeto; perocché, in primo luogo^
se è vero che il despotismo può in certi casi gene-
rare le sommos^ e i rivolgimenti nazionali, suole
tuttavia per lo più prostrare li animi, atterrirli, sfi-
brarli, snervarli, a segno da rendere non più pronte,
ma assai più difficili, e remote, ed incerte le riscosse.
0 chi oserebbe mai sostenere che T Italia, a cagion
d'esempio, avrebbe tardato tre secoli a rivendicarsi
iu libertà, se dalla caduta della republica fiorentina
S6
in poi fosse fiata, non allernatìvamente suggella ti
despotlsmo austrìaco, spagnuolo, e francese, ma retta
a governo rappresentativo ? Dopo 1' (esperienza di
quanto ha fatto il solo Piemonte in dieci anni , chi
potrebbe dubitare dei progressi immensi che Tltalia
intera avrebbe compiuti nel corso di tre secoli, ove
ciascuno de'suoi Stati si fosse retto con uno Statuto?
Chi non sente quanto più presto sarebbesi manife-
stato e diffuso il sentimento di nazionalità, e con esso
il desiderio e il bisogno prepotente, irresistibile del-
l'unità e della libertà d'Italia?
Ed in secondo luogo, sia pure che una mezza li-
bertà, appagando le brame egoìstiche d'una gran
parte del medio ceto, lo distolga dal tentare altre
novità , e V induca non a promuovere , slbbene ad
osteggiare la rivoluzione. Ma sta del pari, che quel
grado dì libertà, ond'è pago un ceto, non basta al-
l'altro ; e che lo stimolo più potente ad invogliare
della libertà chi ne è privo, è l'esempio dei benefizj
ch'essa reca a chi ne gode. "Vedete ringhilterra: dal
principio del secolo in poi si può dire che ogni ge-
nerazione ha veduto compiere una riforma e allar-
gare il campo della libertà; e adesso sta travaglian-
dosi a riordinare il diritto di suffragio in guisa da
spogliarlo del carattere di privilegio e di franchigia,
e dargli quello di funzione civile regolata dalla legge
commune: il che sarà un altro colpo tremendo al vec-
chio edifizlo aristocratico della Gran Bretagna. Ma
chi ha risvegliato nel popolo inglese la coscienza
de'proprj diritli, chi gli ha inspirato l'amore, il de-
siderio della libertà più larga e più sincera, se non
lo spettacolo della libertà privilegiala, onde l'aristo-
crazia va tanto superba? Vedete la Francia: fu la
costituzione del 15 che la condusse alla monarchia
popolare del 30, come fu la costituzione del 80 che
la menò alla r^)ublica democratica dd 48. E sareb-
57
bea mai ix)luto restaurare l'impero, o restaurato
avrebbe mai potuto durare , sotto un governo rap-
presentativo ? Vedete infine lltalia : dalla catastrofe
del 49 non uscì salvo che lo Statuto del Piemonte:
e bastò a compiere in un decennio un tal progresso
nazionale, che sotto il despotismo non si sarebbe per
avventura effettuato in un' secolo. Chi non ricorda
come dopo la rotta di Novara quasi tutti i patrioti
italiani detestassero il governo sardo, e rigettassero
su di lui la colpa principale delle nostre sventure?
E tuttavia questo governo medesimo, grazie alla li-
bertà che seppe mantenere, riuscì In breve tempo a
calmare quelli odj, a dissipar quei rancori, a disper-
dere le difidenze e i sospetti, a guadagnarsi l'assenso
e il concorso del fiore di tutta V Italia , ed a costi-
tuirsi centro e capo di tutto il movimento nazionale.
Supponete che il Piemonte avesse seguito l'esempio
di Napoli e di Toscana, si fosse dato in balìa del'
l'Austria, e avesse surrogato il reggimento rappre-*
tentativo con l'assoluto: avrebbero mai potuto aver
luogo la guerra e la rivoluzione di quest'anno, e so-
pratutto quel miracolo di concordia , di unione , di
disciplina, di senno, di costanza, onde l'Italia si me^
rito la lode e l'ammirazione del mondo civile?
Sta bene adunque che nell'ordine speculativo ed
educativo non perdiam mai d'occhio l'ideale politico,
che è la meta ultima della nostra ragione e del no-
stro cuore; sta bene che l'apostolato dei democratici
sia costantemente rivolto a preparare ed affrettare il
regno della democrazia: ma conviea rammentare al*
tresì, che dall'ideale al reale corre un gran tratto; e
che se bastano poche ore ad architettare il disegno
di una vasta rivoluzione sociale, occorrono poi anni
e secoli per mandarlo ad effetto, né l'effettuazione
avvien mai se non a poco a poco, a grado a grado*
Laonde vanno annoverati fra i nemici della rivolu-
II. 5
58
zione, non solamente coloro che vogliono tirare in-
dietro r Umanità, ma eziandio coloro che vogliono
spingerla innanzi a salti mortali ; poiché i loro sforzi
insensati, quantunque diretti ad opposto fine, rie-
scono pure allo stesso risultato , repugnando egual-
mente alla legge della natura. Ah! il progresso dei
popoli non è una posta da arrischiarsi sopra una
carta, gridando come il giocatore disperato : o tutto
0 nulla 1 Per essi il qualche cosa varrà sempre me-
glio del nulla; giacché quanto di cammino avran fatto
nella via della libertà, sarà tanto cammino di lìieno
che resterà loro da percorrere per toccare la mela.
Qual differenza pertanto separa o dee separare i
democratici dai così detti dottrìnarj? Non certo que-
sta, che li uni difendano, e li altri combattaifo il
principato rappresentativo ; perocché allora si asse-
gnerebbe ai democratici il compito iniquo ed assurdo
di stringere lega co'ì reazionari, e di congiurare con
essi a danno della libertà: ma bensì questa, che i
dottrinari vogliono fare della poca fìbertà presente
un ostacolo legale ad ogni maggiore libertà avvenire;
laddove i democratici intendono air Incontro di va-
lersi dell'una come di leva per conseguire l'altra.
Convengono ambidue i partiti nel proposito di man-
tenere il grado di libertà ottenuta ; ma differiscono
nell'uso che se ne vuol fare: poiché quelli l'adope-
rano a respingere, questi invece a sospingere l'Uma-
nità nella via del suo progresso. Rimane adunque fra
il sistema degli uni e degli altri un divario, un'op-
posizione tanto grave e sustanziale da non poterli
mai confundere insieme. Li stessi puritani più rigidi
e schizzinosi dovrebbero averne più che abbastanza.
Circa un'altra questione ancora, più particolar-
mente propria dell'Italia, eccedono costoro ogni li-
mile del vero e del giusto, per odio della monarchia
59
e per fanatismo della republlca : è la questione della
nostra nazionalità. A udirli, sarebbe il colmo della
follia lo sperare che un principe possa mai volere,
sinceramente T indipendenza e l'unità della patria,
commùne : poiché l' interesse dinastico deir uno re-
pugna essenzialmente all' interesse nazionale dell'aU
tra; un re per la sua stessa natura è il nemico nato
della nostra unione , è il fautore naturale del nostro,
smembramento, è l'alleato perpetuo de' nostri op-
pressori ; r Italia non potrà ottenere giammai indi-
pendenza ed unità se non per via della republica.
Ed è questo, a parer mio, un nuovo errore non me-
no grave e funesto degli altri. Potrei chiarirlo di,
leggieri anche con argumenti dottrinali , mostrando
in prima qual divario corra tra la questione di na-
zionalità e la questione di libertà ; e poscia, come ì\
principato, che in virtù dell'indole sua propria è
fino ad un certo punto l'antitesi del reggimento li-
bero, possa invece benissimo sposar la causa dell'in-
dipendenza e dell'unità nazionale^ e conciliar insieme
ottimamente l'interesse della dinastìa con quello della
patria. Ma in simil materia valgono meglio i fatti che
i ragionamenti, e la storia prova assai più effic^ice--
mente che la filosofia.
Io non andrò a ripescare li esempj nell'antichità;
che mal si potrebbe stabilire con qualche precisione,
se allora ì popoli avessero un concetto chiaro e ri-
flesso della loro nazionalità, o, pur avendolo, di quali
elementi ideali e tradizionali si componesse; e inol-
tre con qual processo si cercasse di attuarlo, e come
e perchè non si riuscisse a dargli una stabilità più
duratura. Consultiamo piuttosto la storia moderna ,
in cui il principio di nazionalità, come noi l'inten-
diamo^ è venuto svolgendosi ampiamente; ed in par-
ticolare la storia di quei popoli , che son pervenuti
a meglio incarnarlo nella loro . vita publica e nelle
loro instituzioni sociali.
60
Il tipo deirniìificaziofte da prìma, e poscia dell'u-
nità nazionale è la Francia : ma non Tha essa posto
in atto per opera della monarchia? Li altri Stati,
che riuscirono meglio a costituire la loro naziona-
lità, sono, per non parlare che dei più grandi, l'In-
ghilterra, la Spagna, e la Russia: ma non erano
esse e non sono ancora monarchie? Airincontro,
l'Italia con le sue republiche e la Germania con le
sue città libere non arrivarono mai a riunirsi in
una sola nazione, e sono ancor oggi divise, e do-
vranno ancor luttare chi sa quanti anni per insti-
tuire la loro unità nazionale. La storia dunque smen-
tisce assolutamente la teorica declamatoria di quei
republicani esclusivi. Essa dimostra, che il principio
di nazionalità non s'è attuato nel mondo moderno
se non mediante la monarchia, e che reciprocamente
nessun popolo giunse a fondare la propria naziona-
lità per via della republica. Tal è la lezione, che ci
dà l'esperienza,
— Ma voi non tenete conto d'un grand' esempio
contrario: li Stati Uniti d'America. — Non ne tengo
conto, invero, perchè non quadra al caso nostro.
1.° Là, In origine, non si trattava dell'indipen-
denza di una nazione dal giogo di un'altra, ma del-
l'emancipazione di una colonia dalla tutela iniqua
della madre patria.
2.** Là fioriva una civiltà di creazione affatto mo*
derna, dove non aveano radice alcuna le instituzioni
feudali, le tradizioni aristocratiche, Ji privilegj eccle-
siastici, i diritti divini, e nessuno di quelli elementi
eterogenei, che negli Stati europei generarono li an-
tagonismi sociali e le rivoluzioni intestine. . ,
3.° Là, grazie all'Oceano, non vi sono potenti Stati
vicini, a cui s'abbia da rendere sempre ragione di
quanto accade eziandio in casa propria, e con cui sia
d'iifipo intendersi per amore o per forza, sotto Fin-
. 61
cessante minaccia di vedersi la patria invasa, oon^
quistata, devastata, divisa, disfatta*
4.° Là infine, mercè d'una sterminata immigrazio-
ne, lia luogo una tal mescolanza di popoli e di stir-
pi, che il paese va perdendo necessariamente il ca-
rattere nazionale e pigliando la forma cosmopolitica ;
onde il principio di nazionalità non serba più in quelli
Stati il valore, che ha in Europa.
L'esempio dell' America non è dunque applicabile
al c^so deiritalla, poiché le condizioni politiche e so-
ciali dei due paesi sono affatto diverse; né può in
verun modo contradire all' ioduz ione, che la storia
ci ha somministrata*
Tiriamone ora la conseguenza: Io lascerò ai fana-
tici monarchisti inferire da quei fatti, che la repu-
blica sia dunque iutrinsecamente inetta a formare
una nazione; vale a dire, ehe il princìpio della de-
mocrazia e il principio della nazionalità si escludano
a vicenda. Sarebbe una conseguenza sforzata, perchè
andrebbe oltre ai limiti delle premesse. Ma certo, re-
stringendola pure entro i termini legitimi del razio-
cinio induttivo, è irrepugnabile questa conseguenza :
essere dunque più probabile d'assai, che anche l'Ita-
lia debba conquistare la sua nazionalità per opera
del principato. Non potrà dirsi a tutto rigore im-
possibile, se volete, che la conquisti mercè della re-
publica; ma la sarebbe un'eccezione alla regola che
finora s'è costantemente verificata, e che quindi porta
il carattere di una legge naturale della società. Ora
il calculo delle probabilità , se ha da essere un pro-
cesso ragionevole, va fondato su la regola, e non su
l'eccezione.
Laonde a quei soli democratici, che negano affatto
il principio di nazionalità, — e ve n'ha anche di
questi, . — è lecito logicamente di non isperar nulla
di bene dalla monarchia, e però di combaUerla a
62
tutta oltranza, cotine la pura e pretta personificazione
del male. Ma tutti li altri, — e per buona ventura
sono i più, — che riconoscono nella nazione un ele^
mento naturale e costitutivo dell'organismo sociale
dell'Umanità, appuntò come tengono il Commiine per
un elemento essenziale e vitale della nazione; e danno
quindi l'importanza che si merita alla questione del-
l'indipendenza e dell'unita nazionale: non possono^
non devono abbandonarsi ad un'ostilità così assoluta
contro della monarchia, se non vogliono postergare
lallo spirito di parte il bene della patria. Perocché
una somma probabilità, che la legge stessa, a cui
obcdirono la Francia, la Spagna, l'Inghilterra, e la
Russia per costituirsi in nazioni indipendenti e uni-
tarie, sia naturalmente imposta anche all'Italia, sus-
siste fuor d'ogni dubio. Può dunque surgere un di
0 l'altro, se già non è surto, un principe, che s'ac-
cinga risolutamente a fare per lei ciò che altri prin-
cipi hanno fatto per quelle altro nazioni: ed in tal
caso che contegno dovrebbero tenere i democratici
patrioti?
Appigliarsi al partito della resistenza e dell'oppo-
sizione ad ogni costo, tornerebbe lo stesso che osteg-
giare la causa della nostra nazionalità, e dar la mano
ai nemici d'Italia per concórrere a mantenerla divi-
sa, e quindi debole e serva. Ma tranne qualche fre-
netico settario, qual democratico ragionevole oserebbe
In coscienza esporsi al pericolo sì manifesto di rine-
gare la patria in odio della monarchia?
Sarebbe invece debito e interesse nostro, mi pare,
di stringerci tutti intorno al vessillo nazionale, qua-
lunque fosse la mano che lo afferrasse; giacché se
l'impresa si conducesse senza di noi, finirebbe Ine-
vitabilmente anche contro di noi: laddove quanto
maggiore sarà la parte che noi prenderemo al com-*
battimento, tanto sarà maggiore il frutto che iX)tFemo
rarcogllere dalla vittoria.
M
E l'ipotesi già s'è ia parte avverata nell'ultima
guerra d'Italia : il cooleguo di quasi lutto il partito
democratico rispose fedelmente a questi dettami della
ragioQ pratica e della coscienza nazionale. Appena si
trattò di scendere in campo contro dell'Austria, egli
corse all'armi e si schierò sotto la bandiera italiana,
benché fosse inalberata da un re. Così ha ben meri-
tato della patria insieme e della, democrazia, ed ha
mostrato co'l fatto, che quanto egli è ardente in
tempo di pace a propagare per via dell'apostolato la
propria fede nella libertà universale, tanto è presto
In caso di guerra a sostenere con l'armi la causa
della nazionalità italiana; e che quanto è più sublime
l'ideale in cui risiede la meta ultima delle sue spe-
ranze e de' suoi sforzi, tanto egli è meno disposto a
pretendere d'effettuarlo tutto ad un tratto, e più fa-
cile ad ammettere e promuovere ogni maniera dì
progresso, che poco o molto giovi alla patria, e la
ravvicini alla sua meta.
Vediamo ora quale sìa la libertà polìtica, che il
catolicismo ne può dare. Il 9 di giugno 18ì^ , men-
tre l'infelice Polonia era piena ancora di sangue, di
cadaveri, e dì ruine, papa Gregorio XVI scrisse un
Breve ai vescovi di quel regno, per inculcare espres-
samente le dottrine politiche della chiesa. Signori
Monlalerabert e Rendu, degnatevi dì star attenti, ed
imparate quali sìeno le vere libertà del catolicismo.
11 papji incomincia ad assicurare i Polacchi, ch'e-
gli ha scongiurato Iddìo con preghiere, sospiri, e ge-
miti « affinchè codeste vostre provìncìe, commosse da
» infernali dlsenzìoni, ci sia dato vederle finalmente
» restituite all' autorità del legitimo potere (l). »
(i) » PosieaqQam io hamiUtaltìcordis nostri velieinentiori
t afTectu miseri cordiarum Patrem precibus, susplriis, gemiU-
» basqne fleclere sluduerìmus, qaaienus cito provlncias istas
64
Quindi r insurrezione di un popolo per riacquistare
la propria libertà e indipendenza, nel linguaggio ca-
tolico si chiama disensioni infernali; e Toppressione
satanica di un usurpatore si chiama legitimo potere.
Venga ora il signor Balmes a narrarci, cbe « quando
» la ciiiesa predica l'obedienza alle potestà, parla delle
» legìlime; e nel dogma catolico non può aver luogo
» l'assurdo, che il mero fatto formi il diritto (1). »
Nel dogma catolico? Ma quale? Nel dogma che Bal-
mes erasi imaginato , non so ; ma in quello che in-
segnano la chiesa ed il papa, certo ha luogo un as-
surdo così iniquo ed esecrando. Ora, in fatto di
dogma, la parola di un Balmes vai nulla, e la pa-
rola di un papa vai tutto. Ed è curioso a vedere
questo prete spagnuolo, che per difendere il suo ca-
tolicismo osa dare una smentita al papal «No, egli
» esclama, no, che non è vera questa dottrina umi-
» Mante; questa dottrina, che decide della legitimìlà
» dall'esito dell'usurpazione; questa dottrina, che
» dice ad un popolo vinto e soggiogato da un usur-
» patore qualunque: obedìsci al tuo tiranno; ì suoi
» diritti si fondano nella sua forza, e l'obligo tuo
» nella tua debolezza (2). » Ah, no? Non è dunque
vera questa dottrina, signor Balmes? Pare anche a
voi, come a me, come a chiunque abbia un po'di
senno e un po'di cuore; ma il cuore ed il senno non
han che fare co '1 catolicismo ; e questa dottrina umi-
liante, turpe, abjetta, infame, è dottrina 'catolìca.
S\, un papa non ebbe rossore di professarla a nome
di tutta la cliiesa ; un papa ebbe V impudenza e la
» vestras diris dissentionibus commotas, pacatas tandem et
» legitimae potesiatis imperio reslittilas, nobis* videre conti-
» gcrit* >
(l) Il protesfantismo paragonato co^l catolicismo, toro. 4»
Cip. LV, pag. 32..
(■^^ fl>id.
65
barbarie d'intimare ad un p(^lo d'eroi: — obedisci
al tuo tiranno; egli è il tuo legitimo padrona, perchè
è più forte di teli.... — Siccliè, voi fate l'apologia
del catolicismo con un raziocinio di questo tenore :
la dottrina catolica è vera, percliè fa dottrina cato-
lica è falsa. E con questa dialettica, in fede mìa, non
è difficile che il catolicismo abbia sempre ragione.
Ma voi, reverendo, che fate la lezione al papa e gli
date del bugiardo in su '1 viso, siete catolico voi (2) ?
(2) È tanto più strano e in escusabile questo procedere di
Palmes, in quanto ch'egli stesso Tavea formalmente ripro-
vato in altrui: « In queste materie, diceva con molto senno
» (// protestantismo, toni. 3, cap. XLVIll, pag. 192-193), si
-> parla continuamente della scuola di Bossuet, di quella di
» Bonald, coM far uso in varie maniere di nomi proprj.Ri-
> spetto più Cile altri mai il merito di questi ed altri uomini
« insigni, ctie la ciiìesa caloiica ha avuto; ma ciò non ostante
f avvertirò, che la chiesa non si rende mallevadrice di altre
> dottrine, fuorché di quelle che essa insegna; che non si
» personifica con nessun dottore particolare; e che essendo
9 assegnato da Dio stesso 1* oracolo di verità infallibile in
s materia di dogma e di morale, non permette che i fedeli
» deferiscano ciecamente alla sola parola di un uomo pri-
• vaio, qualunque ne sia il merito, la santità, ^ la dottrina.
» Chi brama sapere qual è lo insegnamento della chiesa
9 catolica, consulti le decisioni de* concilj e quelle dei sommi
» pontefici; consulti egualmente i doUori di una fama illustre
» e pura, ma guardisi l)ene dal mischiare le opinioni di un
» autore, per quanto sia riguardevole , con le dottrine della
» chiesa e con la voce del vicario di Gesù Cristo. » E cosi
appunto ho fatto io. Ma Balmes, che l'insegnava agli altri ,
perchè non Tha fatto mai? Posso dunque ritorcere contro
di lui le parole che su'l finire del .capo L. {\ibid. pag. 271 )
egli volgeva a* suoi avversar]: « Presentatemi un testo delle
» tradizioni tenute per articoli di fede nella chiesa catolica,
> una decisione de* concilj o de* papi, la quale dimostri che la
« vostra opinione è fondata : iosino a tanto che non 1* avrete
» fallo io avrò il diritto di dirvi, che per la smania che avete
66
Contìnua il papa: «Voi dovete usare ogni diligenza,
» e vegliare con ogni studio, che uomini ingauna-
» tori e propugnatori di novità non seguano a spar-
» gere nel vostro gregge erronee dottrine e falsi
» dogmi ; e sotto il pretesto del publìco bene, come
» sogliono, non abusino della credulità dei semplici
» e degli incauti, in guisa da renderseli, contro la
» loro intenzione, ciechi ministri e fautori nel tur-
» bare la pace del regno, e sconvolgere l'ordine
» della società. Conviene smascherare apertamente
» la frode di questi pseudodottori, per rutilìtà e l'in-
» struzione de'fedeli (l). » Vuol dire, che agli occhi del
catolicismo li apostoli della libertà sono inqannatoriy
novatori y pscudodottori ; ed ì principi liberali sono dot-
trine erronee, dogmi ^ falsi, frodi ed inganni per tur-
bare la pace e sconvolgere Vordine della società. Sa-
pete ora quale sia la vera dottrina della chiesa?
• di rendere amabile il catolicisnio, gVimputaie dottrine che
» non professa, gii attribuite dogmi che non conosce ; e perciò
t no*l difendete da apologisti franchi e sinceri, poiché
» date mano ad armi, che non sono iegiiime m.
(i) » In hoc nimirum sedulam caram diligentiamque om*
• nem impendere debetis, ac maximo opere vigilare, ne do-
» tosi homines, ac novitatum propagatores, erroneas dociri-
» nas falsaque dogmata in grege vestro disseminare pergant
9 pnblicumque bonum, nti solent, praetexentes ,. aliorura
• credulitate, qai simpliciores et minns cauti sunt, abutan-
• tur, adeo ut eos, praeier ipsoruin ìntentionem in regni
» pace turbanda societalisque ordine evertendo, velott cae-
» cos ministros ftutoresque habeant. Profecto horum pseu-
» dodoctorum frans ad Christi fidelium utilitaUìm et instruc^
» tionem perspicuo sermone est declaranda; cogitatuum vero
» eorumdem fallacia decretoriis et inconcnssis divinae Scri-
» plurae joraculis, nec non sacrae ac venerabiiis ecclesia^;
» traditionis certissitnis monumentis forti animo ubique re«
» felienda. •
67
. £ssa è, ripiglia il papa, negli wacùli della Scrit-
tura e nei monumenti della tradizione. « Da questo
j> fonti purissime apprendiamo, che Tobedienza do-
» vuta alle potestà da Dio costituite, è un precetto
» assoluto, a cui nessuno può andar contro, se non
» nel caso che venisse comandata qualche cosa,
» che repugni alle leggi di Dìo e della chiesa (l). »
E significa in buon vulgare, che i Polacchi devono
obedire air imperatore di Russia, come ad una pote-
stà costituita da Dio; e che nelle atrocità, onde quel
mostro coronato spaventò l'Europa, non v era nulla
di contrario alle leggi di Dio e della chiesa. Oh 1 in
verità, una chieda che maledice alle vittime per adu-
lare il carnefice, è ben la degna six^sa di un Dio,
che punisce li eroi per esaltare li assassini!
Il papa soggiunge poscia li oracoli e {monumenti:
a Omnis anima, dice l'Apostolo, potestatibus sublimio-
» rihus subdita sit. Non est enim potestas nisi a Deo ;
» quae autem sunt, a Deo ordinata sunt, Itaque qui
» resistit potestati. Dei ordLnationi resistita Ideo ne-
» cessitati subditi estote, non solum propter iram,
» sed etiam propter conscìentiam. Similmente S. Pie-
» tro esorta lutti i fedeli ad essere suggelli ad ogni
» umana creatura, tanto al re, come sopra di tutti^
» qu4into ai presidi, come spediti da lui, quia (dice)
» sic est voluntas Dei, ut benefacientes obmutescere fa-
» ciatis imprudentium hominum ignoranliam. I primi
» cristiani osservando santamente questi precetti,
» anche nel terrore delle persecuzioni, meritarono
D bene degli stessi imperatori romani, e della salute
(i) 9 Ex bisce fontibus purissimis apertissime edooemur ,
i obedienUam,quain praes tare homi nes tenentur a Deo con*
» stitutis poleslatibus, aLsolatum praeceplum esse, cui nemo
> praelerquam si forte cootingat aliquid imperari, quod Del
> et ccclesjae legibus advcrsetar, conlraire polest » .
«8
» deirimpero. Queéta dottrina insegnarono costante'
» mente ì santi Padri, e la insegnò sempre e Fin-*
» segna la catolica chiesa (1). » Vale a dire che, se-
condo il catolicismo, patria, libertà, indipendenza,
diritto, giustizia, suslanze, vita, ogni cosa possono
rapirci i governi, e noi dobbiamo sempre chinar il
capo e tacere, purché ci lascino i preii per corrom-
pere ed irabesliare ì nostri figij ; e ci serbino i tempj
da provedere, decorare, e arricchire a nostre spese.
Fior dì liberale, ch'era mai quel papa Giiegoriol...
Pure, chi'l crederebbe? Quelli stessi oraco/i e wo-
numeriti, su cui egli stabiliva la catolica dottrina,
Balmes se li propone a modo d'objezìoni; e seguita
a sostenere, che le sentenze della chiesa non sono
generali ed assolute, ma si riferiscono unicamente
alle potestà legitime (2). Che questa distinzione pa-
resse a lui ragionevole e giusta, io lo credo; ma
torno a dire, che un povero prete spagnuolo non è
il papa, e molto meno lo Spirito Santo. Ora né lo
Spirilo Santo, né il papa non hanno mai fatto quella
sua distinzione; ed hanno invece parlato sempre in
termini universalìssimi : dunque la dottrina catolica,
per rispetto alle autorità costituite, è assoluta. Già
l'avvertiva l'abbate Bergier, il quale rispondendo a
coloro, che vogliono applicare il precetto di S. Pao-
lo, non a tutte le autorità costituite in generale, ma
soltanto alle potestà legitime: « Questo commentar
rio, egli diceva", è opposto al testo; e suppone, che
S. Paolo, dopo aver detto che ogni potere viene da
(1) « Quae monìta sancle servantes antiquos chrisUanos,
» eiiam saevìenlibus perscculionibus, de ipsis romanis impe-
* ratorìbus, deqne Imperli incofumitate sane meraìsse con-
• slat. Hanc doclrinam, ul nosUs, V. F. , SS. Palres constan*
A tissime tradideritnt, hanc seni per docuìt ac docet catholic^
» Ecclesia ». •
f2ì ror. rM.
Dio, 61 ritratti o restringa questa massima; e deci-^
da, che il potere viene da Dio allora solamente quan-
do sia ben regolato. Ma clii deciderà, s'egli è rego-
lato bene o male? I privati, senza dubio; prima di
obedire esamineranno, se Yautorità è legitima o usur-
pata; se le leggi sono giuste e confwmi alla volontà
di Dio: e se loro paressero ingiuste, saranno dispen-
sati dalla sottomissione ed avran diritto di resistere
av autorità. Eccellente morale 1 Fu quella di tutti i
sediziosi e di tutti i fanatici dell'universo. -^ Ci sono
autorità illegitime, poteri usurpati, governi tiranni-
ci, contrari alla volontà ed alla legge di Dio, ne con-
veniamo ; ma in fine, dacché esistono e sono ricono-
sciuti, l'interesse geùerale e il bene commune richie-
dono, che si presti loro rispetto ed obedienza (1). »
E poi, lasciamo pure da banda le questioni astratte
e teoretiche: stiamo al caso nostro. Il papa intima
ai Polacchi di obedire all'imperatore di Russia. Or
bene, il potere di Nicolò su la Polonia è legitimo, o
no? Se no, dunque la chiesa comanda l' obedienza
alle potestà anche illegitime. Se sì, dunque la chie-
sa riconosce per legitimo il potere di un usurpatore,
A che servono dunque le distinzioni di Balmes? Ser-
vono a questo solo : ad illudere quei gon«I, che tro*
vando orribile il catolicismo, e volendo tuttavia spac-
ciarsi catolici, si fabricano un catolicismo di proprio
gusto, e poi l'affibbiano alla chiesa.
Abbiamo ancora dì papa Gregorio un altro docu-
mento più solenne. È la sua enciclica del 15 ago-
sto 1832 a tutti i vescovi catolici, nella quale ripete
e ribadisce più fortemente che mai le stesse dottri-
ne : « Avendo noi saputo, diceva quel vicario di Dio,
» che per via di scritti sparsi fra il popolo si divul-
* gano certe dottrine, le quali distruggono la debita
(1) Dictionnaire de théologiCt art adtorit^.
70
» fedeltà e sottomissione ai principi, ed accendono
» dovunque le faci della ribellione; bisogna usare
» ogni cura, che i popoli così ingannati non ven-
» gano distolli dal retto sentiero. Considerino tutti
» ravviso dell'Apostolo, non esserci potere che non
» venga da Dio; ecc. Laonde le leggi divine ed umane
» gridano contro di coloro, i quali con turpissime
» trame di rivolta e di sedizione, si sforzano di ri-
» bellarsi contro dei principi, e di precipitarli dal
» trono (1). » Traducete: il despotlsmo del prìncipi
è un diritto, la servitù dei popoli un dovere; ed ogni
tentativo per rivendicarsi in libertà si chiama ribel-
lione, sedizione, tradimento.
Citata poi l'esempio degli antichi cristiani, il papa
continua: « Questi belli esempj d'inviolabile sotto-
» missione ai princìpi, ch'erano conseguenza neces-
» saria dei santissimi precetti della religione cristia-
)) na, condannano la detestabile insolenza e malva-
» gita di coloro, che infiammali dalla passione sfre-
B nata di una procace libertà fanno tutti i loro sforzi
j> per assalire ed abbatteVe ogni diritto dei prìn-
» ciiìati, e portare ai popoli la servitù sotto l'appa-
» renza della libertà. Qua per fermo miravano li sce-
» lerati delirj e divisamenli dei Valdesi, de' Beguar-
» di, del Wiclefìtl, e di altretali figliuoli di Belial,
» che furono la feccia e l'obbrobrio del genere urna-
(1) » Cum atilem circam!atis in vulgus scriptis doctrìnas
B qoasdam promuigari acceperimusi quibus debita erga prin-
» cipcs fìdes atque submissio labefacttaur, facesque perduel*
• lioiiis ubique incendontur; caveoduin maxime erit, ne po-
li pulì iDde decepU a recti semita abducanlur. Aniroadver-
» tant omnes, non esse, juxta Apostoli monitam, potestatem
• nisi a DeOy etc. Quocirca et divina et humana jura in eos
» clamant, qui turpissimis perdaelilonis seditionumqne ma*
N chinalionibus, a fide in principes descisccre, tpsosque ab
• imperio deturbare conoiiantur ».
71
» no; meritamente perciò colpiti tante volte d'ana-
i> tema, da questa apostolica Sede. Né quelli astuti
» ad altro scopo volgono tutte le loro forze, se non
» a potersi coagrafùlare lietamente con Lutero, di
» essere Uberi da tutti; e per arrivarci più facil-
» mente e più presto, tentano audacissimamente di
» commettere ogni più grave delitto (l). » Cioè a
dire: ai re si deve una inalterabile sottomissione; i
principi di libertà sono insolenze e malvagità dete-
stabili, cupidigia sfrenata, licenza procace, violazione
dei diritti regj, sceleratissimi delirj; e tutti i libe-
rali sono figlj del demonio, furfanti, libertini, ob-
brobrio e feccia del genere umano,
E non basta ancora. In un'altra sua enciclica a
tutti i vescovi catoKci, del 25 giugno 1834, papa
Gregorio pronuncia la condanna di quelle pagine
immortali, che Lamennais intitolò Paroles d'un croyant,
E desso un libro che contiene in sustanza le dot-
trine più communi della libertà e della democrazia.
Ebbene, queste dottrine dinanzi al tribunale della
chiesa si chiamano proposizioni rispettivamente false,
(1) « Praeclara haec immobiUs subjeciionis in princi))e»
» exempla, quae ex sanctissimis ehrislìanae religionis prac-
» ceplis necessario proficiscebantur, delesiandam illorum inso-
I» lentlam et improbitalem condemnant, qui projecla effre-
» nataqne procacis iibertalis cnpiditale aestuantes, toti in eo
» sunt, ut jura queque principatuum labefaclenl atque con-
» veUant, servitotem sub lit)ertaUs specie popuiis iilatnri,
» Huc sanesceleslissiraa deliramentaconciliaqae conspirarnnt
» Valdensium, Beguartjoruin, WicieQtarunQ aliorumque bu-
n jumodi fjliorum Beiial, qui humani generis sordes ac de-
» decora faere, merito ideirco ab apostolica hac Sede lolieb*
» analhftmate couflxi. Nec alia profecto ex causa omnes vi
» res intendo ni veleratores isti, nisi ut cuin Lutbero ovan-
» tes gratulari sibi possint, liberos se esse ab omnibus : quod
• ut facilius celeriusque assequantur, flagiliosiora quaelibel
• audacissime aggrediuniur ».
72
calunnioBe, temerùrie, inducenti allanarchia, conira--
ri$ alla parola di Dio, empie, scandalose, erronee^
già dalla chiesa condannate specialmente nei Valdesi,
Wiclefiti, Hussitly ed altri eretici di simil fatta.
Ora, dopo tante decisioni così esplicite e solenni
che Roma ha pronunciato, che cosa dovremo noi
pensare di un partito, il quale ha la fronte di voler
accoppiare insieme questi due titoli, catolico e libe*
rale? Un partito , che in nome della chiesa predica
la libertà religiosa , civile , e politica nel senso più
largo ed assoluto ? Ma se lo fa di buona fede , egli
è un vero prodigio d' ignoranza, e di stoltezza ; e se
in mala fede, egli è la più trista e rea fazioue, che
abbia mai contristato l' Umanità. Ed in quale cate-
goria dovremo collocare Montalemt)ert , che mentre
celebra l'accordo della libertà co'l catolicismo, so-
stiene pure che la libertà politica è incompatibile
co'l governo della chiesa? Dunque la chiesa approva
per buona e giusta una legge, che ne' suoi proprj
Stati condanna come un'empietà e un sacrilegio (l)?
La politica del catolicismo, che. abbiam tratto da'
suoi più gravi ed autentici documenti, quali sono le
sentenze catedratiche del papa, era già stata ridutta
a sistema da uno scrittore, che suole denominarsi
meritamente T ultimo dei Padri, Bossuet. Vero è, che
Montalembert e Balmes non lo riconoscono, su que-
sto punto, come l'interprete fedele dei principi della
chiesa, o piuttosto, giusta l'avvertenza del secondo »
la chiesa s'è astenuta dal decidere la questione della
resistenza al governo in certi casi estremi, e però
variano le opinioni dei teologi. Tomaso d'Aquino,
Bellarmino, e Suarez ammettono in quei casi il di-
(1) DùcQì'so tenuto aW Assemblea nazionale nella sedala
del 19 ottobre 1849.
ritto di resistenza; Bossuet ed altri autoreroli scrit-
tori non r ammettono mai (1). Ma questa disparità
d^opinionìjteologiche basta ella a giustificare la chiesa
ed a salvare il diritto ? Cominciamo dai primi , che
sono i più liberali. Balmes, per mettere più in ri-
lievo l'opposizione fra le dottrine democratiche e le
catollche, compendia le prime in quattro principj ,
eh' estrae da Lamennais; e vi contrapone un som-
mario delle seconde, che ricava dall'Aquinate (2).
» Principio 1." Eguaglianza di diritti sociali e pò-
» litici. — Impossibile: anzi utilità e legitimità dr
A certe gerarchie ; rispetto dovuto a quelle, che sono
» stabilite dalle leggi ; necessità che alcuni coman-
» dine e li altri obediscano; obligo di vivere sotto-
» messi al governo stabilito nel paese, qualunque ne
» sia la forma ; preferenza data al monarchico. » E
questa è pura dottrina catolìca, su cui non cade
controversia di sorta. È dunque dottrina catolica la
teorica del privilegio e la divisione dell'Umanità in
due specie: l'una dei pochi eletti a comandare, e
Taltra dei molti dannati ad obedire. Ma non basta
questo solo principio a dimostrare, che il catolicismo
è la negazione stessa d'ogni giustìzia, e la sovver-
sione d'ogni diritto? Non basta a rendere evidente
perfino a'ciechi, che il catolicismo dichiara la libertà
un assurdo, un'Infrazione della legge di Dio, una
violazione dell'ordine di natura?
» Principio 2.^ Ingiustizia di ogni ordinamento so-
» ciale e politico, in cui non si trovi questa egua-
» glianza. — Errore opposto alla ragione ed alla fede.
» Che anzi, per l'opposto, la dlj?ugaaglianza è fon-
» data nella natura medesima dell'uomo e della so-
» cietà; e se è un effetto e castigo del peccato orl-
(ì) Il protesiantismo, !om. 4, cap. LVI pag. 43-44.
(5) Pag. 46-4T.
II. 6
» ginale ìd quello che ha talvolta d' ingiusto e dan-*
» nevole , ciò non ostante avrebbe esistito anche
» nello stato d'innocenza. » Ed anche questa è pretta
dottrina catolica, in cui tutti ì teologi sono d'ac-
cordo. 11 catolicismo adunque insegna e professa, che
rordinamento sociale e politico dev'essere sottosopra
quale è stato fin qui, e qual è tuttavia: da una parte
i pochi eletti , cioè i ricchi , i potenti , i felici , pa-
droni del mondo; e dall'altra i molti dannati, cioè
i poveri, i deboli, i disgraziati, sudditi tulti e servi.
Dunque la ragione catolica professa ed insegna, che
0 per la natura medesima dell* uomo e della società,
0 per effetto e castigo del peccato originale, i popoli
son destinati a vivere perpetuamente, irrevocabil-
mente, una vita così miserabile e dolorosa come per
lo passato. Dunque la fede catolrca crede alla neces-
sità della servitù , alla fatalità dell' ingiustizia , al-
l'impossibilità di ogni riforma. Insomma , così la
ragione come la fede del catolicismo approvano e coQ'-
sacrano il regno del male in su la terrai Andate ora,
ed aspettatevi la libertà da un tale sistema 1
9 Principio B.^ Convenienza e legitimità dell'insur-
» rezione per distruggere i governi, e cangiare l'or-
D dinamento sociale. — Opinione erronea e funesta.
» Sommessione dovuta ai governi legitimi; necessità
» di sopportare pazientemente anche quelli, che abu-^
» sano delle loro facultà; obligo di esaurire tutti i
» mezzi di preghiera , di consìglio , di rimostranza ,
» prima di ricorrere ad altri espedienti; impiego della
» forza solamente nei casi al tutto estremi, rarissimi,
» e sempre con molte restrizioni. » Delle quattro
proposizioni, che quivi Balmes accenna, le prime tre
sono pure dottrina catolica , e commune a tutte le
scuole; l'ultima solamente è opinione dei teologi /i-
herali. Ma v'era egli da levar tanto rumore per que-
sto derisorio diritto? Perciocché, in sostanza, egli
75
viene a dire così: diritto d'inBurrezione, a patto di
non insurgere mai. Oh ironia 1 E sta tutta qui la li-
bertà, che il catolicismo ne può. dare? Anzi no, non
è nemmeno il catolicismo che ci degni di tanta lar-
ghezza: la chiesa tace. Sono certi teologi, che opi-
nano così, mentre certi altri non vogliono udire né
anche il nome di resistenza. Dunque speculativamente
la cosa è dubìa; e praticamente illecita. Val dunque
meglio la franchezza di coloro, i quali negano affatto
ogni diritto di resistenza, che non V ipocrisia di co-
storo, i quali con una mano l'accordano, e con l'al-
tra lo cancellano.
» Principio 4.° Termine del progresso del genere
» umano, l'abolizione di ogni governo. — Proposi-
» zione assurda , sogno da non potersi mai effettuare.
» Necessità di governo in ogni unione di persone;
D argumenti fondati su la natura dell'uomo; analo-
» gie tratte dal corpo umano, e dall'ordine stesso
» dell'universo; esistenza di un governo anche nello
» stato di innocenza. » Su questo punto non è pos-
sibile alcuna discussione particolare fra i teologi e
noi. Essi chiamano sogno il nostro ideale; e noi chia-
miamo favola la loro natura dell'uomo. Essi hanno
ragione , data che sia l' ipotesi della rivelazione bì-
blica e del peccato originale; ed abbiamo ragion noi,
provata che sia insensata ed assurda queir ipotesi,
mitica la rivelazione di Dio e la caduta dell'uomo.
Ma in fine codesta è questione d'avvenire e d'ideale;
lasciamola lì: ora si tratta del presente e del reale.
Balmes adunque ne concede, che il catolicismo, stando
pure al teologi più arditi e più larghi, nega ad uno
ad uno tutti i principj fondamentali della libertà mo-
derna (1).
(i) La poUiica del catolicismo vien esposta così da uno
dei più caldi difeosori dei papato: » L*autorité dcs princes
» vient de Dico lui-méme, qui la leur conile, pour l'empio-
76
Io finora ho oonoesso al signor Balmes, che S. To-
maso ammetta pare quel cotale diritto di resistenza,
ch'egli almen di nome sostiene. Adesso poi, perchè
1 lettori abbiano un altro saggio del gran valore teo-
logico, filosofico, e politico, di questo novello Santo
Padre dei neocatolici , giova sapere , che Y Aquinate
insegna espressamente il contrario ; cioè professa an-
ch'egli esclusivamente la dottrina commune della
chiesa, che non riconosce mai ne'sudditi il diritto di
opporre la forza alla violenza de' loro tiranni. E il
più curioso si è , che Balmes , mentre nel testo at-
tribuisce a S. Tomaso quell'opinione senza recarne
alcuna prova , in una nota alla fine del volume 4."
riferisce per esteso il passo , dove quel dottore espone
la sua dottrina, che è tutto l'opposto. La cosa è tanto
piacevole e strana, che merita d'essere conosciuta.
S. Tomaso adunque, uomo di vasto e profondo in-
gegno, ma catolico e frate; uomo, che consumò la
sua vita a ricercare in Aristotele un assioma per
ogni favola ed una teorica per ogni assurdo; nel
suo famoso opuscolo De regimine 'principum , lib, /,
cap. VI, pigliò a trattare espressamente la questione:
qual debba essere il contegno del popolo verso nn
principe tiranno. Ed incomincia, al solito, con una
distinzione. V'ha, secondo lui, due sorte di tiran-
» yer au bien de la religion. IIs n*ont d'aulres supéricnrs
9 que Dieu, qui seuI pent leur demander compie de leurs
» actions, par Torgane da pape, et dcs évéqaes, ses minislres
» et ses repróseo lanls.il n'apfiarlient dopc pas au peuple de
» juger, bien moins encore de deslitner le souverain; mais
» celui-ci, par sa désobóissance envers Dieu et envers Tégiise.
n cncourt la privalion de ses droits; et il apparlient au [pape,
» vicaire de Jesus Christ sur la terre, ou au concile general
» représenlant l'église universelle, de prononccr contro lui
» une sentence de deposi lion. t {Pouvoif du pape au m<h
yen àoe, parL lì, cap. IV. art. I. n.® 509).
77
nìa: Tuna, che non è eccessiva ed insoffribile; l'al-
tra, ch'eccede ogni misura e diviene intolerabile. Ora
la prima si dee sopportare in pazienza e con animo
rassegnato e tranquillo: questa è dottrina catolica,
fuori d^ogni controversia. Ma quanto alla seconda,
ecco in compendio la sua decisione:
1.** Alcuni han creduto, che in tal caso uomini
forti e coraggiosi potessero, a rischio della propria
vita , ammazzare il tiranno. Ma questa opinione è
falsa ; perchè repugna al precetto degli apostoli ed
all'esempio de' primi cristiani.
2.® Se il tiranno è un principe, che dipenda da
qualche magistrato o monarca superiore che rabbia
eletto; i sudditi allora possono far ricorso al tribu-
nale di questo superiore legitimo, e attendere da lui
il rimedio alla tirannide che li opprime.
3.° Se poi il tiranno è un principe indipendente,
che non sottostia a verun altro potere umano, non
resta più si sudditi altro scampo che la pazienza, la
penitenza , e la preghiera, per implorare da Dio che
gli tocchi il cuore e lo converta, e non continui a
valersene quasi di flagello per castigare i loro pec-
cati (1).
(i) » Curandum est, si rex in tyrannidem diverleret, qua-
» liter possit occurri. Et quidem si Don fuerit excessus ty-
j> rannidis» utiiius est remissam tyrannidem tolerare ad lem-
» pus, quam contra tyrannum agendo multis implicari peri-
> GUlis, quae sant graviora ipsa lyraunide. — Et si sit into-
» ierabilis excessus tyrannidis, quibusdam visum fuit, ut ad
I» fortium virorum virlulem pertineat tyrannum ^nterimére,
a seque prò liberalione multiiudinis exponere pericuUs^mor-
» tis: cujus rei exeroplura etiam in velcri testamento habe-
» tur. Nam Aiolh quidam Eglon regem Moab, qui gravi ser-
» vilule popuium Dei premebal, sica infixa in cjus femore
» interemit; et factus est populi judex. Sed hoc aposlolicao
» doctrinae non congruit. Docet enim nos Petrus non bonis
7S
E Balmes ha trovato in questo stesso luogo , che
S. Tomaso ammette il diritto di resistenza! Non è
anche questa una scoperta miracolosa?
A proposito di scoperte, prima di accommiatarci
da S. Tomaso e da Balmes, darò a' lettori un'altra
notizia, che spiegherà vie meglio che cosa valga il
catolicismo con 1 suoi teologi e la sua teologia. Ho
riferito dianzi la tesi, che Balmes a nome dell' Aqui-
nate contraponeva al quarto principio di Lamennais.
Quella tesi portava la necessità di un governo in ogni
unione di persone; e parca, che S. Tomaso l'avesse
dimostrata con argumenti fondati su la natura del-
Vuomo , e con analogie tratte dal corpo umano e
dall'ordine stesso delVuniverso, Or bene-^ S. Tomaso
» tantum et modeslis, verum clìam discolis dooiìnis reveren-
I) ter subditos esse: (llPelr. 1!). Haecest enim gralia, si pro-
« pter (conscìenlìaro Dei sustineat quis tristìtias patiens inju-
» sle. — Videtur aulem magis conlra tyrannorum saeviliam
e non privata praesuntione aliquorum, sed auctoriiate pu-
I» blica procedendum Primo quidam, si ad jus moltitudmis
« aiìcujufi pertineat sibi providere de rege, non injasle ab
« eadcm rex institutus polest deslitai, vel refrenari ejus poto-
«> stas, si potestate regia tyrannice abutatur. — Si vero ad
• jus alicujus superioris pertineat muliitudini providere de
• rege, expectandum est ab eo remedium conlra tyranni ne-
» qniliam. — Quod si omnino contra lyrannum , auxilium
» humanum baberi non potest, recurrendum est ad regem
» omnium Deum, qui est adjutor in opportuni latibus, in tri-
» bulatiune. Ejus enim polentiae subest, ut cor tyranni era-
» dele convertat in mansuetudinem , secundum Salomoois
M sententiam . Prov. XII: Cor regis in manu Dei: quocum-
» quo voluerit, inclinabit illud. — Sed ut boc beneficium
» popnius a Deo consequi merea'tur, debet a peccatis cessare
• quia in ultionem peccati divina permissione impii accipiunt
» principatum, diceiite Domino per Oseam, Xill: Dabo Ubi
» regem in furore meo. Et in lob, XXXIV, dicitur, quod re-
B gnare facit bominem propter peccata populi. Toilenda est
» igilur culpa, ut cesset tyrannorum plaga. »
79
nell'opuscolo sovracìtato, lib. II, cap. X , allega bensì
quelli argumenti e quelle analogie ; ma per provare
che cosa ? La necessità di un governo ? No ; ma la
legit imita naturale della servitù 1 1 L' angelo delle
scuole, l'oracolo della chiesa, intende provare esse
aliquos omnino servos secundum naturam, E poi il si--
gnor Balmes ed altri grandi scrittori della stessa ri*
sma si sfiatano a gridare, che l'abolizione della schia-
vitù si deve alla chiesa l Ma S. Tomaso , che cono-
sceva lo spirito della -chiesa assai meglio di tutti 1
Balmes, 1 Montalembert , i Rendu, e compagni, ri-
sponde per noi.
Torniamo alla nostra questione. Invece adunque
della distinzione arbitraria ed illusoria fra la dottrina
della chiesa e l'opinione dei teologi ; e fra i teologi,
che ammettono talvolta, o che condannano sempre il
ricorrere alla forza contro del tiranno; noi diremo,
che la chiesa riconosce nei sudditi una sola difesa
dalle prevaricazioni e violenze del potere: ed è la re->
sistenza passiva, ossia il diritto di lasciarsi martiriz-
zare; e che se v'ha degli autori, i quali concedano
ai popoli qualche cosa di più, essi contradicono al-
l'insegnamento costante, perpetuo, universale del ca-
tolicismo ; ed in faccia alla chiesa e' son eterodossi.
Ortodosso, come il frate d'Aquino, è il vescovo di
Meaux; ed ecco i principali teoremi, ch'egli prova
con grande copia di testi della Bibbia, a guisa delle
più certe e formali proposizioni di teologia (1): « H
» governo monarchico è il migliore (Uh. II, art. I,
» prop. 8). — Di tutte le monarchie la migliore è
» la successiva o ereditaria, sopratutto quando prò-
» cede di maschio in maschio, e di primogenito in
(1> PoUlique tréi des profres parchi de VÉiriturg
Sainh.
80
» primogenito [prop, 9). — È questa la migliore co^
» ^liluzìone di Stalo che sìa possibile; e la più con-
» forme a quella, che Dio stesso ha stabilita [prop 11).
» — Iddio stabilì i re come suoi ministri, e regna
» per via di loro su i popoli {Ub. IIU art. II,prop 1).
» — La persona dei re è sacra [prop. 2). — Si deve
» obedirc ai principi per principio di religione e di
» coscienza [prop. 3). — L'autorità reale è assoluta
» (Ub. /y, art. I). — Il principe non dee render
ì> coftto a nessuno di quello che ordina. Bisogna che
» il suo potere sia tale, che nessuno possa sperare
» di sfugirgll ; e la sola difesa dei privati contro il
» publico potere dev'essere la loro innocenza {prop. 1).
» — Quando il principe ha giudicalo, non v'ha più
a altro giudizio. Bisogna dunque obedire ai principi,
» come alla medesima giustizia. Eglino son dei, e
» partecipano in qualche maniera dell'indipendenza
» divina. Dio solo può giudicare i loro giudizj e le
» loro persone. 11 principe può raddrizzarsi da sé
» medesimo, quando conosce di aver fatto male; ma
' }D contro la sua autorità non può esservì rimedio
» che nella sua autorità [prop. 2). — Non si dà
» forza coattiva contro del principe. In uno Stalo
» nessun altri è armato, fuorché il principe (prop. 3).
» — Il popolo deve starsene in riposo sotto Tauto-
» rilà del principe (prop. 5 ). — Il popolo deve temere
» il principe; ma il principe non dee temer altro
» che di far male. Se il principe teme il popolo,
» tutto è perduto (prop. 6). — Il principe dee farsi
» temere dai grandi e dai piccoli (prop. 7). — L'au-
» torità reale dev'essere invincibile (prop. 8). —
» Coloro che intimoriscono il principe, e l'impedi-
» scono di operare con forza, son maledetti da Dio
» (prop. 9). — La maestà è l'iniagìne della grandezza
» di Dio nel prìncipe ( Ub. V, art. IV, prop. 1 ). —
» Bisogna servire lo Stato, come il prìncipe vuole;
81
» perchè in lui risiede la ragione, che guida lo Stato
» {lib. IV, art, I, prop. 2). — 1 sudditi devono al
» principe un'intiera obedienza. Dio ha posto i re ed
» i principi suoi luogotenenti su la terra, a fine di
» rendere la loro autorità sacra ed inviolabile (art. II,
» prop. 1). — 11 rispetto, la fedeltà, e T obedienza,
» che si devono ai re, non devono alterarsi per al-
» cun pretesto; cioè, essi devono sempre rispettarsi
» e servirsi, quali che sieno, buoni o cattivi {prop. 4).
» — I sudditi non possono opporre alla violenza dei
» prìncipi, fuorché rimostranze rispettose, senza am-
» mutinamento e senza mormorio, e preghiere per
» la loro conversione {prop. 6). »
E quanto alla sovranità del popolo e al diritto
d'insurrezione, convien leggere il suo quinto avver-
timento ai protestanti, ove Bossuet in nome del ca-
tolicismo insegna, che « questa massima è nata dal-
» l'eresia. « Prova, che « non v'ha nulla di più con-
» trarlo allo spirito del cristianesimo. » Mostra, che
» o si considerino i precetti della Scrittura, o la
^ maniera in cui vennero intesi e praticati nella
» chiesa, la massima che prescrive un' obedienza a
» tutta prova verso dei re, né può essere un sem-
» plico consiglio, né un precetto accommodato ai
» tempi di debolezza; poiché la si vede stabilita su
» principi, ^^^ ^^^^ egualmente di tutti i tempi,
» quali sono l'ordine di Dio, ed il rispetto che per
» amore di lui e pe '1 riposo del genere umano si
» deve alle sovrane potestà; principi, che essendo
» tratti dai precetti di Cristo, doveano durare (]uanto
» il suo regno. » Sostiene, che « verun privato o
» suddito, né per conseguente veruna parte qualun-
» que del popolo (poiché questa parte del popolo
» non può essere, verso del principe e dell'autorità
» sovrana, che una turba di privati e di sudditi), non
)) ha diritto di difesa contro il potere leglt imo. » Fa
82
vedere da ultimo, che « dì questo preteso potere del
» popolo, di questa sovranità che gli si vuol attri-
» buire naturalmente, non ve n'è alcun atto, nèal-
» cun vestigio, e né pure il minimo sospetto, in tutta
» la storia santa, in tutti li scritti dei profeti, in tutti
» i libri sacri. »
Anche Bergier, fedele' agFinsegnaraenti della chie-
sa: « È grande questione, dlcea, fra l'increduli ed i
» teologi per sapere, da chi i re ricevano il loro pò-
» tere, quale sia il principio e il fondamento della
» loro [autorità, I primi pretendono, che i re sono
» semplicemente i mandatarj del popolo; che !orlgi-
» nariamente l'autorità sovrana appartiene al popo-
» lo; che è desso, che la conferisce a' suoi capi; che
» può estenderla o restringerla come gli piace; e che
)) se il depositario dell'autorità ne abusa, il popolo
» ha diritto di riprenderla e di spogliamelo. Noi, per
» lo contrario, noi sosteniamo, che questo sentimento
» è falso, assurdo, sedizioso, colpevole (1). »
Il vescovo Frayssinous dichiara la dottrina della
sovranità del popolo « dottrina assurda del pari che
» sediziosa, la quale non lusinga la moltitudine che
» per traviarla ; non vanta i suoi diritti, se non per
» farle violare 1 suoi doveri. Per poco che si vogliano
» esaminare a fondo le cose, si trova che le parole
)> popolo e sovrano non si legano maggiormente in-
» sieme, che le parole luce e tenebre. 0 bisogna non
» intendere sé slesso, ovvero convien dire, da una
» parte, cly3 le parole sovranità, potere supremo, di-
» ritto di comandare sono sinonimi; e dall'altra fa
» d'uopo convenire, che un popolo altro non è che
» una riunione d'uomini sotto un governo commu-
j> ne. Una moltitudine non cessa d'esser tale e non
(I) Dictionnaire di Ihftilogie, zri. boi.
83
» divien popolo, che con la sottomissione de' suoi
» niembri ad una publica autorità (1). »
E S. Tomaso, maestro e capitano di tutti i teologi,
avea pur insegnato, che che ne pensi il signor Balmes,
la stessa dottrina : Princeps dicitur esse solutus a le-
gè, quia nullus in ipsum potest judicium ferve, si
cantra legem^agat (2): dottrina, che ricevette una
sanzione formale da Pio VII, il quale fulminò de'piu
tremendi anatemi il carbonarismo, siccome quello
che docet integrum esscy seditionihus excitatis, reges
caeterosque impera/ntes, quos per summam injuriam
tyraunos passim appellare audet, suapotestate expo^
liare (3).
Udiste, 0 Italiani? Udiste quali sieno le libertà,
che la chiesa catolica vi promette? Obedire, e tace-
re: ecco i vostri diritti d'uomini e di cittadini 1 Lo
straniero opprime la vostra patria? Obedite. Vi spo-
glia delle vostre sustanze? Tacete. Vi caccia in esi-
gilo, in prigione, in galera, su le forche? Obeditee
tacete. Vi corrompe i figlj, vi flagella le mogli, vi
tortura le madri? Tacete edobedite.il Borbone pro-
scrive, ruba, devasta, saccheggia, assassina? Obedi le
e tacete. Il papa maledice ai vostri martiri, santifica
i vostri tiranni, confisca I vostri diritti, viola le vo-
stre coscienze, vi vende agli stranieri? Tacete ed obe-
dlte. E quando la piena de' vostri dolori sia tanta da
non poterla più sopportare, avete pronta la difesa e
sicuro il rimedio: pregate per la conversione dei vo-
stri carnefici 11 Raccommandatevi ai vostri preti ; paga-
teli bene, perchè gridino forte: la vostra patria avrà
la sua indipendenza e la sua libertà, quando 1 re,
(1) Dipesa dbl cristianesimo, Conferenza su l'unione e lo
appoggio reciproco della religione e della società.
(2) P. 1. II, q. XCVI, art. V.
(8) Con$tit. EccLEtiAM, 13 seUf'mbrd i89l.
84
Timperatori, ed i papi se l'avranno intesa co '1 loro
Dio, e si saran convertiti. Ecco, o Italiani, le dolci
speranze, che il catolicismo vi porge. Giù è tra voi,
che osa parlare di giustizia, di patria, di nazione, di
libertà, di diritto? Quegli è un ribelle, un traditore,
uno spergiuro , un den^onio : è la santa chiesa cato-
lica, apostolica, romana, che lo ha definito. Catoli-
cismo e giustizia, catolicismo e libertà, catolicismo
e diritto, catolicismo e patria, sono termini repu-
gnanti ed inconciliabili tra loro: è il vicario di Dio,
l'organo infallibile dello Spirito Santo, che l'ha de-
ciso. Scegliete adunque. Chi vuole stare con la chie-
sa, ringrazii l'Austria, benedica il Borbone, adorili
papa, e si porti in pace la servitù: questa è la sua
religione. Ma chi ama la patria, chi la vuole indipen-
dente, libera, gloriosa, rompa le catene dell'anima,
scuota il giogo della chiesa, e facia del proprio cuore
un tempio alla verità ed alla giustizia: è questa la
sua religione.
L'alternativa è fatale, inesorabile. Il catolicismo
non vuole la libertà, perchè non può volerla. Esso
è l'autorità; e sente bene che il giorno; in cui le
nazioni fossero pienamente libere, esso dovrebbe scom-
parire dal mondo. Proclamata la sovranità nazionale,
ed instituiti tutti li ordini sociali co '1 sistema elet-
tivo per via di suffragio universale, l'ordine religioso
non potrebbe far eccezione. Il Commune dovrebbe
eleggere i suoi sacerdoti, se pure ne volesse' ancor
mantenere; e le provincie i loro vescovi. La gerar-
chia diventerebbe un assurdo, ed il papato una mo-
struosità. Ora, togliete al catolicismo il suo papato
e la sua gerarchia; esso non è più. Il papa dunque
ed il suo clero, impugnando la libertà, trattano la
causa della propria esistenza, e fanno il loro mestie-
re; sono consentanei a sé stessi. Chi fa prova d'una
cecità incurabile sono quei sedicenti liberali, che coi-
85
rono sempre in cerca di un sistema, onde accordare
insieme la ragione e la fede, la libertà e la chiesa.
Ma se runa è la negazion rigorosa dell'altra, qual
accordo le può mai conciliare? Carattere essenziale
della chiesa è la sottomissione della ragione alla fe-
de; e carattere essenziale della libertà è la subordi-
nazione della fede alla ragione. E costoro presumono
fui poterle concertare insieme?
Dopo tre secoli di lutta della ragione contro la fede,
scoppiò nella rivoluzione di Francia la gran lutta
della libertà contro la chiesa; e non è ancora finita.
La data del 1789 segna il principio dell'era novella,
in cui la religione de' papi deve dar luogo alla reli-
gione dei popoli. Quella cadde, e questa surse il dì,
che venne promulgato l'Evangelio della libertà mo-
derna, la Dichiarazione dei diritti dell'uomo. La chie-
sa, in virtù di quell'atto che contiene in sé tutta
una rivoluzione dell'Umanità, cessava di essere la le-
gislatrice del pensiero e della coscienza ; non era più
ima religione, ma una setta. L'anima, la vita, l'inspi-
razione dei popoli non istava più con la chiesa, ma
con la libertà ; la libertà fu dunque la loro religione.
La quale, in poco più dì mezzo secolo, si è propagata
in tutti i paesi cristiani; ha guadagnato a sé le let-
tere, le arti, e le scienze; ha cominciato a riformare
le instituzioni politiche, sociali, e religiose; e si é in-
carnata così profondamente netle idee, ne' costumi,
e nei bisogni della odierna civiltà, che tutti li sforzi
de' suoi potenti nemici per soffocarla e distruggerla,
valsero solo a crescerle forza, energìa, ed efficacia.
CAPITOLO UNDECIMO
LIBEKTA^ D) llMSF.GNAmiENTO
Sotto questo titolo il programma dei catolicl rao-
chiude le due forme diverse, che può ricevere l'inse-
gnamento: la parola, cioè, e la scrittura. A questa
risponde la libertà della stampa, ed a quella la li-
berta deirinsegoamento, preso nello stretto senso di
scuola. Tocchiamo in breve Funa e l'altra questione.
Che la libertà della stampa sìa un dogma fonda-
mentale della moderna democrazia, la è cosa tanto
certa e notoria, che non ha mestieri di prova. Nata
con la rivoluzione, la libera stampa ne segue tutte le
vicende, ne partecipa le vittorie e le sconfitte: essa
è il termometro della libertà. In essa risiede una
nuova potenza del nostro secolo; nell'ordine morale
essa è ciò che nell'ordine materiale il vapore. I suoi
nemici lo sanno; e però quando non possono soffo-
carla affatto con una censura preventiva, cercano
d'infrenarla, di contenerla, di eluderla con una legge
speciale, che ne reprima quello ch'essi chiamano l'o-
buso. Quindi un'infinità d'impacci, dì restrizioni, di
aggravj, di minacce; brevetto, patente, bullo, cau-
87
ziODe, ecc. Si direbbe, che la legge su la libertà della
stampa non abbia altro scopo che quello di togliere
alla stampa ogni libertà.
La democrazia detesta questo sistema. Essa proda-
ma libera la voce delia stampa, come libero è il pen-
siero dell'uomo; e non riconosce altro limite a que-
sta libertà che quello commune a tutte le altre libertà
politiche, civili, e religiose; cioè, il diritto altrui. L'unica
legge repressiva delia stampa dev'essere il codice pe-
nale; poiché l'unico abuso, che meriti il nome di de-
litto, è la violazione di qualche diritto de' cittadini;
violazione, a cui la sola legge generale dee prove-
dere. È giusto, che venga punita l'ingiuria, la ca-
lunnia, la diffamazione, che si commettono per via
della stampa, non già come abuso della stampa, sib-
bene come ingiuria, calunnia, e diffamazione. Ma per-
chè mai qualificare abuso di stampa, ed Incriminare
e punire un'idea, un'opinione, un errore, qualunque
sia, che non offenda la rigorosa giustizia? Chi am-
mette legitima la punizione di un errore, in quanto
è un errore, pone un principio, che lo porterà, se ri-
spetta la logica, fino all'Inquisizione. Perocché se ò
lecito ad un governo chiamar delitto un'eresia poli-
tica; come non sarà lecito ad una chiesa giudicare
delitto un'eresia religiosa? E se la prima si può pu-
nire con la multa e la prigionia ; perchè non si po-
trà condannare la seconda alla tortura ed al rogo?
0 contradizioni umane 1 Quelli stessi liberali mode-
rati, che ostentano il più profondo orrore del Sant'Of-
ficio e della sua infernale legislazione, sono gol li au-
tori e difensori più zelanti della legge repressiva
contro la stampai Costoro fremono al ricordare i
processi che si giravano, e le pene che s'infligevano
dai frati, dai vescovi, dai papi a chiunque negava un
dogma della loro chiesa; e poi fanno processare e pu-
nire ogni d\ dai loro tribunali chiunque ardisca ne-
88
gare un dogma della loro costituzione! Ma te la li-
bertà di stampa si ammette come un diritto, dev'es-
sere assoluta; se non si ammette come un diritto,
dev'essere abolita. 0 censura, o libertà: non havvi
logicamente alcuna via di mezzo.
— Ma una libertà assoluta di parola repugna; perchè
suppone, che non si possano commettere delitti per
via della parola. — Noi abbiamo già definito, in qual
senso debba chiamarsi assoluto ogni diritto naturale
dell'uomo; in quanto, cioè, esclude qualunque restri-
zione 0 limitazione arbitraria delle leggi positive. Pe-
rocché ogni diritto è limile a se stesso in virtù del
dovere, che involge essenzialmente nel proprio con-
cetto; onde la libertà di ciascuno viene per se cir-
coscritta dal dovere di rispettare la libertà di tutti
li altri. Questa è Tunica norma, a cui dee confor-
marsi la legge; e però l'unica legge della stampa
vuol essere il diritto commune. Quali sono adunque
i delitti di parola, che la giustìzia può e deve pu-
nire? Sono tutte e sole le violazioni del diritto al-
trui, perchè importano una trasgressione del proprio
dovere sociale; sono dunque le offese personali, e
nient'altro; offese da qualificarsi piuttosto di atti, che
non di parole. Considerando poi la parola come espres-
sione del pensiero nell'ordine astratto o speculativo
che dir si voglia, in qual modo potrebbe mai essere
delitto?
— Come errore, oppongono taluni; perchè legge del
pensiero è la verità ; e quindi la parola, espressione del
pensiero, non ha diritto a comparire, se non in quanto
esprime il vero. — Ottimamente : rimane solo a de-
finire, quale sia la verità; poiché colui che parla, crede
di esprimere il vero; e quando pure mentisse alla
propria coscienza, sarebbe questa una colpa tutta in-
teriore, di cui nessuno può farsi giudice e vcndìce-
89
tore. Ma unico criterio del \%ro è la ragione; e la
ragione non è patrimonio o proprietà esclusiva di
nessun individuo, di nessun ceto, di nessun tempo,
di nessun luogo: è diritto di tutti; diritto così na-
turale, essenziale, ed inalienabile, come l'aria, la lu-
ce, la vita. Se altri erra, voi potete, e dovete, in
nome della ragione, combatterlo per disingannarlo;
ma nessuno ha diritto, in nome della verità, di chiu-
dergli la bocca e d' imporgli silenzio: la credenza
dell'uno vale, in diritto, quanto la credenza dell'al-
tro; polche l'uno e l'altro si suppongono persuasi
d'esprimere la verità. Ora chi potrebbe arrogarsi la
facultà giuridica di sentenziare quale dei due s'in-
ganni? Il maggior numero? Ma esso non è infalli-
bile; e l autorità, che i più volessero esercitare su
l'opinione degli altri disidenti, fossero pur pochi,
fosse un solo, sarebbe iniqua ed usurpatrice. I pochi
posson bene aver ragione contro i molti, uno contro
lutti; e se il consenso generale è una forte presun-
zione del vero, non è mai un criterio supremo. Dun-
que non dà al potere sociale il diritto di costringere
né all'assenso, né al silenzio i disenzienti.
— Ma li può costringere al silenzio in home del bene
publico; giacché la parola, come ogni atto umano,
non ha diritto a comparire, se non in quanto tende
al bene. — E siamo da capo. Il principio é eccellen-
te; ma a chi spetterà d'applicarlo? Chi ricevette mai
dalla natura o dalla società il mandato giuridico di
definire, con sentenza perentoria, quale sia il bene?
Nessuno. Il bene, come la verità , non conosce altro
criterio che la ragione: dunque alla ragione sola
spetta di giudicarne; e la ragione è di tutti, e di
nessuno. Il vero ed il bene, considerati objettivamen-
te, in sé stessi, saran concetti assoluti, immutabili,
eterni, quanto e come volete; ma subjettivamente,
per rispetto all'uomo, alla storia, all'Umanità, sono
II. 7
concetti relatWi. La cognlzloae , che si ha quaggiù
del vero e del bene, non è e non può essere perfetta ;
giacché l'intelletto umano non è infinito. Se ne ha
dunque una cognizione essenzialmente imperfetta; e
quindi sempre mutabile, modificabile, progressiva.
Quanti giudizj chiamavansi verità in un'epoca, e nella
seguente si chiamavano errori! Quante leggi si vene-
ravano per sacre da una generazione, e dalla ve-
gnente si proclamavano inique 1 Ieri credevasi verità
una proposizione, che òggi si dimostra un errore;
oggi reputiamo un bene quell'instituzione, che domani
riconosceremo un male; e via di seguito, sempre
così. E non è già che il vero si trasnaturi e diventi
errore, o che il bene si trasformi e divenga male:
no, il vero ed il bene rimangono in sé stessi quello
che sono; ma varia la conoscenza, che Tuomo ne acqui-
sta. Ora questo passaggio dall'errore alla verità e
dal male al bene, o piuttosto da un sistema di co-
gnizioni e di leggi molto imperfetto ad un altro mi-
gliore, chi l'ha mai operato? La lutta della ragione
dei pochi contro il pregiudizio delle moltitudini. Da
principio era qualche voce potente, ma solitaria, che
tonava contro le credenze e le abitudini [vulgari; poi
quella voce destava un'eco negli animi più pronti
alla verità, più docili al bene; poi questi trasfunde-
vano in molti altri il proprio convincimento, e que-
sti in altri ancora ; finché ottenuto l'assenso dei più,
la loro idea diveniva l'opinion del paese, e la reli-
gione dell'epoca. Così la moltitudine, accortasi del
suo torto, dà ragione ai pochi , che daprima teneva
in conto di faziosi e di visionar], Avea dunque il di-
ritto di sforzarli a tacere?
— Ma, con la libertà assoluta della stampa, altri si
farebbe publicamente apostolo d' immoralità , d'atei-
smo, di communismo, d'anarchia: la società si dis-
solverebbe, e precipiterebbe in ruina, venendole meno
91
le basi stesse della religione^ della famiglia, delh pro-
prietà, della giustizia, ecc. — Non ho mai potuto ca-
pire, come uomini, che vogliono passare per onesti
ed assennati, ricorrano a questo argumento, che è
un vero miracolo di goffaggine e di assurdità. E con
qual altro nome debbo io chiamare questi ridicoli e
miserabili timori? 0 che volete rispondere a chi mo-
stra avere della società un concetto cosi indegno,
così stravolto, che stima le parole d'un pazzo o di
un mascalzone più che sufficienti a metterla tosto a
soqquadro, ed a mandarla tutta sossopra? E una so-
cietà, la cui esistenza dipendesse continuamente dai
capricci di qualche mentecatto o dalle passioni di
qualche ribaldo, non sarebbe una mostruosità nell'or-
dine dell'universo? Non sarebbe una negazione vi-
vente e parlante d'ogni concetto di Dio, di previ-
denza, e di natura?
Ohi rassicuratevi, calunniatori dell'Umanità; la
legge sociale può sfidare tranquillamente li assalti
di tutti i furiosi, di tutti i tristi del mondo; perchè
è invincibile ed immortale. Essa è ìnstinto, e non
arbitrio ; bisogno, e non elezione ; natura, e non vo-
lontà: può dunque ridersi delle vostre paure, come
ride degli attentati di chi che sia. Certo, òhi no'I
vede? la vostra società troverassi a mal partilo, e
correrà estremi pericoli, appena che la libertà possa
muoverle guerra franca ed aperta ; ma la vostra so-
cietà è ella forse la società?
Ah , voi paventate l' ateismo 1 Avete mille ragioni.
Quel vostro Pio assurdo, che voi deridete in vostro
cuore, ma che adorate in publico, perchè è il vostro
punto d'appoggio a dominare, ad opprimere, ad ar-
ricchire, a godere; quel Dio bestiale, che voi annun-
ziate ai popoli buono, perchè li tribola; giusto, per-
chè li abbandona; potente, perchè li danna; saggio,
perchè 11 dispera; misericordioso, perchè m diletta
n
delle loro lacrime, gioisce de' loro dolori, si pasce
del loro sangue, vive della loro morte; sì, quel vo-
stro Dio, orribile impasto di favole, di tenebre, di
assurdità, di contradizione, e di nulla, cadrà, cadrà
senza fallo, cadrà senza rimedio, dal suo trono aereo,
dinanzi al sole della libertà. Ora, se questa caduta
sarà una ])erdita per voi, non sarà forse un guada-
gno troppo prezioso pe'l genere umano?
Ah, voi tremate del communismoi E non avete
torto. Quella vostra proprietà, che ai più di voi co-
stò solamente la pena di nascere, ed agli altri la gran
fatica di rubare signorilmente per via di frodi, d'u-
sure, d'intrighi, di prostituzioni; quella proprietà, che
voi spremeste dal sudore dei poveri, dal pianto delle
madri, dall'obolo dei vecchi, dal tozzo degli orfanelli;
sì, quella proprietà, che rende lieti e felici voi a patto
di mantenere nella miseria e neirabjezìone le Innu-
merabili milliaja dei vostri fratelli, non dee sembrare
alla libertà cosa tanto sacra ed inviolabile, come voi
la predicate. Forse il cuore, l'aiiìma, la vita dei po-
poli appariranno, alla luce della libertà, cose non
meno inviolabili e un po' più sacre de' vostri tesori ;
forse la libertà, per amore di giustizia, ordinerà lo
Stato in modo, che il diritto di vivere non sia più
un privilegio della vostra casta rapace, ma una con-
dizione universale di tutti i membri dell'umana fa-
miglia; forse la facultà di rubare a man salva, di
nutrirvi della fame altrui, e d'ingrassare dell'altrui
miseria, sotto il regno della libertà, non vi sarà più
concessa. Ora, se questa privazione a voi riescirà
una disgrazia, non riescirà invece una bella ventura
per l'Umanità?
Ah, voi temete dell' anarchia 1 E fate benissimo.
Quel vostro ordine, che vi costituisce altretanti ti-
rannelli in seno alle nazioni , e tien prostrati a' vo-
stri piedi i p(H>oli tutti, umili, timidi, sottomessi, ra»-
93
segnati; queir ordine despotìco, che rìmeUe nel vo-
stro arbitrio ì diritti, le sustan^e, la vita medesima
di millioni d'uomini, l'ultimo de' quali vale non meno
che il primo di voi ; quell'ordine scandaloso, che la-
scia a voi soli la facultà di fare tutto quanto volete,
ed agli altri impone l'obligo dì fare solo ciò che vi
piace; sì, quell'ordine, sonata l'ora della libertà, dee
scomparire dal mondo civile, di cui ormai è flagello
ed ignominia. Il monopolio delle forze, degli onori,
e de' poteri non ìstarà più in vostra mano; la libertà
lo toglierà a voi per restituirlo alla nazione, alla
quale non potrete più comandare, ma dovrete ser-
vire come ogni altro cittadino. Ora, se questa vostra
decadenza voi la chiamate una spaventevole ruina,
la società non dovrà forse riguardarla come un rior-
dinamento avventuroso?
Se dunque per ateismo intendete la negazione del
vostro I»io, per communismo la distruzione della «o-
stra proprietà, per anarchia l'abolizione del vostra
ordine; la democrazia, anzi la società non solamente
non teme, ma brama che tutte le tipografie dell'u-
niverso divengano catedre d'anarchia,'di communismo,
e d'ateismo. Perciocché quell'ateismo avrà per iscopa
e per effetto di sostituire al Dio del papa il Dio del-
l'Umanità; quel communismo, di [surrogare la pro-
prietà esclusiva di pochi con la proprietà accessibile-
a tutti; e quell'anarchia, di scambiare l'ordine della
morte con la libertà della vita. Chi accusa questo*
scopo e si duole di questo effetto, parla per interesse;
e tratta i suoi affari. Con lui far appello al diritto,
alla giustizia, all'Umanità, egli è tempo perduto; è
usare un linguaggio, ch'ei non capisce e non vuol
capire. A persuaderlo fa d'uopo, non una discussione,
ma una rivoluzione. E peggio per lui : l'avrai
Qualora poi si lasci ai vocaboli il proprio signifi-
cato, tutte quelle paure della libertà dì stampa ap-
H
paj&no, qnali «ono, ridicole od assurde; perchè si ri-
feriscono all' impossibile. È impossibile l'ateismo: pol-
che il vero ateismo importa la negazione assoluta
dell'essere; e l'essere, nell'ordine ideale è condi-
zione essenziale di ogni pensiero; e nell' ordine reale,
di ogni atto e d'ogni cosa. Dunque il negarlo repugna.
Ora ciò che repugna, ne anche Dio lo può fare ; e voi
temete che lo facia l'uomo? — È impossibile il com-
munismo : poiché il vero communismo include la ne-
gazione assoluta della proprietà ; e la proprietà è un
bisogno naturale della vita umana, così per rispetto
all'individuo, come alla famiglia ed alla società. Dun-
que il negarla torna lo stesso che il negare la vita
privata e publica dell'uomo. E voi temete che TU-
manità commetta questo suicìdio? — È impossibile
l'anarchia: poiché la vera anarchia implica la nega-
zione assoluta dell'ordine; e l'ordine è principio or-
ganico di tutta la natura, e legge suprema dì tutte
le sue manifestazioni. Dunque il negarlo sarebbe un
rovesciare la condizione stessa dell'esistenza di ogni
cosa; e quindi un distruggere la natura medesima
dell'umano consorzio. E voi temete che una nazione
lo facia?
Timori così fatti sono dunque irragionevoli e pue-
rili per parte d'ogni persona sensata. Ma quanto più
devono parere inconcepibili, inescusabili per parte
de' nostri avversarj, che si professano clamorosamente
amici e tutori della religione 1 Credere, che il mondo
è creato, conservato, e governato da Dio; che que-
sto Dio è potenza, sapienza, bontà, giustizia infinita;
che tutti li esseri diluendone affatto da lui, e quanto
all'esistere, e quanto all'operare; che non si muove
nulla, non si fa nulla, non avvien nulla, ch'egli non
voglia 0 non permetta, e non disponga sempre al
suo fine; che la sua legge domina e guida, non che
le cause cicche e necessarie, ma anche le libere e
95
iateliigenti ; che Tordiae della società, some quella
deir universo, è stabilito e retto da lui solo; ch«
nessuna forza, nessuna volontà creata può nulla
contro de' suoi decreti: e poi temere nello stesso
tempo, che un libricciuolo o un giornaletto possa por-'
tare il finimondo! Come si può egli accordare una
tale credenza con un tale timore?
No, la questione non istà nell' ammettere o nel ne-
gare l'idea, il principio, o il sentimento che dir si
voglia, dell'ordine, della proprietà, della religione.
Come sentimenti, l'uomo li prova; come principj, li
afferma; come idee, le riconosce in virtù di un in-
stinto, di un bisogno, di un lume affatto naturale,
e quindi necessario e irresistibile. Ma tutto sta a
determinare e stabilire le instituzìoni sociali, in cui
si traducono e si effettuano quelle idee innate, quel
principj spontanei, que' sentimenti instintivi; tutto
sta a decidere, quali sieno le instituzìoni, che meglio
possano attuare e rappresentare, in una data epoca
della storia, la proprietà, l'ordine, e la religione. E
questo lato del problema è assai diverso dall'altro;
e quanto il primo apparisce costante, universale, as-
soluto, tanto il secondo risulla vario, mutabile, re-
lativo. La storia è un perpetuo documento di questo
fatto; e c'insegna, come non solamente ne' diversi
popoli, ma eziandio nelle diverse età di ciascun po-
polo si vengano modificando e trasformando tutte
le instituzìoni politiche, civili, e religiose. Dunque i
razionalisti, che combattono oggidì il cristianesimo,
non negano punto la religione*; i socialisti, che ora
impugnano i codici, non negano mica la proprietà;
i republicani, che adesso osteggiano le monarchie,
non negano già l'ordine; ma negano solo quelle in-
stituzìoni ingiuste, iniqye, tiranniche, assurde, che
voi osate, profanando i più sacri vocaboli, chiamare
96
Tordine, la proprietà, la religione; e vogliono con
una serie di riforme progressive dare alla società mo-
derna tali instituzioni, che rispondano meglio al con-
cetto, ch'ella s'è formato dell'ordine, della religione,
e della proprietà. Direte voi, che s'ingannano? Ma
essi provano, che v'ingannate voi. Direte, che le loro
innovazioni sono funeste? Ma essi mostrano, che
sono funeste le vostre anticaglie. E v' ha questa dif-
ferenza grandissima tra la vostra critica e la loro ,
ch'essi censurano il passato, e voi l'avvenire; essi
le cose già fatte, e voi le cose ancora da farsi; essi
la realtà, e voi la conghiettura. Essi adunque com-
battono voi in nome della publica esperienza; e voi
li combattete in nome di che? de' vostri sogni.
Nulla ho detto, né dirò in particolare di quelli,
che accusano la democrazia di voler abolire la fami-
glia. Una sola punizione io stimerei degna di così
stupidi calunniatori; e sarebbe di obligarli a defì-
nire la loro accusai Oh, la famigliai Associazione
primordiale, unità elementare della nazione, società
anteriore allo stesso individuo, instituzione così indi-
struttibile come l'Umanità; così inalterabile come la
natura (1)1 E v' ha chi teme per la sua esistenza?
V'ha chi incolpa tutto un partito numerosissimo, dì
volerla distruggere? E noi dovremmo prendere in
su'l serio codeste follie? Stiamo a vedere, che un
dì 0 l'altro c'imputeranno qualche segreta cospira-
zione per abolire la gravità dei corpi, arrestare il
moto de' pianeti , spegnere la luce del sole. E noi
dovremmo scendere a giustificarci?
Ricapitoliamo. La libertà di stampa è un diritto;
vuol essere dunque assoluta. Nessun freno le si può
imporre con leggi speciali; né in nome del vero e
del bene, perché nessun potere dello Stato, nessuna
maggioranza del popolo, e lo stesso consenso una-
(-f) L nLANG, Noiweau Monde, n, 4 — 45 octobre i849.
97
nìme della nazione non può arrogarsi T autorità dì
giudice supremo e di legislatore infallibile del vero
e del bene; né in nome della sicurezza della socie-
tà, perchè i veri elementi costitutivi della società
sono principj naturali, contro di cui ogni attentato
dell'uomo è vano ed impossibile. Della libera slampa
hanno a temere soltanto le umane instituzioni, che
sono intrinsecamente relative , transitorie , varia-
bili; e quindi- suggette alla legge di progresso e tra-
sformazione, che presiede air andamento continuo
dell'universo. Questo timore adunque non può alber-
gare se non in coloro, che vogliono a tutto loro
profitto l'immobilità perpetua delle cose umane; e
si propongono, qual ideale della società, di conver-
tire tutta la terra in un monastero o in una caserma.
Agli occhi loro, ogni sintomo di vita e di moto è
un segnale di mina; ogni indizio di libertà e di
progresso è una minaccia d'esterminio. Ma la demo-
crazia che può mai aver di commune con siffatta gente
e con siffatto sistema?
Passiamo alla libertà d'insegnamento, che è forse
la questione più diffìcile e complicata, che ne resti
a risolvere. Qui la controversia non è più solamente
fra i nemici ed i fautori del progresso, ma fra i pro-
gressisti medesimi le opinioni sono diverse e^ contra-
rie. Alcuni preoccupati forte dell' influenza malefica, che
le sette, e principalmente la gesuitica, potrebbero eser-
citare su la generazione adolescente, considerano
l'instruzione come un officio amministrativo, e ne
incaricano esclusivamente lo Stato. Altri più solle-
citi del principio della democrazia, tengono pure la
libertà d'insegnamento per un diritto, e la procla-
mano un'applicazion necessaria dell' idea di libertà
e di eguaglianza. I catolici poi, ài loro solilo, distin-
guono: negli Stati, ove domina e governa la loro
98
chìeso, negano questa libertà del jiari che tutte le altre;
ma nei paesi, dove non possono far da padroni, invoca-
no ed esìgono ad alte grida la libertà d'insegnanienio,
come un diritto sacro di coscienza. Di costoro par-
lerò più innanzi. Ora dovendo solo mettere in chiaro
il programma della libertà, esaminerò primieramente
la questione sotto il suo aspetto generale e speculati-
vo; e poscia dal lato dell'applicazione e della pratica.
E quanto al primo, la democrazia professa oggi-
mai universalmente questi principi*.
Lo Stato dee provedere alla publica educazione;
Questa educazione dee prescindere dai dogmi par-
ticolari delle diverse religioni (1) ;
L'insegnamento in tutti i gradi dev'essere gratuito;
Nel primo grado, obligatorio e commune;
A questa obligazione possono anche soddisfare i
genitori, che ammaestrano presso di sé ì loro figlj,
mediante l'esame regolare.
Fin qui tutti sono d'accordo. La difficullà consi-
ste nel vedere, se a lato delle scuole publìche, deb-
basi concedere che si aprano liberamente scuole pri-
vate, eziandio dal clero. Ma questa difficultà, per
conto nostro, non sussiste più. Perciocché noi favel-
liamo adesso della società democraticamente costituita;
società, in cui sieno ammesse, riconosciute, attuate
le libertà essenziali al nostro sistema, libertà reli-
giosa, libertà civile, libertà politica, in quel senso
largo ed assoluto che abbiamo spiegato. E vuol dire,
che supponiamo già effettuata la totale separazioìie
della chiesa dallo Stato; e per ciò,
(1) Chaquo fois que l'on parie d'éducation el d'inslrucUon
nalionale dans 1« Parlement d'Anglelerre, M. Hume se lève
et dil: » Je crois devoir rappeler à la Chambre, que la pò-
» pulation la plus inlelligenle, la plus laborieuse du monde,
» est celle du Massachussels, Elat amérìcain, où rinstruc-_
» tìon lai'que est absolument sóparèe de rijnslruclion reli
» gieuse » [ke Siede, 3 fivvier 1853),-
9»
Che non vi sia più religione alcuna di Stalo;
Che il clero non debba più essere una casta, nò
godere di nessun privilegio; e quindi
Che i beni delle chiese passino tutti nelle mani
della nazione;
Che la legge civile non riconosca più nessun voto
ecclesiastico o religioso;
Che sia interdetta ai giovani la carriera clericale,
finché non abbiano terminato il loro servizio militare;
Che vengano, per conseguente, soppressi tutti i
seminar] ed i conventi;
Che i preti ed i vescovi sieno eletti dal popolo, e
mantenuti a spese private dei fedeli cheli vorranno;
Che, in somma, la chiesa ed ogni altra setta reli-
giosa non esistano più nello Stato, se non come so-
cietà meramente spirituali e private.
In queste condizioni, non veggo più qual sinistra
influenza potrebbe temersi da parte del clero. Esso
consta di due elementi : mistero e privilegio. Toglie-
tegli questo, con ragguagliarlo al diritto comraune;
e quello, con ischiudere le porte del santuario: il
clero non è più.
— Voi dunque violentate la sua coscienza. — Se
Tassuggettarlo al diritto commune e trattarlo come
ogni altra classe di cittadini, senza eccezioni né pri-
vilegi , è un fargli violenza , io non ho che ridire :
questa ch'esso chiama violenza, nel vocabolario della
ragione e dell'Umanità si chiama giustizia. E noi, po-
sti nella necessità di offendere o le leggi della giu-
stizia, 0 le pretensioni del clero, non esiteremo giam-
mai. E allora il clero si dolga, non della libertà, ma
di sé stesso; e vegga, che mostruosità sia un'associa-
zione, a cui la giustizia riesce violenza. Un'associa-
zione, che non può esistere se non fuori del diritto
commune, è un nemico naturale della società, la
quale ha non solo il potere, ma l'obligo indeclina-
100
bile dì abolirla . Se poi per violenza Intendesì una
violazione di qualche diritto reale, ohi il clero può
vìvere sicuro. La democrazia sente troppo la dignità
della propria coscienza, perchè possa mai profanare
Taltrui. Essa non obliga il clero a trasgredire nes-
suna legge della chiesa; ma non T obliga nò meno
ad osservarne veruna.
Il governo, secondo noi, deve dire ai preti : — Io non
vi conosco se non come cittadini. Il vostro papa vale
per me quanto Tultìmo dei bracmani; il vostro Gesù
quanto Zoroastro e Buddha, quanto Mosè e Maometto,
quanto Lutero e Voltaire. Della vostra chiesa io fa-
cio quel conto medesimo che di ogni altra setta : lo
Stato rispetta tutte le religioni, ma non ne professa
nessuna; permette tutti i culti in privato, nessuno in
publico. Voi dunque in casa vostra e nei vostri ora-
tori pregate, cantate, adorate l'idoli, che vi piaciono
meglio; i protestanti, i turchi, li ebrei, i pagani ado-
rino i loro, come T intendono; i razionalisti, i pan-
teisti, ì socialisti venerino a loro talento la ragione,
la natura, o l'Umanità. Ciascuno se l'aggiusti con la
propria coscienza ; egli non è affare dì mia giurisdi-
zione. Se la vostra religione vi prescrive leggi par-
ticolari, che non offendano la morale e l'ordine pu-
blico, osservatele o no; siete padroni. Mangiate grasso
0 magro; menate moglie o vivete celibi; fate festa
il sabba to, o la domenica, o il lunedì; leggete la Bib-
bia, o il Corano, o Rousseau; celebrate la messa o
la cena; pregate in latino o in vulgare; date ai bam-
bini la circoncisione, o il battesimo, o nulla : per me
è tutt'uno. La mìa legge è la giustizia; e con voi
non ho altre relazioni che quelle di polizia. — Or
Io domando : qual è la violenza, che questo governo
farebbe al clero (1)?
(1) Su questi principi è fondato il sistema degli Stati Uniti
d'America, dove nessuna religione, ch'io sapia ,ebbe 'mal a
101
—Ma le leggi della chiesa stabiliscono una gerarchia
ed una disciplina ; e voi non permetlete al clero di
lagnarsi che il governo violenti le coscienze. Riferirò qui la
legge, che fin dal 1778 adottavano li Stali della Virginia;
onde si veda, che le dottrine da me esposte, come teorica-
mente s'immedesimano con la natura stessa della democrazia,
cosi storicamente son nate con essa ad un parto. Ecco i punti
principali della legge:
» Considerando che Dio ha creata l'anima libera;
» Considerando che quanto si fa per dominarla con lem*
» porali castighi, con l'oppressione e con la privazione dei
> diritti civili, Bon serve che a creare abitudini d'ipocrisia
» e di viltà;
» Considerando che la causa deirinstituzione e conserva-
» zione, nella maggior parte del mondo e per più secoli, di
» ogni sorta di false religioni, è appunto Tempia prescrizione
> dei legislatori tanto civili che ecclesiastici, i quali, tuttoché
» suggelli all'errore e non inspirati da^Dio , pur si arrogarono
» l'impero su la* fede altrui, ed hanno voluto imporre le loro
» opinioni religiose, e il loro modo di pensare;
» Considerando essere un delitto ed una tirannia il forzare
» un uomo a pagare imposte per la propagazione d'una fede,
» che non è la sua;
> Considerando che i diritti civili non hanno con le con-
» vinzioni religiose maggiore rapporto, che le opinioni nella
• fisica e nella geometria;
B Considerando che il [privare un cittadino della publica
» confidenza, non ammettendolo agli impieghi fuorché alla con-
9 dizione di professare, o di abiurare certe opinioni religiose ,
» equivale a spogliarlo ingiustamente dei privilegi ^ vantaggi
> ond'egli è, per naturale diriuo, eguale agli altri cittadini;
» Considerando che un tale sistema ò causa di corrozione
» della stessa religione che si vuol favorire, perchè questo
» sistema protettore fa proseliti, ed offre il monopolio degli
» onori e degl'impieghi: potente mezzo di massima corro*
B zione;
» Considerando che se è delitto il far ragiono a colali tcn»
B denze, non è meno colpevole il suscitarle:
B Considerando che il permellere al magistrato d'interve*
102
ossenrarle. — No, certamente, non lo pennettiamo
ia tatto ciò che Goslìtuisce on prìvìlego o un'ecoe-
nìre oelle questioni di dogma, e di restrìDgere la profes-
sione e la propagazione di qualche principio a molìvo della
dabia tendenza clie gli si sappone, è fanesto errore che
distrugge ogni libertà religiosa, perchè il magistrato es-
sendo egli stesso giudice d*una tale tendenza, avrà per
norma del suo giudizio le proprie opinioni, e condannerà
ed approverà le altrui , secondo che saranno più o meno
conformi alle sue;
•. Considerando che Tintervento dell'autorità publica è ba-
stevole, quando noo se ne manifestino i prineipj con atu
contrari alla pace ed al buon ordine;
» Considerando infine, che la verità è grande e forte per
sé stessa, né può a meno di trionfare, ove la si lasci io
balia di sé; che Terrore non ha nemico più terribile che
la verità stessa, e questa non può e non deve temer la
tutta, se rumano intervento non la priva delle proprie
armi naturali, cioè della libera discussione, dinanzi alla
quale non può Terrore aver a lungo il sopravenlo:
» Per questi motivi T Assemblea generale dichiara, che
nessuno sarà obligalo né a professare, né a sostenere un
cullo qualsiasi; che nessun ciltadino potrà in verno caso
essere! molestato per le sue opinioni religiose né con pene
corporali, né con pene pecuniarie , né in alcun'allra ma-
niera; ma tutu, al contrario, saranno liberi di professare
e proprie convinzioni in materia religiosa, e di difenderle
con argumenli senza che ciò possa in nessun modo aumen-
tare 0 diminuire le loro capacità civili.
B E quantunque quest'Assemblea, eletta dal popolo nel-
Tlnteresse della sua ordinaria legislazione, non abbia ai-
cun diritto su le assemblee che succederanno, e sia quindi
inutile di dichiarare irrevocabile la presente legge; tutta-
volta noi crediamo di dover dichiarare, che i diritti procla-
mali In questa legge entrano nella categoria dei diritti na-
turali delTuomo; ed ogni atto, che verrà in seguilo ad
annullare questa legge , a ad impedirne la libera azione,
sarà un'infrazione del diritto naturale. • {La Voce della Li-
bertà» an. J, n.» 44C),
zione al diritto e alla libertà oommuno di tutti 1 cit-
tadini, perchè sarebbe un'ingiustizia ed una tirannia;
e nessuna chiesa, nessuna religione al mondo può
arrogarsi quest'iniqua autorità. D'altra parte, se il
governo accettasse come leggi dello Stato i cànoni
del papa di Roma, con qual diritto potrebbe rifiutare
le decisioni dei papi di Londra e di Berlino, di Pietro-
burgo e di Costantinopoli, di Pechino e di Calcutta?
E allora, che caos diventerebbe una nazione, la
quale dovesse avere tanti codici quante Bibbie, e
tanti popoli quante sètte?
Per ciò che spetta alla gerarchia, il principio orga-
nico della democrazia è l'elezione; e siccome il
popolo elegge i suoi mandalarj per amministrare la
cosa, publìca, così ogni communion religiosa eleggerà
i suoi sacerdoti per vegliare agl'interessi spirituali.
Che i catolici poi si faciano ungere e consacrare da
chi vogliono, poco importa; ma lo Stato non deve
nominare da sé, né accettare da un principe o papa
straniero i ministri d'una religione quale che sìa,
perchè mancherebbe alla legge, su cui è fondato. —
E quanto alla disciplina, so trattasi di precetti pura-
mente interni, a cui non ha da rispondere che la
coscienza, o di atti esterni, ma affatto individuali
e privati ; lo Stato non se ne immischia punto ; ed il
clero è cosi arbitro di sé stesso e così libero di ese-
guirli, come ogni altro di astenersene. Ma se trattasi
invece di precetti o dì atti, ch'entrano nella cerchia
dell'ordine publìco, e toccano il diritto sociale, lo
Stato non dee tolerarli ; perchè altrimenti autorizze-
rebbe una violazione della legge commune. Ed il clero
gridi alla violenza, gridi a sua posta : noi rideremo.
Egli è un ente di così maligna natura, che non si
mostra contento, se non quando tutti li altri gémono
nel dolore e nel lutto; non si tiene libero, se non
quando tutti li altri languiscono nella servitù e
10&
nell'oppressione. I popoli oggimai lo sanno; e sono
già disposti a provedere*, che non ispunli mai più
quel giorno infausto, in cui la chiesa possa dire:
io sono Ubera e felice.
-*■ Volete dunque rinovare le persecuzioni in nome
della liberta?— -Ohi il nobile mestiere d'Inquisitore
e di carnefice noi lo lasciamo al clero: l'uno è degno
dell'altro. Due soli persecutori noi gli porremo affian-
chi: la libertà, e la verità; non abbiamo bisogno
d'altre anni per isconlìggere il clero, né d'alire
guerre per esterminarlo. Egli amerebbe meglio, per
fermo, un altro genere di combattimenti e di perse^
cuzioni; e preferirebbe, non dico il martirio dei
primi apostoli — i tempi dell'eroismo cristiano sono
passati 1 — ma qualche processo, arresto, proseri-*
zione assai dolce, un martirio da Franzoni, per esem-
. pio, che gli fornisse un pretesto qualunque di spac-
ciarsi, davanti alle sue pecore, per vittima dei ftemiici
di Dio e della fede. Perciocché il clero sente d'instiato,
che la libertà dev'essere la sua morte; sicché dove
non possa far da tiranno, cerca di apparire tiraaneg-
gìato.
E l'empio stratagema sotto la prima rivoluzione
gli riuscì. A forza d'intrighi, di congiure, {di atten^
tati, di tradimenti stancò la pazienza del popolo, ne
provocò il furore, portò la pena dei nemici della
patria ; ma ottenne il suo intenjo : fu perseguitato.
La condizione di vittima ridestò in suo favore la
facile pietà di quelle anime generose, che pigliano
sempre le parti dell'oppresso; onde quello stesso
clero, che li attacchi pacifici di Voltaire e degli
enciclopedisti avean gettato nel fango, e reso la fa-
vola d'Europa, fu dai decreti sanguinosi della Con-
venzione rialzato, rinvigorito, e messo in grado di
luttar ancora per un mezzo secolo contro l'emanci-
pazione dei popoli ed il trionfo della libertà. La de-
105
roocrazla ha dunque imparato a sue spese, e fioa
ricadrà più nel laccio, che la fazione catolìca le tende
di nuovo. So pur troppo, e mi s'agghiaccia il cuore a
pensarvi, che i popoli anche oggidì sono da lei pro-
vocati con ogni maniera d'insulti e d'oltraggi ; che
la misura, dell'odio trabocca ; e l'ora della vendetta
scoccherà tremenda, inesorabile, come lo squillo
della giustizia: ma io parlo del sistema di governo,
e non dell' impeto di una rivoluzione.
È il braccio del popolo, che ruota il ferro della
rivoluzione; e quel braccio non prende legge che
dal suo cuore; e quel cuore non prende consiglio
che dalla memoria de' suol patimenti. La rivoluzione
è lo scoppio di una tempesta, lo sconquasso di un
terremoto, l'eruzione di un vulcano; e chi potrebbe
opporre un argine a quelle mine ? Ma, come sistema
di governo, la democrazia non farà più al catolici-
smo l'onore di perseguitarlo. Egli s'è occiso troppo
bene da sé medesimo; e l'ombra di vita, che Napo-
leone 1 gli ridonava, non valse che a rivelare più chia-
ramente la sua profonda incompatibilità con lo spi-
rito moderno. Ora l'esperienza è compiuta e la dimo-
strazione perfetta: alla libertà non rimane più altro
officio che quello di annunziare ai «popoli la verità.
Altri poi temono il libero insegnamento per l'one-
stà publica. — E volete dunque permettere, ne vanno
dicendo, che s'aprano liberamente scuole d'immora-
lità e di delitto ? — Né questa paura è più ragio-
nevole delle altre. In primo luogo, non avvertono
costoro, che in uno Stato, ove all'instrùzione publica
presiedessero le larghe idee della democrazia; ove
le scuole gratuite fossero tante da poter accogliere
tutti i fanciulli della città o del Communc, e tali da non
dover temere la concorrenza di vcrun altro instituto;
ove i maestri fossero degnamente retribuiti; ove il
sistema elettivo vanisse {pur esteso all' amministra-
li. 8
106
zione scolastica ; ove però II ceto insegnante abbrac-
ciasse davvero Teletta degli ingegni di tatta la ina-
zione: in uno Stato così fatto le scuole private diver-
rebbero poco meno che impossibili. Il privato Inse-
gnamento ridurrebbesi quasi tutto ad alcune fami-
glie, le quali potessero e volessero farsi educare io
casa i proprj figlj.
In secondo luogo, non riflettono che la iibertà
d'insegnamento non esclude già, ma anzi presuppone
una doppia sorveglianza, più che sufficiente a tutelare
rinteressi morali del popolo. Sorveglianza dello Stato:
per mezzo de' suoi inspettori esso potrà e dovrà co-
noscere ciò, che s'insegna e si fa eziandio nelle scuole
particolari. Sorveglianza del Commune: a tutti i padri
di famiglia sarà data facultà di entrare ad ogni ora
in tutte le scuole, e di assistere a tutte le lezioni.
Or io vorrei, che quei paurosi mi dicessero in co-
scienza, se credono pure possibile, in tali condizioni,
una scuola di vizio e d'immoralismo? E quand'anche
si trovasse un uomo così perduto da tentare la sata-
nica impresa, come potrebb'egli resistere alia publi-
cità, chegli terrebbe sempre li occhi addosso; ed alia
denuncia solenne, che lo Stato ed il Commune fareb-
bero tosto delle jsue prave dottrine al cospetto della
nazione intiera? Oh! codesti professori dìmmoralità
possono spargere bensì il loro veleno all'ombra del
despotismo, là dove ogni mistero d'iniquità trova un
santuario, che Io nasconde e lo protegge; ma le loro
arti perverse riescono impossibili alla luce della li-
bertà, ove ogni cittadino è sindacabile, dinanzi alla
publica opinione, d'ogni suo atto e d ogni sua parola.
Adunque, esaminando il problema dal lato teorico
e speculativo, noi ammettiamo la libertà d' insegna-
mento in virtù de' principj fondamentali della demo-
crazìa; l'ammettiamo piena ed assoluta, come ogni
altra libertà naturale; l'ammettiamo senza timore
107
alcuno né delle predicazioni venali del clero, uè delle
influenze corroUrlci di veruna setta.
Rimane ancora da risolvere la questione per ri-
spetto alla 'pratica ed air applicazione; se, cioè, la
libertà d'insegnamento s'abbia da ammettere ezian-
dio in uno Stato, che non si reggesse a democrazia^
e dove perciò tutte le altre libertà religiose, politi-
che, e civili 0 non esistessero ^ancora, od esistessero
solo dimezzate, moderate, infrenate, contenute più o
meno da leggi speciali e repressive. Ed è qui sopra-
tutto che si dividono le opinioni degli stessi libe-
rali; perchè li uni credono, che una libertà monca
0 isolata recM più nocumento che vantaggio; e ri-
petono quasi per un aforismo: tutto, o nulla. Li altri
invece pensano, che non potendo aver il tutto, si pren-
da la parte, la quale, per piccola che sia, è pur sem-
pre qualche cosa; laddove il nulla è nulla.
Ed io sto con li ultimi. Non è questo il luogo né
il tempo da svolgere le ragioni e dedurre le prove,
per cui m'appiglio francamente a codesto partito : ne
accennerò qualcuna appena di volo.
I. Nell'ordine sociale, come nel fisico, le cose non
si fanno d'un tratto e quasi di gitto, ma per via di
elaborazione, di sviluppo, e di progresso ; dunque la
massima: tutto o nulla, è fuor di proposito. Se l'U-
manità l'avesse mai osservata, i popoli sarebbero
ancora allo stato di selvaggi. E se la democrazia ne
facesse mai la sua regola, non arriverebbe in eterno
a regnare su d'un palmo di terra.
II. Fra le varie libertà, come fra le virtù, v'ha
un legame misterioso, ma certissimo e indissolubile,
{)er C4ii runa non può mai andare del tutto dis-
giunta dalle altre. E siccome l'individuo, che pos-
sedè una virtù, necessariamente ha pure in qualche
grado le sue sorelle; così il popolo, ottenuta che abbia
108
una libertà, non può mancare affatto delle altre.
Dunque la via più sicura per giungere al possesso
(li tutte le libertà, si è di comindare ad averne
qualcuna.
IH. La libertà è un bene; dunque non può far
male. Certo si è, cbe una libertà non basta a produrre
tuito 11 bene cbe si vorrebbe; ma è assurdo cbe
debba recar danno, anzlcheprofitto.il tutto è la somma
o l'aggregato delle parti; quello è il fine, queste i
mezzi. Conviene dunque ppocacciarsi 1 mezzi, chi
vuole il fine; e le parti, chi vuole il tutto: conviene
accettare una libertà per valersene a conseguire tutte
le altre.
— Ma questa è la tattica dei moderati. — No, si-
gnori; questa è la legge della natura e della ragio-
ne. Tra il nostro sistema e qnellp dei così detti mo-
derati, corre un divario essenziale, che li avversari
conoscono meglio di noi. Ed è, che 1 moderati. negano
il prìnc^ipio in grazia del fatto; o piuttosto scambiano
11 fatto co' 1 principio. Essi accettano bensì una qualche
libertà, ma combattono tutte le altre; o le ammettono
bensì in un certo grado, ma si oppongono ad ogni
larghezza maggiore, e non le vogliono mai assolute.
Non hanno dunque verun sistema, poiché non mirano
ad un ideale. Noi, al contrario, accettiamo una li-
bertà, non già per arrestarci lì, ma per farne un
punto d'appoggio a progredire; l'accettiamo, non per
mantenerla in quel grado parziale e ristretto, ma per
portarla al suo sviluppo ultimo e compiiito. Noi , fiso
io sguardo nel nostro ideale, spiegata la bandiera
del nostro sistema, camminiamo alla meta; cammi-
niamo a slanci od a passi, a passi celeri o lenti, se-
condo comporta la via; ma camminiamo sempre. Ecco
la nostra tattica. Ora la lattica di coloro, che vor-
rebbero toccare la meta d'un salto; e non potendolo
fare a loro bell'agio, amano meglio starsene fermi e
non muoversi mai: è essa forse migliore?
m
Tal è il programma della libertò in fatto di stampa
ed'insegDameoto; vediamo ora quello del catolicismo.
E quanto all'insegnamento, già m'occorse più volle
di avvertire, come perfida e fallace si fosse quella
libertà, che il clero francese invocava. Ei l'invocava
per sottrarsi alla legge, la quale invece di subordi-
nare lo Stato alla chiesa , sanciva la supremazia dello
Stato, e non lasciava alla chiesa tutti quei privilegi,
ch'essa chiama le sue libertà. Ed ora che li ha quasi
tutti riavuti, dov'è più la tanto decantata libertà d'in-
segnamento?
Ma prescindiamo dalle circostanze particolari, stra-
ordinarie di qualche paese; e poniamo la questione in
termini generali : il catolicismo può egli riconoscere
la libertà d'insegnare per un diritto commune a tutti
i cittadini? — Io vorrei un po' sapere, qual è il cato-
lico che ardisca rispondere di sì, e creda tanto legìtimo
l'insegnamento del curato, che spiega il suo catechi-
smo, quanto quello del protestante, che commenta
la Bibbia e combatte il papa; dell'israelita, che ri-
prova prt)testanti e catolici. Cristo e papa, e se ne
sta con Mosè; del razionalista, del panteista, del so-
cialista, ecc., che negano tutto l'ordine sovranaturale,
non ammettono Bibbia né rivelazione, non vogliono
chiesa nò preti, e non riconoscono altro maestro che
la ragione. E vorrei sopratutto conoscere II argu-
menti catolici, onde moverebbe costui per giustifi-
care il suo strano ardimento. Certo la chiesa non
r intende così. Ho già riferito altrove le sentenze di
Alessandro VII e Gregorio XVI, che stabiliscono for-
malmente, alla sola chiesa, cioè, in fine de' conti, al
papa, spettare la prerogativa di supremo giudice e
di autorevole maestro d'ogni verità (1). E qui aggiun-
gerò altri due documenti, ancora più gravi e solenni.
(1) V. Voi. I, cap. VII, pag. 237-8.
110
L'uno è la Professione di fede ortodossa, nella
quale sì dichiara di nconosccre la santa, catolica, apo-
stolica, romana chiesa guai madre e maestra di tutte
le chiese (1). L'altro è il famoso decreto del concilio
ecumenico di Firenze, co 4 quale venne definito che
la santa Sede apostolica ed il romano pontefice tiene
il primato su tutto l'universo; che lo stesso romano
pontefice è il successore di S. Pietro, principe degli
apostoli, il vero vicario di Cristo, il capo di tutta la
chiesa, il padre ed il maestro di tutti i cristiani; e
che nella persona di S. Pietro fu data allo stesso da
Gesù Cristo la piena podestà di pascere, regere, e
governare tutta la chiesa (2). 11 sistema d'insegna-
mento nel catolicismo è dunque ordinato cosi: dot-
tore massimo ed infallibile il papa, il quale ammae-
stra la chiesa universale per mezzo dei vescovi, suoi
delegati ; ed i vescovi ammaestrano le chiese parti-
colari per mezzo dei parochi o curati, loro raandalarj ;
lutti li altri non sono che pecore da pascolare, ciechi
da condurre, sudditi da governare. Quindi ì preti
devono professare la dottrina del vescovo, ed i ve-
scovi la dottrina del papa; né un prete si può di-
partire dall'insegnamento del vescovo, né un ve-
scovo dall'insegnamento del papa, senza mancare
alla sua professione, al suo giuramento, al suo voto;
(1) « Sanctam , catholicam « et apostolicam romanam ec-
« clesiam, omnium ecclesiarum matrem et magistram agno-
» SCO. »
(2) « Definì mus sanctam apostoUcam sedem, et ronuuium
» pontificem in universum orbem tenere • primatnm , et ìp-
» sum pontificem romanum successorem esse fì. Petii prin-
» cipis aposlolorum, et verum GhrisU vicarinm, totiosque eo-
li cl«si{e caput, et omnium christianorum palrem et doctorem
» existere, et ipsi in B. Pelro pascendi, rcgendi, et gabcr>
» nandi universalem ecclesiam a Domino nostro Jesu Clirislo
n plenam poteslatem traditam esse, t
Ili
e se resiste air ammonizione del superiore, se obe-
(lisce piuttosto al convincimento della propria co-
scienza che all'ordine deiràutorità, egli incorre nelle
terribili censure, con cui la chiesa minaccia di pu-
nire l'errore, lo scisma, l'apostasia.
La gerarchia di questo magistero, secondo le dot-
trine catoliche, è tutta divina. Cristo medesimo ha
investita la sua chiesa della facultà, anzi dell'obliga-
zìone di ammaestrare tutte le genti; e lo Spirito
Santo medesimo le suggerisce di continuo tutto ciò,
ch'essa deve insegnare. Così ha giudicato 11 concilio
di Trento: Catholica ecclesia ab ipso Jesu Christo
Domino nostro et eju$ apostolis erudita, àtque a Spi-
ritu Sancto UH omnem veritatem in diés sitggerente
edotta (1). Dunque la facultà d'insegnare compete
alla sola chiesa per diritto divino.; nessuna autorità,
nessuna legge gliela può interdire, nò limitare; ed
essa stessa anche volendo non potrebbe abdicarla,
allenarla, {parteciparla comechesia a nessuno. E fra
le ìnnumerabill testimonianze di vescovi, di Padri,
di concilj, e di papi, onde potrei ancora, se fosse
d'uopo, confermare quest'articolo di dottrina orto-
dossa, piacemi addurre le parole dei vescovi della
Savoja, perchè fra essi trovo quel cotale monsignore
d'Annecy, che aveva registrata la libertà d'insegna-
mento per uno dei punti capitali del suo programma.
Eccovi ora che cosa scriveva costui, insieme co' suoi
colleghi, al ministro dell' instruzione publica in Pie-
monte: «Agli apostoli e loro successori, alla chiesa
» sola e non alla potenza temporale. Gesù Cristo
o confidò la conservazione e l'insegnamento del suo
» Evangelio. Tale principio fu costantemente ed uni-
» versalmente professato dai concilj generali e par-
» tieolari, dai sommi pontefici e da tutti i santi dotr-
(1) Sess. XIII.
H2
» lori, consacrato dalla pratica invariabile dei secoli,
» solennemente deiinlto dal sacro concilio di Trento^
» ed ammesso da tutti i governi sinceramente ca-
» tollci. Adunque i soli vescovi hanno il diritto
» d'insegnare, per una più forte ragione, la dottrina
2> di Gesù Cristo a coloro, cbo si preparano ad in-
» segnarla agli altri fedeli (l). p
E pochi giorni dopo in una replica allo stesso mi-
nistro: « La teologia, in suslanza, non è altro che
» l'interprelazìone della santa Scrittura^ riDs^na-
» mento della dottrina di Gesù Cristo. Ora è evi-
» dente, che non v'ha altri che la chiesa, la quale
» abbia diritto a dare o a far dare cotesto insegna-
» mento; perchè agli apostoli ed ai loro successori,
» non ai depositar] della potenza civile, non ai mem-
» bri deirUuiversità, tal quale è oggi organizzata,
» fu detto : Enntes docete omnes gentes. Un tempo le
» università dipendevano, in parte, e qualche volta
» per intiero dalla santa Sede; ne dipendevano sem-
» pre per ciò che riguarda l'insegnamento della leo-
» logia e del diritto canonico. Avevano a cancelliere
» un vescovo, che era il delegato del sommo ponte-
» fice, e lo rappresentava negli esami e nella colla-
» zinne dei gradi, i cui diplomi erano anche spediti
» in nenie suo. Oggi cotesta delegazione. canonica è
» soppressa. L'Università non ha più che una mis-
» sione sola, puramente laica; l'entrata ai suoi con-
» siglj viene anzi dalle leggi egualmente aperta agli
» increduli, ai protestanti ed ebrei. Li aspiranti allo
» stato ecclesiastico non possono considerare costo-
» ro come novelli apostoli, inviati per interpro-
j) tare la dottrina di Gesù Cristo: la missione di-
i> vina manca loro completamente. — Non può es-
« servi negli Slati di S. M. insegnamento teologico
(fj Lcllcra del i."" ghigno 1^.51.
113
» dipendente in parie dall'Università, se ad un tempo
» non si lascia ai vescovi la proposta dei professori
» e la direzione deirinsegnamento, come' si osservò
» pe'l passato. Colali concessioni non sarebbero una
» generosità; loro appartengono per diritto divino;
» nulla li determinerà ad allontanarsene. I vescovi
» si mostreranno sempre disposti a concorrere al-
» l'opera sì importante dell'educazione della gioventù,
» e a lavorare d'accordo co' 1 ministro dell' instru-
j) zione ppblica ; ma lo possono fare soltanto, fino
» a che i veri prìncipi catolicì sìeno rispettati; fino
» a che la missione divina d'insegnare il catechismo
y ai ragazzi e la tedogla agli allievi del santuario, sia
» lasciala a chi appartiene (t). »
Questo, sì, è linguaggio catolico, episcopale. Ma
come s'accorda con esso la libertà d'insegnamento?
Prevedo bensì ciò che alcuni mi opporranno. •— Il
magistero divino della chiesa concerne solamente le
dottrine religiose de fide et morihus , cioè il dogma
e la morale, siccome apparisce dalla dichiarazione
stessa de' vescovi savojardl; ma in tutto il rima*
nente la chiesa lascia libero il campo alla ragione
ed alla scienza. — Questa distinzione però non salva
nulla. Perciocché, in 'primo luogo, i papi Alessan-
dro e Gregorio, come s'è veduto, l'escludono espres-
samente; ed intendono, che alla chiesa competa l'in-
segnamento di ogni verità, e che il catolico debba
piegarola fronte e prestar fede cieca, illimitata , as-
soluta, ad ogni giudizio della chiesa, in qualunque
materia ohe sia.
In secondo luogo, data anche in astrailo la con-
venienza di quella distinzione, in pratica tuttavia
non giova punto. Ed a chi, in effelto, spellerà giu-
(i) Lettera del 15 giugno.
Ili
dicare, se una dottrina interessi, o uo, il dogma e
la morale? Non ai privati, non a' laici; ma solo e
sempre alia chiesa. Dunque riman fermo, che la sotto-
missione del catolico alla chiesa dev'essere, in realtà,
senza limiti né distinzioni di sorta; poiché egli dee
credere a qualunque decisione, che la chiesa pro-
nunci su di qualsivoglia argumento.
E da ultimo, sarei molto bramoso di conoscere,
quale sia propriamente 41 campo libero della scienza,
quando se n'escludano le dottrine intorno aUla fede
ed ai costumi; poiché io confesso dì non trovar più
possibile la libertà in nessuna scienza, in oessun'artc,
in nessuna materia. Quelle dottrine ! compongono,
come ognuno sa, la doppia teologia, dogmatica e
morale, nella più ampia significazione della parola.
Ora si consulti appena Tindice di un corso intiero di
teologia; veggasi; quali materie vi sieno definite; e poi
mi si mostri, quale scienza, non dirò già filosofica^
politica, economica, civile, sociale, ma pur matema-
tica 0 astronomica , grammaticale o storica, fìsica o
naturale, possa ancora dirsi libera e indipendente.
Ammesso il Dio, il mondo, Tuomo, e la società della
Bibbia e della teologia, tutto il sistema catolico del
medio evo immediatamente ne deriva, per una serie
di conseguenze più fatali ed evidenti che tutti i
corollarj della geometrìa; il gran lavoro intellettuale
e morale, che s*è compiuto in Europa da quattro
secoli in poi, diventa una lunga aberrazione, uà
continuo delirio dell'Umanità: son quattro secoli,
che vanno risolutamente soppressi e cancellati dalla
storia; e bisogna riportare il mondo alle condizioni
medesime, in cui si trovava a que' felici tempi,
quando i più dotti fra' laici erano quelli, che arri-
vavano fino a scarabocchiare il proprio nome, e
tutto il sapere del genere umano consìsteva nel tri-
vio e nel quadrivio dei frati.
115
Egli è dunque fuor di ogni dubio, che il cato-
ìcismo non può, in virtù della sua stessa costitu-
zione, autorizzare la libertà d'insegnamento. |Tanto
più, perchè questa libertà, se non vogliasi ridurre
ad una cosa di nome e d'apparenza, importa la sepa-
razione dello Stato dalla chiesa; separazione, di cui
Gregorio XVI pronunciò la condanna in questi ter-
mini: « Noi non potremmo augurare nulla dì bene
» alla religione ed al principato dai voti di coloro j
» che bramano separare la chiesa dallo Stato, e rom-
» pere la mutua concordia delllmpero col sacerdo-
« zio. Egli è certo, che dagli amatori d' una libertà
» impudentissima si teme questa concordia, che fu
» sempre fausta e salutare agl'interessi della reli-
» gione e della civiltà (l). »
E molto meno il catolicismo può ammettere la
libertà di stampa. Se io volessi mai citare, a questo
proposito, tutti i documenti che ho tra le mani,
avrei da stancare la pazienza del più indulgente e
longanime lettore. Mi contenterò adunque d'alcuni,
(1) • Neque laetiora et religioni et principatni omlnari pos-
ti semus ex eoram votis, qui ccclesiam a regoo separar!,
• mutuamque imperii cum sacerdotio concordiam abnimpi
» discupiunt. CoDstat quippe pertimesci ab impudentissimae
» liberlalis amatoribus concordiam illam, quae semper rei et
» s<acrae et civili fausta cxtitit et salutaris. » (Enciclica del
45 agosto Ì%Z^). E se queste parole avessero mestieri di com-
mento, ecconé uno abbastanza chiaro ed autorevole: « La
B legge dev*e8sere atea: ella è questa la formula primitiva,
» di cui si rivesti quella empia dottrina, che mitigata oggi, o,
i a dir meglio, mascherata, è ricomparsa ad ingannare i
• semplici, ed a camufTare l'ipocriti (un gesuita accusatore
• d*ipocrisia! misericordia! I...,)y sotto quest'altra formula:
• Lo Stato dee separarsi intieramente dalla chiesa (CiviUà
• Catoliea, voi. 7, pag. 257). — Proposizione, die dovrà far
• fremere ogni animo credente: ìaì Stalo dee separarsi dalla
» chiesa. Lo Stato non dcv*essere eaiolico (Ibid., pag. 261). »
116
cbe mi pajono più che sufficienti a svergognare quel
catolici, che persistono a predicare lalleanza della
chiesa con la libertà.
Il concilio generale di Lateraoo V, celebrato sotto
Leone X, nella sessione del 4 maggio lil5 decretava
ed ordinava, che « nessuno mai per l'avvenire pre-
» suma di stampare qualche libro o altra scrittura
» qualunque, sì in Roma che in ogni altra città e
» diocesi, se prima non sieno diligentemente esami-
» Dati, a Roma dal vicario e dal maestro del sacro
» palazzo, nelle altre città e diocesi dal vescovo o
» da persona perita, a ciò dal vescovo deputata, e dal-
» l'inquisitore del luogo, ove s'avesse da fare la
» stampa, ed approvati con sottoscrizione di loro
» propria mano, da àpporsi gratuitamente e senza
» indugio, pena la scommunica. Chi presumesse di
» fare altrimenti, perderà i libri stampati, che ver-
» ranno arsi in publico; pagherà, senza speranza di
)> remissione, cento ducati alla fabrica di S. Pietro;
» rimarrà sospeso per un anno continuo dall'eserci-
» zio della stamperia; sarà scommunicato; e final-
» mente, aggravandosi la sua contumacia, dovrà es-
» ser punito rispettivamente dal vescovo o dal vi-
» cario per tutte le vie di diritto, in guisa cbe li
» altri per l'esempio di lui non osino mai più com-
» mettere un simile attentato (1). »
{V, Ecco il lesto del decreto papale, approvalo dal concilio:
« Nos ilaque, ne id, quod ad Dei glorìam et fldei augmen*
» tuoi, ac bonarum arlium propagati onem salubriler est in-
R venlum, in contrarium convorlalur, ac Chrisli fldelium sa-
» luti detrimenlum pariat; super librorum impressione cu-
» rara noslram habendam foro dux.inius, ne de caetero cam
t boiiis seminibus spinae coaluscant, vel medicinis venena in-
» teriuisceantur.
» Volentcs igitur de opportuno super bis remedio provtdere,
» hoc sacro approbante concilio, ut ncgolium impressionis
» librorum hujusmodì eo prosperelur fellcius, quo deinceps
H7
U concilio di Trento nella sessione IV confermò
espressamente questo canone, per ciò che spetta
all'edizione della Bibbia, e di qualunque libro che
tratti di cose sacre; e deputò una commissione a
comporre Vindice de' libri proibiti, e stabilire le r e-
gote canoniche da osservarsi intorno alla stampa.
Ora la X di queste regole prescrive:
<f Che nella slampa de* libri ed altre scritture si
osservi il decreto del concilio di Laterano; in Roma
i libri da stampare sieno prima esaminati dal vica-
indago solortior diligentias et caatìns adhiheatnr, statnimas
et ordinamus, quod de caetero, perpetois pitturis tempori*
BOS, miLLQS LIBRUH ALlQUKH, 8BD ALUM QUAMCCMQUB SCRIPTU-
BAH, tam in Urbe nostra, quam auis otiiBUSvis civitati-
BUS ET DI01CB9IBOS, imprimere sea imprimi facere praesu-
mant) msi pbios in Urbe per vicarium nostrum et sacri
paiaUi magistrum, in aliis vero civitatibas et dioecesibus
per episcopum, vel alium habealem periliam scienliae li-
bri seu scripturae hujusmodi imprimendae, ab eodem epi-
'scopo ad id depulandum, ac inquisitorem baercticae pra-
vitatis sive dioecesis, in quibus librorum impressio iinjuS'
modi fleret, diligentbr examiicetur, et per eordm mano
pROPBiA suBSCBiPTiONEM, sub e\communicationis seolentia,
gratis et sine diiatione imponendaro, approbeittur. Qui
auiem secus praesumpserit , ultra librorum impressorum
amissionem, et itiorum publicam combustionera, ac cen>
tum ducalorum fabricae principis apostoiorum de Urbe
siNB SPB REVissioNis solutlonem, ac anni continui exerciiii
impressionis suspensiunem , excommunicatlonis seYitentla
innodatus existat; ac demum ingravescente contumacia,
tali ter per eplscopum suum vel vicarium respective casti-
getur, quod alii ejus exemplo sìmilia minime attentare
praesumant.
9 Nnlii ergo omnino homioum liceat hanc paginam no-
sirorum statuti et ordinationis infringcre, vel ei ausu
temerario contraire: Si quis autem boc attentare praesum-
pserit, indignalionem omnipotentis Dei, ac beatorum Petri et
Pnuli apostoiorum ejus, se noverit incnrsurum. » (Sess. X).
118
rio del papa, e dal maestro del sacro palazxo, o da
persone deputate a ciò dal papa medesimo.
« Negli altri luoghi Tesarne e Tapprovazione ap-
partenga al vescovo, o ad altro perito da lui desti-
nato, ed all'inquisitore; e Tapprovazione si dia con
la firma di loro propria mano, con questa legge e
condizioni dì più, che un esemplare autentico del li-
bro da stami)are, e sottoscritto di propria mano
dall'autore, rimanga presso lesaminatore.
« Coloro, i quali divulgano libretti manoscritti, se
prima non sieno stati esaminati ed approvati, sog-
gìaciano alle stesse pene che li stampatori; e coloro,
che li hanno avuti e letti, se non denunciano li au-
tori, si abbiano per autori essi stessi.
a L'approvazione di questi libri si dia pure In iscrìt-
to, e •vi apparisca autenticamente in fronte.
« In ciascuna città e diocesi, persone deputale dal
vescovo, 0 dal suo vicario, o anche dall'inquisitore,
visitino sovente le stamperie e le biblioteche de' lì-
braj, affinchè non si stampi, non si venda, e non si
tenga aulla di proibito.
« Tutti ì libraj e qualunque venditore, di libri
abbiano nelle loro biblioteche l'indice de' libri ven-
dibili che possedono, con la firma delle dette per-
sone; né tengano, o vendano, o diano in qualsisia
modo altri libri, senza licenza degli stessi deputati,
sotto pena della perdita de' libri o d'altre, ad arbìtrio
de' vescovi e degl'inquisitori. I compratori poi, i
lettori, li stampatori saranno pnniti ad arbitrio degli
stessi.
« Chi porta un libro qualunque in un'altra città,
sia tenuto a denunciarlo a' medesimi deputati; o se
v' è publico mercato dì libri, i ministri di quel luogo
ne diano l'avviso alle persone suddette.
« Nessuno poi consegni ad altri, impresti, od alieni
comunque il libro, ch'egli stesso od altri portò in
119
citta, 86 prima non lo mostrò e n'ebbe licenza dai
deputali, o se notoriamente.non consti, che è un li-
bro già permesso a tutti.
« La stessa regola si osservi dagli eredi, dagli
esecutori testamentarj, cbe portino ai deputati i li-
bri lasciati dal defunto ò Tindice di essi; e otten-
gono la licenza prima di servirsene o di trasmetterli
coBie che sia ad altre persone.
« In tutti e singoli questi casi verrà stabilita la
pena o della perdita dei libri, o un' altra ad arbitrio
de' vescovi e degl'inquisitori, secondo la qualità della
contumacia e del delitto.
« Chiunque leggerà ed avrà libri d'eretici, o scritto
di qualunque autore, condannati e proibiti per ere-
sia o per sospetto di falso dogma , incorrerà subito
nella scommunica.
« Chi poi leggerà od avrà libri proibiti per altro
titolo, oltre la reità del peccalo mortale che com-
mette, sarà punito severamente a giudizio del ve-
scovo (1). »
(I) ADche questo decreto è di (ale imporUnza, che merilii
di essere leslualmenle riferilo: « In libroram, aliarumve
» scripluraium impressiono servelnr quod in concilio Làie-
» ranensi sub Leone X, Sess. X, statulum est.
» Quare si in alma Urbe Roma liber aliquis sii imprimen-
» dos. per vicarium summi pontiflcis et sacri palalii magi-
• SI rum, vet personas a Sanclissimo Domino nostro depu-
t tandas, prios oxaminelur.
» In aliìs vero locis ad cpiscopum vel aliuro habentem scien-
• liam libri, vel scripturae imprimendae, ab eodem episcopo
• depulandum ac inquisitorem haerelicae praviiatis ejus ci-
• vitalis vel dioecesis, in qua inipressio fiet, ejus approbatio
» et examen pcrtineat, et per eorum manum, propria sub-
• scriplione, gratis et sine dilatione imponendam, sub poenis
È et censuris in eodem decreto contenlis approbelur; bar.
• lege et conditione addita , ut exemplum libri imprimendi
120
Papa Alessandro VII aggiunse a questa regola i^a-
reccbie oiservaziani; e fra T altre questa, che « lì
» abitanti degli Stati della chiesa non possono man-
» dare i libri da loro composti a stamparsi altrove,
» senza l'espressa approvatone, ed in iscritto, del
» vicario e del maestro del sacro palazzo, per quei-
» di Roma; e per li altri, senza la licenza dei pro-
» prìo vescovo o de' suoi deputati, da porsi in fronte
» all'opera. »
Clemente Vili poi pubUcò alcune giunte alle re-
gole dell'indice; e sotto il titolone impressione li-
» aolhentictiin, et manu aoctoris sobscrlptom apud examlna^
» torem rernaneat. -
• Eos vero, qui libeilos inanas(^i:ipk)s vuigant, Disi ante
• cxaminati probatique fuerìnt, eisdem [toenis subjici debere
1 Judicarunt Patres deputati, quibus knpressores; et qui eos
» habuerint et legerint, Disi auctores prodi derint, prò aacto-
• ribus habeantnr.
• Ipsa vero hujusmodi libroram probalio in scrfptis detur,
» et in fronte libri, vel Bipripti, vel impressi, anathentice ap-
» pareat; probatioque, et examen, ac caetera gratis fiant.
» Praeterea in singalis civitatibus ac dioecesibns, domus,
» vel lf>cl ubi ars impressoria exercelar, et bibUothecae li-
» brorum venaiium saepins visitenlur a personfs ad id de-
li putandis ab episcopo, sive ejus vicario, alque etiatn ab
» inquisitore haerelicae pravitatis, ut nihii eorum.qua* prolii-
i bentur, aut imprimatar, aut vendatur, aut babeatur.
• Omnes vero librarli, et qaicumque librorom vendilores
» faabeant in suis bibliothecis indicem Hbrornm , venaiium,
» quos habent, cum subseriptione dictarum pcTsonarum ; nec
s alios tibros babeant aut vendant, aut quacumqne ratione
» tradant, sino licentia eorumdem dcputatorum, sub poeria
9 amissionis librorum, et allis arbitrio episcoporum;, vel ìd<-
» quisitorum iraponendis: emplores vero, lectons, vel im-
9 pressorcs eorumdem arbitrio puniantur.
9 Quod si aliqui librus quo3cumque In aliquam civitatem
» introducant, teneantnr iisdem personis deputandìs renun-
• ciare; vel si locus publi^us mcrcibus ejusmodi constitutus
121
brormn, stabilì: « Nessun libro per T avvenire si
slampi, clie non porti in fronte 11 nome, il cognome,
e la patria dell'autore.
» Se l'autore fosse ignoto, o per altra giusta ca-
gione il vescovo e r inquisitore stimassero, che il li-
bro si potesse stampare senza il nome dell'autore;
vi s'inscriva il nome di chi l'ha esaminato ed ap-
provato.
0 I Regolar], oltre la licenza del vescovo e del-
l'inquisitore , devono, per decreto del concilio di
Trento, ottenere dal loro superiore la facultà di
stampare.
sit, ministri pubUci ejas loci praedictis pcrsonii sigoiflcent»
libros esse adduclos.
» K«ino veto audeat UbraoH quem ipse vel alius in eivi-
latem inlroduzit, alicul legendam tradere, vel aUqaa ra*
tìone alienare, aut conunodare, nist ostenso prius. libro, et
hablla litentia a personis dcputandis, aut nisi notoria con-
stet, libro m Jam esse omnibus permissum.
• Idem quoque servetur ab haeredibus et excquutoribns
aUimarum voluntatum, ut libros a defancto relictos, sive
eoram iodicem illis personis depulandis afTerant, et ab iis
liceo tiam oblineant, priusquam eis utantur, aut in aliaa
personas quacumque ratlone eos transferaot.
» lo bis autem omnibus et sioguiis, pocna slatualur, vel
amissionis Ubroram, vel alia, arbitrio eorumdem episco-
porum vel inquisitorum , prò qnalitate contumaciae vel
dellcU.
» Ad extremnm vero omnibus fldelibus praecipilor, ne
quia audeat centra barum Megularum praescriptum, aut
hujuaindicis prohibilionamjibros aliquos legere aut habcre.
• Quod si quis libros haercticorum, vel cujusvis aucloris
scripta, ob baeresim vel ob falsi dogmatis suspicioncm
damnala atque probibila legerit, sive habuerit, statim in
excommunicalionis seoreotiam incurrat.
» Qui vero libros alio nomine interdictos legerit, aut ba-
buerit, praeter peccati mortalis reaium quo afficilur, ju-
dicio cpiscoporum severe puniaiur. ■
II. 9
» Chi vuol publicare un'opera qualunque, ne con-
segni un intiero esemplare al vescovo o all'inqui-
sitore, i quali, doiK) averlo esaminato ed approvato ,
lo riterranno presso dì sé.
9 Stampato che sia il libro, non è lecito a nes-
suno di porlo in vendita o in qualsiasi modo pu-
bucarlo, prima che II deputalo non rabbia diligen-
temente confrontato co' 1 manoscritto che sì ritenne,
ed abbia conceduta la licenza di poterlo vendere e
publicare. £ la jconcederà, quando siasi ben accerr
tato, che il tipografo adempì al debito suo fedel-
mente, e non sì scostò d'un punto dall' esemplare ma-
noscritto.
» I tipografi ed 1 libraj dinanzi al vescovo o al-
l'inquisitore, ed a Roma dinanzi al maestro del sa-
cro palazzo, promettano con giuramento dì es^uìre
catolicamente, sinceramente, e fedelmente F officia
loro; di obedire ai decreti ed alle regole deirindice,
agli editti de' vescovi e degF inquisitori, in quanto
si riferiscono alla loro arte; e di non ammettere nes-
suno al ministero dell' arte loro, che sapiano Infetto
d'eresia.
» £ se tra loro si trovassero uomini culli ed eru-
diti, sieno pure tenuti, ad arbitrio degli stessi sui)e-
rieri, di fare la professione di fede catolica, giusta la
forma prescritta da Pio IV. »
Non credo, che verun catolìco possa di buona fede
oppormi, codeste leggi esser antiquate e cadute in
disuso; poiché, quando pur ci mancasse una più re-
cente conferma, il dare dell' antiquato al concilio di
Trento ed a qualche papa ancor posteriore sarebbe
per fermo un'enormità intolerabile. Ma no, le con-
ferme recenti, e recentissime, non mancano punto.
Leone XII publicò nel 1825 un ordine del tenore se-
guente: « Sua Santità ordinò, che si richiamiuo in
123
» memoria a tutti i patriarchi, arcivescovi, vescovi,
» ed altri preposti al governo delle chiese, quello
» leggi, che vennero stabilite helle regole deir Indice,
» publicate«per ordine del concilio dì Trento; e nelle
» Osservazioni, nell'Istruzióne, nell'Aggiunta; e nel
» decreti generali dei sommi pontefici Clemente Vili,
» Alessandro VII, e Benedetto XIV, per proscrivere
» ed abolire i cattivi libri. » Quelle leggi adunque
sono lutt' altro che cadute in disuso 1 Eccole anzi
confermate tutte, ad una ad una, da un papa del no^
fitro tempo.
Gregorio XVI poi nella sua enciclica, più volte
citata, del 1S32, parlando della libertà di stampa, la
definisce cosi: « Quella funestissima e non mai ab-
» bastanza esecrabile e detestabile libertà dell'arte
» libraria per publicare qualunque scritto, che al-
» cuni osano sollecitare e promuovere con tanto
» schiamazzo. Inorridiamo al vedere da quali mo-
» struose dottrine, o piuttosto da quali portenti d'er-
» rori siamo soprafatti; errori, che vengono larga-
» mente sparsi da per tutto con una gran moltitu-
» dine di libri e scritti, piccoli bensì di mole, ma
» grandissimi per la malìzia, onde noi deploriamo
a che sia uscita una maledizione su la faccia della
» terra. » Tal è la stima, che gode la libertà di
stampa presso la chiesa! Ma, e di quei catolici, che
pure la difendono come utile alla causa della verità
e della religione, Montalembert, per esempio, e Rendu,
che giudizio ne porta il papa? «E pure, ahimè! ta-
li) luni si lasciano trascinare a tanto d'impudenza da
» sostenere ostinatamente, che quel diluvio d'errori
» vien ad usura compensato da qualche libro, che
» in tanta tempesta d* iniquità esca in luce a difen-
» dere la verità e la religione. Ella è cosa illecita por
» fermo, e contraria ad ogni diritto, fare a beilo
» studio un male certo e maggiore, perchè si ha
124
» speranza che ne possa risultare qualche bene. Qual
» uomo di senno dirà, che si debbano liberamente
» spargere 1 veleni, venderli e trasportarli in pu-
» blico, anzi inghiottirli, perchè v* è un tal rimedio,
» che usandone s'arriva talvolta a sfugìre la morte?
» Ma ben diversa fu la disciplina della chiesa iieì-
• l'estirpare la peste de' cattivi libri. » E qui cita
l'esempio degli apostoli, che ordinarono di bruciarli;
Il decreto di Leone X e del concilio di Laterano,
già di sopra riferito; l'autorità del concilio di Trento,
che fece il saluberrimo decreto intorno all'Indice;
l'esortazioni di Clemente XH! a proscrivere i libri
cattivi; e conchiude così: « Dalla costante sollecitu-
» dine di tutti 1 tempi, onde la santa Sede aposto-
» lica sempre si sforzò di condannare i libri sospetti
» e nocivi, e di strapparli dalle mani de' fedeli, ap-
» parisce evidentissimamente, quanto sia falsa , te-
» meraria, ingiuriosa alia stessa apostolica Sede» e
» feconda di gravi mali pe'l popolo cristiano, la
» dottrina di coloro, i quali non solo rigettano la
» censura dei libri siccome troppo onerosa, ma ginn-
» gono a tale segno di malvagità, che la proclamano
» conti^ria ai principj del diritto e della giustizia ,
» e ardiscono negare alla chiesa la facultà didecre-
» tarla e mantenerla (1). »
(i) s Huc spectal teterrima illa, ao ntinqaam saUs cxe-
• cranda et detestabilis libcrtas ariis librariae «d serqua
» qunclibet edenda' in vnlgns, quam tanto convicio audent
» nonnulii eftlagitare ac proraovere. Perhorrescirmis , V. P.
» inluentos quibus monslris doctrinarnm, scu potius quihus
H errorura portenlis ohruàtnur; quae longe ac late ubique
» dissemlnantur ingCDli librorum muliiludine, libellisque el
» scriptis, mole quidem exiguis, maliila tamen permagnis,
» et quibus malediclionem egressam iHacymamur super fa-
• clem terrae. Sunt tamen, proh dolor !qaj eo impudcaliao
» abripiantur, ut asseranl pugnaciler, hanc errorum collu-
125
•—Ma queste sentenze colpiscono i' abuso della li-
berto, la licenza, e non la libertà onesta e mode^
rata. — Vane distinzioni! La dottrina della chiesa
è universale: non regola già Tuso di un diritto, ma
n'esclude affatto il principio e l'idea. Dunque l'e-
spressione medesima di libertà onesta e moderata è
peggio che assurda, poiché equivale ad una mode-
rata ed onesta violazione delle leggi canonichel No,
fortunatamente, con la chiesa non sono possibili que-
sti sotterfugi. 0 si ammette la censura ecclesiasUca,
» viem inde prorumpentem satis cuoìulate compensari ex li-
• bro aliquo, qui in hac tanta pravitatum tempestale, ad
■ religionem oi veritalem propugnandam edaiur. Nefas prò*
» fecto est, omnique juro improbatum» patrari data op4*ra
• inalum cerlura ac majus, quia spes sit inde boni aliquìd
■ Irabilam iri. Namqiitd venena libere spargi, ac publice
• vendi, comporlarique , imo et obbibi debere, sanus quis
» dixerit, quod remedii quidplam babeatar, quo qui uluniur,
» cripi eos ex interi tu identidem contingat ?
• Verotn longe alia fnit eeclesiae disciplina in exsclndend.i
» maloram librorum peste, vel apostolorum aeiato, qoos te-
» gimus grandem iibrornm vim pubi ice combussisse. Saiis
t est, leges in concilio Laleranensi V in eam rem data»
• perlegere, et conslitulioneoi, quae deinceps a Leone X jfel.
• ree. praedecessore noslro fuit edita. — Id quidem et iri-
■ denlinis Patribus maximae curao fuit, qui remedium tanto
• buie malo adhibuerc, edito saluberrimo decreto (je Indice
» Jibrorum, quil>us impura doclrina conlinerelur, contl-
» ciendo. —^ Ex hac itàquc constanti omnium aetatum sol-
>' liciludine, qua semper haee apostolica Sedes suspectos et
• noxios IH)ros damnare, et de bomtnum manlbuà extor-
• quere entsa est, patet luculentissime , quantopere falsa,
1. iciueraria, eidemque apostolicae Sedi injuriosa, et foecunda'
» malorum in cbrisliano populo ingentiam, sit illorum doc-
» trina, qui ncdum consuram librorum veluli gravem nimis
» et onerosam rejiciunt, sed co etiam improbitatls progre-
> diuntur, ut eam praediccnt a redi juris principiis abbor-
» rcre, Jusque illius decernendae, habcndaeque audeaul ec-
» cleùae denegare. »
0 noa si ammette: ecco U problema. Chi T ammette
è catolico; chi do, no: ecco la soluzione. Problema e
soluzione così evidente, ch'io mi maraviglio come
certi politici noa se ne vogliano cai)acitare, e per-
dano il tempo ed il fiato a sceverare sottilmente la
libertà vera dalla falsa, l'onesta dalla vera, la moderata
dalla licenziosa. Ma che dico, i politici? S'è pure
trovato un nuovo arcivescovo, il quale non ebbe ri-
brezzo di appigliarsi a quel tristo e farisaico espe-
diente. Monsignor Charvaz, nella sua prima lettera
pastorale ai Genovesi (2i2 decembre 1852), parla an-
ch'egli dì una libertà onesta (di stampa), libertà che
tutto il mondo sa apprezzare; e di una llcenzay che
nulla lus^commune con quella. — Ohi Monsignore,
forse questa ff^sSQ^nesta e moderata avrà dolcemente
lusingati 11 orecchi"(fehflìinistero e della corte; ma
certo essa offende la chiesà7^i*adìsce i fedeli, e di-
sonora l'episcopato. Che imix)rlaàN^ì» vescovo, se
tutto il mondo apprezza quella liber^ Voi non
avete da fare co'l mondo, ma co'l paprfi ^ ^^ ^^^
berla, che voi e il mondo lodate siccome Milita, il
papa la denuncia per funestissima, e non maiW^^"
stanza esecrata e detestata; ed altri papi ed un
cilio ecumenico l'hanno scommunìcata, siccome uni,
ruina ed una peste delle anime. E voi, vescovo, igno-
rate dunque le leggi della chiesa? 0 conoscendole, ■
le trasgredite e le conculcate così? Quanto più de- \
gno di un buon catolico, e sopratutto di un buon ^
vescovo, era il contegno che avete tenuto a Pinerolol '
Ah! dimenticaste in mal punto le forti prove del
vostro zelo, e le gloriose fatiche del vostro aposto-
lato. Allora le cavilloso distinzioni fra libertà e li- ii
cenza, fra uso e abuso, vi erano ignote; e l'animo ]
vostro, chiuso religiosamente ad ogni aura di mondo, *
non anelava che al servizio di Dio e della chiesa. E, '
or cuor della chiesa, voi facevate da inquisitore con- i
1-27
tro ì Valdesi; per amore di Dio, voi correvate a strap-
pare i figlj dalle braccia delle loro madri, a separare
le spose dal fianco de' loro mariti, per convertire a
viva forza madri e figli, mariti e spose; o altrimenti,
cacciare In bando senza pietà né remissione li osti-
nali. E quando Carlo Alberto ebbe la debolezza di
cedere air impeto della corrente liberale, e di pro-
mettere qualche riforma civile, qualche temperamento
al suo governo assoluto; voi, monsignore, voi solo
fra tutti ì vescovi dello Stato avete fatto il vostro
dovere, amando meglio rinunciare al vescovato, che
declinare un apice solo dal; rigore catolico del vo-
stro assolutìssimo e privilegìatissimo potere. Ma ora
come siete diverso da quello! Ora non vi fate più
scrupolo dì approvare^ publFcamente la libertà deMa
stampa, con tutte le altre diaboliche instituzloni, che
lo Statuto consacra. Oh! non siate così degenere da
voi stesso! Fate che ì Liguri, come i Pi nerolesi, co-
noscano bene chi siete; ed imparino, che in mezzo
alla turba dei pastori vili ed ipocriti, ond'è ammor-
bata la chiesa, v'ha un arcivescovo, che sa tener
alla e ferma la santa bandiera del catolicismo. Viva
r Inquisizione! e,, abbasso la libertà! sia il vostro
grido di guerra. È il solo grido, che la vostra sa-
crosanta lingua debba proferire; il solo, che possa
erompere dal petto di un uomo, il quale si chiami
calolicoi prete, ed arcivescovo; e non voglia profa-
nare la sua coscienza di catolico, né prostituire il
suo carattere di prete, né traficare il suo giuramento
di arcivescovo.
E non basta ancora. Pio IX nel 1848 accorda agli
Stati pontificj uno Statuto, e publica a' 2 di giugno
un motu proprio intorno alla censura canonica dei
libri. Or bene, anche in un governo rappresentativo,
come intendeva egli la libertà della stampa? Co-
12».
miucia à dichiarare, ch6 la legi8lazto<Be catolica è
veramente e propriamente quella chci dicasi noi:
« Nella sess, Xdel conqUio Lateranese ¥; e di tìuovo
» neir ultima delle regole dell' Indice» che vennero
» scritte dal deputali del concilio di Trento ed ap^
» provate da Pio lY, ed in ^Itrì decreti de' romani
» pontefici, fu proibito di publloare nessun libro, nes-
» sun scritto» se prima non fosse esaminato ed afH
» provato dall' autorità ecclesiastica* 2>
Osserva poi, la copia de' libri, e massime de'gior"
nali, che si mandano alle stampe^ essere tanta cto
ai censori ecclesiastici riesce ormai impossibile di ^a--
minarli tutti con la debita maturità: « Per la qual
» cosa, egli soggiunge, moderando e dichiarando il
» decreto del concilio di Laterano e tutte te altre
» leggi suddette, noi decretiamo e permettiamo, che
» d'ora in poi e finché altrimenti non. venga stabi-
» lito da questa Sede apostolica, i censori ecclesia-
» stlci nel nostri Stati si occupino solamente di quelli
» scritti, che riguardano le divine Scritture^ la ea-
» era teologia, la storia ecclesiastica, il diritto ca-
» nonico, la teologia naturale, l'etica', ed aitatali
» discipline religiose e morali; e generalmente di
D tutti quelli, che interessano specialmente la relì-
» gione ed i costumi. » £ quindi prescrive per tutti
questi articoli la previa ecclesiastica censura, e ne
dispensa li altri. Poscia conchiude: « Noi vogliamo
» che rimangano ferme, e con l'apostolica autorità
» coulermiamo le suddette leggi canoniche in tutU
» quei punti, in cui non abbiamo ad esse derogato. »
Dunque:
1." La libertà che il papa concede, non è un di-
ritto ch'ei riconosce; ma una necessità, a cui si ras-
segna per forza;
2.*" Le leggi canoniche sono da lui temperate soiio
per rispetto agli Stati delia chiesa; ma confermale
espressamente per tutti lì altri paesi;
li»
9."* Anche per coditi suo! Stati ei Id tempera
con una eon^^esslone illusoria, non essendovi libro
o scritto vvTttno, in cui non si possano trovare
cose, che tocchino qualcuno dei molti articoli ec-
cettuati;
4.° E da ultimo, quello stesso temperamento non
vale più nemmeno per li Stati pontine]; dacché lo
Statuto venne abolito. Le leggi canoniche sono dun-
que in vigore più che mai per tutto il mondo.
Ed a chi serbasse ancora qualche dubio, a chi de-
siderasse qualche documento ancora più fresco, io
rammenterò in fine una Notificanza dei vescovi delle
Provincie ecclesiastiche di Torino e di Genova , pu-
blicata dagli uni a' 2 ottobre, e dagli altri a' 26 de-
cembre 1852, nella quale si leggono li articoli se-
guenti:
< Ricordiamo a tutti li amatissimi nostri dioce-
» sani, che la santa chiesa non avendo mai abrogate
» le sue leggi relative alla lettura e ritenzione del
» libri e fo^li cattivi, avendone anzi di continuo incul-
» cata l'osservanza per mezzo de' sommi pontefici e
» degli altri sacri pastori, rimangono esse in tutto il
» loro vigore (I).
» Dovendo li ecclesiastici tanto secolari che rego-
» lari precedere 1 laici nell'esercizio d'ogni cristiana
» virtù, ed inispecieneirobedienza alle prescrizioni
» della chiesa ; dichiariamo che sono essi obligati a
» sottoporre qualunque loro produzione, sia in nome
» proprio che in nome altrui, alla preventiva revi-
» sione del proprio Ordinario, od almeno di quello del
» luogo^ ove s' intende stampare la produzione stessa;
» e che operando altrimenti, incorreranno nelle pene
» canoniche (IX).
» Ricordiamo agli editori tutti la tremenda respon-
si) sabilità, che si assumono nel publicare una pro-
» duzione qualunque, che possa nuocere alla rcli-
130
» gione ed alla morale; e il conto rigorosissimo, che
» dovranno rendere a Dio di tutto il mftjp, che possa
» derivarne al prossimo, sì di presente che in av-
» venire. Per conseguenza li esortiamo e scongiu-
» riamo a voler presentare i loro scritti alla revi-
» sione ecclesiastica, non solo quando sì tratti di
» bibbie, di catechismi, di libri liturgici o di pre-
» ghiere, ma eziandio ogni qual volta si aggirino so-
» pra argumenti, che direttamente o indirettamente
» interessino la nostra sacrosanta religione (X).
» Caldamente esortiamo in particolare i tipografi»
» libraj, e tutti i venditori di libri, incisioni, e li-
» tografie, a volersi uniformare alle leggi di santa
» chiesa, per quanto loropreme-la salute dell'anima
y> propria (XI).'» E per determinare precisamente
quali sieno queste leggi, rimandano in una nota (15)
alla Regola X deWIndicey ed al disposto del concilio
Lateranese,
Est-^e clair? Monsignor Rendu, conte di Monta-
lembert, catolici liberali tutti quanti, io ospite que-
sto latino? Oh! speriamo, che almen per pudore da
qui avanti cesserete T indegno abuso, che solevate
fare delle parole e delle cose. Chi vuole il catolici-
smo, rigetti e condanni ogni libertà di stampa: legge
della chiesa è la censura. Chi, alFìncontro, vuole la
libertà di slampa, abbandoni ed abjurì il catolicismo :
religione della libertà è il razionalismo. Catolico vale
dunque nemico della libertà; e liberale significa ne-
mico del catolicismo. Siale o Tuno o T altro, come
meglio vi aggrada; ma non accoppiale più insieme
questi due titoli, perchè allora non meritereste né
l'uno, né l'altro.
A compiere il confronto, che io m'era proposto di
insti tuire fra il programma della democrazia e quello
del catolicismo, resterebbe ad esaminare la libertà
131
d'associazione : ma questo tema non abbisogna di una
discussione particolare. La libertà d'associazione evi-
dentemente non è altro che una forma o un'appli-
cazione delle libertà fondamentali, di cui abbiamo
discorso; onde le associazioni religiose, politiche, ci-
vili, insegnanti, non possono essere libere, se non
dove regni la libertà religiosa, politica, civile, e d'in-
segnamento. Se dunque la chiesa non ammette que-
ste libertà, egli è manifesto che non ammette né pure
la libertà d'associazione. E quel vescovo d'Annecy,
che annoverava espressamente fra le libertà naturali
deir uomo T associazione de* cuori e delle coscienze
per la preghieray fu uno dei primi a gridare contro
l'erezione del tempio valdese in Torino; e con lui
gridarono e schiamazzarono tutti ì vescovi dello Stato.
Oh 1 ci vuole, in verità, una fronte di bronzo per
ascrivere al catolicismo la libertà d'associazione, men-
tre appunto il catolicismo rinova, perfìn nella mite
Toscana, perfino nel libero Piemonte, le persecuzioni
religiose; e punisce come un delitto la riunione an-
che privata di alcuni amici per leggere e meditare
la Bibbia. E quanto alle associazioni politiche, non
è egli noto a tutto il mondo, con qual furore bar-
barico la chiesa abbia condannato e proscritto i Li-
beri Muratori e i Carbonari? Primo a bandir loro
la croce addosso fu papa Clemente XII, nella sua co-
stituzione In eminenti del 28 aprile 1738 : « A tutti
» e singoli i fedeli, di ogni stato, grado, condizione,
» ordine, dignità e preminenza, laici e cherici, tanto
» secolari che regolari, prescriviamo severamente ed
» in virtù della santa obedìenza, che nessuno, sotto
» nessun pretesto o mendicato colore, ardisca o pro-
to suma di fondare le società de' Liberi Muratori o
» Francs Macons, o in altro modo nominate ; di pro-
» pagarle, favorirle, e ricettarle' ed occultarle nella
» propria casa od altrove; di ascriversi o aggregarsi
132
» alle medesime, o iatervenirvi» o procurare o faci"
» litar loro il modo di potersi in qualche luogo assem-
» brare; di somministrar nulla ad esse, o soccorrerle
» di consiglio, di ajuto, di favore, o in qualsiasi altra
» maniera, in publico od in privato, direttamente o
» indirettamente, per sé o per mezzo d altri, non che
» di eccitare, indurre, provocare o persuadere altri
» ad ascriversi a tali società, ad aggregarvisi, ad
» intervenirvi, ed a giovarle o favorirle in qualsivo*
» glia modo; ma sibbene prescriviamo, che ciascuno
À debba tenersi affatto lontano dalle stesse società,
» adunanze, riunioni, consor^j, congregazioni o cou-
>^ venticele, sotto pena di scommunicaper tutti i con-
» traventori da incorrersi ipso factOy senz'alcuna di-
» chiarazione ; scommunica, dalla quale nessuno potrà
» essere assoluto da altri che da Noi o da' nostri
» successori, fuorché se si trovasse in punto di
» morte.
» Vogliamo inoltre e prescriviamo, che tanto i ve-
» scovi, prelati, superiori, ed altri Ordinari de'luo-
» ghì, quanto l'inquisitori dell'eretica empietà ovun-
» que deputali, agiscano e procedano contro i tra-
» sgrcssori, qualunque ne sìa il grado, lo slato, la.
» condizione, l'ordine, la dignità, e la preminenza;
» e come fortemente sospetti d'eresia li puniscano
» e reprimano con le debite pene: al qual uopocon-
» feriamo ed impartiamo ai medesimi ed a ciascuno.
» di essi libera facultà di agire e procedere contro
» li stessi trasgressori, e di reprimerli e punirli con
» pene condegne, invocando anche, quando fosse
» mestieri, il sussidio del braccio secolare. »
A Clemente faceva eco Benedetto XIV con la sua co-
stituzione Providas del 18 maggio 1751, nella quale
conferma esplicitamente le stesse prescrizioni e le
slesse pene contro tutte le società de' Liberi Mura-
toriy e per questa cagione, fra le altre, che « in tali
133
» società e conventicole, uomini d'ogni religione e
» d'ogni setta a vicenda si aggregano; dal che ap~
» parisce cliiaramente, quanto grave danno possa
» ridondarne alla purezza della catolica religione. »
Più di recente, Pio VII, mosso dair esempio de' suoi
predecessori Clemente e Benedetto, e dalla conside-
razione dolorosa, che « queste sollecitudini dell'a-
postolica Sede non aveano sortito l'esito, ch'ella
si era proposta; » publìcò la sua costituzione Ec-
clesiam in data del 13 settembre 1821, nella quale
estese ed applicò alle società dei Carbonari i de-
creti contro i Liberi Muratori; e v'aggiunse di più
l'ordine seguente: « Comandiamo a tutti, sotto la
» slessa pena di scommunica riservata a Noi ed ai
» romani pontefici nostri successori , che sieno te-
» nuli a denunciare ai vescovi, o a quelli cui spetta,
» tutti coloro, che sapiano essere ascritti a questa
»• società. »
Poscia Leone XIl, nella costituzione Quo graviora
mala, del 13 marzo 1825, ripetè e rinovò formal-
mente li editti de' suoi predecessori contro le società
de' Liberi Muratori e de' Carbonari; e li estese par-
ticolarmente ad un'altra società intitolata Univer-
«jYoria. Finalmente nel 1844 Gregorio XVI con l'en-
ciclica Inter praecipuas, e nel 1846 Pio IX con una
altra enciclica Qui plurthus, confermarono tutte le
gtesse condanne, le stesse scommuniche, le stesse de-
li uncie.
Eccovi, signori catolici liberali, come la chiesa in-
tenda e protegga la libertà d' associazione 1
Anche la parte diretta della dimostrazione, che io
aveva intrapresa, mi sembra compiuta. Ho provato,
come tutte le libertà, che costituiscono 11 sistema
della democrazia, e che erano state inscritte da Mon-
taremberl e da Rendu nfel loro programma, sono tutte
134
espressamente e formalmente condannate dalla chiesa.
Ho provato, che la legge del catolicismo è In tutti
1 punti la negazione ed il rovescio del principi della
libertà. Ilo provato, che nessuno di buona fede può
vagheggiare più l'accordo della libertà co'l catoli-
cismo; e che però chi vuole ed abbraccia Tana,
deve aborrire e combattere l'altro. MI sono adunque
sdebitato, secondo le tenui mie forze, della promessa
che io avea fatta; e spero di avere trasfuso nell'a-
nimo deflettori imparziali un po' di quel convinci-
mento, che possedè e domina tutto l'animo mio.
CAPITOLO DUODECIMO
«. VERO CATOLICISMO B E^A VEBA IJBEIITA'
Due specie d'oppositori potrebbe incontrare la con-
cluslone ultima del mio discorso: certi catolici, che
mi accuseranno di avere falsata T indole nativa e
disconosciuto lo spirito genuino del catolicismo; e
certi liberali, che m'incolperanno di aver travisata
la natura ed esaggerate le tendenze della libertà. —
Voi confundete sempre, mi diranno i primi, due
cose ben diverse: la chiesa catolica, e la curia ro-
mana. Le leggi barbariche e le dottrine mostruose^
che n'allegate, non rappresentano già la chiesa di
Cristo, ma la fazione de' papi; non sono l'Evange-
lio, ma il gesuitismo e l'Inquisizione. Ed anche noi
le detestiamo con tutta la potenza dell'anima no-
stra. Ma che ha mai da fare il catolicismo con que-
ste leggi e queste dottrine? Il catolicismo è la re-
ligione dell'amore, della giustizia, della fraternità,
dell' eguaglianza; e ben lungi dall'essere ostile alia
libertà, è desso, che l'ha portata su la terra; desso,
che l'ha fecondata con la sapienza de' Padri; desso,
che l'ha salvata dalle irruzioni de' barbari; desso.
136
che riia educata nelle franchìgie de' Communi. Chi
dunque ama e vuole la libertà, dee con-egual ar-
dore volere ed amare il catolicismo, il catolicismo
vero,ì\ catolicismo di Gesù e de' suoi apostoli, il ca-
tolicismo de' cristiani, de'concilj, e dei dottori anti-
chi. La causa della democrazia ha bisogno, non di
un'abolizione, ma di una restaurazione del catoli-
cismo. —
E similmente mi diranno i secondi : — Voi scambiate
sempre la libertà con l'anarchia, che ne è la mag-
giore nemica. Quella libertà sbrigliata, sconfinata,
assoluta, che non patisce freno, che non riconosce
autorità, che non professa religione alcuna, non è
democrazia, ma demagogia; non è l'idea ed il biso-
gno dell'Umanità, ma il sogno di alcuni utopisti o
la trama di pochi furiosi, che anelano alla ruina
della società, alla spogliazione, al saccheggio, ed al
sangue. I popoli vogliono solamente una libertà, che
s'accordi con l'autorità; una libertà, che concili! in-
sieme i diritti della ragione e della fede, i principi
della scienza e della religione, le leggi della chiesa
^ dello Stato. Dunque r interessi del catolicismo sono
identici con quelli della libertà: liberali e catolici,
anziché osteggiarsi con reciproco danno, devono far
causa commune, e combattere insieme, da un lato i
nemici della vera religione, dall'altro quelli della vera
democrazìa, -i—
A questa doppia objezione, che ci si affacciò più
d'una volta nel corso de' nostri ragionamenti, ho già
tìato qualche risposta, che dovrebbe ad ogni assen-
nato bastare. Ho risposto ai primi, che io intendeva
per catolicismo, non le opinioni di teologi o scrittori
privati, ma le dottrine della chiesa romana, definite
e promulgate dall'unica autorità competente, con-
cilj e papi ; e che fuori di questa chiesa e di gue-
st'autorità non esisterebbe più catolicismo; polche
137
di esso non resterebbe che una società senza centro,
una scuola senza maestro, un corpo senza capo. Ed
ho risposto ai secondi, che io deduceva le leggi della
libertà, non dalle convenienze del governo e della
diplomazia, ma dalla ragione, dalla giustizia, e dal
diritto naturale; che la questione non era pratica,
ma teoretica; e riguardava, non la misura delle ap-
plieazloni, ma la verità dei principi; e che appunto
erano i principj, che costituivano un sistema affatto
Incampatiblleoon l'autorità, come rintendonoil catoli-
cismo e la monarchia.
Ma una tal objezione, a forza d'essere ripetuta da
ambe le parti su tutti i toni, acquistò una voga sin-
golare. S'è tanto gridato nei libri, nei giornali, e
nei Parlamenti, altro essere il catolicismo ed altro
la chiesa romana, che il detto ha ormai rivestito il
carauere di pregiudizio assai commune; e tutti co-
loro^ che 61 vantano eatolici e liberali, mettono il
loro zelo a scagliarsi contro i preti, i papi, e la cu-
ria dì Roma, nel mentre stesso che fanno l'apologia
e il panegirico del catolicismo. A udirli, è Roma,
ohe osteggia il progresso e odia la libertà; Roma,
che protegge i despoti e tradisce i popoli ; Roma, che
predicala servitù e santifica l'ignoranza; Roma, che
mantiene il sant'Officio, che ambisce il potere, che
favoreggia i frati, che trafica le coscienze; Roma, che
ha fatto della chiesa uiìa bottega, ed ha pervertito
i prlneipj e le instituzioni, spenta l'anima e la vita
del catolicismo. Roma adunque si condanni, ma il
catolicismo si assolva; morte e sterminio alla fa-
zione clericale, ma gloria ed omaggio alla catolica
religione.
Io confesso, che questo sistema anche a me, un
tempo, arrideva. Non tardai però a riconoscerne la
falsità e l'ingiustizia, appena ch'ebbi meditato più
attentamente la natura intima e l'essenza propria
lì. 19
13ft
del catolicismo. Qui pertanto io devo in coscieaza
dichiarare, clie i papi ed i gesuiti haano ragione: il
vero catolicismo è quello che professa Roma; e il
catolicismo dei liberali è una chimera ed un assurdo.
£ poiché m'avveggo bene, che queste proposizioni
faranno inarcare a molti le ciglia, quasi fossero enor-
mi paradossi ; egli è pregio dell'opera esporle con qua-
che maggiore ampiezza, e confermarle con tutto quel
rigore di prove, che la brevità dello spazio può an-
cora concedermL
Lasciamo dunque da banda quelle dottrine^ che i
predicatori del vero catolicismo e della vera libertà
ci potrebbero contrastare; lasciamo «tar il bullarlo
e le decretali, il socialismo e la democrazia. Noi Ut
miteremo espressamente la nostra disamina a quei
pochi principi, che non può non ammettere chiunque
professai! catolicismo, per quanto lo voglia puro, an-
tico, evangelico; e la libertà, per quanto la bramì
discreta, onesta, e moderata.
Cominciamo dal dogma. Chi abbia una nozione ap-
pena elementare del catdicismo e della libertà, non
potrà dubitare, che sieno artìcoli essenziali al primo
ì dogmi del peccato originale, della grazia, e della
redenzione; ed alla seconda, i principj di giustìzia e
di eguaglianza civile. Ora questi dogmi e questi prin-
cipi si escludono a vicenda.
La dottrina catolica del peccato originale che cosa
ci rappresenta?
. 1.*" Un Dìo, il quale di sua piena e spontanea vo-
lontà colloca l'uomo nell'occasion di peccare, ben-
ché, preveda che in effetto peccherà; — un Dìo, il
quale per suo mero arbitrio abbandona l' uomo a sé
stesso e lo lascia cadere in peccato, benché possa
preservamelo co'i suo soccorso; — un Dio, il quale
condanna l'uomo con tutta la sua discendenza alla
1S9
miseria^ al dolore, td al pianto, benché stia in luì
di renderlo felice per sempre.
d^"" Un nomo, clie per ayer mangiato un pomo viene
punito c<Hi le pene più gravi, più lunghe, più atroci,
che potessero imaginarsi dal genio stesso del male;
— un uomo, che è punito da Dio per una colpa, a
cui Dio medesimo Tha esposto; — un uomo, che Dìo
punisce per una trasgressione^ da cui Dio stesso po-
tendo non volle salvarlo.
8.*^ Una serie innumerabile d'uomini, i quali sono
tutti rei ancora prima di nascere; — i quali na--
scono tutti guasti, perversi, corrotti d'anima e di
corpo, senza nemmeno la possibilità d'una loro colpa;
*— 1 quali in pena di questa colpa, che non hanno
commessa e non potevano eommettere, vengono puniti
con ogni sorta di mali in questa vita, e con l'inferno
neir altra.
Ora questi principi, che nessun catolico, sotto nes-
sun pretesto, può revocare in dubio, sono il rove^
scio d'ogni equità e d'ogni giustizia. Al tribunale
della coscienza umana, il primo, anzi l'unico reo, in
tutta questa tragedia, sarebbe Dio; il quale nonme^
riterebbe più il dolce nome di padre, nm l'esoso ti^
tolo di tiranno. Ponete in luogo di lui un uomo;
portate la sua causa davanti al giudizio di tutti i
popoli civili; e tutti lo condanneranno siccome H
più iniquo, spietato^ e disumano genitore, che abbia
mai contristato il mondo e disonorata la natura. Lo
condanneranno, perchè non assicurò la felicità a'suoi
figliuoli^ perchè punì una leggerezza con pene, che
sarebbero eccessive od esorbitanti per qualunque più
enorme delitto; perchè punì e seguita a punire l'in-
nocenti.
Applicate alla società le leggi, con cui si governa
Il Dio del catolicismo: che ne risulta? La libertà?
Ko; il despotismó. Né risulta il diritto del superiore
146;
a tradurre in legge 11 proprio capriccio; ad infiigiere
le pene più crudeli ed orrende per un minimo fallo;
a sfogare la sua vendetta contro T innocenti mede-
simi, senz' altra norma che il proprio furore. Ditemi
ora, quale sta la libertà possibile, *doye regna e go-
verna un'autorità cosi fatta?
— Ma la giustizia di Dio non è quella degli uo-
mini; e nessun principe della terra potrebbe arro-
garsi i poteri, che competono a Dio solo. — Dun-
que vi sono due specie diverse di giustizia? V'ha
dunque una giustizia per la religione, ed un'altra
per la società? Ma allora si getta il disordine e la
confusione nelle idee, nella coscienza, nella vita; al-
lora si stabilisce un antagonismo fatale tra la ra-
gione e la fede; allora Tuna comanderà quello, che
vieterà l'altra; per quella sarà giueto ciò, che per
questa iniquo. E chi potrebbe tolerare una sì per-
versa dottrina? Anche nel senso della dottrina cato-
lìca, Iddio non solo è giusto, ma è la ste^a giusti-
zia; e quella giustizia, che si rivela naturalmente
alla coscienza dell' uomo, non è che un raggio della
medesima divinità, a quel modo che la natura tutta
è quasi un ombreggiamento di Dio. Dunque la giu-
stizia è una; ed è assurda quella divisione della giu-
stizia in divina ed umana. Ciò che la ragione di-
chiara giusto, dev'essere giusto eziandìo agli occhi
della fede; e viceversa. Ma se la religione propo-
nesse come giusto un atto iniquo, noi faremo come i
popoli civili e li uomini onesti sogliono fare; ed ante-
porremo la voca spontanea dell'Umanità ai misteriosi
oracoli dei preti. Né vale il dire, che l'uomo non
possa arrogarsi i poteri di Dio; giacché non si tratta
qui dì fare tutto quello che può Dio, ma bensì d' i-
mìtare nelle debite proporzioni il suo esempio, e di
operare secondo la legge, ch'egli medesimo osserva.
Ammessa dunque la teodca del peccato originale per
Ul
base della religione, il prìncipe stìmerasHÌ arbitro
d'imporre ai sudditi le leggi che vuole» di punire chi
vu(^,e di punire come, quandi, e. quanto vuole; e
ne avrà il diritto 1 I sudditi staranno alla mercè di
queir autocrata, obediranno a' suoi capricci, «opporte^
ran le sue prepotenze, baceran la mano che li per-
cuote; e ne avranno il dorerei Ecco la giustìzia del
vero catolioismo.
Il dogma della predestinazione e della grazia non
repugna meao ad ogùi principio di libertà. Esso ci
mostra-:
Da parte di Dio, che Tunica legge, con. cui re^-
gola i destini dell- uomo, è il ^o proprio arbitrio»
Iddio da tutta Teternità pred&tina coloro, acuivuc^
dare la sua grazia; e questa grazia è un dono gra-
tuito, che fion suppone il merito, ma lo crea; non
è la mercede delle opere bucme, ma la cagione. Sic-
ché la virtù in questa. vita e la beatitudine nell'al-
tra sono un favore, che Dio grattutamente accorda
a' suoi eletti, ed arbitrariamente nega a tutti lì altri.
Da parte dell'uomo, che il solo carattere, per cui
si diff^enzìano i buoni dai malvagj, i santi dai re-
probi , è il privilegio della grazia di Dio. Perocché
nascono tutti rei egualmente e perdati; ma. da que-
sta maaaa di perdizifme (è la frase tecnica del cato-
iici^oQO) Dio ekgge quelli, che vuole salvare, e li
salva; sa che tutti lì altri in&Uiblimeiite si danne-
ranno, e lascia che sì dannino a loro posta. Laónde
son buoni e santi coloro soli, che Dìo ha predesiì-
nati ed eletti ad essere buoni e sanU; reprobi e mal-
vagi s<>Q 1^^^ coloro, a cui Dio non ha decretata la
bontà e la santità, cioè la sua grazia efficace ed on-
nipotente.
— Ma se sì dannano, è ^Ipa loro e non di Dìo,
il quale li punisce dei delitti, che liberamente hanno
1»
commeseò. «— No, tutta la colpa sarebbe di Dio; sa-
rebbe sempre Dio l'autore primo di tutti i dritti
passati e futuri. Qaella grazia efficace, con cui salva
Infallibilmente 1 suoi eletti, potrebbe estenderla a
tutti 11 uomini, senza che gli costasse nulla; e pure
no *i fa: perchè? Non per alcun loro demerito, giac-
ché la grazia è un dono tutto gratuito; e nel si*
stema catolico dell' eterna salute, essa non dipen<]te
punto dalle opere, buone o cattive, dell' uomo, ma
solo dal libero decreto di Dio. Dunque no'i fa, uni-
camente perchè non vuole; dunque tutte le colpei,
che si commettono nel mondo, sono moralmente im-
putabili a Dio, perchè è desso che potrebbe tutte
impedirle senza ledere^ minimamente il libero arbi-
trio degli uomini ; ed invece trova maggior gusto e
compiacenza a lasciarli peccare, per; aver poscia la
compiacenza ed il gusto di vedere 1 suoi fuftj a bru-
ciar vivi per sempre nelfe fiamme sem^àternel —
D'altra parte, senza la grazia Tuomo non può fare
alcun' opera meritoria; non può^nè anche concepire
un buon pensiero; non può vincere tutte le tenta-
zioni del demonio; non può domare tutte le prave
concupiscenze del suo cuore; e molto meno può,
senza un privilegio specialissimo, perseverare nel
bene sino alla fine. Dunque senza la grazia di Dìo
l'uomo indubitatamente cadrà, poiché le forze del
suo lìbero arbitrio non gli bastano per adempire
tutti i suoi dovari; dunque al libero arbitrio la giu-
stizia non può rigorosamente imputare i falli del-
l'uomo, polche nessuno è tenuto all'impossibile, nes-
suno è reo di mancare ad una legge che non può
osservare. Così Dio punisce nei -reprobi quelle col-
pe, di cui è egli stesso il promotore ed il reo prin-
cipale.
— E che? Dio non ha oblighi verso nessuno. A
cui dà la sua grazia, fa un beneficio; ed a cui la
143
nega, non fa ìngmsUzftì veruna. — Ma questa è una
morale, di cui dovrebbero vergognarsi lì stessi bruti.
Un padre non ha oblìgo nessuno verso dei figlj, che
mette al mondo li... E son uomini, ed uomini reli-
giosi, coloro che c'insegnano queste belle dottrine?
Che Dio non fosse obligato a creare, passi pure; ma
creato che abbia, la giustizia interviene a stabilire
le- mutue relazioni frar il creatore eia creatura, come
fra il padre* ed i figlj. I figlj contraggono certi do-
veri, ma acquistano insieme certi diritti ; perchè do-
vere senza diritto non può concepirsi. E similmente
il padre consegue alcuni diritbi, ma assume nello
stesso tempo alcuni doveri; perchè non può darsi
diritto- senza dovere. Dunque Iddio è tenuto di fare
alle sue creature tutto- il bene, di cui egli abbia fa-
caltà,edesse bisogno. Esse hanno- bisogno della gra-
zia per divenire felici; ed egli possedè un tesoro di
grazia infinito, inesauribile: dunque Iddio è obligato
ad assistere tutti li uomini con una grazia tale, che
basti in realtà, e non di solo nome, a salvarli, ed
effettivamente li salvi. Tanto più che Dio non può
addurre la scusa, che se ne rendano indegni per
colpa loro ; giacché la grazia può sicuramente pre-
venire qualunque colpa, e preservare ognuno da qua-
lunque fallo : dunque Iddio lo dee fare. Così pre-
scrive la ragione e la giustizia. (Ma alla giustizia e
alla ragione del catolicismo che importano mai le
leggi della coscienza umana? Il catolicismo invece
adora un Dio, che si tiene sciolto da qualsiasi obli-
gazione verso degli uomini che ha creato; un Dio,
che nella sua immensa famiglia predilige [quei po-
chi eletti, e li colma di beni, di meriti, di doni, per-
chè li vuole salvi e beati; e odia tutti li altri, li
chiama reprobi, li lascia intristire, perdersi, dan-
narsi, perchè non li vuole con sé ift paradiso!
Trasportate nell' ordine sociale il dogma della pre-
144
des,t inazione e della grazia: che ne deriva? La li-
bertà? No; il privilegio. La gran massa degli uomiai
nasce dannata a servire e patire; non ha diritto ve-
runo di lagnarsi. Ma vi sono i pochi eletti, che Dio
manda su la terra per comandare e godere: ad essi
ricchezze, onori, poteri, felicità, ogni bene. Che cosa
sono adunque le nazioni? Sono mandre da pasco-
lare, da tosare, da mungere, da aggiogare, da trafi-
care, in servigio di quei fortunati , che Dio prede-
stinava a governarle. Tale è Tordine naturale e
r instituzione divina della società : chiunque presume
di turbare quell'ordine, è ribelle e sedizioso; chlun-
que tenta di riformare queirinstituzione, è un empio,
un sovvertitore: i principi han diritto e dovere di
sterminarlo dal mondo, i preti han dovere e diritto
di condannarlo air inferno. Ecco la vera libertà del
. catolicismo.
Alle medesime conseguenze ne conduce il dogma
della redenzione. Vediamo qui un redentore,^ che fin
da principio poteva riscattare!' uomo dalla schiavRu
del demonio; ed aspetta invece quattromille anni, e
lascia intanto un numero sterminato di generazioni
umane correre il sentiero della perdizione. Vediamo
un redentore, che prima delia sua venuta concentra
tutte le proprie cure in una sola famiglia; indi in
un popolo solo; ed abbandona tutto il resto del ge-
nere umano al suo destino. Vediamo un redentore,
che mentre a parole si dice venuto e morto per tutti
li uomini, in effetto poi viene e muore solamente
pe'suoi eletti; giacché adessi soli applica realmente
i meriti del proprio sangue: ad essi la conoscenza
della vera chiesa, la predicazione dell'Evangelio, il
privilegio del battesimo e degli altri sacramenti, la
grazia insomma, quella grazia efficace, che è V unica
via di salute, e senza di cui tutte le altre grazie non
bastano giammai a salvare. Così dopo la redenzione
dura tuttavia l' iniquo sistema di prima; v'ha solo
una certa differenza di numero, poiché adesso i pri-
vHegiati sono più clie li ebrei: ma infine il numero
dei reprobi fu ed è sempre incomparabilmente mag-
giore che quello degli eletti.
— E nondimeno i reprobi sono rei, perchè ri-
gettano il beneficio della redenzione; onde è giu-
sta la pena, che li colpisce. — No; è sempre ini-
qua la pc^na, è sempre colpevole Iddio. Nessuno ri-
getterebbe il beneficio della redenzione, se Dìo vo-
lesse davvero estenderlo a tutti; poiché egli ha in
sua mano il cuore di tutti, e lo può muovere e pìcr
gare con la grazia ad ogni suo volere: al sno vo-
lere non é chi possa resistere. Dunque se i più gli
resistono, egli é perchè i più mancano della sua gra-
zia. — Oltre di che, ci vuole un'anima di sasso,
come l'hanno i teologi, per sostenere che chiunque
non è catolico, è reo, perchè rifiuta colpevolmente
la redenzione. Rifiutano dunque la redenzione tutti
quei popoli dell'Asia, dell' Africa,'deir America, del-
l'Oceania, che non han mai sentito parlare né di
Cristo, né di chiesa? che non sospettano neanche
possibile una religione diversa dalla, loro? che non
han mai concepito il minimo dublo contro la verità
della loro fede? Ma questi preti, che provano tanta
compiacenza a trattar l' interessi del diavolo; questi
vescovi, che tengono con tanta esattezza i registri
dell' inferno; questi papi, che alzano con tanta so-
lennità un tribunale per l'altro mondo: che sareb-
bero mai, se in luogo d'essere nati ed allevati in
Europa, avessero sortita la culla e l'educazione in
mezzo a genti barbare, selvagge, idolatre? E che di-
rebbero di quell'uomo o di quel Dio, che volesse con-
dannarli per essere, nati in una parte, anziché in un'al-
tra del globo?
IM
^ Non si deve ad ogni modo imputar a Dio là
perdita di nessuno; poicliè Dìo vuole, quanto è in
sé, la salute di tutti, e Cristo per la salute di tutti
ha dato egualmente il sangue e la vita. — Dete-
stabile sofisma l Non è vero, che Dio facia quanto
è in 9è per salvare tutti li uomini; giacché se facesse
davvero quanto è in sé, tutti sarebbero salvi. Non è
vero, che Cristo siasi egualmente sacrificato per tutti
li uomini; giacché altrimenti tutti andrebbero salvi*.
Ma il catolicismo ha decìso, che ben pochi si salva-
no; dunque ben pochi sono coloro, che Dio voglia
salvare, e per cui Cristo abbia data la sua vita. lur
somma, o la volontà di Dio intorno alla salute dBglì
uomini é una sóla e medesima verso dì tuttr, o no.
Se sì, dunque non v' ha più distinzione alcuna di
reprobi e d'eletti, e tutti devono salvarsi. Se no,
dunque Iddio è parziale, ingiusto, tiranno; dunque
alcuni li vuole salvi in realtà, ed altri solo in appa-
renza; dunque il sacrifìcio di Cristo redime quelli e
non questi; dunque tutti 1 dannati hanno il diritto
dì gridare a Dio: siamo reprobi per cagiontual —
Conchiudiamo. 0 Dio può salvare tutti,.e non vuole;
0 vuole, e non può; ò non può, e non vuole. Nel
primo caso, egli è inìquo; nel secondo, imbecille; nel
terzo, imbeclile insieme ed iniquo.
Trasferite ora nelle ìnstìtuzìoni sociali la teorica
della redenzione: che ne consegue? La liberta? No;
sempre il despotismo ed il privilegio. Le riforme ci-
vili dovran sempre farsi a piacimento di chi è alla
testa del popolo, e sempre accommodarsi in guisa
che riescano propizie e vantaggiose a' suoi eletti. Che
importa a lui dì tutti li altri? Non sono tutti re-
probi, destinati da Dio medesimo a rendere testimo-
nianza dell' ira sua, e ad incutere il terrore de' suoi
arcani giadizj? Soffrano dunque, e si rassegnino; la
giustizia di Dio vuole così I Ecco la t?«r<» libertà dei
vero catolicismo.
147
I>a queste considerazioni racoogliesi evidentemente,
che Topposizione fra il catolicismo e la libertà ha le
sue radici profonde nell'essenza stessa di ambedue.
Perocché sono essenziali al catolicismo i dogmi del
peccato originale, della grazia, e della redenzione,
come alla libertà sono essenziali i principj di giustizia
e d'eguaglianza civile. Togliete quei dogmi, e il ca-
tolicismo non è più: cancellate questi principj, e la
libertà scomparisce. Ma se quei dogmi catolici si am-
mettono, bisogna negare questi principj; bisogna
sostituire, cioè, al diritto Tarbitrio, alla giustìzia la
prepotenza, alFeguaglianza il privilegio. Ed airincon-
Irò, posti i principj liberali, convìen negare quel
dogmi; ossia convien asserire, che il peccato origi-
nale è un mito, la grazia un errore, la redenzione
una leggenda; conviene credere, che il Dio del cato-
licismo stava bene a capo delia-società feudale, in cui
i popoli, come le famiglie, non aveano altre leggi
che l'autorità di un. despota, la fortuna della nascita,
il privilegio della forza; ma è inetto a reggere la so-
cietà moderna, che vuol essere ordinata su i principj
della giustizia e del diritto naturale.
— Ma qual influenza possono mai esercitare su la
politica quei dogmi astrusi, di cui disputano fra loro
i teologi, mentre li uomini di Stato non se ne cu-
rano punto? Perchè mai si dovranno applicare al
governo dei popoli quelle leggi arcane, incompren-
sibili, con cui Dio provede alle sorti dell'Umanità?
La religione prescrive bensì di adorare umilmente
quei segreti consiglj di Dio; ma non ha mai preteso
di assegnarli per fondamento air ordine sociale. —
Questo ragionamento, che ci tocca d'udire così di
frequente dai catolici liberali, contiene e in diritto
ed in fatto la loro condanna. In fatto; poiché rico-
noscono, che 1 principj del catolicismo non sono più
U legge di verun popolo; vàie a dire, che nessun
148
popolo merita più il nome di catolico. In dirlUo:
poiché confessano, che i dogmi del catolicismo ap-
plicati al governo non potrebbero conciliarsi co' prìn-
cipi di libertà; cioè a dire, che chi non voglia rine-
gare la libertà dee rinunciare al catolicismo. E non
è questa precisamente la doppia tesi, che noi soste-
niamo?
Del resto, coloro che non apprezzano e noD capi-
scono r influenza pratica dei dogmi su le leggi e ie
instituzioni sociali, mostrano di conoscere assai poco
la natura e la potenza speciale della religione. Certo
quell'influenza oggidì è nulla, ce'l sapiamo; perchè
quei dogmi non si credono più. Ma quando vìvesse
la fede nel cuore dei popoli e dei governi; quando
governi e popoli prestassero il dovuto ossequio alla
parola di Dio e de' suoi ministri, e di questa pa-
rola divina facessero tutti la regola suprema, unica,
inviolabile della loro condutta: ohi allora l'influenza
del dogma su la vita privata e publica sarebbe, non
che manifesta e sensibile, ma universale e assoluta.
Allora le leggi della vita umana dovrebbero se-
guire fedelmente, come un ideale, Fesempio di Dio;
allora le nozioni del dovere e del diritto, le norme
dell'equità e della giustizia dovrebbero dedursi dal
volere di Dio; e ad esso dovrebbero subordinarsi im-
preteribilmente la coscienza e la ragione, la mente
ed il cuore, tutto l'uomo insomma e tutta la vita.
Tal è la natura della fede e della religione, che il
sentimento religioso prevalga a tutte le altre facultà,
e le muova, le diriga, le domini, le signoreggi tulle.
Laonde, o non esiste catolicismo, o il sentimento ca-
tolico avrà il predominio, e co '1 sentimento le cre-
denze, e con le credenze i dogmi.
Sono dunque zimbello di una strana illusione co^
loro, che s'affaticano a persuadere la chiesa della
necessità di riformare le sue instituzioni, e di accom*
149
làodarle via via' all' Indole e air esigenze del tempi.
Tanto varrebbe il consigliarle dì occidersi e sepelirsi
con le proprie mani ; che le inslituzioni del catoli-
cismo stanno al dogma, come i sensi allo spirito, il
corpo airanima; la riforma delle une importerebbe
la correzione dell altro. Ma il dogma non si corregge.
Egli è quello che è: s'accetta o si rifiuta, si crede
0 si nega; ma riformarlo, correggerlo come che sia,
è un assurdo. 1 catolici adunque, che osano raccom-
mandare alla chiesa questo assurdo, toccano vera-
mente la cima del ridicolo, e non san quello che
fanno. La chiesa ha miglior senno di loro. Essa, co-
noscendo meglio le condizioni della sua esistenza,
rimane inflessibile; ed ha ragione. Dichiarail dogma
perpetuo, eterno, immutabile; e dice beneri^roclama
altamente in faccia al mondo, agli amici ed ai nemici,
il suo dilemma: tutto, o nulla; e fa benissimo. La
sua fede è una come il suo Dio: chi adora questo,
professi quella. Ma chi vuole modificare la fede della
chiesa, abbandoni prima il Dio del catolicismo, e se
ne cerchi un altro: con un altro Dio solamente è
possibile un altro dogma.
Passiamo alla morale. Le leggi del dovere vengono
determinate dal concetto generale della vita; onde
quei sistemi, che porgono della vita un^ opposto con-
cetto, dovranno eziandio proporre una morale di ca-
rattere opposto. Ora, secondo la morale del catoli-
cismo, che cos^è la vita umana? È un'espiazione ed
un regresso.
Le presenti condizioni della vita non sono quali
Dio le avea da principio stabilite. Egli creava Fuomo
neirinnocenza e nella felicità; ma l'uomo peccando
rìbellavasi a Dio, perdeva sé stesso con tutta la sua
progenie, la natura umana corrompevasi, ed all'in-
nocenza succedeva la colpa, alla felicità la miseria.
150
Colpa e miseria sono adesso le due condizioni nata^
rali dell' Umanità. La missione della vita è danqué
chiara e precisa : soffrire la miseria per espiara la col-
pa; luttare contro sé stesso per ritornare a Dio«
L'uomo deve consacrare la sua terrestre esistenza a
riparare il male, che ha contratto dalla natura: ha
perduto il paradiso, e dee riconquistarlo; si è sepa-
rato da Dio, e dee ricongiungersi a lui.
Ammessa questa teorica della vita, le leggi morali
si compendiano tutte in una parola, che il catolici-
smo stesso inventò per suo proprio uso: mortifica-
zione. Perciocché due sono li ostacoli capitali, che
s'attraversano alla missione dell'uomo catolico su la
terra: l'uno esterno, i sensi del corpo; e l'altro in-
terno, le^^sioni dell'animo. I sensi, solleticati dal
piacere, repugnano al patimento; le passioni, eccitate
dall'orgoglio, repugnano all'umiliazione. Dunque mor-
tificare il corpo sarà il rimedio contro le tentazioni
dei sensi, e mortificare lo spìrito sarà il rimedio
contro i movimenti delle passioni.
Così tutta la morale del catolicismo consiste in
una guerra dell' uomo contro sé stesso. Guerra al
proprio corpo; e quindi vietato il piacere e prescritto
il patimento; quindi l'eccellenza della povertà, del
celibato, della solitudine, dell'infermità, del digiuno,
del cilicio, della flagellazione, della morte; quindi i
pericoli dell'agiatezza, del matrimonio, del commer-
cio, della società, della sanità, dell'allegria, della vita.
Guerra al proprio spirito; e per ciò obllgo di soffo-
care le passioni e distaccare l'affetto da ogni cosa
creata; per ciò santa l'obedienza cieea, meritoria
l'ignoranza, gloriosa l'umiliazione, bella l'indifferenza,
ottima l'apatia ; per ciò nocevole Tindipendenza, la
libertà, la prosperità, la scienza, la gioja, l'amore. Il
sorriso stesso della natura» la magnificenza del cielo,
la vaghezza dei fiori , l' amenità dei compi , 1^ subii-
mila delie montagne, sono pericoli e tentazioni,
quando altri non se ne valga per lodare e adorare
il creatore. Morto così Tuomo a sé stesso ed al mondo
per la mortificazione del corpo e dello spirito. Dio
solo dee vivere in lui, come principio, oggetto, e fine
di tutti i pensieri della sua mente, di tutti li affetti
del suo cuore, di tutti li atti della sua persona.
La morale catolica pertanto stabilisce un vero
dualismo nel cuore stesso di ciascun uomo. Da un
lato v'è il corpo, a cui essa dà il nome di carne ;^
e Tinstinto, ch'essa denomina concupiscenza: dall'altro
la volontà e la grazia. Quindi una parte dell'uomo
deve odiare e combattere Taltra, senza possibilità o
speranza di tregua e di pace. 11 merito dell'uomo
consiste nel servirsi della propria volontà per tor-
mentare il proprio corpo, e della grazia di Dio per
domare Tinstinto della natura. Il catolico sarà per-
fetto, quando una metà di lui sia giunta ad ammaz-
zare r altra metà di sé stesso 1 Ecco la perfezione
morale del catolicismo.
Sembrerà forse a più d'uno, che abbozzando que-
sto quadro io miri a far la satira della chiesa, e
massime del suo clero; il quale generalmente mena
una vita tutta contraria; e se pure talvolta parla
ancora di mortificazione agli altri, per sé ha scelto
li agj, le ricchezze, li onori, il bel tempo. Tuttavia
una volta non era così; e li eroi, che esso venera
su li altari, hanno tutti praticata fedelmente quella
legge: chi in un modo, chi in un altro, tutti spe-
sero la loro vita a disfare e distruggere sé stessi.
Ma io devo prescindere affatto da ogni questione di
pratica e di storia. Che il clero osservi, o no, la
morale della sua religione, l'argumento non varia
punto. Non è perciò men vero,^ che il carattere es-
senziale della morale catolica é la mortificazione; e
che questo carattere è una conseguenza rigorosa
1¥2
della dottrina catolica, che fa della vita umana una
espiazione ed un regresso.
Ora la vita umana, nel sistema della libertà, non
è né regresso, nò espiazione. Non espiazione, perchè
l'uomo nasce innocente ; e le miserie, a cui va sug-
getto, sono condizioni della sua natura, e non pene
di una prima colpa de' suoi progenitori. Non regresso,
perchè la felicità è lo stato finale, e non lo stato pri-
mitivo deir Umanità. La vita adunque è un' educa-
zione ed un progresso.
Da questo concetto nasce tutto un sistema di mo-
rale, opposto a quello del catolicismo. Esso non ha
per legge la mortifìcazione, ma il perfezionamento:
non prescrìve di ammazzare lentamente il corpo con
tribolare i sensi, e T animo con estinguere le pas-
sioni; ma ordina di adoperare cosi i sensi come le
passioni allo sviluppo ed al perfezionamento di tutte
le facuUà, che costituiscono la propria natura. E
questa legge importando l'armonia in tutte le facultà
e l'ordine in tutti li atti, contiene e fornisce da sé
la regola, che dee dirigere l'uso dei sensi ed il go-
verno delle affezioni. Autorizza dunque i piaceri, e
solo ne proscrive l'abuso; approva le passioni, e ne
vieta solo il disordine. Cos'i quello stato, che il ca-
tolicismo esalta come una perfezione, la libertà lo
abomina come un doppio suicidio, fisico e morale;
quella legge, che il catolicismo venera quasi un'etica
divina, la libertà la condanna per un attentato alla
dignità ed alla natura umana.
Se dagl'individui volgiamo lo sguardo ai popoli ed
alle nazioni, l'antagonismo fra la morale della libertà
e quella del catolicismo acquista un rilievo sempre
maggiore. Un governo, nel senso catolico, è tanto
migliore quanto più agevola, favorisce, e promuovo
la salute eterna dei cittadini. E poiché Tunica via
^ rj3
di saluta è la mortificazione, i popoli saranno tanto
meglio governati quanto più sarà umile, dura, mi-
serabile la loro esistenza; e quanto saranno più se-
véri li editti e più gravi le pene, che li obligheranno
ad osservare la loro religione. Dunque tutti i diritti
civili, politici, e sociali di un popolo catolico si ri-
ducono ad un solo: obedienza. Che importa a lui la
nazionalità, la libertà, l'indipendenza, Tonore, la gran-
dezza, la gloria? A salvarsi Tanima non occorre nes^
suna di queste diavolerie; dunque ne può far senza
allegramente.
Anzi la gloria, la grandez^, Tonore nazionale po-
trebbero invanirlo, potrebbero distrarlo, potrebbero
Inspirargli qualche affetto alle cose del mondo: Tin-
dipendenza, la libertà, la nazionalità potrebbero su-
scitargli qualche pericolo, sbrigliare un po' le pas-
sioni, allentare il giogo della schiavitù, mitigar il
rigore della mortificazione. Tutte queste cose, insomma,
lungi dal giovare, nuocerebbero più o meno, ma si-
curamente nuocerebbero alla salute dell'anima; dun-
que non solo le può trascurare, ma le deve aborrire.
E la patria? La patria del catolico è il cielo., Per
lui, la terra non è che un esigilo; e fra i varj luo-
ghi egli amerà di preferenza quello, dove il salvarsi
riesca più facile e più sicuro.
E lo straniero? Straniero, per un catolico, non
può significare altro che eretico o infedele; dunque,
purché il suo governo sia catolico, tanto vale per
lui il tedesco quanto il francese, lo spagnuolo quanto
l'italiano.
E la servitù? La servitù, a giudizio del catolico,
è il massimo di tutti i beni, quando fra lì altri gio-
ghi gì' imponga anche quello della religione; e lo
costringa, suo malgrado, a salvarsi.
E la tirannia? Una sola tirannia potrebbe inquie-
tare il catolico: quella, cioè, che facesse violenza
IL 11
]54
alla sua professione religiosa. Salvo questo punto, la
parola tirannia per lui non ha più senso. Non vede
aperte le chiese? celebrate le funzioni? amministrati
i sacramenti? spiegato il catechismo? obligatoriala
devozione? sicura Telerna salute? Dunque il suo
governo è eccellente. Che bisogno ha egli, per an-
dare in paradiso, dì stampa lìbera, dì guardia civica,
di assemblee legislative, di ministri rlsponsabilì, di
suffragio, di statuto, di scuole? Che si curino dì que-
ste facende coloro, che sono attaccati alla terra, è
giusto; ma che ci badino coloro, che han li occhi
fissi unicamente in cielo, è assurdo. 11 tipo della na-
zione catolica è il convento e il monastero (1).
— E pure, fra le stesse nazioni catoliche non se
.n*è mai veduta alcuna praticare queste massime
esorbitanti. — Vero; ma perchè? Perchè non ci. fu
mai una nazione, che potesse dirsi, a rigore dì ter-
mini, catolica. Spesso non era buon catolìco il go-
verno, il quale volea servirsi della religione, in luogo
di servire a lei. Vera poi sempre un numero consi-
derevole dì cittadini non buoni cattolici, i quali in
luogo dì attendere alle cose deireternìtà, pensavano
al mondo, alla patria, alla politica; e non lasciarono
mai che Tìdeale catolìco s'effettuasse. Ma, ripeto, qui
sì tratta di sistema, e non dì storia. Dato un popolo!
in cui ciascun individuo, così del governo come dei
sudditi, fosse un perfetto catolico, o secondo lo stile
della chiesa, un santo; dovrebbe, sì o no, regolarsi
a quel modo ch'io ho descrìtto? Ecco il problema.
I primi elementi della morale catolica ne han soiq-
ministrato una soluzione, che parmì certissima ed
evidente. E senza bisogno d'altre prove, io ne ap-
pello all'esperienza commune. Tutti conoscono qual-
cuna dì quelle povere creature, che nel codice cato-
(I) V. noussEAU, Co i:na sodai, Uv. IV, di VII?.
155
lieo si chiainano santi. Ora componete col pensiero
tutto un popolo di santi; e poscia ditemi, se vi sa-
rebbe al mondo un gregge più docile, più sottomesso,
più schiavo di quello.
Egli è dunque manifesto, che progresso e cato-
licismo sono i due termini più contradittorj, che
rumano linguaggio abbia potuto inventare. Contra-
dittorj nel fatto; perchè, secondo la teorica del pro-
gresso, l'Umanità migliora co 4 procedere dei secoli;
laddove, secondo quella del catolicismo, invecchiando
peggiora. Contradittorj nel principio: in primo luogo,
perchè il progresso colloca la meta dell'Umanità nel-
l' avvenire, e quindi ripone il suo perfezionamento
nell'andare avanti; laddove il catolicismo ne fissa la
meta nel passato, e però mette il perfezionamento nel
tornar indietro: in secondo luogo, perchè il progresso
considerando la vita come un* educazione naturale,
reputa un bene ogni miglioramento che si porti alle
condizioni dell'Umanità, ogni sollievo alle sue mise-
rie, ogni rimedio a' suoi dolori, ogni aumento alla
sua agiatezza, ogni grado d'intensità e di felicità alla
sua esistenza; laddove il catolicismo tenendo la vita
per un'espiazione, stima quel miglioramento un peri-
colo, quel sollievi una disgrazia, quel rimedio un
danno, quel!' intensità e felicità d'esistenza' una ten-
tazlon della carne ed una vanità del mondo. È dun-
que un bene pe 1 progresso ciò, che pe '1 catolicismo
è un male; l'uno rrfuge ed odia ciò, che l'altro
desidera ed ama; quello saluta come una fortuna ed
una gloria ciò, che questo deplora come una sventura
ed un castigo divino.
Si sdegnarono molti, eziandio catolici, or fa pochi
anni, contro di papa Gregorio, perchè interdiceva
ne' suoi Stali le scuole infantili e le strade ferrate;
gridarono contro de' gesuiti, perchè maledicevano dai
pergami alle scuole, alle strade, ai ricoveri di men-
196
dicità; e derisero ullfmamenle T arcivescovo dr Be*
san^on, perchè denunciava il vapore siccome un fla-
gello, che Dìo avea inventato per punire ì tavernaj.
Ma li sdegni, le grida, le beffe di costoro mostrano
solamente, ch'essi ignorano affatto il vero spìrito del
catolicismo, il quale invece avea rinvenuto ì suoi
degni interpreti neirarcivescovo, nella Compagnia, e
nel papa. Quei ricoveri, quelle strade, quelle scuole
sono un progresso; e volete che il catolicismo Fam-
metta? Sono un elemento di prosperità; e domandate
che il catolicismo Tapprovi? Sono una fonte di pia-
ceri; e sperale che il catolicismo Taccetti? Sono un
aumento di ben essere; e pretendete che il catolici-
smo r autorizzi? Fate in prima, eh* esso deponga e
muti il concetto che ha della vita umana; e poi po-
trete aspettarvi da lui un altro contegno : altrimenti,
vane e folli lusinghe 1
Vero è, che ultimamente parecchi vescovi si lascia-
rono condurre fino a benedire pontificalmente le
locomotive; che il nuovo arcivescovo di Genova
encomiò nella sua prima pastorale le scuole infantili;
e che il papa finalmente permise ne' suoi Stati la
costruzione delle ferrovie. Ma questi fatti provano
una cosa sola; ed è, che oggimai non sono più ca-
tollci nemmeno i vescovi, nemmeno il papa. Docu-
mento importantissimo, da aggiungere a tutti li altri
per autenticare il trionfo universale del catolici-
smo!... E v'è ancora ehi ardisce 'negare la realtà e
l'efficacia dei progresso? Han progredito i vescovi,
ha progredito il papa: chi adunque, chi potrebbe
più resistere al movimento e starsene fermo al suo
posto?
Oltre il dogma e la morale, altro elemento costi-
tutivo del catolicismo è la gerarchia; e la gerarchla
catolica, non meno che la morale ed il dogma, repu-
157
gim essenziarffietìte ai prìncipi della libertà. Sceve-
ratela da tutti r iniqui privilegi, che i vescovi e i
papi si usurparono; riducetela alla purezza, alla sem-
plicità maggiore che possiate imaginarvi: apparter-^
ranno sempre alla gerarchia catolica, per divina in-
stituzione, queste due prerogative: un'autorità irre-
sponsabile ed una parola infallibile; e per legge
divina Fuomo dovrà sottomettere a quella il proprio
volere, a questa il proprio giudizio. Può ben dispu-
tarsi, se il privilegio dell'autorità e della parola
catolica fontalmente risieda nel papa solo, o piuttosto
nell'episcopato; ma certo a qualcheduuo deve appar-
tenere, poiché senza di esso il concetto medesimo
del catolicismo svanisce. E chiunque se l'abbia, il
sistema non muta.
Esso è l'assolutismo inalzato alla sua ultima po-
tenza; giacché é la sostituzione personale e materiale
dell'uomo a Dio. Quindi le sentenze della parola catolica
sono assolute, come assoluti sono i precetti della catoli-
ca autorità: egli é Dio in persona, che pronuncia le
une e promulga li altri» L'assolutismo della chiesa è
dunque assai più rigoroso e profondo che quello d'ogni
altro governo; poiché un governo prescrive e regola
bensì li atti esterni, ma non va a penetrare nella co-
scienza e nella mente altrui, per assuggettarsi anche
i sentimenti, anche i pensieri dell'uomo. La chiesa
invece non si contenta di dominare i corpi, e pre-
tende al governo delle anime. Quando ella parla, é
l'intelletto che dee credere; quando ella comanda, ò
la volontà che deve piegarsi; dacché, come parola
divina, essa rivela all'intelletto il vero; e come au-
torità divina, essa ingiunge alla volontà il bene.
Legislatrice del vero e del bene, la chiesa ha dunque
per diritto divino la direzione suprema ed assoluta
di tutto luomo. Al catolico non rimane più veruna
padronanza di sé stesso, non de' suoi atti , non de*
158
suo! afTettl, non de' suoi giudizj ; poiché^ il mo primo
e massimo dovere si è di conformare giudizj, affetti)
ed atti alla divina autorità della chiesa.
E questa chiesa è irresponsabile ad un tempo ed
infallibile. Non havvi al mondo magistratura, che
goda della facultà di procedere contro di lei; né
tribunale, che sia competente a giudicarla. De' suoi
atti ella non dee rispondere che a Dio solo: buoni
0 rei, legitimi o arbitrar], il catolico li dee venerare,
perchè non ha il diritto d'esaminarli. Delle due leggi
parimente ella non dee rendere conto a nessuno,
fuorché a Dio: giuste o inique, rette o assurde, il
catolico le deve osservare, perchè non gli è per-
messa veruna specie di resistenza.
Anche certi governi si sono arrogati li privilegio
della irresponsabilità; ma fra loro e la chiesa corrono
parecchie differenze, che vogliono essere avvertite.
L^assolutismo dei governi non è che un fatto, perchè
s'appoggia tutto alla forza; mentrecbè l'assolutismo
della chiesa è un diritto, perchè nasce da un dogma.
1 governi dicono al popolo: obedisci, perchè noi
vogliamo così; la chiesa, all'incontro, gli dice: obe-
disci, perchè Dio Io vuole. Contro l'ordine dei primi
il cittadino può aver sempre un rifugio nella libertà
e nella dignità della propria coscienza; laddove con-
tro Tordine della seconda il catolico non ha scampo
veruno. L'assolutismo degli uni trova, presto o tardi,
un freno ed un castigo nell' opinione publìca dei
cittadini ; laddove quello dell'altra non teme castigo
né conosce freno da parte di nessuno. L'irresponsa-
bilità dei governi non è che politica e civile ; per-
chè, mentre sono irresponsabili per rispetto ai sud-
diti, vanno poi suggetti anch'essi all'autorità spirituale
della chiesa, o alla censura morale della coscienza
umana: ma l'irresponsabilità della chiesa è religiosa,
e quindi assoluta; la chiesa è irresponsabile verso
15D
di talli; e non esiste, né può esistere un*autorita in
alcun modo a lei superiore. Dunque T assolutismo
della chiesa è incomparabilmente più severo, più
vasto, più despolico che quello d'ogni altro governo.
— Ma r autorità e la parola assoluta del catolici-
smo riguardano soltanto li articoli di religione; che
in tutto il rimanente lasciauo ad ognuno il libero
esercizio del suo arbitrio e della sua ragione. — Ohi
coloro, che pretendono difendere l'assolutismo ca-
tolico con argumenti di tal fatta, mostrano di cono-
scere assai male il valore di questi, e la natura di
quello. Perciocché, in primo luogo, dato eziandio che
quell'assolutismo cadesse propriamente su di un ar-
ticolo solo, e ben delerminato e preciso quanto si
voglia, sarebbe sempre vero, che una prerogativa
essenziale alla gerarchia è l'assolutismo; e quindi la
nostra conclusione non avrebbe perduto nulla del
suo rigore. Trattasi qui sopratutlo di vedere, non
già se l'assolutismo catolico si estenda più o meno;
ma se esìsta, sì o no. E poiché ci si concede che
esiste davvero, a noi basla.
In secondo luogo, vorrei che mi dicessero una
volta, che cosa sia tutto quel rimanente^ che può so-
pravanzare dagli articoli di religione. Ho già fallo
altrove questa domanda, e adesso la ripeto; poiché
non essendomi riuscito mai di trovar nulla, ardd
della brama di conoscere chi, come, dove abbia sa-
puto trovare qualche cosa di residuo. Perocché li
articoli di religione, in cui alla gerarchia compete
raulorìtà irresponsabile e la parola infallibile, sono
quei due ch'essa denomina res fidei et morum, dogma
e morale. Ora io tornerò a notare:
t.** Che il decidere se una dottrina qualunque
Interessi, o no, la morale ed il dogma, spetta sempre
alla gerarchia; dunque l'obligazione del catolico ad
{ammettere i gtudizj e ad osservare le leggi della
16^
chiesa è assoIuUssima, né soffre restrizione o ecce*
2ione ^alcuna, in nessun senso, e sotto nessun ri-
spello.
2." Che il dogma abbracciando tutto l'ordine ted-
relico, e la morale tutto T ordine pratico della "(ila
umana, tulle le scienze e tulle le arti dipendono,
più 0 meno, ma dipendono tutte per qualche lato
dalla gerarchia, e massime la filosofìa, la politica, la
giurisprudenza, Feconomia publica, la storia, la fisica,
la geologia, e le altre scienze naturali. In somma, il
catolicismo riserbando alla gerarchia un'autorità in-
fallibile su 1 dogma e su la morale, la crea legisla-
trice suprema e universale della mente e del cuore,
delle idee e de' sentimenti, de' pensieri e delle affe-
zioni, delle teorie metafìsiche e delle leggi sociali; e
quindi di tulio l'uomo, di lulta l'Umanità, di tulla
la vila. Dunque il principio calolico della gerarchla,
comunque si prenda, Importa sempre il dominio asr
solulo dell'autorità su tulli li alti interni ed esterni,
cosi dell'indivìduo come della società. Ecco la vera
libertà, che si può attendere dal vero catolicismo!
— E pure, ne' bei tempi della sua giovinezza, nel-
l'età gloriosa de' martiri e de' Padri, il catolicismo
aveva una gerarchia eleltiva; i parochi e i vescovi
erano designali dal libero suffragio de' fedeli. Non è
dunque vero, che il suo caratlere essenziale sia Tas-
solulismo. — Ma, primieramente, un fatto non può di-
struggere un principio. [Dimostralo che sia, T asso-
lutismo essere il dogma fondamentale e costitutivo
della gerarchia, qualunque fatto s'alleghi in contra-
rio non prova nulla, o prova tutto al più, che il ca-
tolicismo venne meno co' fatti a' suoi slessi principj.
E se a questa illazione qualcuno dee conturbarsi, certo
non tocca a noi. — Secondamente, quel fallo vuol es-
sere considerato, non come un'instiluzione divina, ma
come un uso o abuso umano; poiché il sistema elettivo
161
a suffragio popolare repugùa essenzialmente alla costi-
tuzione organica della gerarchia, la quale procede tutta
non dal basso all'alto, secondo la frase moderna, ma
dall'alto al basso. La sua instituzlone è divina, di*
retta, e immediata. Cristo medesimo ha eletto e con-
sacrato 1 suoi apostoli, e questi i loro successori,
e così di seguito. L'autorità religiosa dei pastori non
è dunque communlcata dalla società, ma da Dio stesso,
il quale ha dato a loro soli la facultà di delegarla
ai loro vicarj ed operaj . Pertanto la missione apo-
stolica non può venir loro dal popolo, ma solo da
Dìo, 0 immediatamente, o mediatamente pel loro
superiorov L'unico officio, che richiede necessaria-
mente l'elezione, è il papato; ma l'elezione del papa
mediante il suffragio de' cardinali e de' vescovi non
preterisce punto, com'è per sé evidente, l'ordine
della gerarchia. — E finalmente, ammesso pure, qual
instituzlone organica del catolicismo, il sistema elet-
tivo a suffragio più o men hrgo, ed eziandio, se
vuoisi, universale; l'assolutismo della gerarchia ri-
mane sempre lo stesso. Perciocché relezione, in tal
caso, non tempera, nè«modifica minimamente il prin-
cipio; ma indica soltanto e determina la persona, a
cui Dio ha da communicare l'autorità suprema e
l'infallibile parola. Allora il diritto e l'officio degli
elettori si riduce a dire: il padrone delle anime no-
stre sarà il tale, anziché il tal altro. E che prezioso
diritto sia questo, che bel temperamento porti al-
l'assolutismo clericale, ognuno se'l vede. L'autorità
ecclesiastica é sempre la stessa; sempre la stessa
irresponsabilità di atti, sempre la stessa infallibilità
di giudizj;e da parte dei fedeli sempre la stessa sug-
gezione, la stessa servitù d'anima e di corpo alla ge-
rarchi^-
— i, nondimeno un fatto indubitato, che il cato-
licismo vive e prospera egualmente sotto di ogni go-
verno, liberale quanto st voglia; danqne è falso, che
la sua gerarchia s'identifichi al tatto con T assolu-
tismo, e repnghl essenzìaimenle alla libertà. — Oh!
cancellino qneW egualmente, che è nna menzogna
dinanzi alia storia, e un'eresia In feccia alla chiesa.
La ragione, per cui il catolicismo si rassegna a vi-
vere eziandio sotto di un governo libero e democra-
tico, è troppo chiara. Ridutto all'estremità o di do-
versene andare in volontario esigilo, o di adattarsi
provisionalmente alla liberlà,el s'appiglia al secondo
partito; e non fa male. Ma questo fatto prova egli
forse, che la libertà sia nei voti del catolicismo?
Dunque, perchè ì republicani, cedendo alla forza, vi-
vono in una monarchia, dovrassi conchiudere ch'essi
amino e servano i re? Se volete apprezzare l' Indole
genuina del catolicismo, vedete come si diporta nei
paesi dove è padrone, e non in quelli dove è sud-
dito e servo: andate a studiarlo a Roma, e non a
Londra, non a Bruxelles, non a Baltimora. Ovvero
supponete, che anche in questi Stati la chiesa potesse
ordinare i popoli a modo suo; ed allora l'Inglesi, i
Belgi, li Americani si godrebbero quella libertà, che
il papa con l'ajuto degli eserciti svizzeri, austriaci,
e francesi, concede generosamente al Romani. Egli è
dunque un sofisma puerile quest'argu mento di fatto,
che ci oppongono ad ogn'instante i catolici liberali.
Ci mostrino un paese, libero e democratico, il quale
abbia ricevuto il suo Statuto dalle mani del catoli-
cismo per un decreto affatto spontaneo della chiesa ;
ed accetteremo volontlerì la loro conclusione. Ma fin-
ché vediamo, che dovunque la chiesa ha comandato
e comanda, regna il despotisrao; e dove non può
comandare, quasi per instinto e bisogno la chiesa
congiura fatalmente a danno della libertà: noi per
tutta risposta li richiameremo agli elementi della lo-
gica e del catechismo.
163
— Ma non è foree il catolicismo, che ha rivelalo
&l mondo i grandi principi di morale, onde germo-
gliò bentosto, e naque, e crebbe la libertà moderna?
Non è dunque possibile, che l'assolutismo sia il
carattere proprio di quella religione, a cui va de-
bitore della' sua libertà tutto il mondo civile. —
Questo argumento, lo so, è l'ancora della speranza,
a cui tutti i catolici s'afferrano, quando sentono a
mancare ogni altro sostegno alla loro causa; ma
l'afferrano indarno. Io non intendo già di negare,
che il catolicismo, o piuttosto il cristianesimo, ab-
bia dei meriti verso la libertà; convlenmi bensì
ridurre questi meriti alla loro giusta misura. E
prima di tutto, è falso che il catolicismo abbia ri-
velato i principi della libertà. Fin dalla sua infan-
zia, fin dalia sua nascita l'Umanità li porta in seno:
nessuno gliene ha inspirato il primo sentimento,
nessuno gliene ha suggerita la prima idea; nessun
sistema, nessun simbolo se ne può arrogare il pri-
vilegio. Ogni sistema filosofico, ogni simbolo reli-
gioso, anteriore al cristianesimo, conteneva pure qual-
che principio morale, che sviluppandosi conduceva
a qualche libertà; e nella serie di simboli e di si-
stemi, che aveano educato l'uomo fino aU'apfpari-
zione dell'Evangelio, vediamo costantemente i se-
condi comprendere )a libertà meglio che i primi;
ed ì susseguenti svolgere più ampiamente i germi
di libertà, che racchiudevano li antecessori. Dunque
la storia, la giustizia, e la logica del pari condannano
la superba pretensione di quelli, che al cristianesimo
appropriano la rivelazione primitiva dei principj della
libertà civile.
E quanto alla sua influenza reale su lo sviluppo
delle idee liberali, o si parla dell'influènza ch'esso
esercitò direttamente, in virtù del proprio sistema,
e conforme alla natura e allo scopo del proprio in-
l€fc
stituto; 0 invece dell' influenza che cagionò indiret-
tamente, mediante l' applicazione clie in altri sistemi
venne fatta delle idee cristiane. La prima, per ri-
spetto al cristianesimo in generale, è nulla; e per
rispetto al catolicismo > è peggio che nulla, è con-
traria.
Cristo fondò una religione, e non un governo. La
dottrina dell' Evangelio determina solo i rapporti mo-
rali dell'uomo con li uomini e con Dio, ma non de-
finisce nulla intorno alle condizioni civili e politi^
che delle nazioni. Cristo pagava il tributo a Cesare;
li apostoli predicavano T osservanza della legge ro-
mana; ed i cristiani si tenevano obligati ad osser-
varla in tutto ciò, che non si opponeva al loro culto
religioso. Monarchia o republica, tirannide o libertà,
pe'l cristiano era tutt'uno: salvo l'esercizio della
religione, unica sua legge l'obedienza e la fedeltà
agi' imperatori. E COSI fu sempre ne'primi secoli della
chiesa, quando lo spirito del cristianesimo informava
le menti e governava i cuori dei credenti; quando
esistea veramente una società cristiana. Una religione
adunque, che dichiara espressamente di non voler
toccare in alcun moda alle cose della terra, di es-
sere indifferente ad ogni maniera di governo, e di
non chiedere altro al mondo che la facultà di ser-
vire e di adorare il suo Dio, come a lei pare; non
può dirsi,. per fermo, che abbia esercitato verun' in-
fluenza diretta ed immediata su li ordini sociali.
Se poi consideriamo il cristianesimo, non solo come
una società spirituale che liberamente professa le
dottrine dell'Evangelio, ma eziandio come una so-
cietà religiosa che dipende da una gerarchia, e ri-
conosce un potere legislativo e giudiziario; se, cioè,,
dal cristianesimo in genere passiamo al catolicismo
propriamente detto, allora la sua influenza non deve
già reputarsi inutile alla libertà, ma contraria e per-
16S
pietosa* Allora, mercè dell* autorità gerarchica, ì prin-
cipi del dogma e della morale non sono più cre-
denze libere, ma divengono leggi obligatorie; la chiesa
non è più una società spirituale, ma diventa un go-
verno civile, in cui s'incarna, si organizza, e sì co-
stituisce quell'assolutismo spaventevole, che disopra
abbiamo descritto.
Per lo contrario, l'influenza indiretta del cristia-
nesimo su la libertà fu grande e felice. Non che TE-
yangelio rivelasse idee propriamente nuove, o leggi
prima di lui affatto incognite: che non v'è in esso
né un dogma, né un precetto solo, che non sì tro-
vasse già da secoli In qualche filosofo del mondo
grecoromano, o in qualche rivelatore del mondo
orientale. L'opera di Cristo si fu di raccogliere in
uno il fiore di tutte le antiche dottrine; purgarle
(la molti errori grossolani, che le contaminavano;
mettere in piena luce il gran dogma dell'unità di
Dio; penetrare più a fondo nell'umana coscienza;
fondar in essa certe leggi della morale; esporle col
linguaggio del cuore e del popolo; e stabilire cosY
un. sistema religioso, che rispondesse meglio alle con^
dizioni, in cui versava lo spirito umano a quel tempo
che stava per chiudere un'epoca ed aprirne una
nuova. Questa nuova epoca, in virtù della legge di
progresso che governa T Umanità come la natura,
dovea portare uno sviluppo maggiore nelle forze in-
dividuali e sociali dell'uomo; e per conseguente,
giovare eziandio all'incremento della libertà. E il
cristianesimo adempì la sua missione; poiché sotto
l'influsso delle dottrine e dei costumi ch'esso pro-
movea, il vecchio sistema delle caste* si venne tra-
sformando nel governo feudale. Alla qual trasforma-
zione, che segnava un progresso maraviglioso nella
educazione dell'Umanità, contribuì potentemente il
catolicismo adottando la feudalità come l' instituzione
166
più conforme al suo geoio, ch'era un misto singo-
larissimo d'aristocrazia e di monarchia. È questo il
merito del cristianesimo e del catolicismo verso la
libertà dei popoli del medio evo.
Ma fin qui slamo ancora ben lontani dalla libertà
moderna. Essa deve molto certamente al cristiane-
simo, perchè la Riforma le andò innanzi a sgombrarle
il cammino e apparecchiarle il terreno; ma dal ca-
tolicismo non ebbe che persecuzioni e tradimenti.
Essa è figlia dell' industria, della scienza, e della fi-
losofia moderna; e naque, non per opera del catoli-
cismo, ma a dispetto di lui e malgrado tutti i suoi
sforzi per soffocarla e spegnerla nella propria culla.
Dar merito della libertà al catolicismo è cosa tanto
ragionevole, quanto sarebbe attribuirgli T origine del
protestantesimo, perchè Lutero fu agostiniano; eTo-
rlgine del razionalismo, perchè Voltaire fu scolaro
dei gesuiti. L'idea cristiana, già su'l cadere del me-
dio evo, era passata dalla curia de' vescovi nell'a-
nima de' riformatori, i quali del dogma evangelico si
fecero un*arma per demolire ed abbattere il catoli-
cismo. Ma poco stette ad abbandonare la stessa Ri-
forma ; ed oggi l' idea cristiana si è sposata senza patto
veruno alla libertà, la quale, spogliato il dogma evan-
gelico del suo mistero, e purgata l'evangelica morale
dal suo misticismo, diede un novello sviluppo alla
redenzione di Gesù, e trasformò il cristianesimo nel
razionalismo, nel socialismo, e nella democrazia. La
religione della libertà adunque sta al cristianesimo,
come stava l' Evangelio al codice di Mosè e alla teolo-
gia di Platone.
Epiloghiamo. La distinzione fra il catolicismo pri-
mitivo e il posteriore, fra il catolicismo de' Padri e
quello dei papi, fra il vero catolicismo e il falso, non
rimedia punto, làa anzi conferma ed aggrava la sua
167
opposizione con la libertà. Ridutto anche a'suoi ar-
ticoli essenziali di dogma, di morale, e di gerarchia,
li catolicismo è sempre incompatibile con ogni prin-
cipio di libertà, per quanto onesta, moderata, e tem-
perata si voglia. Dunque le conclusioni, che abbiamo
dedutte dal ragguaglio della libertà co 4 catolicismo,
sono assolute; valgono per ogni libertà, come per ogni
catolicismo; e però quadrano eziandio al vero catoli-
cismo ed alla vera libertà. Dunque il sotterfugio, a
cui s'appigliano i ca telici liberali, non è altro che un
sofisma.
Siamo ora in grado di formulare più esattamente
la risposta alla questione generale, che ci propone-
vamo nel capitolo primo. Il catolicismo può egli
dirsi la religione del secolo XIX? No, perchè nel-
l'odierna società civile esso non gode più nessuna di
quelle prerogative, che costituiscono la religione di
un'epoca data.
Il catolicismo non è più, -nell' ordine del pensiero
e della cognizione, il criterio delia verità: — oggi
la religione degli intelletti è la scienza.
Il catolicismo non è più, nell'ordine della vo-
lontà e dell'affetto, la legge della coscienza: — oggi
la religione de' cuori è la fratellanza.
Il catolicismo non è più, nell'ordine delle institu-
zloni civili, la regola del progresso: — oggi la reli-
gione della civiltà è l'eguaglianza.
Il catolicismo none più, nell'ordine delle relazioni
politiche, la norma del publlco diritto : — oggi la reli-
gione della politica è la libertà.
Né queste formule diversiiicano in sustanza da
quelle, che in altri termini ho altrove indicate. Per-
ciocché di queste quattro formule, due si riferiscono
alle condizioni interiori della vita, e due ai rapporti
esteriori della società. Ora la religione degl' intelletti
e dei cuori, o la scienza e la fratellanza, comprende
168
i prìncipj del dogma e della morale: ecco il razio-
nalismo.
La religione della civiltà, o T eguaglianza, esprime
i rapporti del cittadino co*i cittadini: ecco il so-
cialismo.
La religione della politica, o la libertà, significa
! rapporti dei cittadini co 1 governo: ecco la demo-
crazia.
E dicendo Io che tal è la religione del nostra
tempo, nessuno vorrà, spero, interpretare questa con-
clusione nel senso, ch'io tenga tutti i miei contem-
poranei per democratici, socialisti, e razionalisti di
professione. Se le idee e le credenze di un'epoca do-
vessero» indursi dall'unanimità espressa e materiale
degl'individui, qualunque giudizio riuscirebbe sem-
pre fallace; perchè l'unanimità fra li uomini amo-
ralmente impossibile. Bisógna dunque argumentarle
dallo stato e dalla tendenza generale degli animi:
stato e tendenza, a cui serve di misura e di scan-
daglio, non il numero dei sufTragj, ma il carattere
delle scienze e delle arti, delle riforme politiche e
civili, delle instituzioni economiche e sociali, e di
tutto quel movimento di idee, di sentimenti, di voli,
di tentativi, di bisogni, in cui si rivela e si ritrae
fedelmente l'anima de' popoli e lo spirito dei* tempi.
Così nel secolo II e HI potevano i cristiani afiTermare,
che il paganesimo avea finito d'esistere, sebbene fosse
ancora la religione officiale dell'impero; e che il
mondo era fatto cristiano, sebbene l'Evangelio non
regnasse ancora che nelle catacombe. E cosi la lo-
gica de' fatti e de'principj ne porta oggi a conchiu-
dere, che il catolicismo ha realmente cessato di vì-
vere, benché in molti paesi domìni ancora ; e che la
libertà è la religione dell'era nuova, benché quasi
tutti i governi sieno congiurati insieme per bandirla
dal mondo.
169»
Le formule, con cut ho riassunto ìa conclusione
generale del mio discorso, mi costringofia a dtseo^
starmi almeno nel termini dairopìnione di Giuseppe
Mazzini. In un articolo publicato daU7to/ta e Popo^
lo ai primi di febrajo (1853), e riferito in un sua
scritto Agli Ilalimi (pag. 81-84), egli confronta la
formula: Libertà, Eguaglianza, Fratellanza, da me
pure abbracciata, con la sua: Dio e il Popolo; e
chiama francese quella, e questa italiana. Prima di
andar oltre, io dirò francamente che non parmi nò
giusto, né utile questo vezzo di dare alle idee una
patria speciale. Non utile, perchè lusinga o frriu
l'orgoglio nazionale; quindi nutre e fomenta le
antipatie e le gare fra nazione e nazione^ ed accre-
sce sempre li ostacoli a quell'unione fraterna e so-
lidaria de' popoli, che è il bisogno e il voto supremo
dell'età nostra: non giusto, perchè la regione delle
idee non ha da far nulla co '1 sudo del pensatore.
Le idee non sono italiane, né francesi, né tedesche;
sono il patrimonio commune dell'Umanità: donde
che vengano, bisogna abbracciarle se vere, riget-
tarle se false. Né la ragione pertanto, né il cuore ci
possono consentire di chiamare italiana un'idea,
perchè cominciò a manifestarsi in Italia; o, che assai
peggio sarebbe, di chiamarla vera perchè italiana. E
non parmi né anche rigorosamente proprio il nome
di francese, che Mazzini dà alla formula: Libertà,
Eguaglianza, Fratellanza; poiché riconosce anch'egli,
che da oltre a mezzo secolo è dessa il simlìolo di
fede della democrazia europea e della rivoluzione
moderna; né quello d'italiana, ch'egli dà alla for-
mule : Dio e Popolo. In prima, perchè nessun auto-
revole scrittore italiano, da lui infuori, V ha ancora
adoperata; né adoperata può dirsi che l'abbiano i re-
publicani d'Italia, perché sotto quella bandiera mili-
tano, non tutti i republicani, ma i soli seguaci di
il 12
170
Maanni; e perchè i più fra questi oiedesimi aoa ìtg-
gono allro ia quel molto che la Republica, e loro
cale ben poco di tutto il resto. E poi, perchè se
dovesse battezzarsi dal luogo dove è nata, questa
formula crebbe anch'essa fraucese: e quanto, al
coucetto, che è identico a quello sanzionato dalla
Convenzione ad instanza di Robespierre; e quanto ai
termini slessi, che autori francesi, Lcrminier fra li
altri, registravano prima che fosse nata la Giovine
Italia,
Ma esaminiamo le differenze radicali^ finora poco
avverUie, e nondimeno importanti^ che Mazzini scorge
fra una formula e l'altra. « La francese è essenzialmente
» storica; ricapitola in certo modo la vita dell* Urna-
» nilà nel passato, accennando poco definitamente
» al futuro. » Questo giudizio, né quanto al passato
né quanto al futuro, non parmi esatto. La formula:
Libertà, Eguaglianza, Fratellanza, non può dirsi che
ricapìtoli la vita reale deirUmanità nel passato, per-
chè non può ricapitolarsi quello che non è ancor
esìstito ; e Mazzini per fermo non saprebbe indicarci
nessun' epoca della storia, in cui già regnasse la li-
bertà, l'eguaglianza, e la fratellanza universale. Onde
egli stesso, delineando lordine e lo sviluppo con cui
si vennero elaborando i tre elementi della formula,
parla sempre dell' tWea, non mai del fatto. Ma se la
formula non è la ricapitolazione del passato, è bensì
la legge del futuro : legge, non poco definita, ma cosi
chiara che non ha mestieri d'alcuna spiegazioue; cosi
vasta che abbraccia tutte le condizioni private e pu-
bliche della vita ; così progressiva che nemmeno col
pensiero si può oltrepassare la perfezione, che pre-
iige qual meta alla carriera deirUmanltà.
(( La formula italiana è invece radicalmente filo-
» sofica; accettando le conquiste del passato, guarda
» risolutamente al futuro, e tende a dciìnire il me-
171
j> lodo più opportuno allo avolgiraento progressivo
» delle facullà umane. » Confesso, che lutto questo
periodo è per me un enigma. In qual senso può mai
chiamarsi filosofica l'espressione: Dio e il Popolo?
Nessuno di questi due termini ha qualche relazione
particolare con la filosofia: non Dio, perchè è con-
cetto religioso, anziché scientifico; non il Popolo j
perchè è concetto empirico, anziché razionale. E come
può dirsi che quella formula accetti le conquiste del
passato? Né Dio, né 11 Popolo sono principi, che
r Umanità abbia conquistalo; ma l'uno è il simbolo
di un sentimento connaturale allo spirito umano, e
l'altro per sé non è che un fatto materiale. Come
può dunque guardare al futuro? Come tendere a de-
finire un metodo qualsiasi per lo svolgimento delle
umane (acuità ? Ho un bel ripetere a me stesso : Di»
e il Popolo ; io non ritrovo in queste parole né pas-
sato, né futuro; non ci veggo né definizione, né wi«-
lodo di sorta ; non ci sento né progresso, né svolgi-
mento di nessuna facultà: scientificamente non ci
trovo nulla; perchè Dio é un'incognita, e il Popolo
è un fenomeno di storia naturale.
» La prima esprime com[3endiato un grande fati»:
» la seconda scrive su la bandiera un principiò. La
» prima definisce, afi'erma il progresso compiuto: la
» seconda costituisce lo strumento del progresso, il
» mezzo, il modo, per cui deve compirsi. » A me
sembra tutto il contrario. La formula francese non
esprime un fatto, ma un principio; poiché i suoi
clemènti sono idee, sono verità, che hanno ancora
da incarnarsi nella storia. Essa dunque afi'erma bensì
un progresso compiuto nell'ordine del pensiero, ma
determina insieme la legge del progresso da com-
piersi nell'ordine dell'azione. All'Incontro, la formula
italiana non significa né il progresso compiuto, né
quello da compirsi; né la verità d'un principio, uè
17«
la legge d'un fatto; e Tingegno più acuto ed anali*
tico del mondo non arriverà giammai a scoprire in
quelle due voci la costituzione di uno strumento, di
un mezzo, di un modo quale che sia di progresso.
Ben ve la scorge Mazzini, lo so; ma ve la scorge
mediante un commento, che dà ai due termini un
senso tutto suo proprio. Egli continua in fatti: «Una
» formula filosofico-politica, per aver diritto e [)o-
» tenza d'avviare normalmente i lavori umani, deve
» racchiudere due sommi termini: la surgente, la
» sanzione morale del Progresso; la Legge e Vinter-
» prete della Legge. » Questa nozione della formula
|H)lit4ca, a mio avviso, è falsa. Una formula scienti-
fica non è altro che T espressione chiara e concisa,
e quasi la riduzione a minimi termini di una legge.
Ora che cosa sono, nel linguaggio filosofico, le leg-
gi? Sono i rapporti naturali e necessarj degli es-
teri. Ma per determinare questi rapporti non fa
d'uopo di assegnarne la surgente; e nessuna legge fisi-
ca, matematica, metafisica, e morale si fa dipendere
in alcuna guisa dal concetto della sua causa. Dun-
que il primo termine, che Mazzini prescrive alla for-
mula, non le appartiene. E non le appartiene né pur
il secondo, che è, giusta la sua dottrina» la sanzione
o r interpretazione della legge. In primo luogo, per-
chè la sanzione di una legge non ha che fare con la
sim interpretazione: identificare Tuna con l'altra è
distruggerle entrambe. In secondo luogo, perchè la
formula di una legge è affatto diversa e indipen-
dente dalla sua interpretazione e dalla sua sanzione;
le sono questioni d'ordine e di natura al tutto diffe-
renti: coofnnderle in una è renderle insolubili tutte.
La formula politica adunque non deve esprimere al-
tro che la legge sociale, ossia i rapporti naturali e
necessarj de' cittadini verso la nazione, e delle na-
zioni verso l'Umanità, hdi surgente poi e la sanzione
17S
di questa legge sono due problemi da parte, gra-
vissimi e importantissimi quanto si voglia, ma in-
dipendenti dalla formula. Dunque allorché Mazzini
soggiunge: <t Questi due termini mancano alla for-
2> mula francese; costituiscono r Italiana;» pronuncia
senz'accorgersene il più grande elogio di quella, e
la più severa condanna della sua.
a La surgente, la sanzione morale della Legge sta
» in Dio, cioè in una sfera inviolabile, eterna, su-
» prema su tutta quanta T Umanità, e indipendente
» dair arbitrio, dall' errore, dalla forza cieca e di breve
i> durata. Più esattamente. Dio e Legge sono termini
» identici. » Con questo commento, lungi dallo spie-
gare la sua formula, Mazzini l'immerge in un pelago
di nuove diffìcultà e di nuovi misteri. Se Dìo e
Legge sono termini identici, la sua tesi che la sur-
gente, la sanzione della legge sta in Dio, equivale pre-
cisamente a quest'altre: la surgente della legge è la
legge ; — • la sanzione della legge è la legge ; ^ la sur-
gente dì Dio è Dio; — la sanzione di Dio è Dio; — la
legge è la legge; — Dio è Dio. E che senso daremo
noi a questo gergo? Inoltre, se la legge è Dio, convìen
dunque sapere che cos'è Dio, per conoscere che cosa
sia la legge. £ il Dio di Mazzini quale? Ecco il nodo
della questione. L'accennare, com'egli fa, ad t^na^/èra
inmolahile, eterna, suprema, non è definire; poiché
a tutte quante le religioni e le sètte possono appro-
priarsi quelle belle parole: ma son parole l Avanti
di accettare la sua formula, dobbiamo chiedergli che
ci dica una buona volta, senz'ambagi e senza tropi,
che cos'è Dio, ovvero, fra i varj Dei presentemente
noti in Europa, qual è il suo? Teologicamente noi
possiamo annoverarne quattro, assai diversi fra loro:
il Dio degli ebrei, il Dio dei catolici, il Dio de' mao-
mettani, e il Dio de' protestanti. Filosoficamente poi,
li Dei possono contarsi a centinaja. Ciascuno dei
174
roolU sistemi dì panteismo, di materialismo, di spi-
ritualismo, d'idealismo, ecc. ha un suo Dio tutto
particolare, che è sempre la negazione del Dio di
ciascun altro. Or bene; fra questa turba di Dei,qual
è il Dio che Mazzini adora, e che vuole farci ado-
rare? Da' suoi scritti non mi venne mai fatto di rac-
capezzarlo; poiché ci sono frasi per tutti: ce n' è per
il Dio del papa, per quello di Lutero, per quello
di Maometto, per quello di Socino, per quello di
Rousseau, per quello di Spinoza .... Non è dun-
que possibile che la sua formula abbia un valore,
finché il primo e massimo elemento non è ben de-
finito.
« L'interprete della legge fu problema continuo
» airUmanità. — La formula italiana affida Tinter-
» pretazione della legge al Popolo, cioè alla Nazione,
» air Umanità coUetliva, all'Associazione di tutte le
» facultà, dì tutte le forze, coordinate da un patto. »
Qui abbiamo una certa definizione; ma siccome è
arbitraria, così non vale a costituire né legge, né
formula veruna. Chi abbia già del popolo la sublime
idea, che a Mazzini venne inspirata dal suo cuore,
dirà come lui, certamente ; ma i termini di una for-
mula, di una legge sociale, devono portare in sé
stessi il loro valore, e non ritrarlo dall' arbitrio e
dall' intenzione dello scrittore. Fra i due termini D/o
e il Popolo non è espresso alcun rapporto; dunque
0 bisogna supporre, che l'unico rapporto possibile
sia quello di Mazzini; o altrimenti la sua formula
non significa nulla, perchè non determina nulla. 11
primo caso non è ammissibile, dacché repugna egual-
mente alla logica ed alla storia; dunque sta il se-
condo.
« La formula italiana, intesa a dovere, sopprime
» dunque per sempre ogni casta, ogni interprete pri-
» vilegiato, ogni intermediario per diritto proprio tra
I il)
» Dìo, padre e inspiratore dell' Umanitè, o l'iJmanilà
» Slessa. » Ma perchè possa produrre tanti bel frulli,
la formula va intesa a dovere, cioè nel senso di Maz-
zini ; che allrimenli, preso ciascun lermine come suona,
non ha senso alcuno delerminalo. E questa clausula
sola non prova abbastanza la totale nullità della for-
mula italiana? La francese air incontro sopprime
Offrii casta, vgni interprete privilegiato, senza bisogno
di chiose, che ne la faciano intendere a dovere; ma sem-
plicemente in virtù del senso naturale, ordinario, e
vulgarissimo delle parole. Dovunque sia libertà, egna-*
^lianza, e fratellanza, ivi è impossibile fino il concetto
di casta e di privilegio; laddove Dio e il Popolo son
dapertutto, e pure daperlutto regna il privilegio e
la casla.
tt La formula italiana, generalizzata da una na-
» zione air associazione delle nazioni, dichiara fonda-
» mento d'una leoria della Vita: Dio è Dio, e l'U-
» manità è suo Profeta, » Non so capire, come mai
un apostolo del progresso abbia potuto tenere que-
sto linguaggio, che odora così forte di musulmano.
Ohi Mazzini dovea lasciarlo a quei devoti e fonalici
scttarj, i quali credono tanto più fermamente una
cosa, quanto più è incomprensibile ed assurda. Ma
egli parla ad uomini civili del secolo XIX, e sa me-
glio di me, che costoro non sono disposti a credere
se non quello che intendono. 0 spera forse d'aver
loro tolto ogni dubio e chiarita ogni difficultà con
quella strana definizione: Dio è Dio? E quando a-
vranno imparato che Dio è Dio, conosceran poi dav-
vero che cos'è Dio? Quando pure gli concedano che
l' Umanità è Profeta di Dio, potranno persuadersi d'a-
ver trovato il fondamento d'una teoria della Vita?
Una teoria non può assumere per fondamento se non
un principio certo ed evidente; e Mazzini vuol fon-
dare la teoria della vita sopra d'un gioco di parole,
sopra di un'incognita?
176
« La fòrmula ilallana è dunque essenzialmente,
» inevìtabilmeBtef esclusivamente republlcana; non
• può uscire che danna credenza republicana; non
» può inaugurar che republica. » Ed anche 'questa
conclusione è fallace. La formula: Dio e il Popolo^
non è e non può dirsi né esclusivamente, né inevitabil-
mente republicana, poiché è essenzialmente indeter-
minata, ossia nulla. Essa riceve il suo significato dal
carattere dì chi la proclama; ed è republicana su la
bandiera di Mazzini, come sarebbe teocratica su quella
di Pio IX.
ff La formula francese, non accennando alla sur-
» gente eterna della Legge, ha potere per difendere
» con la forza, co'l terrore, non con T educazione,
» alla quale manca la base, le conquiste del passato;
» è muta, incerta, malferma su l'avvenire. » Y'ha
qui un gruppo di metafore, in cui non veggo lume
da nessuna parte. Accusare una formula di non po-
tersi difendere! Mescolar insieme formula e foraa,
formula e terrore, formula ed educazione! 0 che? la
formula dev'essere dunque un esercito o una for-
tezza, una scuola o un'academia? E la formula di
Mazzini ha dunque il potere di educare? A crederlo
però aspetteremo di vederla salire in bigoncia, e di
ascoltare le sue pedagogiche lezioni I -* Del resto, che
la francese non accenni alla surgenle della legge, è ap-
punto Usuo pregio e il suo merito principato; oche
sia muta, incerta, mal ferma su V avvenire, non può
sostenerlo se non chi ignori o voglia affatto dimen-
ticare il senso più ovvio delle parole libertà, Egua^
glianza. Fratellanza.
Il rimanente del discorso di Mazzini offende troppo
il senso commune: a La formula francese non defi-
» nendo V interprete della legge, lascia schiuso il varco
j> agr interpreti privilegiati, papi, monarchi, o soldati.
177
» Quella formula potè nascere dagli ultimi aneliti
» d'una monarchia, sussistere ipocritamente in una
» republica che strozzava la libertà republìcana di
» Roma, soccumbere sotto il nepote di Napoleone che
.; dichiarava: io sono il migliore interprete della
» legge, io sarò tutore alla libertà, all' eguaglianza,
•> alla fratellanza dei millioni. n Cornei Mazzini trova
n^odo di associar insieme questi concetti: libertà e
privilegio, eguaglianza e papa^ fraternità e monarca
o soldato! IVla se questi non sono concetti rigorosa-
mente, evidentemente, palpabilmente contradittorj ,
c'Insegni un po' che cosa sia repugnànza e contradi-
zlone; giacché se mi permette di ragionare con la
sua logica, io gli convertirò tutti li assurdi in al-
tretantì assiomi, — Inoltre, quel rimprovero ch'esso
rivolge alla formula francese, mi fa nuovamente du-
bitare, ch'egli esiga proprio dalle formule l'officio
degli schioppi, del cannoni, e delle bombe. Ma non
è una stranezza, a dir poco, l' imputare ad una for-
mula le iniquità di un governo? Quelle iniquità e-
rano forse una conseguenza legitima e necessaria di
quella formula? Questo governo era forse fedele
al suo principio? A chi nm farà credere Mazzini,
che se in luogo delle pdivole: Libertà, Égalité, Frater-
nité, fosse stato scritto in fronte ai publìci monu-
menti: Dio e il Popolo, l'Assemblea francese non
avrebbe decretata la spedizione di Roma, né il Bo-
naparte avrebbe fatto il colpo di Stato? Le parole:
Dio e il Popolo, ben erano scritte su le bandiere di
Roma; e perchè non fecero il miracolo di salvarla?
Perchè Mazzini non isconfisse i battaglioni francesi,
non disperse le artiglierie tedesche, non mantenne
saldi ed incolumi i bastioni italiani co'l suo ma-
gico grido: Dio e il Popolo? — In verità, io arros-
sisco di dover discutere argumenti così stravaganti.
No, Napoleone non commise la follìa di dichiararsi
178
tutore della libertà, delV eguaglianza , e della fra-
tellansa dei millioni. Egli fu assai più consentaneo a
sé stesso: giù la libertà, egli disse, giù l'eguaglianza
e la fratellanza! Io sono il vìncilore, e comando: il
popolo è vinto, e obedisca. — E quella povera for-
mula, che Mazzini stima conciliabile di fallo co 1 de-
spolismo. Napoleone non la giudicò compatibile, né
pur di solò nome, coi suo potere: la cancellò da-
perlutlo! Ma invece qnal è la formula, che trovò bella
e fatta per uso suo? Èqnelladì Mazzini: in nome di
Dio € del popolo!! {par la gràce de Dteu et la to-
loìité nalionale,..,)
Ed è la storia, non lo, che dà una smentita così
fresca e solenne a quell'altra singolare asserzione:
« Né papa, né re potrebbe assumere co' republicani
» italiani linguaggio siffatto. La formula -inesorabile
» gli direbbe: non co«05«awo interpreti intermediari,
» privilegiati tra Dio e il Popolo : scendi ne' suol ran-
» ghi, ed abdica. » Si, Bonaparte ha assunto linguaggio
siffatto co' republicani; e la formula di Mazzini si mo-
strò, non mica inesorabile, ma la più compiacente e
pieghevole creatura del mondo. Essa non solamente
stette cheta e si taque, ma fece assai più ed assai peg-
gio. Si presentò lesta lesta al Bonaparte, e gli disse:
Tu cerchi un'insegna per la tua bandiera, ed un' iscri-
zione pe' tuoi decreti: eccomi qua, nata fatta perle.
Grida sempre: Dio e Popolo, e fa quel che vuoi:
tu avrai sempre ragione. — Ohi Mazzini è tornato
in mal punto a celebrare la sua formula italiana.
Doveva almeno purgarla dal fango, di cui l'ha con-
taminata Bonaparte; e assolverla dairinfamia, onde
l'hanno coperta i bonapartisti 1
Mi rincrescerebbe all'anima, se queste osservazioni
mi facessero passare agli occhi di Mazzini |>er un
di coloro, che hanno « il vezzo di serbare ogni p»)-
» lènza di sofismi e d'esame contro qualunque idea
179
» vesta forma italiana, e d'accettar ciecamente ogni
» formula, che vien di Francia. «Ma il timore d'es-
sere tenuto in conto di sofista y nemico d'elle cose
italiane, e ciecamente servo delle francesi, non ba-
sterebbe a farmi mutar di parere: nelle questioni
di principi, le ragioni deirìnlelletto devono pre-
valere a quelle del cuore. Il proverbio latino: ami-
cus Pilato y sed maqis amica veritas, è il primo
articolo della mia religione. Io però alla forma delle
idee non bado; bado alla sustanza. Vengano di Fran-
cia 0 d'Italia, da un emisfero o dall'altro, dal cielo
0 dall'abisso, per me gli è tutt'uno: le studio, l'e-
samino, le giudico, senza chiedere mai a nessuna il
certificato della sua nascita; e mi stimerei egual-
mente reo di lesa verità, se accettassi un'idea, per-
chè nostrale, e se la rifiutassi, perchè straniera. No-
strale per me è ogni verità, e straniero ogni errore.
Mi. dimostri Mazzini che la formula: Libertà, Egua-
glianza, Fratellanza, è erronea; ed io la repudio: di-
mostri che la formula: Dio e il Popolo, è vera: ed
io l'approvo. Ma deh! in nome dell'Umanità, nostra
fede commune, cessi dal trasportare nel moiuk) delle
idee le gelosie del patriotismo, e dal turbare 11 re-
gno della scienza eoa le dispute di confine 1 Egli
tuona con nobile sdegno contro la peste dell'egoismo
individuale ; ma anche l' egoismo nazionale non sa-
rebbe un delitto? Egli biasima con generoso calore
lo spirito di parte, che divide i popoli in sette; ma
non sarebbe altresì biasimevole uno spirito di parte,
che dividesse in sètte l' Europa, e facesse d' ogni po-
polo un partilo ?
La soluzione generale del problema, ch'io avea
tolto ad esaminare, parmi che abbia eziandio risoluta
implicitamente la questione del protestantesimo. Del
quale non si potrebbe far una giusta estimazione»
180
se non si distinguessero accuratamente i due con-
cetti eh' esso rappresenta. Il primo è critico e nega-
tivo; ed in questo senso il protestantesimo, non è al-
tro che una reazione del sentimento cristiano contro
deir assolutismo catolico, reazione della libertà di
coscienza contro il diritto divino dei papi. Fu que-
sto r elemento vero della Riforma, la quale com-
battendo il papismo, combatteva per la libertà, per
l' Umanità, per la ragione : questa fu la sua potenza
e la sua gloria. Sotto questo rispetto, il protestan-
tesimo è dunque una pura e semplice negazione del
catolicismo; ed. una negazione, se può tener luogo
di religione a qualche individuo, non può certamente
ad un popolo, ad una società.
Il secondo è dogmatico e positivo ; ed in questo
senso il protestantesimo è un altro simbolo e un al-
tro culto, che venne a surrogare il simbolo ed il
culto catolico. Ma allora il protestantesimo non è più
che un nome; giacché in realtà non esiste che una
moltitudine di chiese o communioni, ciascuna delie
quali ha un simbolo ed un eulte suo proprio. Quindi
il problema rimane insolubile. Perciocché a voler di-
scutere, se il protestantesimo sia, o no, la religione
del secolo XIX, bisogna prima determinare qual è
la sua professione di fede : determinazione impossi-
bile, poiché ve il' ha tante quante sètte; ogni paese
ne ha una diversa, ed ogni anno, ne vede nascere
una nuova.
. •— Ma le disenzioni fra le varie chiese sono acci-
dentali ; poiché cadono esclusivamente su li articoli
secondar] ed accessorj della religione. Quanto agli
articoli primarj e fondamentali tutte le chiese vanno
d'accordo, e riconoscono un simbolo commune. —
E questo simbolo commune, finalmente, in che con-
siste? Consiste 1.^ nel riconoscere, qual unico co-
dice religioso, la Bibbia; 2.° nel professare i dogmi
m
foDdamentali del crtstianesimo. Ora. non è difficile
a vedere, che così il primo come il secondo argo*
menlo, anziché giovare alla causa del protestantesimo,
la perde e la rovina.
E quanto alla Bibbia, i protestanti ammettendola
per codice religioso, devono assolutamente riguar-
darla come libro sacro, inspirato e dettato dallo
stesso !Dio; altrimenti, se la tenessero in conto di
opera umana, romperebbero affatto ogni lìmite del
sistema cristiano, ed entrerebbero nel campo del
razionalismo. Laonde il protestantesimo si fonda es-
senzialmente su la realtà di una rivelazione divina
e di ti n ordine sopranaturale; e quindi repugna,
non meno che il catolicismo, ai principi più certi
della ragione, ed alle leggi più incontrastabili della
scienza. La sua teologia incomincia con un Dio che
parla, e finisce con un cielo, dovè questo Dio mede-
simo ha il suo palazzo e la sua corte; incomincia
con un mistero che è un assurdo, e finisce con una
favola che è un assurdo peggiore.
Inoltre, la Bibbia è un libro; e come tutti i libri,
massime i sacri, del mondo può ricevere molti e
varj significati. La lettera della Bibbia, per sé sola,
vai poco 0 niente: tutto sta ad intenderla nel suo
vero senso, cioè nel senso di Dio. Conviene dunque
interpretarla. E qui s'apre un altro abisso di diffi-
cultà e di contradiztoni , che non ha fine né fondo.
Perciocché o V interpretazione autentica delia Bibbia
compete ad una gerarchia, o appartiene allo spirito
privato di ciascun lettore. Nel primo caso 1 diritti
della ragione e della coscienza vengono manomessi;
e i protestanti sono anch'essi catolici. Nel secondo,
r autorità e la divinità della Bibbia diventano cose
senza realtà e voci senza valore; ed anche i prote-
stanti sono razionalisti.
La conseguenza della prima ipotesi è evidente.
t82
L'essenza del oatolìdsmo non consiste già nei titoli
di papa, dì cardinale, di vescovo , ma nei principio
d aotorìlà, che presiede a tutto il suo organismo re-
ligioso; e però, dov*è lo stesso prinei{HO, ivi è ca-
tolicismo, comunque si chiamino le persone che lo rap-
presentano, pastori, ministri, concistoro. Adunque 1
protestanti, che riconoscono un'autorità per giudice
delhi fede, ossia per interprete, se non inrallibile,
almeno legitimo della Bibbia, mentono al proprio
nome; o piuttosto riducono la religione ad una di-
sputa di parole e ad un aflare di persone; ma la
base del loro sistema è il catolicismo.
E la conseguenza della seconda ipotesi è certa del
pari e necessaria. L'essenza del razionalismo non
consiste in qualche teorica speciale dei simlx^i e dei
miti; bensì nel principio universale e supremo, che
stabilisce unico criterio della verità, eziandio religiosa,
la ragione; e che però alla ragione subordina tutte
le cognizioni anche rivelate. Dunque ogni sistema,
ili cui predomina questo principio, è razionalismo.
Ora i protestanti, che danno a ciascheduno la facultà
d^interpretare la fiibbia a modo suo, riconoscono in
somma per unica regola di fede la ragione: sono
dunque razionalisti. E allora la divinità della Bibbia
che vale? lo per me non avrei più nessuna' difficuUà
ad ammettere e professare egualmente la divinità dei
Veda, del Zend-A vesta, del Corano, e se volete,
anche d'Esopo; dappoiché di tutto quelle poesie o
favole divine io non riterrò per vero fuorché quello
clic la ragione approva ; e reputerò falso e mitolo-
gico tutto quello che la ragione non può accet-
tare. Allora, divinità della Bibbia non significa altro
che divinità del vero; e' per conseguente, divinità
della ragione: che è la formula stessa del raziona-
lismo. E qui h storia conferma appuntino il ragie*
namonto. La teologia protestante, rimessa in balìa
1^^
delta crilica e della scienza , poco stette a trasf(M^-
marsi in filosolia;' e lo studio delia Bibbia nelle
scuole tedesche, non è più che un ramo di quel
Tasto e profondo mitologismo, che va indagando e
rintracciando lo origini storiche e le leggi psicolo-
giche di tutte le credenze primitive del genere
umano.
Quanto ai dogmi poi, la condizione del protestan-
tesimo non è punto migliore. Per assottigliaris e pu-
r ideare che si facia il simbolo di fede, tutte le
communioni cristiane devono ammettere come fonda-
mentali i dogmi del peccato originale,della predesti-
nazione, della grazia, e della redenzione. Ora noi ab-
biamo già veduto, qual profonda repugnanza interceda
fra i principi democratici ^ e questi dogmi cristiani,
presi nel senso catolico, che pure è il più benigno
di cui sleno capaci. Ma pigliandoli nel senso più
communemente ammesso fra i protestanti, que' dogmi
assumono un carattere, che offende e rivolta assai
peggio la coscienza dei popoli moderni.
11 peccato originale non è più solamente una pena
inìqua, ma diventa una vera mutilazione dell' anima
umana. Posto il principio protestante, che la giustizia
o santità primitiva era essenziale all' uomo, ne segue
rigorosamente, che l'uomo perdendola perdette la
migliore delle sue doti naturali, il libero arbitrio;
che la sua medesima sustanza venne alterata e cor-
rotta; e che le sue facultà intellettuali e morali ri-
maselo prive d'ogni attività, e non gli servono più
ad altro che a peccare.
La predestinazione non consiste più soltanto nella
gratuita elezione d'alcuni, e nella semplice non-ele-
zione degli altri, che dai teologi si chiama una ri-
provazione negativa; ma consiste propriamente in
un decreto per ambedue i lati positivo, ed inesora-
bilmente efficace: decreto di elezione per trarre al-
184
-coni nee«9sariftiiiente in paradiso, e liecreto di ri-
provazione per dannare anticipatamente tutti li altri
air inferno.
La grazia non solo previene e soccorre la volontà
deiruomo, ma la sforza e la necessita in guisa che
toglie fino la possibilità di una resistenza.
La redenzione non solamente riesce inutile nel fatto
a chiunque non era scritto nel libro della vita; ma
viene espressamente definita in questo senso, che
Dio non voglia salvi, e Cristo non abbia redenti,
se non i soli predestinati.
Ed in fine, mentre nel catolicismo le opere buone
contribuiscono in qualche maniera e si richiedono
alla salute eterna, il protestantesimo le dichiara af-
fatto inutili, poiché ripone tutta la salute nella soia
fede. Solo mediante la fede vengono applicati alFuomo
i meriti di Cristo; e qualunque sia il tenore della
sua vita passata, s egli crede fermamente che Cristo
è morto per lui, diventa un santo, e se ne va difilato
In paradiso. — Dunque il sistema dogmatico dei
protestanti repugna più ancora che quello dei calo-
Ilei alle dottrine ed alle ìnstituzioni della democrazia.
Vero è, che nel fatto avvenne il contrario; e la
libertà religiosa, politica, e civile incontrò meno
ostacoli negli Stati protestanti che nei catolici. Ma
due ragioni principali spiegano abbastanza questo
fenomeno, senza indebolir punto la forza della nostra
conclusione. La prima, che il protestantesimo, ad onta
della sua truce dogmatica, o non conosce affatto ge-
rarchia, 0 se n'ha una, non le attribuisce quella
pienezza di potere assoluto e di diritto divino, onde il
catolicismo privilegia la sua. Nel che la Riforma certo
fu inconseguente, ma fortunata : inconseguente, perchè
cancellò in pratica le proprie teorie, professando ester-
namente quella libertà, che dogmaticamente rinegava;
fortunata, perchè liberandosi dalla servitù pontificla||
183
dalla casta sacerdotale, ebbe rotto o Spezzato rimpedì-
mento più forte, che in realtà ritardasse i popoli sa la
via del progresso. La secónda, che il protestantesimo
quanto repiigna co' suoi prìncipi alla libertà, tanto
co *1 suo metodo la favorisce. Il processo del libero
esame accoglie in sé tutti i germi della rivoluzione ;
poiché data la libertà di coscienza e V autonomia
della ragione, la logica compie T officio suo; e non
havvi più al mondo né fede, né forza, che le possa
impedire di derivarne le necessarie conseguenze. Così
ne* derivò la filosofia degli enciclopedisti; ne derivò
poscia il liberalismo dei costituzionali ; e da ultimo
ne derivò la democrazia sociale dei razionalisti. Quei
fatto adunque chiarisce vie meglio, come il sistema
cristiano sia incompatibile al tutto con egni princi-
pio di libertà; poiché il protestantesimo stesso non
potè altrimenti divenir liberale che a patto di ne-
gare sé stesso e tramutarsi in puro e pretto razio-
nalismo; a patto, cioè, di riserbare i dogmi bìblici
per norma della vita privata e della coscienza indi-
viduale, e di non dare altro fondamento air ordino
publico che le leggi naturali e razionali della società.
A quel fatto medesimo io vorrei che ponessero
mente coloro, i quali si fanno oggi a predicar in
Italia la Riforma, siccome quella che più presto e
più sicuramente può condurci alla libertà , sottraendo
i popoli alla dominazione dei papa. Ma ciie cos' é per
essi la Riforma? Un sistema religioso, o un espe-
diente politico ? Se la tengono per un sistema reli-
gioso, devono venerarla come cosa divina; devono
mantenerne illibato lo spirito, intatta la base; de-
vono credere alla rivelazione ed al sopranaturale,
credere ai misteri, credere ai dogmi. E allora, che
libertà si può mai promettere V Italia dalla Rifor-
ma? Che giova mai riscattarsi dalla servitù dd papa,
1!. ' 13
186
se l'anima riman iem|yFe tcMaya? Latita dell'anima
è la fede; e la sua libertà o la sua servitù dipendo
dalla natura della sua fede. Se la fede che V inspira
ò cieca, Tuomo sarà sempre servo. Sia un papa,
ovvero un libro, che gli fa percorrere ad occhi chiusi
il cammino delia vita, non è forse una cosa sola ?
La sua ragione non è sempre obllgata a rinegare sé
stessa? La sua coscienza non è semprà sottoposta
air arbitrio di una legge esteriore ? La sua vita non
è sempre governata da un principio immobile, de-
spotico, assoluto? Dunque sotto la Riforma, non naen
che sotto la chiesa , ìa libertà è sempre un assurdo
e un delitto ; dunque bisogna rinunciare o alla libertà,
oal dogma; ossia, per conciliare la Riforma con la
libertà, bisogna sacrificare quella a questa, e fare
del protestantesimo una specie di razionaFismo. E al-
lora, a che predicare in nome della libertà la Ri-
forma, quando la Riforma non può divenir liberale
se non a patto di trasformarsi ? A che predicare una
religione, quando non sì può e non si vuole osser-
vare? Quell'apostolato evangelico non sarebb'egli
una menzogna? Ahi non è questa la via, per cui
r Italia potrà conseguire la libertà. La libertà del-
l' uomo dee cominciare dall' emancipazione dell' a-
nima. Alla fede sovranaturale convien dunque sosti-
tuire una fede, che armonizzi co '1 sentimento na-
turale; alla fede cieca, una fede che s'accordi co '1
princìpio razionale; cioè, alla Bibbia la natura, al-
l' autorità la ragione. Perocché la libertà non può
riconoscere la sovranità né del papa, né di Lutero,
né della parola, né della scrittura: il Dio della li-
bertà non può essere altro che il vero.
Quelli poi , che non credono al simbolo protestante
niente più clie al catolico, ma cercano di propagarlo
in Italia come un espediente politico, si mettano una
mano su la coscienza, e poi mi dicano : che giudizio
1S7
farebbero di chi vol^sè loro persuadere cose, eh' egli
medesimo non crede ? E lo stesso giudizio il popolo
farà di loro. Come 1 Voi non credete alla Bibbia ; e
poi ne inculcate agli altri la divina autorità ? Voi
non credete a' misteri ; e pure V insegnate agli altri
per dogmi ? Voi non credete alla tlivinità di Cristo ;
e tuttavia lo fate adorare agli altri per un Djo ? Ma
non è questo un traficare la verità ? un prostituire
la fede ? un traviare le mentì ? un pervertire i cu»ri ?
u*» sedurre a bello studio i popoli? Ohi se a questo
prezzo dovesse mai l'Italia divenir libera e indipen-
dente^ io sentirei vergogna della mia patria; e farei
voti) per i'onor suo> che non ottenesse giammai
né libertà , né indipendenza : che queir indipendenza
sarebbe un vitupero, quella libertà un' ignominia*
Ma, per buona ventura, il caso non è possibile; e
bisognerebbe disperare dell' Umanità , se oggidì an-
cora le nazioni civili potessero lasciarsi ingannare
fino a tal punto. La fede non può suscitarsi che dalla
fede, perchè al cuore non sa parlare che il cuore;
dunque una missione d'increduli non arriverà in
eterno a convertire un popolo al protestantesimo. Que»
sta conversione richiederebbe nei predicatori un con-
vincimento così profondo^ così ardente, che toccasse
fino ajrentusìasmo, al fanatismo^ richiederebbe uomini
come li apostoli, come i riformatòri. E 1 nostri missio-
nari son essi cotali ? No, la religione non si tratta al-
l'uso della diplomazia. Con li espedienti politici riuscì^
ranno forse a guadagnarsi il facile assenso di qualche
nemico dei preti; ma non formeranno mai un popolo
di credenti. Om, sono le credenze, unicamente le
credenze, che renderanno all'Ilalia la .sua libertà,
la sua potenza, la sua grandezza. L' Italia sarà libera,
quando la libertà sia la religione degli Italiani; quan-
do alla fede morta del cristianesimo i patrioti oppon-
gano la fede viva déir Umanità ; quando invece delld
188
fredda parola e delle machinall ceremonie del preli,
1 llberalt faclano sentire ai popoli Taccento inspirato
del cuore e 1 beneQci effetti delia fratellanza. Solo
in quel giorno V impero del papa sarà finito ; perchè
sarà finita con esso la religione di ogni despotismo,
e inaugurato Y evangelio di ogni libertà.
Dicono i propagatori politici della Riforma, che il
progresso dee farsi a grado a grado; e che il pas-
saggio dal catolicismo al razionalismo non può ef-
fettuarsi dalle nazioni se non a traverso del prote-
stantesimo. — Ma questo principio, se voglia pwr
ammettersi in generale per rispetto al mondo cri-
stiano, certo non è applicabile a tutte e singole le
nazioni cristiane in particolare. Perciocché fra esse
v'è una communicazìone, una reciprocazione tale dì
vita, che i progressi di ciascuna sono patrimonio di
tutte; e ad ogni passo che Tuna fa, tutte le altre
avanzano insieme. Altrimenti bisognerebbe negare
ogni vincolo di solidarietà fra i popoli fratelli; e
r Umanità non sarebbe più un corpo morale, di cui
ciascun popolo è un membro, ma ciascun popolo
dovrebbe riguardarsi come isolato, come un pìccol
mondo da sé, destinato a fare da sé solo tutti li
esperimenti della vita, ed a scoprire e tentar da sé
solo, a tutto suo rìschio e vantaggio, tutti li per-
fezionamenti per cui ha da passare. E questo sistema
equivarrebbe manifestamente alla negazione del pro-
gresso medesimo, anzi della stessa Umanità; ed è
condannato dalla storia non meno che dalla ragione.
La verità é di tutti i paesi; e d'ogni conoscenza,
che un popolo acquista, li altri popoli se ne valgono
per acquistare via via conoscenze novelle. Applichia-
mo questo ragionamento al nostro caso. I popoli
settentrionali dTuropa eccitarono, tre secoli fa, un
gran movimento di progresso con la Riforma prote-
stante. Da quel movimento naque bentosto in Italia
189
e più crebbe ìq seno al protestantesimo stesso, in
Inghilterra, in Olanda, in Àllemagna, la filosofìa na-
turale, che poco slette ad introdursi negli altri paesi
calolici, e massime in Francia, dove ottenne il più
compito sviluppo. Co '1 secolo XYIfl il protestantesimo
terminò di essere un progresso: l'avvenire spettava
alla filosofìa. E la filosofia alla sua volta ha progre-
dito. Usufruttuando i lumi di tutte le scienze édi tutte
le arti, ha corretto li errori e riempite le lacune
deir enciclopedismo; ha determinato assai m^lio le
leggi della vita e della società ; e s'è trasformata nel
razionalismo. Il razionalismo è ormai lo spirito scien-
tifico e letterario della Germania e della Francia. E
ora, perchè mai T Italia dovrebbe rifar ancora per
c^nto proprio quei tre secoli di lavoro ? Ha ella forse»
in questo fratempo, dormito sempre? 0 forse non
le è mai pervenuta novella di quei paesi d'un altro
mondo? L'esperienza è compita, non per conto di
questa o quell'altra nazione, ma a profitto di tutto
il mondo cristiano, e il frutto dev'essere commune^
L'Italia, la Germania, e l'Inghilterra apersero la via
alla Francia; la Francia proseguì il cammino, sco-
perse altre vie, e trasse avanti con sé le nazioni
sorelle; l'Italia però rimase indietro; ed ora tocca
a lei di mettersi a paro a paro con queste nazioni
che l'avean preceduta. E per fare questo i>asso, ver-
rebbesi che cominciasse a tornar indietro ancora"?
Ma allora non le raggiungerebbe mai più, se pure i
nostri politici riformatori non inventino un altro
espediente per arrestare al punto, dove oggi si trota „
tutto il rimanente d'Europa; e per indurlo ad aspet-
tare r Italia, finché altri Luteri, Descartes, e Locke,,
altri llume, Spinoza, e Voltaire, altri Kant, altri Hegel^
altri Lamennais, l'abbiano resa di catollca protestante,
di protestante incredula, e d'incredula razionalista.
Dicono ancora, che il razionalismo potrà ben es-
190
sére la religìoiiB del éoii\, ma doq già del popoli, i
quali essendo incapaci di nutrirsi lo spirito d'idee
pure e di sentimenti squisiti, abbisognano di sim-
boli e riti religiosi per dare corpo alle leggi ed al
principi, che 11 han da governare. — E quest' altra
argumento, cui pure molti attribuiscono un' impor-
tanza grandissima, non cela anch'esso un sofisma o
un'illusione? Chi ha detto loro, che il razionalismo
voglia nutrire i popoli di concetti e di astrazioni?
e che pretenda sbandire dal mondo tutti i simboli e
tutti i riti? No, il razionalismo non condanna i riti
e 1 simboli cristiani, sol perchè simboli e perchè riti;
ma condanna bensì li errori e li assurdi, che vi stanno
sotto nascosti. Quando vengano stabilite feste e ce-
remonie, che simboleggino una verità, il raziona-
lismo sarà il primo a celebrarle ; perchè non ha mai
sognato di mutilar Tuomo, siccome fa il cristianesi-
mo; perchè vuol educate e soddisfatte tutte le fa-
cultà della natura umana; e perchè fra esse anno-
vera e cultiva di proposito la sensibilità e l' imagi-^
nazione.
Inoltre, quella differenza, che tanto si magnifica
tra ^ popoli e 1 dotti per rispetta alle pompe reli-
giose, è reale senza dublo oggidì che l' instruztone
rimane ancoi* un privilegio del ricco; ma T officio
primiero del razionalismo si è appunto di farlo sce-
mare a poco a poco, mediante un sistema di pu-
blico insegnamento, che possa rendere tutti, se non
scienziati, tanto instruitl almeno da non confundere
più la religione del cuore con le feste del tempio,
e da saper essere onesti e buoni senza il ministero
mercenario dei preti. E per ciò, è egli forse neces-
sario di convertire li Stati in academie, e fare di
ogni cittadino un professore? Migliorate che sleno
le condizioni dell'operajo, resa anche a lui, non dirò
dilettevole, ma tolerabile la vita, non è egli evidente
191
che il bfsogno dfel culto esterno, in cui adesso il
povero cerca un oblio, una tregua alle sue miserie,
andrà continuamente diminuendo; e che il popolo
altresì troverà maggiore conforto nelle dolcezze d^lk
famiglia che nelle cantilene e nella pantomima del
tempro ?
Da ultimo, non si tratta qui di cancellare e inter-
dire violentemente le pratiche del culto a nessuna
chiesa. Il razionalismo esige solamente, che si abo-
Ifscano i culti officiali, cancellando ogni religione di
Sialo ; e che il publico insegnamento prescinda af-
fetto dalle credenze e ù&ì dogmi particolari alle varie
chiese. Del resto,, lascerà sempre che ogni chiesa in
privato godiasi la piena libertà del suo culto; e non
s'inquieta punto della loro influenza. Tolto ai riti il
sostegno della forza, aperto l'adito alla concorrenza
dt tutti i simboli, e difuso In larga copia l'insegna-
mento razionale, ì popoli non tarderanno a ricono-
scere quanto v'ha di puerile, di favoloso, di ridicolo
in quelle ceremonìe, da cui si fa ora dipendere la
loro salute ; riterranno del cristianesimo tutto ij vero,
il poetico, l'ideale, abbandonando alla mitologia tutto
ì\ mistico, il sopranaturale, l'erroneo, l'assurdo; e
ordineranno feste civili e nazionali che simboleggino
fa religione de' loro cuori , ma non falsifichino il
pensiero de' loro intelletti. Non mancheranno tutta-
via,, lo so, certe anime naturalmente temprate al
misticismo, le quali proveranno sempre maggior
bisogno delle fantasie poetiche del mitologismo cri-
stiano, che non delle austere verità della ragione ; e
saran preste ognora a rinunciar queste in grazia di
quelle. Ma alcuni drappelli d'ascetici, sparsi qua e
là per li oratorj privati, non basteran di sicuro a
troncare il corso del razionalismo, si come il corso
del cristianesimo non venne impedito da quei fedeli
adoratori degli idoli, che eziandio parecchi secoli
192
*
doiK) la conversione del mondo romano e germanico
ailTvangelìo, continuavano a celebrare il. loro callo
nel santuario della famiglia o nel silenzio delle cam-
pagne e delle selve.
Fra questi uomini, che mostrano di anteporre le
misteriose imagini del cristianesimo alle leggi severe
della ragione, splacemi di dover annoverare uno
scrittore, di cui amo ed ammiro il nobile ingegno del
pari che il cuor generoso. Giuseppe Montanelli, dap-
prima nella sua Introduzione ad alcuni appunti ito-
vici, publicata su '1 finire del 1851, e poscia nel
voi. I. delle sue Memorie su V Italia e spedalmenle
su la Toscana, dato in luce nel 1853, ha toccato la
questione che forma il suggetto del presente capi-
tolo, e rha risoluta secondo Toplnione di coloro che
io son venuto confutando. Nò parmi eh' ei Y abbia
rincalzata con argumenti migliori; onde mi sarei
volontieri astenuto di farne espressa menzione e
disamina, se non avessi temuto, che al difetto delle
prove potesse sopperire presso taluni l'autorità di
un nome meritamente caro e riverito. E l'illustre
autore non se '1 recherà, io spero, ad offesa: egli,
che ama di un affetto così puro, così ardente, la
verità e l'Italia, non isdegnerà la voce di un mi-
nor fratello, che in nome dello stesso amore per
l'Italia e per la verità osa disentire da lui.
La dottrina, che Montanelli sostiene, va distinta
in due parti: l'una è politica, e l'altra religiosa.
Nella prima (1), egli dimostra assai bene, che la pros-
sima rivoluzione italiana non può esimersi dal porre
il problema della libertà di coscienza (2); e che su
questa libertà dee stabilire il fondamento del nuovo
(I) InlfoduzSone ad alami appunti storici, § III e IV.
(3) Ibid. pag, 21.
in
edifìcio sodalo. È qaesla la tesi medesima, a cui ho
dedicato tutto il mio libro.
Nella seconda poi vuol provare, che la libertà
religiosa non repugna ai principi del catolicismo.:
a Occorre esaminare, se il papa potrebbe, senza of-
» fesa del principio religioso che professa, abdicare
» al sacerdozio politico. Questa questione non è aca-
» demica, e giova a definire il carattere della tutta
» combattuta a Roma. Poiché o la libertà di co-
» scienza s'oppone all'idea catolica, dì cui il papa
» dicesi conservatore; e non v'è dubio, che quanti
ì> sono catolici dovrebbero combatterla, e la nostra
» latta sarebbe religiosa. 0 al principio catolico la
» libertà di coscienza non repugna, e si può benis-
» Simo restare catolici sostenendola; e la lutta in
» questo caso è merameate politica (1). » 11 problema
è nettamente proposto. Vediamo ora, come l'egregio
autore l'abbia risoluto.
« Noi vogliamo dimostrare, come a torto s' ìm-
» plichi la credenza catolica in un conflitto di si-
}} gnoria sacerdotale. Per molli il catolicismo è il
» regno del prete. Catolico, a loro avviso, è l' uomo^
» 11 quale al lume interiore, che lo fa avvisato del
» vero e del falso, del bene e del male , preferisce
» la parola del prete, e questa segue ciecamente, an-
D cerche non s'accordi con quello che coscienza gli
t> detta. E senza dubio il catolicismo si fattamente
» inteso sarebbe inconciliabile con la libertà di co-
» scienza. » Tra i moUl, che così intendono il ca-
tolicismo, confesso d'essere anch'io; e ci starò, fin-
ché non trovi argumenti capaci di abbattere quelli
che ho allegato. Codesto è appunto l'unico e solo
catolicismo, che la storia e la teologia m'insegnino;
e catolici son tutti e soli coloro, i quali riconoscono
(t)gv.
19i
h gerarchia ecclesiastica, clie MoDtanelii desfgna
sotto il nome del prete, per legislatrice saprema, in-
fallìbile del vero e del bene. Tolto di mezzo questo
principio, la chiesa romana non sarebbe più; e la
chiesa romana, da oltre a dieci secoli in qua, è tutto
il catolicismo.
No, ripiglia Montanelli: « Questa è la clerocrazla
» catoHca, e non il catolicismo; cose molto diverse
» fra loro, e oggi troppo spesso confuse. » La distin-
zione fra il catolicismo e la clerocrazla parmi so-
rella di quella, che Gioberti assegnava tra il cato-
licismo e 11 gesuitismo. Sono distinzioni che un ca-
tollco non può fare, sotto pena d'apostasia; perchè
implicano una censura della chiesa, e chi si costituisce
giudice della chiesa non è catolico. Udiamo nondi-
meno, se Montanelli giustifichi meglio di Gioberti 11
suo trovato.
« Egli è vero, che il catolicismo ammette un
» principio dr autorità ; ma prima di tutto, V auf o-
» rllà, a cui dobbiamo credere per poterci <lìre- cate-
» liei, risiede neiruniversalità del credenti, ossfa nella
» chiesa, non nel tale o tal altro prete, cui piacia
» mettersi innanzi come un interprete infallibile del-
» rinsegnamento ecclesiastico. » Che sia cos'i ftitta
la chiesa di ìfontanelli , gllel concederò dr buon
grado : ma questa chiesa che ha mai da fare co '1 ca-
tolicismo ? La definizione eh' egli segue, può conve-
nire a quelle sèlle di protestanti, che non ammet-
tono nessuna gerarchia, nessun sacerdozio dMìislitu-
zione divina; e che però sostengono, tutti i fedeli
in virtù del battesimo essere sacerdoti; la pienezza
deirautorità religiosa risiedere tutta nel popolo, il
quale poi destina i suoi ministri a compiere li officj
particolari del sacerdozio, e communica loro più o
meno di autorità, secondo 11 maggiore o minor grado,
in cui li vuol collocati. Ma, applicare alla chiesa
19S
osttolìca k definizkme stessa del prot'«.antQ8imo, non
è egli un controsenso? V universalità dei credenti
compone il corpo della chiesa; e questo corpo lia
anch'esso varie membra, unite insieme da un orga-
nismo suo proprio. E l'organismo costitutivo della*
chfesa consta essenzialmenle di due ordini, distinti
l'uno dall'altro per diritto divino j di cherici e di
hici, Vautorità appartiene esclusivamente, e sempre
per diritto divino ^ ai primi, che sono i pastori, i
rettori dei secondi. E sotto il nome di rettori e pastori
non s'intende già il papa solo, né una frazione ar-
bitraria del clero, né il tale o tal altro prete; ma il
corpo dei vescovi 'con alla testa il papa : è desso 11
solo interprete infallibile delV insegnamento catolico.
E questa è pura dottrina di fede: tutti i toplogi^
tutti 1 catechisti di qualunque partito o colore, an-
tfchl e moderni. Padri e scolastici, molinisti e gian-
senisti, oltramontani e gallicani, la professano e de-
vono professarla tutti, sedza un'eccezione al mondo.
Dire adunque che Vautorità, catolica risiede nelVuni-
versàHtà dèi credenti, egli è negare in termini formali
la costituzione organica ed essenziale della chiesa ; è
un'aperta professione di fede eterodossa. Laonde Mon-
tanelli con quella sua distinzione non scevera già
la clerocrazia daf catc^lcismo, ma bensì il catolicismo
éA protestantesimo; e il suo ragionamento suona così:
Ift clerocrazia non è il catolfcismo, perchè il catoli-
cismo è il protestantesimo 1
« Inoltre l'autorità infallibile della chiesa è auto-
» rità di testimonianza, e non di direzione. Ella at-
» testa la credenza dei secoli intorno alle verità
» eterne dell'ordine rivelato; e quande il testimonio
» dell'universalità sia legitimamente dichiarato sopra
» alcune dì queste verità, non è permesso al catolico,
» che non metta in dubio la legitimità di quella
9 dichiarazione, persistere a credersi testimone più
196
» autorevole di tulli. » Ed anche questa nozione
deir autorità ecclesiastica andrà ben a sangue per
avventura ai protestanti, ma certo non è catolica :
il calolicismo insegna precisamenle il rovescio; In-
segna, cioè, che la podestà della chiesa è doppia,
legislativa e coattiva; perchè i vescovi co 1 papa sono
i pastori del gregge, e lo devono pascere; sono i
rettori j e lo devono governare. Ora una semplico
autorità di testimonianza non potrebbe in alcun
modo costituire un governo di nessuna specie, nem-
meno spirituale, nemmeno religioso. — È poi Mon-
tanelli ricade qui nell'abbaglio di confundere la
chiesa docente e dirigente^ con la chiesa discente e
suggetta; ed attribuisce la dichiarazione delle verità
rivelate al testimonio dell* universalità, al giudizio di
tutti ;* ciò che distrugge ed inverle la base stessa
del catolico insegnamento. 11 quale per diritto divino
e per instituzione di Cristo ^ appartiene unicamente
ai soli pastori^ ai vescovi^ ai quali sì i cherici mi-
nori e sì i laici son tenuti a prestar fede ed obe-
dienza, cieca, inimitata» assoluta. Anche qu^to ra-
gionamento adunque viene a dire cosi: Tautorilà
catolica non è tale, perchè tale non è rauU)rltà pro-
testante.
' « Del resto, per T applicazione di quelle verità,
» come per tutte le verità sperimentali, ciascuno
» rimane sacerdote a se stesso. Li insegnamenti di-
» rettivi del clero non partecipano dell' infallibilità
» della chiesa ; e li slessi concilj ecumenici potevano
» sbagliare, ogni qual volta non rendevano testimo-
» nianza di dogma. » Se per verità sperimentali si-
gnifica quella, parte delle scienze naturali, che in
verun modo, nò diretto né indiretto, né da vicino
né da lontano, si connette con le dottrine religiose,
Montanelli ha ragione, se non quanto alla suslanza,
almeno secondo la lettera del dogma (1). — Ma quanto
{{) V. cap. XI.
197
^\V applicazione delle verità rivelatey H linguaggio di
Monlanelll , che ciascuno rimane sacerdote a sé stesso,
è uno scandalo enorme agli orecchi del catolicismo.
La dottrina catolica si è, che l'applicazione delle
verità rivelate, così nell'ordine delle idee còme in
quello delle azioni, spetta sempre ed unicamente alla
chiesa o alla gerarchia. È dessa che decide, se l'ap-
plicazione ideale sìa, o no, consentanea ai^ prlncipj
di fede; e se l'applicazione morale o l'attuazione
esteriore sia, o no, conforme alle leggi di Dio. E
dessa è, che condanna li errori e punisce \ì atti con-
Irarj a'suoi decreti. Chiunque ricusi, per qualunque
motivo, di sottomettersi alla sentenza della chiesa, non
è calolico. É la chiesa, che possedè il privilegio del-
l'infallibilità, non è già il clero tutto in corpo, ma
l'episcopato; poiché sono i vescovi soli, che lo Spi-
rito Santo ha posti al governo della chiesa (1). — Ol-
tre di che, l'ultima clausula di Montanelli contra-
dìce al suo medesimo principio. Se VinfalUbillta ri-
siedesse veramente nel testimonio dell'universalità dei
fedeli, li stessi coneilj ecumenici avrebbero potuto sha-
gliare, anche rendendo testimonianza di dogma; poi-
ché a nessun concilio, per fermo, intervenne ed as-
sistè tutta la chiesa , cioè Vuniversalità dei credenti.
La dimostrazione razionale di Montanelli finisce qui;
nel rimanente non iscorgo più che l'autorità di un
professore, e qualche esemplo della storia. « Non vo-
li glio far da teologo; e a mostrare come il catoli-
» cismo di sua essenza non s'opponga al diritto d'e-
» same, che é l'esercizio vitale della libertà di co-
» scienza, citerò le parole dell'illustre amico mio,
» l'abbate Maret, uno dei luminari del clero francese,
» autore d'opere celebrate, professore di teologia
(I) Allemlile vobis, ci universo gregi, in qno vo^ 5pirilus
Sanctus poàuit episcopos, rcgerc Ecclcsiam Dei. Act..XX.2S.-
.198
» apologetica alla Sorbona, vicario arcivescoTlleiìei^
» diocesi di Parigi. » Ne chieggo scusa alFautore; ma
questo ragionamento è ancor meno catolico di tutti
li altri. Dire: il catolicismo di sua essenza non s'op-
pone al diritto d'esame, perchè Tabbate Maret dalla
sua catedra l'insegna; in verità, non è provare. Io
rispetto il signor Maret con tutti i suoi titoli; ma è
egli forse un luogo teologico in persona? È desso la
chiesa? Io non ìstarò ad esaminare le sue opinioni,
ed a metteVe in chiaro ì paralogismi incredibili e Te-
resio madornali, onde ribocca il tratto che Monta-
nelli ne cita: mi toccherebbe di rifare e ripetere tutto
il mio libro. Dirò a lui solamente, che se vuole co-
noscere V essenza vera del catolicismo e* le sue dot-
trine dogmatiche intorno al diritto d'esame, lasci
star li abbati e i professori, che, in fatto d'autorità
catolica, valgono quanto l'ultimo de' laici: sono tutti
zeri ; ma facia egli da teologo ^ consulti le dottrine
veramente catoliche, consulti le decisioni propria-
mente autorevoli, infallibili; consulti in somma la
voce solenne de'concìlj e de' papi, che è la voce na-
turale della chiesa e l'organo divino del catolicismo.
E s'accorgerà facilmente dell'errore, in cui l'illustre
suo amico è caduto, e l'ha fatto cadere.
Né li esempj, che trae dalla storia, giovano me-
glio alla sua tesi. Questi esempj sono le republiche
del medio cto, le quali erano pure catoliche , benché
trattassero con tanta severità il clero ed il papa me-
desimo ^ tuUavolta che contrastavano ai loro intendi'
menti; e la nazione francese, la quale restò pure ca-
tolica dopo la Riforma, benché clero e laicato re-
spingessero concordi la dottrina deir infallibilità pa-
pale. Ma, in primo luogo, la dottrina déWinfallibi-
lità papale non venne giammai definita qual articolo
di feide; e quindi si può benissimo rigettare anche
dai catolici senza nota d'eresia. Or che ha mal da
190
ft!ft% k dottrina delV infollibililà papale co'l diritto
del libero esame? Ne citi Montanelli una nazione o
un clero, che abbia professato questo diritto come
principio di dottrina catolica, senza incorrere nellV
resia o 4ielio scisma; e allora il suo argumento avrà
Ibrza di prova. In secondo luogo, t nostri grandi avi
republicuni, che non faceano caso delle scommuniche
di Roma, poteano ben dirsi catolici di nome, ma
non di fatto. Essi non erano ne luterani, né calvi-
nisti, né increduli, è vero; ma erano qualche cosa
di peggio : erano assurdi, polche professavano in teo-
rica un principio, di cui poscia in pratica si voleano
far gioco.
Montanelli adunque non traduce fedelmente il pen-
siero dei^ razlonalisli , quando li fa ragionare così:
» Guerra all'idea catolica, dicono alcuni, e avremo
» salvata T Europa. Non basta, soggiungono altri;
9 r idea -catolica è il corollario dell'idea cristiana,
» e dobbiamo combattere il cristianesimo. Non ba-
» sta, altri rispondono; l'idea cristiana pullula dal-
» ridea religiosa, e dobbiamo far guerra ad ogni
» religione, bandire Dio dall' Umanità, se vogliamo
>> i popoli lìberi. Secondo queste opinioni, il pernio
» dejla reazione europea sarebbe l'idea religiosa
» ostentata dalla clerocrazia; il che non è vero(l). *
Non è vero, di certo; ma per tutt' altra ragione: e
Montanelli non doveva imputare al razioaalismo un
discorso, in cui si confundono insieme le cose più
diverse e disparate. Altro è Videa catolica e Videa
cristiana, ed altro la religione catolica e la religione
cristiana. Altro è una religione sovranaturale, ed al-
tro Videa religiosa. Ora,
1.° Il razionalismo non combatte assolutamente Vi-
dea catolica e cristiana, ma ne fa la critica, e ne
accetta li elementi veri, buoni, e. progressivi; per-
u; S VI.
che le idee sono il patrimonio della ragione, ed alla
ragione spetta sempre T officio dì elaborarle e depu-
rarle. Esso combatte, alF incontro, la religione ca-
iolica e cristiana; perchè le religioni positive vogliono
presiedere e non sottostare alla ragione, e però la ra-
gione deve o ammetterle ciecamente tutte intiere, o
tutte intiere negarle. E cos\ appunto il cristianesimo
s'era comportato verso dei mosaismo e del pagane-
simo: ritenne gran parte ùeìVidea^ ma rigettò af-
fatto la religione.
2.° Il razionalismo fa bensì la guerra ad ogni re-
ligione divina e rivelata, ma non ha mai sognato di
voler abolire Videa o piuttosto il sentimento religioso.
L'idea o il sentimento è cosa tutta naturale ed in-
stintìva; né i razionalisti sono così sciocchi da pre-
tendere, .che Tuomo possa o debba snaturarsi e tran-
sustanziarsi in un altro ente di specie diversa. Ma
le religioni positive, che si spacciano divine e rive-
late, non sono che forme esteriori, sensibili, acci-
dentali di quell'idea; non sono che simboli di quel
sentimento; e quindi possono e devono trasformarsi,
secondo che Ticlea si sviluppa e il sentimento si per-
feziona. Il razionalismo adunque non intende già di
bandire Dio dall'Umanità, ma vuole bandirne -ogni
Dio imaginario e favoloso ; perchè vuole che su VI-
manità regni unicamente il Dio della verità e della
ragione. Esso grida: guerra al catolicismo e al cri-
stianesimo, non per ispegnere Videa religiosa ^ ma
per avvivarla e ringiovanirla ; non perchè collochi
il pernio della reazione europea neWidea religiosa,
ma perchè la religione catolica e cristiana, lungi dal
rappresentare Videa religiosa, la travisa, la falsiGca,
la deprava, e la converte in una mitologia , che serve
benissimo di pernio alla reazione europea, siccome
quella che divinizza co '1 suo mistero tutti li assurdi,
e santifica co'l suo sovranaturale tutti i delitti.
2»t
lieir altro suo libro pia recente MontaaolU non
mostra di arver punto nMitato o rettificato il falso
concetto, ch'egli s'era fatto del catolicismo. Intitola
Il capitolo XII Liberalismo catolico; e prende ivi ad
» esporre il processo ideale, per cui dal materialismo
» accettato nella prima giovinezza pervenni a rico-
j> struire in me i dogmi sustanziali del cristianesimo,
» senza alterazione, anzi con aumento delle convin-
D zioni liberali. » Io lascerò da banda la parte nar-
rativa, in cui Montanelli con un candore soavissimo
dipinge tutta la boliezza dell'animo suo; e mi re-
stringerò ad un breve esame della parte teoretica.
In cui egli accenna le ragioni 4ella sua ricostruzione.
Queste ragioni si riducono a due capi: le une com-
battono il panteismo, e le altre difendono il crìstìa*
nesimo. Ma per la stima che io ho dell'alto ingegno
di Montanelli, debbo credere che lo riguadagnassero
alla fede cristiana ragioni un po' migliori di quelle,
che ne ha voluto communicare; altrimenti, povera la
sua fedel — Ed in fatti, che argumenti adduce con^
tro del panteismo?
I. « L'uomo è pensiero e azione, né posso tenere
» per vera una filosofìa, la quale non sopporta l'ap-
» plicazione. E se poniamo l'identità panteistica, cade
D la distinzione fra il bene e il ms^le morale, fra
» l'arbitrio eia necessità; e la consacrazione sociale
» dei fatalismo è inevitabile, a meno che non vo-
» gliamo ammettere la necessità di mentire, dopo
» avere ammesso quella di riconoscere, qualunque
» ella siasi, la verità. » Ohi Montanelli non avrebbe
dovuto riparo questa vulgare accusa di fatalismo,
la quale o non prova nulla, o prova egualmente
contro tutti i sistemi possibili d'ontologia. Nel gran
problema della libertà umana sono da distinguere
sempre due questioni assai diverse: il fatto o feno-
meno della libertà, e la sua spìegazloue metafìsica o
II. 14
2A2
razionate. Ora là liberta eome fenomeno^ fatto psico-
logico, è ammessa pure dal panteismo, i cui maestri
più insigni, da Bruno a Hegel, da Spinoza a Lamen-
nais, furono non solo propugnatori della libertà mo-
rale degli individui, ma eziandio apostoli della libertà
civile e politica delle nazioni. Dunque per questo
Iato, che è il reale, il positivo, e quindi l'unico im-
portante, la libertà non ha nulla a temere dal panteismo.
La difficultà consiste neir assegnare una spiega-
zione 0 ragion metafisica del fatto; ed io riconosco
di buon grado, che il panteismo non la risolve in
modo da togliere ogni dublezza, e soddisfare ad ogni
«sigeDza dell' intelletto. Ma dove Montanelli ha mai
trovato un sistema, che spieghi il fenomeno della
libertà con una teorica certa e d'ogni sua parte
evidente? Forse il cristianesimo? Ma, per poco ch'egli
abbia meditato l'argumento e ponderate le opposte
ragioni dei teologi e de' panteisti, avrà di leggieri
veduto, che la spiegazione cristiana, lungi dall' eli-
minare le diffìcultà, riesce solo ad aggravarle con
una serie interminabile di antinomìe e di assurdi.
Se, posta V identità panteistica y cade la distinzione
fra il bene e il male morale y fra l'arbitrio e la ne-
cessità; non cade altresì posta la volontà o legge
eterna di un Ente, che ha predisposto tutto? E se,
all'incontro, si ammette che le cause seconde o con-
tingenti rimangono libere anche sotto l'azione crea-
trice, immanente di Dio; perchè non dovrassi am-
mettere, che libere sieno del pari anche nel sistema
dell' identità sustanziale? Il mistero della libertà,
come tutti li altri dell'ontologìa, ha le sue radici
nel gran mistero primitivo e fondamentale dell'es-
sere, che è la coesistenza dell'infinito e del finito,
dell'eterno e del temporaneo, del necessario e del
contingente, dell'assoluto e del relativo, ecc.; dua-
lità irreduttibili , onde nasce una serie d'antinomìe.
fOS
in cui vien a rompere fatalmente e senza rimedio
possibile, finora, ogni metafìsica, ogni dialettica,
ogni sistema. Perocché rafiermazione di un termine
implica logicamente la negazione dell'altro; e chi am-
bedue li afferma, dee a lil di logica negarli ambedue.
H. « Inoltre, che cosa è il progresso, sia nell'U-
D manità, sia in tutto l'universo, senza, una idea di
» perfezione anteposta al movimento? Come progre-
» dire quando non si sa verso che? E se premetto
» l'archetipo della perfezione alla imperfezione, ecco
» il Dio anteriore al mondo, ecco la creazione. »
Questo poi è un mero gioco di parole. Se a ricono-
scere Dio e la creazione basta ammettere ìxn'idea o
una legge, che regoli VUmanità e Vuniverso, Mon-
tanelli non troverebbe più al mondo un ateo solo,
nò un solo panteista: Diderot sarebbe cosi buon cri-
stiano come Maret, Feuerbach come Gioberti. Ma
ridurre tutto il problèma di Dio e della creaziouia
ad uno scambio di voci, è egli forse un averlo riso-
luto? A stabilire l'esistenza del Dio cristiano e 11
fatto della <;reazione temporanea, ci vuol altro che
un archetipo o un'idea della nostra mente 1 — Il pro-
gresso dell'Umanità, come di tutto l'universo, ha la
sua legge scritta nella natura e nell'organismo di
ciascuna classe di enti: questo è il fatto, che serve
di base a tutte le scienze. Ma poi, quale sia l'ori-
gine 0 la ragion prima di questo fatto e di questa
legge, si può ben conghietturare per via d'ipotesi,
ma non determinare con una vera teoria. L'ipotesi
del panteismo 4ra suggetta a gravi difficultà; e a dif-
ficuUà più gravi d'assai va suggetta l'ipotesi del
teismo cristiano e d'ogni altro sistema. Ora, da que-
sto stalo delle dottrine ontologiche qual conclusione
legitima se ne deduce? Quella sola , che da Emroa-
nuele Kant a Giuseppe Ferrari ne han dedutto ì fi-
losofi più cospicui e più sinceri: che, cioè, l'oggetto
!!0&
della scienza umana non è H campo dèli' assolalo,
ma quello dei fenomeni e delle loro leggi naturali,
positive, immediate ; giacché il primo è incerto, oscuro,
pieno di contradizioni, in tutti i sistemi cosi filoso-
fici come teologici finora inventati; laddove nel se-
condo brilla la luce, la certezza, l'evidenza. Lascisi
dunque il mondo dell'assoluto alla fantasia, alla poe-
sia, all'ascelica; che la scienza e la vita non ne hanno
mestieri. La scienza trova i suoi materiali nella na-
tura e i suoi principi nella ragione; la vita riconosce
le sue leggi individuali nella coscienza e le sociali
nella storia. Questi materiali, questi principi, queste
leggi circoscrivono la cerchia naturale e reale del-
l'intelletto e della conoscenza; sono li elementi noti
di queir indefinibile problema, che si chiama la crea-
zione; ed il buon senso ne avverte, che sarebbe as-
surdità fondare le cose note su di un'incognita. Sono
dunque assurdi intrìnsecamente tutti | dogmatismi;
poiché pretendono appunto di stabilire la scienza e
la vita, su qualche ontologica chimera:.cioé, il certo
su'l dubio, il chiaro su l'oscuro, il noto su T inco-
noscibile. Dunque le ragioni metafisiche di Montanelli
poteano bensì disaffezionarlo dal dogmatismo pan-
telstico, ma non potevano giammai bastargli a ri-
costruire il dogmatismo cristiano.
Da queste considerazioni metafisiche egli passa ad
altre morali, e sempre contro il panteismo, le quali
per verità non provano meglio. Dice, che non gli
parevano folloni di sacrifizio né la felicità delie ge-
nerazioni future , né il dovere di uniformarsi a quello
che è bene assoluto , né V interesse individuale ben
inteso , né la stima d* uomo disinteressato. Ma primie-
ramente, queste ragioni non sono tutte priorie del
panteismo; e mostrano però, che la fede panteistica
dì Montanelli era piuttosto figlia di un' aspirazione
sentimentale che risultato d! uno stadio severo e
profondo intorno ai sistemi di filosofia ed ai simboli
di religione. E poi , gli concedo anch' io, che queste
ragioni non bastano a fornirci una dimostrazione
esatta, apodittica, tale insomma da soddisfare a tutti
i requisiti d' una logica rigorosa. E che perciò ? L' e-
sìstenza della legge morale è forse men certa? La
coscienza del dovere è forse men chiara ? Qui ancora
Montanelli confunde il fatto con la sua teorica, il
fenomeno con la sua dimostrazione. La legge morale,
in riguardo all'uomo, è un fatto cosi reale e posi-
tivo, come la legge d' instinto per li animali, la leg-
ge di gravità per i corpi, la legge d' attrazione per
lì astri : non si può negare, se non da chi o per
un' aberrazione mentale o per una depravazione in-
concepibile abbia smarrito la coscienza di sé stesso
e della propria natura» Ma tra il fatto e la sua teo-
rica 0 dimostrazione, corre un abisso infinito; per-
chè r uno appartiene ad un mondo, e l' altro ad un
altro. Dunque negare il fatto che si conosce, in gra*
zia della sua ragione ultima o prima che s' ignora,
non è egli un sofisma? Se la logica di Montanelli
s* introducesse mai nelle scienze naturali, l'unico
sistema ragionevole sarebbe il nullismo assoluto-;
poiché, siccome la causa suprema delle leggi cosmi-
che, da quella degli atomi fino a quella dei soli, non
é ancora scoperta ; così bisognerebbe negare leggi e
fatti, forze e fenomeni, facultà e sustanze, l' io e la
materia, per isprofondarsi e addormentarsi nel nulla.
— D'altra parte, la ragione ultima della legge mo-
fnle secondo il cristianesimo, vai forse meglio di
quella del panteismo, del naturalismo, o del razio-
nalismo? Fondare il dovere su'l decreto libero di
una volontà, non è egli un pervertire la base stessa
della morale? Non é un ragguagliar il diritto alla forza?
Non è un sostituire alla legge dell'Umanità il capriccio
di un Ente Imaginario ? Oh 1 non é questo il metodo,
206
che può guidarci ad un slsteina di filosofia civile;
morale, e religiosa. Finché l'uomo s'incaponisca a
voler l'impossibile, non raccoglierà che l'assurdo. Co-
minciamo dunque a definire i limiti della scienza ;
circoscriviamo la carta delle cognizioni umane; di-
ciamo a noi stessi in prima, e poscia agli altri:
questo è il regno della ragione, e quello è l' oceano
dell'ignoto; qui le cose si vedono, e là si sognano; qui
si osserva, e là si fabrica ; qui si esperimenta, e là si
fantastica. — Solo allora potremo apprezzare giusta-
mente il valore de' dubj, che agitano cosi spesso e tra-
vagliano così duramente il povero ingegno dell'uomo.
Ci rimane ancor da vedere, quali ragioni induces-
sero Montanelli a ritornare catolico. Furono due : la
preghiera, e la lettura dell'Evangelio. Innanzi trat-
to, ci fa sapere egli medesimo, che vi si determinò
per consiglio di Carlo Eynard, protestante: il che
rivela sempre più la strana idea, che Montanelli ha
del catolicismo; poiché non si perita dì far autore
della sua catolica conversione un prptestante ! — Ma
udiamo le ragioni :
« Oscuro su alcuni punti, il Nuovo Testamento
» mi colpì della luce dell' evidenza in due cose :
» 1.° Per la sublimità dell' insegnamento morale;
» 2.** Per la coscienza d' una missione redentrice
» sentita e significata dal Cristo. )> E dato pure che
queste due cose adornino il Nuovo Testamento , come
mai la luce dell* evidenza non colpì Montanelli in
tante altre cose che ci sono ? Così, per citarne qual-
cuna, l'essenza dell' Evangelia consiste nella sua pro-
prietà di Parola di Dio ; e quindi involge la credenza
in un Dio-persona, che parla in tempo e luogo de-
terminato. E Montanelli non l' ha veduta ? — L' au-
torità del Nuovo Testamento é tutta fondata su l' An-
tico ; onde non si può ammettere quello senza ve-
nerar insieme anche questo, con tutto il tessuto di
in
fidsìtà, d* iniquità, e d' énormezze, ond'è composto. E
Mentanelli non l'ha veduta ? — • La parte principale
deir Evangelio è narrazione di miracoli, cioè di leg-
gende, cioè di favole. E Montanelli non Tha veduta?
Ora, runa delle due: o egli crede all'Evangelio
nella sua integrità, o no. Se no, egli dunque .non è
cristiano; e né la grammatica, né la logica, né la
storia possono tolerare un tanto abuso di paro-
la. Se sì, egli ammette dunque la realtà dei mi-
racoli, la divinità della Bibbia, e l'esistenza di un Dio
rivelatore nei senso cristiano; e l'ammette, non in
forza dell'abitudine e della credenza cieca, ma a
guisa di conclusione razionale , a cui l' ha condutto il
libero esame. E allora la sua conversione diventa, a dir
poco, una bizzarria. Se la sua ragione non si scanda-
lizza punto di codesta iliade di assurdi, perchè s'inal-
berò contro qualche difficultà del panteismo ? Come
potè mai ragionevolmente offendersi di qualche mistero
dell'identità sustanziale colui, che è disposto a credere
verità i miracoli, santità i delitti, fatto le coutradìzioni ?
Veniamo all' insegnamento morale. Ho già notato
anch'io, che l'eMca dell'Evangelio, considerata nel suo
complesso, è superiore a quella dei sistemi religiosi
più antichi ; ed in ciò non veggo nulla, che non sia
pienamente conforme all' andamento dello spirito
umano ed alla legge del progresso naturale. Potrei
concedere eziandio a Montanelli, che vi sia una
certa sublimità ^ qualora non facesse della sublimità
un sinonimo di perfezione, e sopratutto dì perfezione
divina. Ma in questo senso, che è l'unico accettabile
ad un cristiano, io nego risolutamente la sublimità
della morale evangelica ; e mi stupisce, che un Mon-
tanelli sia giunto ad appellarne alla luce dell'evidenza.
Oh! ci sono ben altre cose evidenti nella dottrina
del Testamento Nuovo.
C'è evidente il concetto fondaraenl«ale, che fa della
vita un'espiazione: ed è questa una verità sublime?
268
Evidente il principio, che la salute dipende dalla fede,
e la fede dalla grazia : e questa è una verità sublime ?
Evidente la legge, che dichiara viziosa e rea la
sollecitudine dei parenti e deir onore, la difesa dei
beni e della vita: ed è una sublime verità questa?
Evidente la raccommandazione, che si facia il bene
per l'interesse di una mercede in paradiso, e s'eviti
li male per paura di un castigo nell'inferno : ed una
verità sublime è questa?
Evidenti i germi del dualismo, del misticismo, del
fatalismo, dell'indifferentismo, deir apatia : e sono
queste verità sublimi ?
Evidenti le premesse, da cui i vescovi e i papi
svilupparono tutta la canonica legislazione (1) : e
verità sublimi sono anche queste ?
fi) Sogliono molli o|i:gidl, quasi per una specie di moda,
inveire fieramente coniro la violenza religiosa (]oi papi, ed
esaltare a cielo la mansueta libertà dell'Evangelio. A costoro,
che nell'Evangelio leggono solamente le pagine che posson
giovare alla propria causa, i papi han diritto di contrapofre,
fra li altri, i testi seguenti :
e Omnis arbor, quae non facit fractum bonum, excidetar,
v et io ignem milletar. Matt. Ili, 10. — VII, 19.
» Notile putare, quia pacem venerim mittere in terram.
» Non veni pacem mittere, sed gladium. Yepi enioi separare
» hominem adversus patrem suum, et filiam adversus'ma-
» irem suam, et nurum ad versus socrum suam. Matt. X,
» 31-35. Lue. XII, 51-53.
n Quod si non audierit eos, die Ecclesìae. Sì aufem Eccte-
B Siam non audierit, sii libi sient etboicus et publicanus.
■ Matt. XVIII, 17.
» Exi in vias et sepes; et compelle intrare, ut Implealur
» domus mea. Lue. XIV, 23.
« . Si is, qui frater nominatur, est.... idolis serviens cum
» ejusmodi ncc cibum sumero. I Corin. V, 11.
» Sì quis non oljcdit verbo nostro perepìstolam,hunc notate,
» et ne comraisceamini cum ilio, ut confundatnr. Il ThessIII, 1 1.
» Si quis venlt ad vos,el hanc doclrìnam nonalTeri, nolite
y> reciperc cum in doraum, ncc ave ci dixerilis II Iohan. 10. i
209
Ora io torno al mto dilemma: o Montanelli rico-
nosce per vera, anzi sublime, anzi divina, tutta la
morale dell'Evangelio, o ne ammette solo quella
parte che risponde alle leggi delia coscienza e della
natura umana. Nel primo caso, egli è cristiano, ma
non ragionevole: nel secondo, egli è ragionevole,
ma non cristiano.
Inoltre un insegnamento morale, se non sublime,
almeno compiuto, dee prò vedere, non che al perfe-
zionamento deir individuo, ma eziandio alla riforma
delia società. E qual è mal l'etica sociale del Nuovo
Testamento? Neil* ordine politico, è la legge della
forza, r obedienza; e nell'ordine civile, è la legge della
miseria, la povertà. Ed anohe queste pajono sublimità
a Montanelli ? Ma s' egli dovesse insegnar morale,
non professerebbe di sicuro tutta la morale evange-
lica; la quale se pelea dirsi eccellente verso della
mosaica e della pagana, riesce molto imperfetta og-
gidì che r Umanità ha progredito di venti secoli
nella sua educazione; ed egli farebbe come la ragion
publica ha fatto: si gioverebbe dei lumi della fi-
losofìa e della scienza per correggere e compiere
l'insegnamento morale dell'Evangelio.
Ancor una parola intorno alla missione redentrice
di Cristo: « Io non poteva, soggiunge Montanelli,
» negare il Cristo Redentore, senza considerare Tuo-
» mo che si dava per tale, o come pazzo, o come
» impostore; ma pazzia e impostura non mi si ac-
» cordavano con la sapienza e santità di quella mo-
» rale sublime ; e dalla impossibilità di separare il
» Cristo moralista dal Cristo affermantesi salvatore,
» mi trovai ricondutto a studiare il dogma della
» redenzione e co' 1 dogma della redenzione quello
» della creazione e della caduta; e quindi lo intero
» sistema della filosofia cristiana. » L'alternativa fra
il pazzo e l'impostore. Montanelli dpvea lasciarla a
«IO
quei predicatori, che certo per àntifrasi cbiamano le
loro ciance parola divina : son dessi, che hanno in-
ventato quel sofisma dì nuovo conio, e lo urlano
agli orecchi delFattonito vulgo. Chiunque ha studiato
di buona fede Tuorao e la storia, sa che i rivelatori
o redentori non si meritano né Tun titolo, né l'altro:
no, né impostori, né pazzi; ma genj entusiasti. Re-
dentrice, vale a dire perfezionatrice dell' uomo, é la
verità; e chi sente in sé l'arcana potenza di una
idea da rivelare al mondo, può senza follia e senza
impostura chiamarsi Redentore. E ad* onta di tutti
li errori che adesso la ragione scopre nell'Evangelio,
l'idea cristiana all' epoca della sua apparizione era
propriamente una buona novella^ una verità, un pro-
gresso, un perfezionamento, cioè un grado di reden-
zione. Dunque l'argumento principale di Montanelli
non conchiude punto.
E non conchiude nemmeno per un altro capo. Egli
adopera bensì l'espressioni di Cristo redentore, Cristo
salvatore. Cristo moralista; ma in quale senso? In
un senso umano o metaforico, i razionalisti stessi
le sogliono usare ; ma il cristiano non può usarle
che in senso proprio e divino : per lui il titolo di
Salvatore e Redentore suona formalmente Iddio. E
Montanelli l'intende così? Crede egli davvero all'e-
sistenza, alla realtà storica di un Dio-uomo, di un infi-
nito-finito, di un eterno-mortale, di un assoluto-
relativo, di una persona in due nature ? Così li altri
dogmi della creazione e della caduta, li ammette egli
propriamente e li erède nel senso cristiano? Ma al-
lora, deh l non profani il nome sacro di filoiofià con
applicarlo ad un sistema, che è la negazione perpetua
e palpabl^Q del senso communc. Invano egli assicura
che a la filosofia di Gioberti , alcune opere della
» scuola teologica ortodossa tedesca, e i santi Padri
» mi furono di grande ajuto allo schiarimento delle
211
» difficultà, che pr^entava alla mia ragione il slste-
» ma del catoUcìsmo. » £ non s'avvede che questa
dichiarazione si distrugge da sé stessa ? Le indica-
zioni vaghe e generiche di Santi Padri e opere della
scuola teologica ortodossa tedesca, non chiariscono
bene il suo pensiero ; ma in compenso lo chiarisce
abbastanza V altro fonte che accenna : la filosofia di
Gioberti. Ora la così detta filosofia di Gioberti non
è altro in sustanza che la pura scolastica , la quale
non prova già, ma suppone a guisa d'assiomi tutti i
dogmi , tutte le leggi della chiesa. Ed è questo il
metodo, con cui Montanelli si rifece catolico ? Oh !
non è possibile.
Inclino piuttosto a pensare, che l'animo suo, aman-
tissimo della libertà e della patria, siasi lasciato ade-
scare da quella vernice di liberalismo catolico, che
Gioberti sparse ne' suoi libri. E parmi, che Monta-
nelli stesso venga a confessarlo in questa singolare
conclusione : « Non m'indussi ad accettarlo [il cato-
D licismo), se non persuaso, come non offendesse nò
» i diritti della ragione, nò la libertà di coscienza ;
» e si potrebbe essere catolici e negare l'infaUibìlità
» del papa, l' autorità clerocratica , e tutte le infra-
» mettenze dslla preterìa ; catoiici come Dante, come
» Savonarola, come Pascal, e altri sommi e cittadini
» ingegni lo furono. » Misericordia 1 // catolicismo^
non offende i diritti della ragione! Ma il primo e
massimo diritto della ragione si è, che a lei spetta
il criterio della verità; ed il primo e massimo dpgma
del catolicismo si è, che il criterio della verità spetta
alla fede. E Montanelli vuol conciliare questo dogma
con quel diritto ? — Il catolicismo non offende la li-
bertà di coscienza! Ma il principio, su cui ogni li-
bertà di coscienza riposa , si ò , che altri può esser
onesto nella vita presente e felice nell'avvenire,
anche fuori del catolicismo; e la legge suprema
tl2
fondamentale del catolicismo si è, che nessmia
fuori della chiesa può adempire a tutti i suoi
doveri , né salvare V anima sua. E Montanelli vuol
accordare questa legge con quel principio ? — Si
può esser catolici 'e negare V iììfalUhilità del papa !
Ma il papa stesso non dice altrimenti; poiché, già
rho avvertito, la sua infallibilità non fu e non è un
articolo di fede, né un dogma della chiesa, ma una
opinione teologica. E Montanelli non lo sapeva ? —
Si può essere catolici e negare V autorità clerocratica
e tutte le inframettenze della preterial Lascio da
parte le inframetteni^e della preteria, perché non
capisco bene che cosa sleno; ma quanto ^IVautorità
clerocratica, no^ signore, non si può esser catolici e
negarla. Quest'autorità é la gerarchia; e la gerar-
chia é, per instituzione divina, la legge organica
del ^catolicismo. La negano bensì, i protestanti; ma
appunto per ciò i protestanti non sono catolici. E
Montanelli ha dunque scoperto il segreto d'essere
catolico senza esser càtolico ? — Si può esser catolici
f^ome Dante, come Savonarola, come Pascal ! Ma qui
e^li scherza davvero; poiché é impossibile che se^
riamente egli ricorra ad una ragione di questa fatta.
Sono le dottrine religiose, che devono giudicare li
uomini; e non. li uomini le dottrine. Stabilita la
vera professione di fede catoliea, si potrà giustamente
dire catolico chi l'abbia osservata; laddove il dedurre
la professione di fede catòllca dall'esempio di qual-
che privato, egli é troncare una quesUone teologica
con una burla.
Ed in fine,.MontaneHi ha sempre dimenticato un
altro elemento essenziale del catolicismo. Egli non
discorre mai che di pura dogmatica, quasi che Tof-
ficio dell'autorità ecclesiastica non fosse altro che
un semplice insegnamento dottrinale e speculativo;
Ora chiunque conosce i primi principi del catechi*
smo catolico, dee pur sapere che al calolicìsmo è
tanto essenziale il dogma, quanto la morale ed il
culto; tanto la teorica, quanto la pratica; tanto la
verità. negli ordini del pensiero, quanto la legge
negli ordini della vita. Nella chiesa pertanto v' ha,
oltre r autorità dogmatica, un'autorità legislativa;
e siccome ogni catolico deve a quella una fede as-
soluta, così deve a questa un'assoluta obedienza. E
quest' autorità risiede, per ciascuna diocesi, nel suo
vescovo; e per la chiesa universale, nel concilio e
nel papa. Dunque per esser catolico non basta pro-
fessare tutti i dogmi; ma bisogna eziandio ammettere
tutte le leggi- della chiesa. E Montanelli le ammette?
Che, catolico, non voglia credere airinfallibilità del
papa, gli si può comportare; ma che non voglia
obedire a' suoi comandamenti, giammai 1 Chi non è
disposto ad obedire in tutto e per tutto agli ordini
del papa, non è catolico. Montanelli adunque o ri-
nunci alla professione di catolicismo, o pieghi la
fronte a tutti quanti i decreti di Roma. — Non c*ò
Padre, uè teologo, né abbate, né professore, né in
Germania, né in If rancia, né in tutto T universo
mondo, che possa scamparlo da questo bivio fatale 1
Dopo aver esaminate minutamente le opinioni e le
ragioni di Montanelli, se altri mi domandasse: qual è
dunque la sua religione? dovrei rispondere : nessuna.
Perocché il nome ch'egli s'appropria é catolico; la
dogmatica che professa é protestante; e lo spirito
che l'informa é razionalista. Ora una religione, che
sia tutto insieme catòlica, protestante, e razionalista,
non solo non esiste, ma non é possibile.
E questa condizione anormale, questa flagrante
contradizione tra la lingua ed il cuore, tra il fatto e
la fede, é commune fatalmente alla massima parte
degl'Italiani 1 1 protestanti in Italia sono pochissimi.
211
come pochi sono i yeri catoKci e ì reri razionalisti.
Il gran corpo della nazione è composto d'una gente
catolìca di nome, e razìonalieta di fatto : la religione
deir Italia è un equivoco! E lo spettacolo, ch'essa
porge all'Europa da parecchi anni in qua, ne rende
tale testimonianza, che il dubitarne sarebbe un du-
bitare della luce in pieno meriggio. Perocché il no-
bile contegno e l'eroica costanza, con cui tutti 1
popoli italiani, dalle vette delle Alpi alle rive del
mare, danno prova del loro indomabile affetto per
la libertà e l'indipendenza della patria, dlmostran ad
evidenza che la massima parte del paese è liberale.
Riformisti, costituzionali, o republicani, non monta;
8on tutti nemici dell'assolutismo e fautori d'una
qualche libertà politica e civile : ecco il fatto. Nondi-
meno, la massima parte del paese dicesi catoTicà:
ed ecco il nome. Ora, parmi d'averlo posto in chiaro
abbastanza, al nome repugna essenzialmente il fatto;
poiché catolicismo e libertà sono due termini, che
si negano e s'escludono a vicenda. Catolico vuol dire
devoto all'assolutismo, e liberale significa razionalista;
sicché quasi tutti l'Italiani-, i più per ignoranza,
chi per debolezza, e taluni per ipocrisia, si dicono
catolici, mentre negano il catolicismo ; e liberali ,
mentre negano la libertà l
E poi ci maravigliamo, che surgano così spesso
fra noi disensioni e discordie? Ci lamentiamo, che
la misera Italia sia divisa ili sètte e partiti? Ci ac-
cusiamo scambievolmente di non intenderci mai?
Deh! che valgono le accuse, i lamenti, e le mara-
viglie, se non si va alla radice, e non si rimedia
alla causa del male? E la causa, la radice principa-
lìssima delle nostre sventure, si è quell'orribile con-
fusione, che regna nelle menti, nelle coscienze, nelle
lingue, e negli alti. Chi non sa, che la prima con-
dizione per lo scioglimento di qualsivoglia problema
«15
eoDBiste nel delìairne i termini e li elementi? E che
senza questa definizione, le partì contendenti non
arriveranno mai a concbìudere nulla, perchè Ciascuna
parlerà un linguaggio suo proprio, che l'altra non
capisce neppure? Codesto è il caso della questione
religiosa in Italia. Porgete l'orecchio, ed ascoltate.
Eccovi là un partito, che benedice all'austriaco e
giustifica il suo dominio: chi sono? Catolici. — Qua
un altro, che è nemico deir austrìaco, ma sostiene
il diritto divino e il potere assoluto dei re: e chi
sono? Catolici. — Havvene costà un terzo, che com-
batte l'assolutismo, ma vuole un governo monarchico,
temperato dallo Statuto: e chi sono? Catolici. — Al-
trove se n'aggira un quarto, che maledice statuti e
sovrani , ma vuole una republica modesta e giudi-
ziosa: e chi sono? Catolici. — Poi un quinto, che
vuole la republica democratica e sociale; e«ono ca-
tolici. Poi altri, ed altri ancora, fra i quali chi am-
mette una religione di Stato, e chi nessuna ; chi rico-
nosce l'autorità della chiesa, e chi la rigetta ; chi ve-
nera il papa, » chi l'insulta; chi protegge il clero, e
chi lo detesta; chi pratica il culto, e chi l'aborrisce;
chi crede ai miracoli, e chi se ne rìde; chi tiene la
Bibbia per libro sacro, e chi per una leggenda; clii
fa di Cristo un Dio, e chi un uomol E sono tutti
catolici 11
Com'è dunque possibile da questo caos cavar un
costrutto? Come è possìbile che l'Italiani cospirino
ad un medesimo fine, se chiamano con Io stesso no-
me una moltitudine di fini diversi, opposti, e con*
Iradiltorj? Se l'uno fa, e l'altro distrugge; l'uno
afferma, e l'altro nega; l'uno avanza, e l'altro dìe-
t reggia; l'uno ama, e l'altro odia; l'uno loda, e l'al-
tro vitupera; l'uno invoca, e l'altro maledice: e
tutti e sempre in nome della stessa fede? Ohi ces-
siamo da un metodo cosi insensato 1 A questa do«
81C
manda, che ciascuno si dee fare: son io catolico, o
no? àon può darsi una risposta ragionevole, se prima
non s'è risposto a quest'altra: che cos'è il catolì-
cìsmo? Ed in questa definizione sta il cardine di
tutto il problema. Né ciascuno è già libero di fa-
bricarsela a proprio talento; poiché la definizione
vera non può esser che una, come uno è il signi-
ficato religioso della parola. Ma io studio accurato
dei monumenti più autentici della chiesa, e Tana-
lisi fedele de' suoi principi essenziali di (logma, di
morale , e di gerarchia, ci han provato che il cato-
licismo è la negazione assoluta della libertà. Ognuno
pertanto, insieme con quella domanda, se ne deve
rivolgere un'altra: son io, o non sono liberale? E
se è liberale, si chiami razionalista, ma non catolico:
se è catolico, si chiami assolutista^ ma non iliberale.
E allora il caos, che avvolge la povera Italia, co-
mincerà a diradarsi e a dileguare. Cadi'anno le ma-
schere dai volti; ognuno si chiamerà co'l suo nome;
e potremo tutti conoscere chi sta con noi, e chi con^
irò di noi Allora tutto il campo della lutta sarà di-
viso in due grandi parti: nell'una, i catolici; e nel-
l'altra, i razionalisti. Di là tutti i servi del papa, i
cavallieri dell'Inquisizione, e i satelliti dello straniero;
di qua tutti i credenti nella, ragione, nella giustizia,
e nella sovranità nazionale. Quelli professeranno la
servitù del catolicismo, e questi la libertà della ra-
gione. Li uni attenderanno alla salute dell'anima con
preghiere, sacramenti, e digiuni, e lasceranno che i
preti e i re si godano il mondo; li altri veglieranno
alla salute della patria e ai diritti della nazione; eman-
ciperanno lo spirito dalla fede cieca e dall'obedienza
passiva, abbandoneranno al preti le chiese e le corti
ai re, finché i popoli non abbiano appreso a passarsi
di tutti i re e di tutti i preti. Religione dei primi
sarà il simbolo di Nicea ; e religione dei secondi la
legge dell' Umanitò.
APPENDICE
Dal 1853 al ÌSS94
I
Corre gì(i 11 sellìmo anno dacché io, confutando
r opera di Monlalembert su 11 Interessi catolicì nel
secolo XlXy e sostenendo la lesi contrarla alla sua,
ho conlraposlo fatti a fatti, argumenti ad argumenti,
Sor dimostrare: nell'ordine storico, cbe il progresso
ella libertà non ha giovato, ma nociuto alla chiesa;
e nell'ordine dottrinale, che fra ì principj del cato-
licismo e quelli della libertà non havvì accordo pos-
sibile, ma opposizione essenziale ed ìncompatibilil»!
assoluta. La qual polemica ci guidò alla conclusione
generale: che la religione dei popoli culti non è più
a' di nostri il catolicismo, ma il razionalismo; poiché
il governo della loro vita intellettuale e morale, po^
litica e civile, procede a tenore, non d'una fede così
detta rivelata e divina, fnk d'una legge naturale e
razionale, di cui è interprete, non un preleso vicario
di Dio, ma la coscienza dell'Umanità.
II. 15
218
Ora, neirinlervano dal 185S al 1859, a qual delle
due t^sl diede conferma la posteriore esperienza? A
quella dei razionalisti democratici, o a quella dei
neocatolici liberali? La storia di questi sette anni ha
da registrare a conto della chiesa guadagni e trionfi^
p perdite e sconfìtte? E le gesta del papato son ve>
nute ad avvalorare i desiderj di coloro che vagheg-
giano una conciliazione fra il catolicismo e la libertà,
ovvero i principj di coloro che fra Tuno e l'altra
stabiliscono un'ineluttabile contradìzione?
Farmi questa, se mal non m'appongo, una que^
stione che meriti di essere qui brevemente esami-
nata, siccome quella che dee mettere il suggello a
tutti li argumenti di fatto e di diritto, da me con-
traposti alle vane asserzioni del conte di Montalem-
bert e de' suoi socj. Perocché a più d'un lettore po-
trebbe affacciarsi il dubia, che almeno nell'ordine
storico, grazie alle vicende politiche e alle nuove
condizioni d'Europa, le parti fra noi ed i nostri av^
versarj sieno del pari scambiate; talché molte cose
ch'erano allora false, possano oggi esser vere; e so
essi aveano il torto per rispetto al passato, l'aves-
simo però noi per riguardo all'avvenire. Un tal du-
bio scemerebbe d'assai la forza de' ragionamenti, su
cui ho fondato le mie conclusioni; e quindi mi preme
sommamente d'escluderlo d'avanzo.
Ripigliamo adunque la rassegna, che il signor Mon-
talembert avea fatto dei varj Stati europei; e •ce-
diamo se d'allora in qua sia nulla accaduto, che ag-
giunga valore a' suoi argumenti e ne detragga ai
nostri.
u
In Polonia le speranze di unrisurgimentocatolico
non solo non si sono avverate, ma son divenute più
St9
che mai incerte e remote. Il successore dello c^ar
Nicolò, inaugurando un sistema di governo men de-
spotico e più civile per tutto l'impero, più equo e li-
berale particolarmente verso delia Polonia, ba co-
minciato a calmare e sopire Tedio profondo cb'essa
nutriva contro i suoi oppressori; e questa giustizia
riparatrice varrà ben più che l'antica violenza ad as-
sicurare la preponderanza anche religiosa del vinci-
tore su'l vinto.
Co' 1 terrore delle armi Nicolò era pervenuto a do-
mare politicamente la Polonui, in guisa da renderlo
poco meno che impossibile una riscossa nazionale:
testimonio la rivoluzione del 48, e più di recente
ancora la guerra d'Oriente; occasioni, di cui avrebbe
senza fallo profittato un popolo, che avesse avuto in
sé li elementi e le forze da rivendicarsi in Ubertà.
Se la Polonia invece se ne stette cheta e tranquilla,
segno è che la sua vfta nazionale o è spenta affatto,
0 è ridutta ad un grado tale di fiacchezza e di esi-
nanizione, che non lascia certamente la possibilità
di un vicino risurgimento. E con l'equità delle leggi
Alessandro II riconquista ora moralmente la Polo-
nia; fa ch'essa dimentichi la tirannia de' suoi pre-^
decessori, che si consoli bentosto della perdita della
propria autonomia, che si ritempri nella vitale unità
della razza slava, che smetta a poco a poco e la sua
devozione a Roma catolica e la sua aversione da Pie-
troburgo scismatica, e che finisca con abjurare la
religione a cui va debitrice della sua mina, per ab-
bracciare quella che le aprirò una nuova èra d' in-
civilimento e di grandezza. Così il frutto che la chiesa
ritrae dalle sue dottrine su la sommissione alla pò-,
testa temporale nelVórdine civile^ inculcate ai Polac-
chi dal famoso Breve di papa Gregorio XYI, è ve-
ramente quello che si è meritata. Intimò al popolo
di òbodlre al suo oppressore come ad un'autoTità co-
stUaita ^a iKo; e il popolo gli obedlsce davvero aii^
che a costo di staccarsi dall'ortodossia romana per
accostarsi all'ortodossia russa. €he colpa n'ha egli?
Ili
In Isvìzzera è aumentato, non 11 hene di che ral-
legra vasi Montalembert, ma il male chVi deplorava.
Ai cantoni tedeschi dovrebbe or aggiungere il can-
tone ilanano, dove quella ch'egli intitolava rivolu-
zione atea, e che noi diciamo sovranità civile, re-
gna e governa, e sottomette il clero al diritto com-
mune, interdice ogni giurisdizione ai vescovi di Como
6 di Milano su'l territorio svizzero, abolisce i con-
venti, licenzia' i frati, e resiste apertamente ai mo^
hltorj d.i Romav
IV
Anche la Spagifta ha deluse tutte le catoliche spe<^
ranze di Montalembert. L'uomo di genio subliìne^
ch'egli teneva per una pietra angolare della chiesa,
è morto; e il famoso concordato, da cui si ripro-
metteva così bei giorni per la Spagna, è andato pre-
sto presto in fumo. Una nuova rivoluzione cacciò
via quel governo, che avea traficato Vonore e il ix)-
tere nazionale a benefìzio della curia romana ; ed ha
decretato la vendila del beni ecclesiastici, disdetto il
concordato, e mantenuti i diritti dello Stato contro
tutte le pretensioni e le minacce del papa. E il papa,
che parea sì risoluto a tener fermo, e che stette duro
in effetto per qualche anno, ecco che ora, spaven-
tato dalla ribellione delle Romagne, e desideroso di
ottenere un sussidio militare o un puntello diploma-
tico dalla Spegna, cede vilmente al suo solito, mer-
^àDVeggìa la religione per la {)oliticaVe ricoaosoe le*
filimi e validissimi quelli stessi aiti e decreti, che
pocanzi coiìdannava ed esecrava come un attentato
sacrilego ai diritti inviolabili delta chiesa e agli or-
dini espressi di Dio.
Del Portogallo il signor Montalembert avea taciuto »
ma ora gli toccherebbe di piangere anche colà un ai-
ira sconfìtta. In seguito ad uno scisma ch'ebbe
luogo nei dorainj portoghesi deirindia, il governo e
il parlamento, fra li applausi della stampa e di tutto
il paese, sostennero fieramente l'indipendenza e la
sovranità dello Staio contro la divina autorità della
santa sede; fecero nei loro dibattimenti un processo
publìco contro i pretesi diritti della chiesa; e mìsero
troppo in chiaro che V interessi catolici sono anche
là in istato di irreparabile fallimento.
Isella Germania protestante le condizioni della
chiesa rimasero presso a poco le stesse; e se han
mutato in nulla, gli è a suo danno e non a suo van-
taggio. Il re intelligente e generoso di Prussia, in cui
Montalembert confidava tanto, è impazzito; e le re-
dini dello Stato caddero in mano d'un reggente ^ il
quale sarà per avventura meno intelligente^ ma eerto
è altresì meno teologante, e quindi meno propizio
alle controversie bibliche, vale a dire, assai più ri-
soluto a non permettere che i missionarj , sotto il
pretesto di predicare il loro Evangelio, turbino il
paese e rinfochino le passioni e le discordie religioso.
Ma In Austria, sotto il giovane e cavalleresco im-
peratore, li affari della chiesa in apparenza prospe-
rarono assai. Uno di quei trattati di commercio spi-
rituale, ch'essa battezzò co'l nome di concordati
per dare una vernice di legalità ialla simonia, le ha
in
restituito 1 privilegi e le prerogative, di cui Maria
Teresa e Giuseppe II Taveano spogliata. Essa cauta
dunque vittoria; e sei contratti di simil genere sono
le sue vittorie, affé non ha torto : essa ha fatto un
eccellente affare. Resta però da vedere se a questo
guadagno tutto mondano, perchè consìstente solo in
qualche aumento di potere o di giurisdizione, ri-
sponda poi un vero profitto religioso, vale a dire,
.un incremento d'autorità e dìmpero, non su i corpi
e sa i beni, ma su le menti e su i cuori.
E per questo rispetto egli è fuori di dubio che il
concordato, lungi d'essere per la chiesa un trionfo,
è anzi il compimento della sua rulna. Se v'ha nella
storia un fatto certo ed evidente, si è questo, che il
valore religioso del catolicismo e il potere civile
della chiesa stanno rigorosamente fra loro in ragione
inversa: l'uno fu massimo, quando l'altro era nullo;
e via via che questo venne crescendo, quello è sem-
pre diminuito. Laonde il rlsurgimento della chiesa, —
se pur la r1sun*eztone dei morti non fosse ancora più
impossibile nell'ordine morale che nel fisiologico, —
non potrebbe effettuarsi altrimenti che mediante il
ritorno puro e semplice all'apostolato evangelico dei
primi tempi. Quando papa, vescovi, e preti rinun-
ciassero davvero non solo ad ogni dominio politico
sopra uno Stato, ma eziandio ad ogni ingerenza ci-
vile nella cosa publica, e quindi ad ogni immunità
dalla legge commune, ad ogni fatta di privilegi so-
ciali; quando non ambissero altra autorità che quella
conferita loro dalla coscienza del popolo cristiano in
grazia del loro primato nella virtù e nella sapienza :
oh! allora sì noi razionalisti avremmo ragione di
temere una restaurazione vera e reale del catolici-
smo. Ma finché vediamo la chiesa ravvolgersi perdu-
tamente nel fango degVintereisiy così dimentica della
propria missione da riporre la sua salute nella stessa
S23
MgfoQ prima e principale della sua morte; possiamo
assistere, non che tranquilli, esultanti alio spettacolo
del suo estremo delirio. Auguriamole un altro con*
cordato più grasso ancora, la cui mercè, oltre il mo-
nopolio deirinsegnamento e la censura della stampa,
la decisione delle cause matrimoniali e T indipen-
denza del vescovi, la moltiplicazione del conventi e
dei monasteri, ecc., le sia commesso a dirittura il
governo di tutto l'impero: e allora si sarebbe finita
una volta e per sempre; che allora principi e po^
poli andrebbero a gara per disfarsene in eterno.
Questo risultato, che l'induzione storica promet-
teva ed assicurava d'avanzo, comincia in effetto a
verificarsi puntualmente. Del concordato con l'Au-
stria menarono vanto e tripudio senza fine il papa
e i cardinali, i vescovi e i loro vlcarj: la cosa èna-^
turale; tutti questi più o meno sacri rappresentanti
di Dio non sono d'altro solleciti fuorché de' loro in-
teressi, delle mense, delle rendite, dei poteri, della
dominazione; e quindi benedissero come una rara
fortuna quel mercimonio spirituale, che loro aumen-
tava l'interessi, impinguava le mense, accresceva le
rendite, estendeva i poteri , e rafforzava la domina-
zione. Che poi dovesse nuocere alla salute delle ani-
me, deturpare la santità della fede, disonorare il ca-
rattere della religione, costoro non se ne danno un
pensiero al mondo; poiché religione, fede, anime
son tutte cose, che non toccano punto i loro nego-
zj; ed a loro preme il possesso (tella terra, non l'a-
cquisto del cielo.
Ma interrogate un po' il clero inferiore, che si trova
in contatto immediato e continuo con la coscienza
del popolo; chiedetegli informazioni degli effetti spi-
rituali del concordato: e vedrete quanto sia empia
l'allegrezza e la baldoria che ne fa l'alto clero. Ve-
drete come quel sì vantato trionfo abbia recato in*-
:n
fmitamente più danno alla fede della chiesa che ìioil
tutte insieme le persecuzioni de' suoi antichi e mo*
derni nemici. Vedrete come lo scandalo d'una chieto^
che mercanteggia le sue funzioni religiose a prezzo
d'ingerenze politiche con un governo oppressore di
tante nazi(»i , le ha tolto più seguaci che non tutti
insieme li scritti degli increduli. Ed ò giusUzia: una
religione che in astratto s'intitola pomposamente
dalla carità, dajr umiltà^ dalla povertà, dalla man-*
•suetudine, dal sacrifizio, e da tutto qud complesso
di virtù dette per eccellenza evangeliche, e che pot
in pratica è tutto il rovescio, e non vive fuorché di
superbia, di prepotenza, di ricchezze, d'onori, di
lusso, di ^to, di odio, e di tutti ì vizj più ese-
crati ed esecrandi; è una mostruosità, in cui mal
potrebbesi deflnire sesia maggiore la stoltezza o Tin-*-
^amia.
Né li effetti politici sono stati men funesti tirimi
pero che li eifetli religiosi al papato. Fra i tanti ti-
toli che aveva l'Austria all'abominio delle genti slavot»
tedesche, e sopratutto latine, ne serbava almanco
uno alla loro rlconoseenza; ed era la legislazione di
Giuseppe li circa le relazioni fra la chiesa e lo Stato :
legisiazlone tanto benemerita della civiltà, perchè
posto il freno alle usurpazioni e alle inframettenze
del clero, e sbandita la maggior parte degli ordini
monastici, permetteva all'autorità laicale di proce-
dere liberamente nella vìa del progresso a tenore
-delle condizloui politiche deir impero, e non a be^
neplacito degl'interessi retrivi dell'episcopato. Tanto
è vero, che nella cerchia di molte e molte instllu-
zioui civili, li Stati suggetti all'Austria non aveaa
nulla da invidiare ad altri politicamente più liberi ;
i quali avrebbero anzi dovuto apprendere da loro
■molti miglioramenti. Ora co'l concordato l'Austria
•ha perduto fin quest'unico inerito, che avea verso
225
^e'suol popoi», & si è iiosta da sé ineaesiaiSL ai bando
della civiltà (1).
E lai sia di lei ! Noi ci rallegriamo tanto come
italiani dei regressi austriaci, quanto come raziona-
listi delie turpitudini papali. La chiesa è il cervello,
e l'impero il l)raccio della reazione; e quanto più
runa si degrada e l'altro si disonora « tanto meglio
per noi e per l'Umanità: s'avvicina sempre più l'ora
della line ultima dei nostri due capitali nemici.
VI
Il Belgio ha seguitato ad aggravare i motivi di la-
mento che contristavano Montalembert, anziché ri-
spondere ai desideri ond'egii cercava di consolarsi*'
L'andamento delle instituzioni politiche, lungi dal
richiamare al potere il partito catollco, ne lo ha più
.che mai allontanato. Il ministero, che se non lo pro-
teggeva apertamente, non l'osteggiava né pure, cadde
sotto il peso della publica- riprovazione, appunto per
1 troppi riguardi che gli usava , ed a proposito d'una
legge diretta a guadagnarsi il suo favore e ad ap-
pagare in parte i suoi richlamu E il ministero, che
ritornò al governo, è tutt' altro che propizio agl'in-
teressi della cliiesa. Né il clero stesso adempì la ii-
ducia, che Montalembert mostrava d'avere nel suo
buon senso^ Il suo buon senso, guidato onnai da
(1) E pare che perline a Vienna si cooninci a capire; poi-
ché da alcuiki giorni la stampa austriaca mena gran rumore
di larghe riforme già decretate a favore della libertà di culto
"per i protestanti e per li ebrei. È ano sforzo clic l'Austria
tenta per ritrarsi ancora, se fosse possibile, dai precipizio In
€ui si gettò co'l suo concordaio. Ma è troppo tardi; e noa
o-iuscirà ad altro, speriamo, clie a tirarsi addosso anche le
•ire delia curia romana, senza punto conciliarsi l'afTezioue
de' suoi sudditi e la atima deir£uropa.
treni* anni d'esperienza, gli fa invece sempre pia
chiaramente vedere e sentire, che l'interessi cato^
liei non hanno a guadagnar nulla dalla libertà, e
che profitterebbero assai meglio del despotismo, se
non sotto un re protestante, certo sotto un cristia-
nhsimo o apostolico imperatore. Ed in una simile
questione d'interessi il clero è ben più competente
di tutti i conti ed academici dei mondo.
VII
Avvenne in Cknda una cotal novità, di cui la
curia romana levò gran baldoria; ma la si riduce in
sustanza ad una tal miseria, che per farne tanta fé*
^ta convien dire che la chiesa abMa smarrito fin la
memoria de' suoi antichi trionfi, e si senta costretta
a pascersi di vento e dar corpo alle ombre. La no-
vità consiste nel ristabilimento dei titoli della gerar-
chia catolica, cioè in uno scambio dì nomi: prima
i vescovi d'Olanda o non portavano alcun titolo lo-
cale, 0 ne toglievano ad ìmprestito qualcuno da un
paese qualunque dell'Africa o dell'Asia; adesso in-
vece si denomineranno dalla città, dove hanno la
loro residenza: ecco tutto. Oh! vedete che razza di
vittorie toccano più alla ctiiesa 1 Ma ora che ai ve-
scovi d'Utrecht o dì Harlem è lecito di chiamarsi
vescovi d'Utrecht o di Harlem, conta essa forse una
pecora di più in quelle provincìe? Ed è forse cre-
sciuta dì un apice l'autorità della sua parola e Tef-
fìcacia della sua fede? All'incontro, sapete che cosa
crebbe davvero? L'odio dèlia chiesa riformata con-
tro la chiesa catolica ; poiché l'inimicizia, che in gran
parte era sopita grazie agU influssi liberali della ci-
viltà, s'è ridesta ancora e riaccesa in seguito agl'in-
trighi e alle mene del partito catolico, il quale se
non avrà più a soffrire le ^persecuzioni d'una volta.
M7
n'andrà pur debitore al progresso di quella lìberlà,
cb'ei maledice e bestemià come l' abominazione della
desolazione. Insensati che sonol Dove sarebbe più a
quest'ora la loro chiesa, la loro gerarchia, e la loro
bottega, se il protestantesimo avesse loro applicato
in Inghilterra, Olanda, Svizzera, Germania, Dani-
marca, ecc. quel codice infernale di sangue, che la
loro santa Inquisizione applicava ai protestanti in
Ispagna, in Francia, nel Belgio, e in Italia?
Vili
Una novità simigliante è tutto quanto ha guada-
gnato la chiesa in Inghilterra. È riuscita finalmente
ad ottenere che monsignor ^Wiseman possa intito-
larsi bravamente arcivescovo di Westminster. La-
sciatele dunque intonare il suo cantico di trionfo l
Ora sì che langlicanismo è bello e spacciato 1.... Po-
vera chiesa 1 A tutti li altri sintomi della sua decre-
pitezza ha così aggiunto pur quello del rimbambire;
oggimai il fatto suo non eccita più lo sdegno, ma
la compassione. Un ìnstituto religioso , che dopo aver
preteso algoverno spirituale del mondo intiero, scende
a patti co' suoi nemici e vincitori per impetrare a
forza di cortigianerie la grazia di dare a' suoi vescovi
un titolo piuttosto che un altro, rende Imagine d'un
gigante che armeggiasse co' bimbi per la conquista
d'un fantoccio Povera chiesa I Dove sono andati
i bei tempi de' Leoni, de'Gregorj, degli Alessandri,
degl'Innocenzi? Sono andati.... ove doveano andare,
e donde non ritorneranno mai più. Tanto peggio per
essa, ma tanto meglio per l' Umanità I
228
Yeniama alia Fraocia. Cbe cos'è divenuta la stu^
penda tran formas ione, onde se n'andava in- estasi il
sigpor Montalembert ? Uà proseguito il suo corso
trionfiale, o badato indietro? — il contegno del go*
verno imperiale verso la chiesa non è sustanzialmeote
mutata Le sue smorfiose proteste di devozione noa
vennero meno; ma per fermo le tante speranze, che
la sua devozione avea suscitate, rimasero deluse.
Napoleone continuò ad atteggiarsi a protettore della
chiesa^ ma non osò toccare pei; compiacerle a nes-
sun articolo di quella legislazione gallicana, che ha
sempre turbato i sonni al papa. Anzi ebbe ripetuta-
mente a dichiarare, ch'egli intende di mantenerla
Intatta; e alle vive instanze del partito catoHco, per-
chè si decretasse obligatoria l'osservanza delle feste
« la celebrazione religiosa del matrimonio, impose
tosto silenzio a nome della legge. La libertà di culto
fu non solo serbata alla chiesa protestante officiale,
ma estesa a tutte le communioui cristiane. L'auto-
rità dello Stato anche sopra la chiesa venne esercii
tata liberamente, senza permettere al clero né mcn
di zittire. Così il Consiglio di Slato processò un ve-
scovo per l'abuso che facea de' suoi i)Oleri a danno
de'parochi; ne cassò li atti, e lo ridusse al dovera
E il ministero ordinò la vendila di mòlli beni ec-
clesiastici por convertirli In rendite su '1 debito pu-
hlico; e buono o mal grado convenne obedire. Del
resto, ciò ch'io avea predetto al conte di Moata-
lembert, s'è finora appuntino avverata Napoleone
protegge il clero, solo in quanto lo reputa strumento
utile all'esecuzione de'suoi ambiziosi disegni, né più
né meno; e quindi la chiesa è mille volte più serva,
più schiava sotto il patrocinio del Napoleonide di
qnel che fosse sotto il flagello della Convenzione. Pe-
rocché quello era un flagello, che alteslava la di-»
gnilà e la potenza della sua fede; ladiìove questo è
un patrocinio, che testifica la bassezza e la servilità
del suo egoismo.
. Per altro, «e nelle relazioni tra il governo ed il
elero non accadde dal 52 in poi alcun sustanziale
mutamento; è però avvenuto nel seno stesso del par-
tito catolico uno scandalo assai grave, che mèglio
d'ogni mia critica ha messo >a nudo la vanità delle
glorie, che Montalembert ci veniva a ricantare; ed
ha mostrata al mondo, che la chiesa moderna, an-
ziché ad un consorzio di santi> rassimiglia ad una
turba di pettegole.
Usciva in luce un librlcciattolo» il cui assunto era
di provare, che il verìne roditore della società mo-
derna è lo studio che fa la gioventù degli antichi
classici ^reci e latini, i quali la imbevono delle idee
del paganesimo, ed estinguono in essa fino ì germi
del catolicismo^ La publicazioue di quel libro fu per
la chiesa francese il pomo della discordia. Di qua ve-
scovi che l'approvano, e di là vescovi che lo con-
dannano. Li uni scommunicano l'instruzione classica
come la peste della gioventù^ e li altri la benedi-
cono come un sussidio del catechismo. E fu la mag-
gior parte dell'episcopato francese, che si gettò ab-
bandonatamei|te nella mischia; e per parecchi mesi
esso apparve diviso in due campi nemici, che com-
l>attevano furiosamente a colpi di lettere pastorali,
di editti, e di omelie, prò o contro l'autore del
verme , prò o contro i classici antichi. Una scena s^
comica rade volte esilarò il publico in un teatro.
Ma eccone un'altra non meno deliziosa. Tutti sanno
che cosa sia il giornale VUnivers, Il suo truce fana-
tismo era giunto-a stomacare l'arcivescovo di Parigi^
U quale» testimonio oculare del danno che recava
230
alla chiesa quel diario con la sua rabìosa apologe^*
tlca, puhllcò contro di esso un severo monitorio,
e gli prescrisse certe regole di polemica più decente,
se non più cristiana. Il giornale, troppo esperto nelle
arti del gesuitismo, finse di piegar il capo e di bat-
tersi il petto ; moderò per qualche tempo 11 tono
de' suoi vituperi ; ma ritornò poscia al suo usato stile
da sgherro del Sant'Officio. L'arcivescovo fu a buon
diritto sdegnato di tanta oltracotanza ; e proibì se-
veramente il giornale in tutta la sua diocesi. Indi
nuova scissura e nuova tempesta nella chiesa di Fran-
cia. Da una parte vescovi che danno publicamente
ragione BÌVUnivers contro il loro confratello di Pa-
rigi ; e dall'altra altri vescovi che sostengono le parti
di questo contro di quello. E da capo un diluvio di
pastorali e di circolari, che assolvono o condannano
il giornale, che lodano o biasimano il prelato. Que-
sta volta però la comedia parve pericolosa a Roma,
ove il direttore AeìVUnivers avea portata la sua causa
in ultimo appello. E Pio IX pose fine alla lite con
un suo Breve, in cui deplorava amaramente lo scan-
dalo di quelle lutte intestine, esortava e scongiu-
rava l'episcopato francese ad aver più giudizio, a
non far ridere di sé e de' fatti suoi il mondo Incre-
dulo, a non dividere e sciupare le proprie forze in
conflitti domestici, ma a collegarle tutte insieme
strettamente per resistere agli assalti dei nemici
esterni. E il povero arcivescovo dovette disdirsi, e
con lui tutti i suoi colleghi che gli aveano fatto eco;
YUnivers fu assoluto da ogni censura, e la sua in-
fame polemica ribenedetta e riconsacrata.
Sopiti cosi i litigj episcopali, non cessò tuttavia il
dissidio del partito catolico; e scese in campo a rin-
focolarlo,.... credereste? il conte di Montalembert
in personal Si, signori, quell'ardente campione del
gesuiti e del gesuitismo ruppe anch*egli guerra apertat
231
ed al suo solito anpra e feroce, contro il moDilore
oTficialedel gesuitismo e de' gesuiti^ che è VUnivers;
e ciò che dà un'importanza tutta particolare ed un
carattere assai curioso a questa sua polemica , si ò
ch'ei r intraprese dopo che Roma avea sedata la tem-
pesta clericale, coprendo del suo sacro manto quello
spudorato accatlabrighe di giornale. E l'intraprese
di conserva ed in lega con un altro paladino della
setta catolica: il visconte di Falloux. Così quei bu-
giardi panegiristi dell'unità della loro chiesa hanno
dato a sé stessi e alla loro ciurmeria la più mador-
nale mentita; ed han recato nelle loro querele in-
testine un fiele, un rancore, un accanimento, al cui
paragone le dispute dei liberali tra loro passereb-
bero per complimenti. Così quando il papa aveva
assoluto Veuillot, e una gran parte de' vescovi l'a-
veano commendato ai loro fedeli come una salda co-
lonna della chiesa, ecco levarsi i due corifei laici
del partito, ì quali dando furiosamente su la voce
a! loro vescovi e al loro papa, denunciano al mondo
VUnivers come uno scandalo intolerabile, come la
ruina e l'onta della loro religione.
E perchè tanta ira? Donde mai tant'odlo fra gente,
che non rifina di arrogarsi il monopolio della carità,
dell'umiltà, della mansuetudine, dell'abnegazione
cristiana? Qual dogma di fede o qual precetto di
morale era in pericolo od in causa? — Che morale e
che fede 1 Che precetti e che dogmi I II partito ca-
tolico volle ancor una volta mostrare publicamente,
che tutta la sua religione consiste negl'interessi
temporali , mondani , politici ] che per lui si tratta
unicamente d'usurpare il più possibile d'autorità,
d'influenza, di potere nel governo dello Stato; e che
per ciò darebbe tutto, traficherebbe tutto, senza uno
scrupolo e senza un rimorso. In quei litigj vitupe-
cosi la religione fu il pretesto apparente, ma la pò-
m
lìiica era il motivo reale. ì filontaìcmberl, ì Falloot^
e ì conti e visconti loro saleìlUi non erano più con-
tenti dell'impero, né dell'imperatore; parea loro che
l'uno non avesse fatto per la loro consorteria quanto
essi s'aspettavano, e che l'altro non offrisse un mer-
cato così propizio al loro negozj come l'avrebbero
desiderato. Quindi eglino stessi, che sotto la repu-
Wìca e la libertà aveano fatto di tutto per restau-*
rare in Francia il despotismo, tornarono al loro vezzo
antico di fare» un poco all'amore sotto il despotismo
con la libertà. S'accinsero pertanto all'impresa di
riconciliare il principio del diritto divino con quello
della sovranità popolare, consententlo ad una fusione
tra i legitìmisti e li orleanisti, che sarebbe rappre-
sentata da un'alleanza di famiglia tra i due rami
della Casa di Barbone; e indi pretesero, che tutto
il partito catolico s'acconciasse ai loro gusti e ser-
visse ai loro disegni.
VUnivers e la sua fazione non la vollero inten-
dere così. Avvalorati dalla benedizione del papa e
dall'approvazione dei vescovi, essi ricusarono di met-
tersi nuovamente su '1 volto la maschera dì liberali^
e di tornar a fingere pensieri ed affetti che non erano
e non jx)tevano essere nella loro mente e nel loro
cuore. Persuasi del buon andamento de' loro affari
sotto il despotismo napoleonico, sdegnarono dì par-
teggiare per un preteso liberalismo borboniano, co *1
quale assai difficilmente avrebbero guadagnato nulla^
e probabilissimamente perduto molto. Non accettarono
dunque di tener mana agl'intrighi politici di quei
conti e visconti, che miravano solo a fai*sl degrinlo-
ressi catolici uno strumento per appagare le loro
voglie ambiziose; e seguitarono con una franchezza
portata fino al cinismo ad insultare la libertà, im-
precare ai liberali, glorificare l'impero, benedire la
servitù , ed invocare l'inquisizione. Ai signori Mon-j
233
talembert e Falloux, che credeano pm coiifaceateal
loro scopo un procedere da academìcì e da diplo-
matici, dava noja la logica selvaggia del Yeuillot, il
quale svelando crudamente l'intimo pensiero del ca-
tolicismo, e tirandone audacemente Xin le ultime con-
seguenze, rendeva troppo visibile e palpabile l'anta-
gonismo del loro sistema con la società odierna, e
quindi troncava recisamente le radici alle loro mene,
e chiudeva la via alle loro ambizioni. E fu allora che
si risolvettero a romperla clamorosamente con YU-
nivers ed a bandirgli la croce addosso, denuncian-
dolo per un difensore della chiesa infinitamente pia
funesto d'ogni nemico. E allora fu che costoro, 1 quali
finché quel giornale li serviva e adulava, Taveano
sostenuto e ajutato in ogni maniera e con ogni 'sforzo
possibile, ed erano stati i primi ad applaudire al tono
della sua polemica, come pieno di brìo, di spirita»
di calore, d'eloquenza, e di tutte le più rare doti
letterarie; non videro più altro in esso, appena 11
loro egoismo cominciò ad esigere una tattica ùìfSò^
rente, fuorché una sentina di ogni lordura, e fecero
a gara chi gli gettasse In tàccia accuse più gravi ed
Ingiurie piji sanguinose. 11 brio, lo spFrito, il calore,
e l'eloquenza di testé diventarono senz'altro una se-
rie non interrotta mai dì sciocchezze, di maldi-
cenze, di menzogne, di calunnie, di empietà, di sa-
crilegi, e dì tutte le ribalderie imaginabili. E il
pio giornale non mancò certo di replicar loro per
le rime, e smascherò senza misericordia la loro ipo-
crìsia tanto verso della chiesa quanto verso della li-
bertà; mostrò ch'erano gente senza principj né polì-
tici, né religiosi; che mutavano di programma a te-
nore della lor vanità; che s'erano fatti un tempo
apologisti del catolicismo e banditori della reazione,
perchè speravano di salire in alto per tal vhi più
presto e più sicuramente; che ora gridavano contro
II. 16
Il d6${)atisfiio e SM^iravano uo poco di liberta, per^
•che Napoleone Don avea soddisfatto alle loro brame;
che domani tornerebbero da capo a far da gesuiti e
da inquisitori, ove giovasse meglio ai .calculi della
loro ambizione. — Ecco la bella e gloriosa trasfor-
mazione, per cui è passato il partito catolico in Fran -
dal V'ba egli esempio, in tutto il corso della storia
umana, d'un partito religioso o politico, che sia an-
dato a finire in un tal abisso dìgnominla?
.Rispetto poi al conte di Montalembert, v'è ancor
qualche cosa di più piacevole e singolare. In prova
della prosperità miracolosa éogV interessi catolici in
Francia, ^li avea magnificato le beatitudini che si
godeva la chiesa sotto il patrocinio providenziaie del
Bonaparte. Io gli dissi che pigliava un granchio a
secco, e gli annunziai che non tarderebbe a pentirsi
del suo entusiasmo per uu trionfo, che gli si volge-
rebbe inevitabilmente in ruina. Or bene, io gli posso
già citare un buon testimonio dell'adempimento sì
pronto di quel ch'io gli prediceva; ed è lui stesso!
lion aveva egli ancor deposta la penna con cu!
scrisse il suo libro, che la protezione dell'impero
cominciò a sembrargli un' orribile tirannia. Commise
l'imprudenza di dirlo in una lettera, la quale pas-
sando d'qna in altra mano cadde pure in quella del
fisco imperiale, che gliene mosse tosto querela di^
nanzi ai tribunali. Ma per quella volta, atteso il ca-
jattere affatto privato e segreto della sua querimo-
nia, egli ne anc(p impunito.
Era una lezione, di cui avrebbe dovuto far tesoro
per r avvenire, s'egli fosse mai capace di far senno.
All'incontro, eccolo poco appresso a ricadere in colpa.
L'odio suo contro dell'impero e dell'imperatore era
in breve giunto a tale da offuscargli la ragione, e to-
gliergli non solo ogni resto di memoria, ma eziandio
ogni ombra di pudore. Perocché quel medesimo Moa-
«8
tateliibert, che avea spesa la maggior parte della sua
vita a combattere, a deridere, a bestemiare sa tutti
i toni il protestantesimo, e per conseguente Tlnghil-
terra che a suo avviso ne era il baluardo e il san-»
tuarìo principale; sì, quel Montalembert medesimo
non si peiltò di tessere il più sbardeilato panegirico
deir eretica Inghilterra e della sua ereticissima li-
bertà, solo a fine di mettere meglio lo rilievo per
via del contrasto lo' stato di servitù, in cui sotto il
catolicismo napoleonico giace e geme la Francia. Ma'
questa volta non trattavasi più d'una lettera pri-
vata, bensì d'una scrittura pilblica, e con la circo-
stanza aggravante della recidiva. Il catolico fisco del
suo imperatore lo citò di nuovo in giudizio^ l'accusa
di non so quanti delitti, l'uno più grave dell'altro;
e il catolico tribunale, così in prima iastanza come
In appello, riconobbe eccellenti le accuse e vane lo
difese ; e condannò (^tolicamente H signor Montalem-*
bert co'l gerente e l'editore della sua rivista (il
Correspondant) alla multa di parecchie milliaja di
franchi e alla pena di parecchi mesi di prigionia.
DI questa sventura nondimeno egli sarebbesl con-*
solato dì leggieri, poiché gli porgeva l'occasione df
meritarsi la corona d'un mezzo martirio a sì buoil
mercato. Ma no, né pur quell'eroica soddisfazione
gli fu concessa da quel tipo di principe catolico che
è Napoleone. Il quale gli condonò per grazia la pena
decretata dalla prima sentenza ; e benché Montalem-
bert fieramente la rifiutasse co'l pretesto di voler
attendere l'esito dell'appello, il magnanimo impera-
tore non s'adontò del suo sdegnoso rifiuto, e ^i ri-
novò la grazia anche dopo la seconda condanna.
Laonde al povero conte di Montalembert venne di-
sdetto di raccogliere dalla sua opposizione perfino il
magro frutto di poter riassumere 'al cospetto della
Francia e della chiesa l'aria patetica d'un martire
9^
della proprio causa, e aUìrare verso di sé raUen-
sitoné, la pietà, la condoglianza, l'ammirazione, ch'ec-
cita sempre negli animi gentili la virtù oppressa, la
fede perseguitata e pun'Ha. E ben gli stai Nessuno
più di hii ha contribuito ad agevolare a Napoleone
il suo colpo di Stato; nessuno s'affrettò più di lui a
salutare ti 2 decembre come un trionfo (1): è dun-
que giusto che sia ora applicata a lui stesso -quella
misura, che fece un dì appfìcare agli altri. Invocò
«wo spedizione di Roma nelV interno; e Napoleone
l ha fatta anche contro di lui. Domandò che si chiu-
desse la bocca ai socialisti, e Napoleone ha messa la
museruola anche a lui; che si ristabilisse il princi-
pio d autorità contro i democratici, e Napoleone V ha
rimesso in vigore anche contro di lui; che s'im-
ponesse un frèno alla licenza parlamentaria dei repu«
blicani, e Napoleone ha interdetta la libertà della
tribuna anche per lui. Di chi adunque o dì che si
fogna? Se Napoleone ha un torto, gli è questo solo,
(I) ficco una cii^osUiiKa che vuol essere notata. È 1* Uni*
vert medesimo che ta racconta ne' termini s^uenU : • II. de
» Montafemhert vint au bureau du journal {VUnivers) le
i malin du 2 decembre, coni me il y était venu le solr da
* 24 fóvrier, non pas avec angotsse ni pour conseiller la ré-
v slstancc : bien au conirafre! — Ce fut dans le cabinet da
n rédactèur en chef, alors absent de Paris, sar son bureau,
» avec sa piume, qu'il écrivli à plusiears cathoUqoes dea de*
t partements pour les presser d*adhórer au coup d'Élat. M. de
» Falloiìx n*a guère pu igoorer ces délails; M. de Montalem-
• bert n*a pu les oublier. — Par quel mauvais conseil d*ini-
> mille, par quel besoin de nous décrier, ccs deux hommes
» considérablei onl-ils pu s'accordar, Tun pour dire, l*au-
» Ire pour laisser croire que VUnivers s*élait alTranchl deTln-
9. fluence de M. de Montalembert depuis iSi9, et que le 9 dé>
>» cembre il marehali seull Nous nò marchions pas seais;
» nous suivions, de bon gre d'aillcurs, li. de Uontatembert
a qui tensdt la lète d'asses loJn. •
2^
dì non aver tatto (^portare anche lui insieme coii
fe tante mìUìaja di socialisti e di democratici, di ci|i
^i avea chiesta e richiesta e lodata e benedetta la
deportazione; di non averlo, cioè, mandato a Lam^-
fa^sa o a Gajenna a meditare con tutto suo comr
modo la spedizione di Roma e il colpo di Stato.
Tal è la fine della prodigiosa trasformazione, cui
Montalembert c'invitava ad assistere pochi anni fa,
gridando all'impazzata: Noi ahhiam trionfatola... E
quando io gli diceva, che siffatti trionfi valeano le
più gravi sconfitte, e che noi però da sinceri ne^-
mici gliene ' auguravamo qualcun altro simile per
finirla più presto; oh! non avrei osato sperare che
la storia venisse così prontamente a darmi ragione.
Il colpo di Stato del 2 decembre, che il partito ca-
tolico celebrò come sua vittoria, non fa altro a tutto
rigore che il suo colpo di grazia, e tanto' più n]ilci-
diale, in quanto che non lo .estinse a furia di pror
«crizkmi e di stragi, ma lo condusse a disfarsi da
sé medesimo a forra di gelosie, di rivalità, e di scis*-
«ure. Esso finì, non in mezzo al compianto che ac-
compagna le grandi e nobili sventure, ma tra le
fischiate che toccano alle ridìcole e vituperevoli ca-
dute. Ed è la fine che si meritava.
Del resto, a chi ama di studiare Tandamento del«-
rUmanith nella manifestazione delle leggi più intime
e più caratteristiche della sua vita intellettuale e
morale, non facea mestieri di questa comedìa per ac^
certarsi del rapido e irresistibile decadimento, in cui
è travolta la chiesa di Francia; e bastava ad esu^
beranza il fatto deir inaudita Sterilità, onde (sembra
percossa in tutti li ordini della letteratura e della
scienza. Dopo de Maistre, Chateaubriand» e Lamen-
nais, essa non ha produtto più in nessun genere di
studj uno scrittore, che possa sostener il paragone
con quelli, che vantano in gran numero le altre
«ss
scQole. IH)ve sono ì Alofiofi e \ì scienziati, li storici
e li eruditi, 11 oratori ed i poeti, che difendano il
catolicismo con un millesimo di quel valore lette*
rario e di queirautorità scientifica, onde l'oppugnano
da ogni lato tanti scrittori, che la Francia ascolta
con più di rispetto, studia con più di fervore, am-
mira con più d'entusiasmo? L'unico interprete del
catolicismo francese, che meni ancora un po' di chiasso
e levi un certo scalpore, è ogglmai VUnwerSj cioè
un libello Infame. Ma un partito, la cui energia let-
teraria e scientìfica è incarnata tutta in un pugno
dì libellisti, è peggio che morto: è infamato per
sempre,
XI
À terminare la nostra rassegna e compiere la no^
«tra dimostrazione, ci rimane, più da vedere come
Bieno andati i negozj del catolicismo nella contrada,
ove ha la sua sede e la sua capitale: in Italia. Mon-
talembert, se vi ricorda, avea profetato che la restau-
razione del papato per opera della Francia sarebbe
stata la corona di tutti i trionfi della chiesa; lad-
dove io gli avea sostenuto, che l'interessi della chiesa
^rano qui minati più e peggio che altrove, sicché
qvì assai men che altrove era probabile e possibile
un risurgimento catolico. Or bene, chi di noi l'ha
Indovinata? a chi di noi ha dato ragione la storia?
Nell'ordine religioso il papato ha compito un grande
iitto: la definizione di un nuovo artìcolo di fede. Io
non entrerò ad esaminare il valore intrinseco e dot-
trinale del dogma deli' ìmmacuiata Concezione, che
in mezzo alk lunga serie d'assurdità e 4'i ridicolag^
gini onde s' intesse il simbolo della chiesa romana,
è forse la cosa più ridicola ed assurda di tutte. Ma
quanto ad influenza e autorità sociale, che profitto
239
ne ridondò a Roma? Una nuova usurpazione dei di-
filli divini dell*episcopato a benefizio della sede pon-
tificia; vale a dire, una specie di colpo di Stalo, alla
gesuitica, tramato e consummato con tutte le finezze
più squisite delFarle: e nulla più. Finora le defini-
zioni rigorosamente dogmatiche erano di competenza
della chiesa universale, rappresentata dai vescovi in
concilio con alla loro testa il pai)a ; e salvavano così,
almanco In apparenza, il titolo e la forma esteriore
di sentenze lìbere, pronunciate al chiarore della di-
scussione publica e solenne. Ora il papa , a dispetto
deirimmutabilità della chiesa, ha mutato registro; e
temendo non senza ragione, che un'assemblea anche
di vescovi potrebbe oggidì aprir T adito a qualche
raggio dello spirito moderno e cagionare al papato
Inquietudini ben altrimenti serie che quelle di Co-
stanza e di Basilea, s'appigliò al partito di trattare
un dogma di fede come un intrigo di sacristia, e di
consultare ì vescovi in privato, alki sordina, a fine
di poter estorcere 11 loro voto a man salva, sénz'al-
cun rischio di opposizione oolletliva. E i vescovi, la
cui servilità adegua la furberia del papa, s'acconcia-
rono di buon grado al piacer suo; gli mandarono
prima per lettera il loro voto, e poi andarono a Roma
per sancire con la loro presenza Tesautorazione del-
l'episcopato e r esaltazione del pontefice a monarca
assoluto della chiesa. E 'se per il catolicismo gli è
cotesto un guadagno, un. trionfo, se l'abbia e se Iq
goda, e buon prò gli facia 1
Ma nell'ordine civile, che altro fu mai quelhì so-
lennità ecclesiastica', se non un nuovo documento
della decadenza del papato! Oh! passò davvero II
tempo che la voce d'un papa dominava il mondo, e
che una definizioni teologica diventava una legge
del pensiero e del sapere umano 1 Mentre Pio IX ban-
diva urbi et orbi il suo dogma prediletto, chi, tranne
m
qualche cenlioajo di vescovi, di preti, e di iraUy
raccolti a stento in Roma, chi gli badava? In quei
giorni appunto ardeva già la guerra d'Oriente; e
TEuropa, che assisteva con tanta trepidazione a quella
lutta gigantesca ed avea tutt' altro per lo capo che
sua saatità e la sua Madonna, accolse con un sor-
riso di compassione o con un sogghigno di disprezzo
l'annunzio, che il vicario di Dio avea prescritto alle
sue pecore un'assurdità di più da tenejre per articolo
di fede. Eccetto Roma, dove il clero è padrone e si-
gnore delie anime e dei corpi, della chiesa e dello Stato,
in nessun luogo potè quell'annunzio ricevere lacco-
glienza che avrebbe meritato da popoli credenti; in
nessun luogo destò nella coscienza publica una di
quelle profonde commozioni, che rivelano il predo*
Plinio di un sentimento e di un'idea su le menti e su
i cuori dell'universale. Dovunque il clero tentò di ce-
lebrare con feste e luminarie il dogma di Pio IX
apparve troppo manifesto che al suo appello risponde,
non più la coscienza generale dd popoli, ma l'inte-
resse particolare di un partito; di quel partito, cioè,
che in Italia comprende solo i partigiani dell'Austria,
i fautori del regresso, i satelliti del gesuitismo : gente
che tutta insieme rappresenta, non solo la minor
parte della nazione, ma anche la meno eulta e la
meno autorevole; gente che i popoli sono avvezzi
oggimai a riguardare con^ un ostacolo alla loro
emancipazione e come uno strumento di tutti i ìot^
interni ed esterni nemici.
Ho accennato all'ultima guèrra d'Oriente. E noi^
fu anch'essa un segno dei tempi, una prova sensi-
bile dell'abbassamento morale e. sociale della chieda?
Una guerra, in cui era impegnata più di mezza Eun
Sii
ropa, ed a cui avea dato occasione un conililto re-
ligioso per la custodia dei così detti Luoghi sani!,
si rompe, si combalte, e si chiude, senza che al pre-
teso capo del mondo spirituale sia lecito d'immi-
schiarsene punto, e né men di protestare contro le
scandalo inaudito ch'essa dava ai fedeli, e contro
l'insulto irreparabile ch'essa infligeva al diritto ca-
nonico. Perocché quella guerra sembrava concertata
a bello studio per abrogare di fatto i principj fon-
damentali della catolica legislazione: la si direbbe
uno scherno satanico della chiesa e de' suoi codici
sacri e de' suoi diritti divini. Eserciti catolici marr
ciano di conserva con eserciti protestanti per ac^
correre alla difesa dell'impero turco contro l'assalto
di uà impero cristiano; e nazioni catoliche fanno
voti per la vittoria dei protestanti, nazioni cristiane
implorano da Dio il trionfo dei turchi; e il pontefice
della santa Inquisizione è costretto ad assistere in
silenzio a tanti orrori, ed a tolerare in pace tante
abominazioni 1 Egli, che nei protestanti e nei turchi
non vede, né può veder altro se non gente da ster-
minare a ferro ed a fuoco in nome dì Dìo, egli è
condannato invece a vederli in nome della civiltà
soccorsi e protetti e difesi dalle genti catoliche; le
quali hanno talmente perduto il rispetto e smarrita
fin la memoria delle leggi della chiesa, che s'egli
venisse ancora a bandire una crociala per l'estir-r
pazione dell'eresia e dell'islamismo, accoglierebbero
le sue bulle con uno scroscio di risa, comesi farebbe
dei lazzi d'un vecchio imbecille o rimbambito. Ondo
fu più che mai posto in piena evidenza, quanto sia
profondo l'antagonismo che passa fra il diritto pun
blìco della civiltà e il diritto canonico della chiesa;
e come non più questo, ma soltanto quello governi
le relazioni politiche degli Stati.
Hi
XIII
Né Tabbassamento del papato è minore in casa snn
che fuori. Pio IX ebbe ad accorgersene con lì occhi
proprj nel corso del viaggio che gli pìaque di fare
a traverso le Provincie del suo dombfìio, e per le
terre toscane che visitò nel suo ritorno da Bologna
a Roma. Dalle accoglienze officiali infuori, che non
hanno valoi'e alcuno perchè pi^scritte e pagate, il
papa trovò dapertutto un contegno pieno d'indif-
ferenza 0 di disprezzo, qual s'addiceva ad un uomo,
the spacciasi rappresentante di Dio, mentre non è
the la personificazione dell'ignoranza e della barba-
rle. Una volta un papa in vJaggio attirava a sé li
sguardi del mondo: festeggiarlo con entusiasmo re-
ligioso era Tunica cura dei popoli, che ricevevano
l'onore della sua visitia; accompagnarlo co' voti del
cuore era Tunica sollecitudine degli altri popoli, a
cui non era dato di bearsi ddla sua presenza. Ora
invece abbiam veduto i lontani badar meno alle gite
del papa che a quelle dell'ultimo principuzzo; e ì vi-
cini tirare innanzi pe 'i fatti loro lasciando andare 11
papa a' fatti suoi, e prendere alle feste officiali quella
parte soltanto che una porzione delle moltitudini pi-
glia sempre ad ogni spettacolo gratuito e grandioso,
qualunque sia il motivo o il personaggio che gli dà
occasione. Ed a rendere il contrasto vie più spie*
tante, il viaggio del papa coincideva con la guerra
di Crimea, la quale, chi no'l ricorda? tenne sospesi
li animi in Europa per tanto tempo, e fu il suggello
continuo di tutte le conversazioni, il pascolo di tutti
I desideri, il centro di tutti i timori e di tutte le
speranze. Al rimbombo del cannone si scuotevano i
popoli, che alla voce del Vaticano non porgevano
ascolto; le mosse dell'esercito turco erano un ayve-
d&3
Tilmento europeo, e quelle della corte ponUficìa uà
aifer parocchiale.
E nelle relazioni con 11 altri Stati italiani le fa-
cende della chiesa procedettero forse meno alla peg-
gio e con suo minor detrimento? Presso due govèrni
«ssa avea cominciato ad incontrare una certa pier
ghevolezza a' suoi desiderj: a Napoli ed a Firenze; e
già si lusingava di stringere con ambltlue un con-
cordato, il quale la sciogliesse dal freno ch'era stato
imposto per lo passato a' suoi abusi e alle sue usurf
paztonl. Ma le sue instanze ruppero a Napoli contro
ia volontà di Ferdinando, il quale con tutta la sua
'Osleotazìone di pietà e di devozione alla chiesa, non
volle però detrar nulla al suo potere assoluto, né
anche in favore dei clero; ed a Firenze, contro la
resistenza delF opinione publlca, che non permise al
governo di abrogare intieramente la legislazione leo^
poidina, e Tobligò mal suo grado a tener saldo coa«
tro le ultime pretensioni della curia romana^
Ad ogni modo, quei due governi, se non accor-
darono tutto quanto loro chiedevasi, accordarono pur
sempre qualche cosa. Or bene, questa condiscendenza
fu per li Italiani un titolo di più ad odiarli e aborrirli
ambidue; talché pud dirsi, rantagonismo fra la chiesa
B l'Italia essere giunto a segno che Tuna corre seiii^
pre a ritroso dell altra; Tuna benedice quel che Tal-
tra detesta; per Tuna è trionfo o sventura quei che
per l'altra é mina o fortuna.
li governo toscano, che prima del 48 era ir meno
impopolare dei governi italiani , perché grazie alle
leggi ed alle* instituzioni di Leopoldo 1 lasciava go-^
dere al paese i benefizj d'un reggimento, se non pot
liticamente libero, almeno civilmente tolerablle ed
immune dai soprusi, dalie inframeltenzo, dagl' intri-
ghi dei clero; appena si diede in balia alla reazione
e volle mandar ad effetto il programma catolico, ar-
su
chiteltato fra il granduca ed il papa nel conciliaboie
di Gaeta, divenne agli occhi di tutta Italia il più
spregevole insieme e il più ridicolo. Lutto dieci anni
per convertire la gentil Toscana in un feudo del papa
e in vivajo del gesuitume; e a che riuscì? A tirarsi
«Mosso rodio di tutto il paese, a scavarsi da sé me-
desimo la sua tomba; riuscì a cadere cosi basso nella
paMica opinióne, che ai primi rumori di una guerra
nazionale, granduca e ministri dovettero fuggirsene
ira le risa e le fischiate di tutta Italia, in atto di rei
convinti e confessi, che sentono il peso della propria
onta, ed hanno per somma grazia di poter con IV
sigilo sottrarsi ad biraoclo vendicatore della giustiziap.
Di Ferdinando li e del suo governo non occorre
parlare a dilungo. La coscienza universale d'Europa
ba battezzalo per l'ideale del tiranno quel mostro
di re, che Fio IX ebbe l'impudenza di proporre per
modello ai principi cristiani. Novella prova del ri-
spetto, «he i popoli in generale e li Italiani in ispe-
dahà professano oggidì agli oracoli della chiessi: per
conoscere' il giudizio di quelli basta piglile questi
a rovescio. Né solamente iielle materie di dottrina,
ma eziandio nella stima ddle persone : per il papa
fiono eroi di santità coloro, che per l'Italia sono fior
di ribaldi. Del resto, come tutte lo benedizioni pa-
pali non valsero a salvare Ferdinando II dall'esecra-
zione dell'universo; così tutte le smorfie catoliche
di costui non fruttarono a Roma quell'ossequio che
essa iùtendeva di guadagnarsi. L' uno cedette solò
in qnantp potea giovare al suo infame despotisnio;
e l'altra dovette rassegnarsi a vedere H suo modello
di principe trattar l'eletta del suo clero peggio di
quel che avrebbe osalo un governo eretico o rivo-
luzionario. Ed eccone una pròva, che merita di es-^
icfé registrala.
CiS
— » ■
XIV
Su'l principio del 1835 i giornali publieavaoo una
dichiarazione dei gesuiti di Napoli , firmata dai loro
superiori e professori, e presentata a Ferdinando IL
Essa era del tenore seguente:
« Con molta sorpresa abbiamo sentito, che si met-
» tòno in dubio i nostri sentimenti su '1 conto della
» monarchia assoluta. Crediamo adunque umiliarli nel
» presente foglio. Noi non solo nei tempi antichi, ma
» anche ne' moderni dal nostro ripfistlnamento nel
« 1S21 sino al giorno d'oggi, abbiamo inculcato sem-
1» pre il rispetto, T amore, e la devozione al re no-
• stro sigriore, al suo gov^no, ed alla forma del
)> medesimo che è monarchia assoluta. Questa Tab-
» biamo fatto non solo per oonvinéìmento, ma aiH
» che perchè i <k)ttori della Compagnia, quali sono
» Francesco Suarez,. il cardinale Bellarmuìo, e tanti
» altri teologi e publictsU^ della medesima, hanno
9 pubitcamente insegnato la monarchia assoluta e»*^
» sere la migliore forma dì governo. Questo l'ab^
» biamo fatto, perchè Tinterno regime della Com-
» pagnia è monarchico; e però siamo e per massima
p e per educazione devoti alia monarchia assoluta,
» nella quale il catoltcisDio jper la sapienza e zelo
» di un re pio può solo avere più sicura difesa e
» prosperità. Che noi pensiamo e crediamo e soste^
» ttiamo, che la monarchia assoluta sia il migliora
» de' governi, si dimostra dallo schiacciamento che
» abluamo sofferto neiranno 1848. Noi fummo vit-
9 time del liberalismo, perchè tutti i liberali furono
» e sono troppo persuasi anche ora, che ì gesuiti
» sieno fautori delia monarchia assoluta. Queste cose
» sono troppo note; e tutto il libefalismo più facik-
K mente crederà non surga il sole, anziché ammet*
2iA
» tere cbe i gesuiti lo favoriscano; e però ogni qoat
» volta esso vorrà tentare óna rivoluzione, per pri-
)> mo passo scaccerà i gesuiti. — Che se questo non
» basta per esser noi creduti liberali, preghiamo
» umilmente la vostra Maestà ad avere la clemenza di
» farci indicare che altro dovremmo fare per poi
» essere creduti decisi assolutisti. »
Non è à dire che scandalo cagionasse fra li stessi
catolici quel documento, che attestava da un lato
una rottura sì grave del più catolico dei governi
eo'lpiùcatolico degVinstituti: e dall'altro, un culto
st smaccato al despotismo in nome dell'intiera Gom-»
pagnia. Pareva un atto troppo indegno, e per la su-
stanza e più ancora per la forma, d'uomini così esperti
nelle arti della politica e nelle regole della gram-
matìca edella retorica, come sono i gesuiti; quando
in mezzo allo sdegno degli uni e allo stupore degli
altri, ecco una nuova dichiarazione del P. Generale,
io/o accettabile e sola autorevole y che indirettamente
e tacitamente condannava quella de' suoi sudditi na-*
poletani; e proclamava la vera professione dì fede
politica della Gompapia ne' termini seguenti:
(c Da alcune settimane il publico e la stampa par-
i» lano molto e in senso diverso delle dottrine e della
^ linea di condutta adottata dalla Compagnia di Gesù,
% pertinente alle varie forme di governo politico.
» A fronte di questa polemica, io mi credo obli-
if gato dal dovere dei mio officio di ricordare ai pa<*
» dri provinciali, quali sieno ì principi della Gom-
» pagnia su questa materia.
» La Compagnia di Gesù essendo un ordine reli-
» gioso, non ha altra dottrina, né altra regola di
» condutta fuori quelle della santa chiesa, come H
» mio predecessore, il reverendo padre Roothan, ebbe
> occasione di dichiarare publicamente nel 1847.
» ba maggior gloria di tìo e la salvezza delle anl^
«7
% me, ecco ti nostro vero ed unico iG[ne,a cui ten-
» diamo con le opere apostoliche proprie air insti-
> tuto di S. Ignazio.
» In fatto come in diritto la Compagnia di Gesù
» è e si dichiara estranea a tutti i partiti politici,
» qualunque sieno. In tutti i paesi e sotto tutte le
» forme di governo, essa si limita esclusivamente al-
i> l'esercizio del suo ministero, non proponendosi che
» di eseguire il suo scopo, il quale è molto lontano
» da tutti li interessi della politica umana.
;) Sempre e dapertutto il religioso della Compa-
» gnia compie lealmente i doveri di buon cittadino
» e di suddito fedele al potere, che governa il suo
» paese.
» Sempre e dapertutto egli dice a tutti co' suoi
» insegnamenti e con la sua condutta: Retidete a
» Cesare quel che è di Cesare^ e a Dìo ciò che è di
» Dio^
» Tali sono i principj, che la Compagnia di Gesù
x> ha sempre professato, e da cui non si dipartirà
» giammai. »
Non mi tratterrò qui a ribatte/e (che non fa al
proposito nostro) la sfacciataggine tutta gesuitica,
onde il P. Generale dà una mentita non solo a tanti
governi, ma eziandio a tanti papi, che accusarono
e condannarono la Compagnia appunto perchè ha
fatto troppo spesso tutto l'opposto, perchè s'immi-
schiò negli interessi della politica umana, perchè si
costituì in partito politico, perchè congiurò a favore
di certe forme di governo e contro dì certe altre,
perchè non volle limitarsi esclusivamente alV esercizio
del suo ministero, né compiere lealmente i doveri di
buon cittadino e di suddito fedele al potere che go-
verna il suo paese. Quel che importa notare si è la
contradizione aperta fra il capo e i membri della
Compagnia. Dov'è.aduuque la tanto vantata unità di
«48
t)ensìeri e di sentimenii del catolicismo? E se ì ge-
suiti, che SODO pure la sua legione sacra, la sua
guardia privilegiata, non s'intendono più fra loro e
si smentiscono a vicenda; che sarà del corpo intiero
della chiesa, ove si urtano tanti interessi e taniS
partili contrarj?
Ma le disensioni, presso chiunque ama e rispetta
l'indipendenza dell'animo, la libertà dello spirito
non sono per sé stesse un gran male; e noi le con-
doneremmo ai gesuiti medesimi, ove le fossero nate
da una sincera diversità d'opinione, e dal bisogno
commune a tutti di non mentire alla propria co-
scienza. Se non che una tale spiegazione del contra-
sto fra le due dichiarazioni gesuitiche vien esclusa
dal racconto, che i fogli clericali stessi han divul-
gato dei dissapori fra il governo di Napoli e il cpl-
Teglo del Nuovo Gesù: racconto, da cui invece siamo
informati, che la professione di assolutismo dei pa-
dri napoletani non è un atto di coraggio verso il
loro Generale, ma un atto tli codardia verso il loro
re; non è figlia della coscienza, ma della paura.
Il governo napoletano erasi insospettito dei ge-
suiti per certe dottrine della loro Civiltà catolica,
le quali gli parevano, e non a torto, un'offesa alla
legislazione del Regno, e un tentativo per risuscitare
la supremazia del potere ecclesiastico su '1 civile, e
per emancipare il clero dalla tutela ch'esercita il re
sopra di lui, massime in Sicilia, in virtù di facultà
speciali e privilegiale che i suoi predecessori aveano
per amore o per forza ottenuto dai papi. Cominciò
quindi il governo a sorvegliare con molta severità
la publicazione periodica della Compagnia; poi la
sottopose ad una censura particolare ; e infine le in-
terdisse affatto l'entrata negli Stati. I gesuiti si dol-
sero forte d! una simile vessazione da parte d'un
governo, che per tanti altri titoH era così ben fatto
249
t loro hnaglne « sitniglianza ; ed esposero le loro la-
gnanze in uno scritto segreto, onde intendevano di
giuslificarsi quasi privatamente presso dei loro amici
della picela persecuzione ch'avea incorsa la Civiltà
nelle Due Sicilie. E credendo essi di parlare in con-
fidenza, sfogarono il loro dolore senza le consuete
precauzioni gesuitiche, e tennero un linguaggio poco
ossequioso alla polizia napoletana. Ma quello scritto,
per loro mala ventura, cadde pur in mano al go-
verna di Ferdinando II, il quale non è a dire che
acerbe e fiere querele ne movesse e al generale della
Compagnia e alla corte di Roma. Il primo si studiò
di calmar la tempesta, allegando il carattere affatto
privato della scrittura, che avea recato tanta offesa
al miglior dei governi e air ottimo dei re; offrejido
ogni maniera di scuse per tutte lo frasi o parole,
che avessero sonato male agli orecchi di qualche mi-
nistro napoletano; e dando ogni sicurtà, che per
l'avvenire si veglierebbe più rigorosamente che i>er
lo passato a cancellare dalle copie della Civiltà da
spedirsi a Napoli tutto quanto non fosse perfetta-
mente conforme ai gusti del re e del suo mini-
stero e della sua polizia. La seconda poi andò più ol-
tre ancora; e per veder di mantenere la pace e la
concordia fra i suoi fcdeloni, rimosse dall'officio di
censore colui che avea lasciato stampare nella Ci-
viltà li articoli, di cui si ]agna\'a il governo di Na-
poli; e mandò via. dagli Stati pontifìcj il P. dirci,
uno de' principali e de- più arrabiati compilatori della
gesuitica rivi^ta. Ma tutte queste soddisfazioni non
bastarono al piissimo re: la cacciata dei gesuiti dal
Regno fu risoluta; e l'editto terribile era già prónto,
quando nella notte del 18 novembre 1854 il diret-
tore di polizia, conoscendo forse meglio d'ogni altro
con qual razza di gente s'avesse da fare, volle tentar
un'ultima prova. Andò dal P. provinciale, e gli. an-
11. 17
250
nunzio ch'era presta la nave per trasportare lui ei
! suoi confratelli fuori dello Stato quella notte stessa,
e che lì altri sparsi nelle Provincie li seguirebbero
Incontanente. Una sola via, aggiunse egli, vi rimane
aperta per sottrarvi al bando: ed % di fare la di-
chiarazione, che la Compagnia professa l'assolutismo
qual vera ed ottima forma <li governo. Il P. provin-
ciale rifiutò su le prime, dicendo che se là loro fe-
deltà al re era posta in dubio, si chiamassero in giu-
dizio, e si purgherebbero da ogni sospetto. Mail de-
gno ministro di Ferdinando stette fermo, e il ge-
suita cedette e sottoscrisse insieme co' superiori e
professori del collegio quella turpe dichiarazione, det-
tata quasi alla lettera dal prefètto stesso di polizia.
La dimane, accortisi del loro fallo e spaventati della
loro stessa viltà, cercarono di revocare quell'atto in-
fame, e chiesero che fosse loro restituito: ma era
troppo tardi. La dichiarazione loro era già stata im-
pressa e distribuita al corpo diplomatico, dalle cui
mani passò presto in quelle d'un giornalista, che si
recò a fortuna di publicarla per porgere al mondo
un nuovo documento delle turpitudini del gesuitismo-
Così quei reverendi padri, che sono pure le più ro-
buste colonne della santa chiesa, per 11 semplice ti-
more d'uno sfratto dal Regno mentirono alla propria
coscienza, e giurarono una dichiarazione contraria
ai loro principi e ai loro doveri; cioè providero al
loro interesse a prezzo d'una viltà, clìe intricava
uno spergiuro ed equivaleva ad un'apostasia.
Ecco i trionfi del catolicismo negli Stati Italiani,
che pur sono ancora per lui la sua terra promessa!
XV
A portare fino all' ultima .evidenza il oontrapo^
profondo e universale che ^rie fra l'Italia e la
tu
chiesa , conviene finalmente vedere il rovescio della
medaglia. Perocché se da un lato l'ossequio a Roma
perdette i governi di Toscana e di Napoli, dall'altro
invece la resistenza al papà guadagnò al governo
del Piemonte la stima e la fiducia di tutta la na-
zione; talché diresti che oggimai per li Stati le be-
nedizioni della chiesa sono il preludio della rulna, e
li anatemi il presagio della grandezza.
Son dieci anni che il papa seguita a gridare con-
tro il governo piemontese: preghiere e minacce, in-
trighi di corte e di sacristia, monltorj e scommuni-
che, tutte le sue armi comiche e tragiche adoperò
per metterlo in uggia e in orrore ai popoli; ma sem-
pre invano. Pianse e strillò su tutti i toni per Ta-
bolizione del foro ecclesiastico, per Fesiglio degli ar-
civescovi di Torino e di Cagliari, per la diminuzione
degli ordini religiosi, per la proposta del matrimonio
civile, per la libertà di stampa e di culto, per tutto
quel po' di bene insomma che s'è cavato dalle nostre
libere instituzioni , le sole scampate alla catastrofe
italiana del 49; ma sempre indarno. Ad ogni riforma
che il governo propose, il paese applaudì sempre con
tanto più d'entusiasmo, quanto più doveva esserne fe-
rita nel vivo la corte di Roma. Un solo rammarico
turbava la publica soddisfazione; ed era che il go-
verno procedesse troppo lento e rispettivo in questa
bisogna; che si contentasse di rimedj parziali e be-
nigni in luogo di troncar il male dalla radice ; e che
usasse tanti riguardi con una fazione, la quale noti
ne merita nessuno.
E non ne merita davvero. La setta clericale , che
si pregia d'essere interprete fedele del papa, e che
dal papa riceve ogni maniera di benedizioni e di fa- '
vori a testimonianza del suo affetto ed aggradimento,
è in guerra aperta ed accanita contro la nostra li-
bertà, e se ne vanta ; fa all'amore co' nostri nemici.
£52
e «e De gloria. Per essa la dommazione deirAustrla
è uQ diritto sacro, l' indipendenza d'Italia un'im-
presa scelerata. La sua stampa è un continuo appella
alja ribellione, alla discordia, alla guerra civile in
jaome di Dio e della chiesa. £ se le sue arti fratri-
cide non approdano , se ì suoi sforzi non riescono,
segno è càe la sua voce non trova più eco nel po-
polo, che le sue scommunìche non fanno più paura,
che le sue armi difensive ed offensive non le ser-
vono più a nulla, 11 popolo ride saporitamente delle
finte lacrime dei vescovi e degli affettati gemiti del
|)apa; li lascia cantare e gridare tutti a loro posta;
Jb tira innanzi tranquillamente per la sua via. 11 go*-
.verno non fu mal tanto sicuro di sé e del paese,
qiianto dopo il suo conflitto con Roma; la sua au-
torità morale venne sempre crescendo a mano a
mano eh' egli . si emancipava d^lla superstiziosa e
Ignominiosa tutela del papato.
E crefebe del pari la sua influenza politica nel ri-
manente dltalia. Finche il Piemonte fu in balìa del
gesuitismo e sotto la verga dèlia chiesa , esso era
per l'Italia geograficamente un quinto e politica-
mente uno zero. Ma cacciati 1 gesuiti, scosso 11 giogo
del clero, e rivendicata l'indipendenza civile dello
St^to da Roma, il Piemonte divenne in un decennio
il vero nucleo di tutta la nazione. A lui rivolsero
li occhi le altre provincìe italiane; in lui riposei*o
le loro speranze; con lui si consigliarono circa i modi
e l mezzi da apparecchiare, da tentare la nuova ri-
scossa. E appena fu loro dato di manifestare i prò-
pri voti, dichiararono tutte di volérsi aggregare pu-
ramente e seraplicemenle al Piemonte, e riunirsi
tutte insieme sotto il suo re ed il suo Statuto.
. Fra le quali provincìe van notate particolarmente
le Romagne, siccome quella che decretando di scam-
biare il governo pontificio co '1 piemontese , pdsero
253
propriamenle il suggello al divorzio deiritalia da Roma.
S'è falla in prima la prova del suffragio popolare, e
milliaja di voli risposero di non riconoscere più il
potere del papa e d'invocare Tannessione al Piemonte.
Sì è poi rifattala prova di consultare un Parla-
ménto; e il Parlamento ad unanimità confermò ir
plebiscito: E queste prove acquistarono un signifi-
cato ed un valore ancor più grave da ciò, ch'ebbero
luogo dopo una solenne allocuzione ed enciclica, inf
cui il papa aveva anticipatamente scagliati tutti i
fulmini del sacro arsenale contro chiunque avessiB
toccato al patrimonio inviolabile della sua chiesa;
Fra i tanti monumenti d'infamia, che pesano e pe-
seranno lungamente su la memoria del papato, quel-
l'enciclica ed allocuzione del 20 giugno 1859 pri-
meggierà sempre, e varrà a testificare ai posteri;
Come un vicario di Dio non si vergognasse d'ado-
perare in nome della sua chiesa un linguaggio, che
farebbe ribrezzo alla feccia del vulgo.
XVI
I fatti, cui allude il papa, sono cos'i recenti e n(H
lorj, che non fa ftiestierl di raccontarli. Rotta la
guerra contro T Austria, e cominciate le mosse vit-
toriose degli eserciti alleati, i presidj austriaci,
che occupavano una gran parte degli Stali pontific),
vennero richiamati. Le città, rimaste in balìa d'un
potere senza forza né materiale né morale, s'agitano,
tumultuano. I rappresentanti del Commune vedono gra-
vemente minaccialo l'ordine publico, ed il paese in
procìnto di cadere nell'anarchia; ma sentono pure
che a scongiurar tanta tempesta, a disciplinare tante
passioni, basta far appello al sentimento nazionale
dei pppoli, i quali non anelano in suslanza ad altro
che a cooperare anch'essi alla liberazione e aH'indi-
pendenza dltalia. Si presentano quindi ai legali, de-r
legati, 0 prolegati del papa; espongono loro lo
stato delle cose, dichiarando che T ordine è assicu-
rato, purché sia concesso al popolo di prender parte
alla guerra nazionale e di concorrere con tutte le
sue forze al riscatto della patria. Ma quei degni vi-
cari del vicario di Dio rifiutano il patto, non vo-
gliono romperla con l'Austria, ed abbandonano le
città a sé stesse. Allora i reggitori del Gommune, in-
vestiti di pieni poteri pe* 1 fatto stesso della fuga
de' ministri papali, commettono la tutela delFordine
publico ad un consiglio, composto dei personaggi più
autorevoli del paese; e questi, fedeli al loro man-
dato, ch'era solo di contribuire alla guerra, invocano
la protezione e la dittatura militare del Piemonte,
unico governo italiano che sostenesse degnamente
l'onore d'Italia contro dell'oppressore straniero. E il
Piemonte, scrupoleggiando fin troppo su i riguardi
dovuti all'autorità del pontefice, ricusa la dittatura
propriamente detta, ed accetta solo la direzione mi-
litare per raccogliere ed ordinare tutte le forze, che
quelle provincie italiane forùirebberó all'esercito li-
beratore. E senza punto turbare la publica quiete,
senza torcere un capello a nesauno dei satelliti pa-
pali, prima le Romagne, poi le Marche, poi l'Umbria
s'appigliano a quel partito, ed attendono un commis-
sario piemontese per rimettergli il governo delle cose
militari, mentre i consiglj communali seguiterebbero
ad amministrare il paese senz' altre novità , riman-
dando a guerra finita la riforma dello Stato.
Tal fu il procedere di quei popoli, e tale il pro-
cedere di quel governo. Li uni hanno adempito il
loro dovere, laddove l'altro ha mancato al suo; onde,
dinanzi al tribunale della ragione e della coscienza
umana, quelli meritano ogni lode per il loro patrio-
tismo e per la dignità civile con cui seppero go-
vernarsF;' questo iiayeoe merita ogni biasimo per la
sua alleanza co 1 nemico della patria e per la sua
•pposizione al più legitimi voti ed ai più sacri di-
ritti di quelle Provincie d'Italia. Chi avrebbe dun*
que avuto ragione di lagnarsi e di farla da accusa-
toro, era il popolo; e chi all'opposto avrebbe do-
vuto tacere per vergogna e riconoscersi reo, era il
papa. Or bene, udite come s'intenda la morale e si
osservi la giustizia e sì rispetti il pudore da colui,
die osa intitolarsi rappresentante ed interprete offi-
elale di Dio. La sua allocuzione tenuta nel conci-
storo segreto il 2(K giugno 1859 incomincia così :
« Al vivo dolore, da cui insieme con tutti i buoni
» ci sentiamo oppressi per la guerra eccitatasi fra
» nazioni catoliche, altro grandissimo se ne aggiunge
» per la lacrimevole mutazione e disordine di cose,
» che per nefanda opera e ardimento al tutto sa-
» crilego di uomini empj, testé avvenne in alcune
» Provincie del nostro pontificio dominio. Voi ben
» intendete, V. f., che noi ci dogliamo con queste
» parole di quella scolorata congiura e ribellione di
» faziosi contro il sacro e legitimo principato civile
» nostro e di questa santa sede; la quale congiura
» e ribellione alcuni Iniquissimi uomini dimoranti
» nelle stesse Provincie osarono tentare, promuo-
» vere, e compiere con clandestine ed inìque cou-
» venticole„ con mene turpissime tenute con persone
» di Stati limitrofi,, con libelli fraudolenti e calun-
» niosi, con armi provedute e venute di fuori, e con
» moltissimi altri inganni ed arti perverse. »
Questo è l'esordio; respiriamo. Per sua santità,
adunque, il proposito di concorrere alla liberazione
della patria dalla tirannide d'un usurpatore straniero,
è disordine, opera nefanda^ e ardimeli!^ al tutto sa-
crilego; li uomini, che a rischio della vita e a costo
d'ogni sacrifizio tentano l'impresa, sono empj, fastosi.
256
e inlquissimt; e ii sforzi Che sesfengono per effet-
tuarla, sono congiura e ribellione scelemta, conven--
ticole inique^ mene iurpissime, libeìH fraudolenti 9
calunniosi^ inffdnni ed arti perverse. Eccovi uu primo
saggio deila buona fecte, ddla carità, e della giusti-
zia, onde quella caricatura di semidio giudica uomini
e cose. — Passiamo al secondo:
« In fatti, in Bologna ri giorno 12 di questo mese,
« dopo che inopinatamente ne partirono le truppe
« austrìache, i congiurati più segnalati per audacia,
« senza fraporre indugio, conculcando tutti i divini
« ed umani diritti, e rilasciato ogni frèno all'ini-
« quità , non ebbero orrore di tumultuare, e di ar-
te mire, radunare, e guidare la guardia urbana ed
« altri, e recarsi al palazzo del nostro cardinale le-
« gato; ed ivi, lohe le armr pontificie, inalzare e
« collocare in loro vece il vessillo della ribellione,
« con somma indegnazioné e fremito degli onesti càt-
« tadtnì, ì (jiiali non si arrestavano punto di ripro-
« vare Hberamente sì gran delitto, e di applaudire
« a noi ed al nostro pontificio governo. »
Come vedete, il padre santìssimo e beatissimo pro-
cede di bene in meglio. Nd suo sacro vocabolario
il chiedei'e di prender parte alla guerra nazionale e
d'accorrere in ajuto delia patria pericolante, si chiama
conculcare tutti i divini ed umani diritti, rilasciare
ogni freno alV iniquità, e a dirittura un gran delitto;
la bandiera deirìndipehdenza italiana s'appella vessillo
della ribellione; la canaglia che parteggia per Top-
pressore sono // onesti cittadini; e Fa viltà con cui
essi fttgono, taciono, si nascondono, o rinegano la
loro causa, sì converte in nobile indegnazione e fre^
mito, in libera riprovazione del governo nuovo, ed
in eroico applauso all'antico. Non ci vuol egli la
fronte d'un papa per mentire cosi sfacciatamente al
cospetto del mondo, e insultare così cìnicamente agli
S57
sffetl) più degni del eaore umano? — II secondo
saggio d'eloqueniza papale non la cede al primo.
Veniamo al terzo : « Poi dagli stessi ribelli fu intimata
Tb la partenza allo stesso cardinale nostro legato, il
D quale, secondo il dovere del suo offìcio, non la-
» sciava di opporsi a tanti scelerati ardimenti , e
» di sostenere e difendere i diritti e la dignità no-
» stra e di questa santa sede. Ed a tal segno d'ini-
» quità e d'Impudenza vennero i ribelli, che non
» temettero di mutare il governo, e chiedere la dil-
» taiura del re di Sardegna, e per questo fine man-
» direno loro deputati allo stesso rè. Non potendo
» dunque il nostro legato impedire tante malvagità
» e più a lungo sostenerle ed esserne spettatore,
» IHiblicò a voce ed in iscritto un» solenne prote-^
» sta contro quanto erasi operato da quei faziosi a
» danno dei diritti nostri e di questa santa sede, e
» costretto a partire dì Bòloigna mosse a Ferrara. Le
» nefandezze di Bologna vennero con li stessi col*
» pevoli modi operate altresì in Ravenna, in Perù*
» già, ed altrove, con commun lutto de' buoni, da
» uomini scelerati. — Laonde nelle anzidette città
» si vede per opera dei faziosi conculcata Tautorità
p di ogni legge divina ed umano.... inalberati i ves-
» siili della ribellione.... e commessi altri non pochi
y> delitti di fellonia. »
La litania degl'improperj papali va sempre cresceùdo.
Li atti di patriotismo sono scelerati ardimenti^ ec-
cessi d'iniffuità e d'impudenza, di malvagità e dì ne-
fandezze. Menigli contro l'autorità di ogni legge di-
vina ed umana, e delitti di fellonia; e i patrioti più
specchiati, i personaggi più rispettabili e più rispet-
tati sono ribelli, faziosi, uomini scelerati, — Questo
diluvio di contumelie, indegno d'un paltoniere ubriaco,
ò però degnissimo di quella bocca, che si dice or-
gano dello Spirito Sauto. Da essa, usa per vecchia
consuetudine a profundete tutte le sue servilfe venalT
benedizioni alle spie, ai ladri, agli spergiuri, agir
assassini, ai traditori della patria, nessun galantuomo
potrebbe accettar altro che l'onore de' suoi vituperi;,
siochè 1 patrioti romagnoli sapranno grado al papa
delle sue svergognate maledizioni, le quali sono la
più splendida testimonianza dei loro meriti verso lat
patria.
Il resto dell'allocuzione è tutto dello stesso tenore.
Li atti di quei popoli e di quei governi sono ancor»
dichiarati dalla voce Tnfallibìle del bugiardo succes-
sore dWieìTOy iniqui machinamenti e tentativi e frodi,
empj e nefandi sforzi ed attentati, atti nulli del tutto»
e illegitimi e sacrileghi. Poscia il papa fìilmìna con-
tro di tutti la scommunica maggiore e le altre pene
e censure ecclesiastiche; e conchiude ipocritamente
così:
« Intanto, mentre spinti dal debito del nostro of-
w fìcio siamo costretti, non senza grave dolore del-
» l'animo, a dichiarare e promulgare tali cose, com-
» miserando alla lacrimevole cecità di tanti figliuolf,.
» noi non desistiamo di domandare umilmente e in-
» stantemente dal clementissimo padre di misericor-
» dia, che con la sua onnipotente virtù affretti quel
» giorno cosi desiderato, nel quale possiamo nuo-
» vamente accogliere con gioja fra le paterne brac-
» eia questi figliuoli nostri ravveduti e ritornati al
» proprio loro dovere ; e vedere redintegrato in tutti
» i nostri pontifici Stati l'ordine e la tranquillità»
» allontanatane ogni perturbazione. »
Quest'ultimo tratto poi colma la misura. Esso è
un atto d'ipocrisia così perfida, di viltà così crudele,
che nessun governo del mondo oggidì, tranne il pon-
tificio, sarebbe capace di commettere. Perocché il
20 giugno, mentre Pio IX gemeva la sua allocuzione
nel concistoro, sapea che neirora stessa, per ordine
W9
suo, vna banda de* suoi sgherri prezzolati, sotto il
oomaodo di un colonnello Schmid, assaltava Perugia
aenando strage di vecchi, di donne, di fanciulli, e
mettendo ogni cosa a ferro ed a fuoco, per punire
la misera città di quale delitto? D'aver chiesto óà
concorrere alla guerra delFindipendenza nazionale I
Sì, con una freddezza, con una sfrontatezza senza
esempio, quell'impostore santissimo e beatissimo di-
ceva di commiserare alla cecità de' euoi figliuoli, men-
tre li faceva assassinare a man salva 1 Dicea di doman-*
dare umilmente dal padre di misericordia e di impLo*
rare dalla sua onnipotente virtù la loro conversione,
mentre commetteva alla virtù onnipotente dei can-
noni e dei fucili svizzeri di farne scempio senza mi-
sericordia 1 Diceva di riporre in Dio la /SiftM^ia di ve-
dere questi suoi figliuoli ravveduti^ ritornati al prò--
prio dovere^ e di poterli accogliere con gioja fra le
paterne braccia, mentre incaricava delle sue feroci
vendette un'orda de' suoi sicarj, e gongolava già in
cuor suo all'annunzio imminente dello stermìnio de'
suoi figliuoli, e protendeva le paterne braccia per
tuffarle deliziosamente nel loro sangue I
Ahi quel sangue grida vendetta agl'Italiani, e l'a-
vrai Quel sangue è un tal marchio d'infamia su la
fronte del papa e su lo stemma del papato, che nes-
suna abluzione varrà a cancellare mai piùl Quel
sangue ha spento nel cuore dei popoli italiani l'ul-
tima reliquia del catolicismo romano. Ora fra il pa-
pato e l'Italia è guerra a morte: il combattimento
potrà durare ancor qualche anno; ma la sconfitta
dell'uno è così infallibile come il trionfo dell'altra.
Quand'anche dalla riscossa del 59 non avessimo rac-
colto altro frutto, esso basterà sempre a farci be-
nedire i sacrifizj che ci è costata.
S60
XVIt
Alle conclnsionì generali, che boì ricaviamo dalfé .
storia contemporanea su T incompatibilità assoluta
dei principi della chiesa catoUca co- principi della]!*
berta moderna, udiamo sovente ad opporre come un'
onorevole ed ammirabile eccezione H clero lombardo^
H quale ci si vorrebbe rappresentare per ben diverso
dal clero d'altri paesi, e per devoto al pari d'ogni
altro ceto alia santa impresa di liberare la patria
(kll'oppressione straniera. — Ma in primo luogo, è
egli vero il fatto di questa eccezione? Dove sono li
atti autentici, publlci, e collettivi, che ne rendano
testimonianza? Io non ne conosco, e non so che al-
tri ne abbia allegato. Conosco invece due atti del 1853,
e solenni davvero, i quali proverebbero piuttosto ì^
contrario. 11 15 febrajo, pochi gforni dopo la som-
mossa di Milano, il clero milanese rappresentato dal
suo arcivescovo, da parecchi canonici, e da una gran
parte de' parochi, presentava al conte Gìulay, coman-
dante militare della Lombardia, l'indirizzo seguente:
« Eccellenza,
« Cobe venne ieri l'arcivescovo di Milano a porgere
» personalmente ossequio a V. E. in un con parec-
» chic rappresentanze del suo clero urbano, cosi pro-
» curasi ora l'onore di esprimerle per iscritto ì sen-
» limentì, che volevansi attestare di viva voce a V. E.
» medesima.
» Tutto il clero, dì cui si fanno interpreti ì sot-
» toscritli, concorde e docile al proprio pastore, rl-
» protesta la propria costante e devotissima fedeltà
» a S. M. I. R. A. l'augusto nostro sovrano, imix;-
» ralore Francesco Giuseppe I, e professa pure la
» più rispettosa e leale obedienza alle autorità cho
» lo rappresentano, e governano a di lui nome que-
» sto Provincie suggette al suo impero; e nuova-
» fneate s'impegna non solo ad adempiere i doveri
» di sudditanza individuale, ma altresì a cooperare
» positivamente^ per tutto qiianto sta in esso, aìn-
» sinuare in tutti i fedeli sentimenti delia debita
» sommissione *air altefata M. S. e al suo governo,
» facendo voti ardentissimi che tutte le classi della
» lK)pplazione, su l'esempio del clero, cospirino in
9 una virtuosa emulazione alla pace, al buon ordine,
» per la riverenza e amore verso le legitlme auto-
» rità, e possano far dimenticare le sì deplorabili vi-
» cende passate.
» Lieto l'arcivescovo di poter presentare queste
» spontanee dicbiarazloni del clero milanese, prega
p TE. Y. ad accoglierle benignamente, e ove creda
9 opportuno» a farle conoscere e aggradire a S. E. il
1» sig. venerato governatore generale civile e mili-
» tare del Regno Lombaidoveneto. »
E 11 25 dello stesso mese Tarcivescovo si recava
espressamente a Verona per rimettere al maresciallo
Radetzky un altro indirizzo del clero milanese, fir-
mato da un maggior numero de' suoi rappreseutanli,
a proposito dell' attentato contro la vita dell' impe-
ratore. Eccolo:
« Eccellenza,
« Al primo annunzio dell'attentato sacrìlego con-
» tro 1 augusta pepsona deiramabilissimo nostro «o-
» vrano, e della pressoché prodigiosa di lui salvezza,
» correano i ministri del santuario ad abbracciar li
» altari; e convocatevi intorno le pie tnrl>e, com-
» mossi vi alternavano inni di grazie e fervidi sup-
D plicazioni all'Onnipossente. Che la destra dell' AI-
j> tissimo si è glorificata disperdendo il disegno dei-
fi Tempio; l'angelo tutelare delU austriaco trono
» sviò il fatai colpo dall amato capo; ed il rampollo
» di tanti Cesari, l'erede di tante virtù e glorie, il
9 padre e reggitore di tanti popoli, Francesco Giù-
t6«
» seppe I fa salvo. Iddio ehe ne fortificava la gio-
» vinezza a reggere con mano sicura tra le prozie
» il grande impero, volle mostrare un'altra vdta nel
» più sensibil modo com'è! lo ricopra dello scudo di
» sua protezione, ({uasi il prediletto della Provldenza.
» E benedicendo così il Signore, che esaudiva la quo-
» tidiana preghiera de' suoi ministri invocanti la sai-
» vezzadel re: Domine, salvum fae regem, prostra-
» vansi così ad impetrare il compimento del commun
» voto, la più perfetta guarigione del venerato Sire.
» Ma effusa la prece, adempiuto questo primo do-
» vere, sente pure il clero fi bisogno di esternare
» come che sia al sovrano stesso questi suol sensi
» di figliale congratulazione, rlnovandogli pure in sì
» propizia occasione l'omaggio della più fedele sud-
» ditanza e riverente affetto.
» L'arcivescovo di Milano, nella sua duplice qua*
» lità di pastore della vastissima chiesa ambrosiana
» e di metropolita della Lombardia, si tiene così a
» debito come ad onore di porgere all'augustissimo
» sovrano questo tributo in nome di tutto il dero
» di queste proyincìe; e crede insieme di non poter
» renderlo più accettevole che depositandolo, a così
» dire, nelle ossequiate mani di chi governa con vi-
» caria potestà questi dominj della corona austriaca,
» e sì degnamente vi rappresenta il forte ed araa-
» bile monarca.
» Degni pertanto TE. V. accogliere benignamente
» questa significazione dei devotissimi sensi di me e
» del mio clero, e farsene interprete presso il gra-
» zìosissimo nostro sovrano. E degnisi pure, di tanto
» io ne la prego instantemente, fargli conoscere che
» il clero medesimo, nell'occasione dei nefandi mi-
» sfatti testé avvenuti in questa disgraziata città, si
» affrettava di dar prove della sua fedeltà e devo-
» zioné, cooperando con vivo impegno alle tutelanti
tea
» autorità, e corrispondendo ai desider] del suo de-
» solatissimo pastore. Anzi il mio clero urbano co-
-» glieva questo incontro per rinovare la più ampia
» protesta, che adempirà costantemente non solo il
•» proprio dovere d' individuale sudditanza , ma si
» adoprerà, per tutto quanto è da sé, a promuo-
» verk negli altri insegnando sì con le parole, sì
» con l'esempio, secondo la sua santa missione, ad
» onorare ed amare nel re l'imagine stessa della
» maestà di Dio che lo fa regnare, e ad obedire a
» lui ed a' suoi rappresentanti, non per timore sola-
« mente, ma per coscienza, perchè resiste aDiome-
a> desimo chiunque resiste alle legilime podestà.
» Ed è appunto per riconfermare più manifesta-
« mente i sensi che pe 4 mio clero io godo esprimere,
» che i sottoscritti ecclesiastici di questa -città ambi-
» rono associare il loro nome al mio, interpreti altresì
»*<della cordiale associazione degli altri confratelli.
• Tutte le classi del popolo già seguono il clero
» In una virtuosa emulazione. Concorde così suona
» da tutti i labri il festoso evviva all' amatissimo e
» venerato sovrano Francesco Giuseppe; e unanime
x> da tutti i cuori sale a Dio la preghiera ad impe-
» trarne le più elette benedizioni su i preziosissimi
» giorni di S. M. L R. A. E possa cotal dimostra-
0» zlone di figliale riverenza ed affetto lenire il do-
» lore e lo sdegno provocato dai perfidi, sicché egli
« volga ancora sereno il volto a questa afflitta citta-
» dinanza; che il volto ilare del re, al dir del sag-
» gio inspirato, dà la vita, e la demenza di lui è
» come la piova serotina..., E la misericordia e la
x> giustizia custodiscono il re, e il di lui trono si
» rende stabile con la clemenza. »
Ora un clero, che per bocca de' suoi pri mar j eie-
gitimi rappresentanti parla così, può egli citarsi ve-
ramente come un'eccezione all' andazzo generale dei
ministri della chiesa?
264
xyi»
Sì conlraporranno per avventura a questi docu*
menti scandalosi ie dichiarazioni edificanti di pa-
triotismo, con cui il clero medesimo salutò Teman-
eipa2ione dal giogo austriaco e l'instaurazione del
governo nazionale. — Ma che valore può mai darsi
alle parole di chi maledice oggi un vinto, che ieri
benedicea vincitore? Se ne potrefohe unicamente in^
ferire, che mutata vicenda lo stesso labro tornerebbe
domani a cantar il trionfo d'un potere, della cui di-
sfatta oggi tripudia: ciò che è, mi pare, un titolo
d'accusa e non d'elogio.
- Si citerà T esempio di parecchi sacerdoti, che per
amor della patria sfidarono l'ira dell'oppressore, ed
affrontarono intrepidi l'esigilo, il carcere^ il patibolo.
■^ Ma il clero degli altri Stati italiani dovrebbe al-
lora dirsi tutto egualmente liberale, poiché diede
ovunque i suoi martiri alla patria; e quello delle
Due Sicilie meriterebbe il primo onore, giacché ne
vanta un numero maggiore d'ogni altro. Del resto
convien avvertire, che alla lutta contro la domina-
zione straniera può benissimo aver preso parte an-
che il clero lombardo, senza che perciò meriti punto
il nome di liberale, e facia eccezione allo spirito re-
trivo della chiesa. Perocché altro é l'indipendenza
nazionale, e altro la libertà politica e civile; e quei
preti stessi, che già si mostravano più ardenti a com-
battere l'Austria, non mancheranno per la massima
parte di combattere con tanto più d'ardore la li-
bertà, appena cessi la dittatura, e con l'esercizio der
diritti politici si formino anche qu\ i partili , si di-
vidano l'interessi, e si disciplinino le passioni. Così
avvenne in Francia, nel Belgio, in Piemonte; e così
avverrà indubitatamente in Loml}ardia, se pur- la na-
tura degli uomini e delle cose non è qui sustanzial-
mente diversa.
Sì replicherà ancora, che T arcivescovo e quei ca-
nonici e quei parochi che sottoscrissero i vituperosi
indirizzi a Gyulai ed a Radetzlcy, non erano inter-
preti veraci di tutto il clero né milanese, né lom-
bardo, una gran parte del quale nutriva anzi e nutre
sentimenti assai diversi, ed ebbe allora commune co'l
popolo il dolore della servitù, come adesso la gioja
del riscatto. — Rldutta l'eccezione in questi termini,
40 l'ammetto qual fatto senza diffìcultà veruna. Nes*
suno è meglio di me disposto a riconoscere e con-
fessare di buon grado, che l'Italia ha non pochi figlj
amorosi e devoti anche fra il clero, e se vuoisi, mas-
sime fra il clero lombardo; e tolga il cielo ch'io osi
punto detrarre alla sincerità e alla generosità del loro
patriotismo. Ma allora la questione, in luogo d'es-
sere fijìita, cambia solo d'aspetto, e ritorna in campo
più viva che mai. Perocché dato il fatto d'una parte
del clero di spiriti italiani e liberali, e d'un'altra di
sentimenti antinazionali e retrivi, resta poi a sapere
qual delle due rappresenti il vero spirito della chiesa
catoFica, e sia veramente fedele ai principi e alle leggi
del suo insUtuto.
XIX
È invalso anche fra i patrioti italiani l'oso di ap-
plicare al clero lo stesso princìpio di classiQcazione,
4;he s'adopera co'l laicato. E come si chiama buon
cittadino il liberale, e. cattivo cittadino il reaziona-
rio; cosi suol dirsi prete buono quello che liavoreggia
la causa della patria e della libertà, e prete cattivo
quello che parteggia per la servitù e l'oppressione d'I-
^lìa. Quindi se v'ha una parte del clero che fa da libe-
jrale, che ama le nuove instliuzloni e le rifórme ci-
bili, che sostiene i diritti dello Stato contro la chiesa,
4;he obedisce pia al governo che alla curia « e che
«oopera airindipendeoza e all'untone italiana: ecco,
II. IH
s*ode ad esclamare communemenie , ecco i buoni
proli 1 All'incontro, di tulio il resto del clero che^
dà a divedere retrivo, che s'inspira da Romaenoa
tla Torino, che tiene i>er suo superiore il vescovo e
non il ministero, che reputa sua patria la chiesa e
non l'Italia, e che considera suoi nemici i rivolu-
ziobarj e non li Austriaci : ecco, si grida continua-
ménte, ecco 1 cattivi preti I £ con la di^inzione me-
itesima si risponde sdegnosamente a tutte le argu-
ìnentazloni teologiche, a tutti i documenti biblici ed
ecclesiastici della stampa clericale: — Voi, le si replica
e rinfaccia ad ogni tratto, voi non slete la rèligioue
catoHca, ma h setta gesuitica: stale contro di noi,
perchè slete cattivi preti; siate preti buoni, e ver*
lete cdn noi.
Or bene, (]uesto modo di classificare e di qualifi-
Y^are il clero Implica per parte dei liberali un grave
errore ed una più grave ingiustizia.
XX
. tìn errore, — p(?rchè sì applica uno stesso criterio
a cose di lor natura diverse e affatto disparate. Ih
che consiste la bontà M cittadino? Nei rispetto e
nell'osservanza delle leggi del suo paese, e nella sol-
4eQìttidlne oi^erosa e generosa con ciii si adopera, se-
/»ndo le proprie facultà, a difendere la sua ìndipen-*
denza4 promuovere la sua libertà^ la sua prosperità,
4a sua grandezza, la sua gloria. Eia bontà del prete
in che consiste? Nell'ossèquio e nell'adempimento
delle l^gi della sua chiesa, « nello zelo ardente e
-contante che mette, conforme al proprio grado, a
•propagare la sua fede, Ineuicare 1 suol precetti, man-
tenere i Àuol diritti, il suo culto, la sua gerarchla^
M sua disciplina. Il carattere del buon cittadino ri-
sulta dunque proprianaente dal complesso delle sue
virtù civili; e quello del buon prete Invece, dal coo^
2ft7
l^essò delie sue virtù religiose : onde è dd chiamar
cattivo il cittadino che manca a' suoi doveri verso
la patria, come cattivo 11 prete che vieh meno a'suoi
doveri verso la chiesa. Ora fra queste due serie di
doveri v'ha egli accordo o conflitto? Regola del do-
vere è la legge; e però la questione non si può ri-
solvere altrimenti fuorché mettendo a confronto le
leggi civili con le leggi ecclesiàstiche ; o per atte-
nerci più strettamente ai caso nostro, le leggi che
deve invocare ogni Italiano per meritarsi il titolo di
liberale, con le leggi a cui deve obcdire ogni prete
per acquistarsi il nome di santo. Questo confronto è
il subjetto principale del presente libro, in cui parmi
dimostrato ad evidenza, che quei due ordini di leggi
sono fra loro in opposizione essenziale, naturale, ine*
sorabiie; vale a dire, che la legislazione catolica è
la negazione rigorosa ed assoluta della legislazione
liberale. Su tutti i punti fondamentali , libertà poli-r
tìca e civile, libertà di coscienza e di culto, di stampa
« d'insegnamento le due legislazioni si contra-r
dicono e si escludono reciprocamente: Tunaproibi-r
«ce ciò che l'altra prescrive; quella fa un dovere di
ciò che in questa è un delitto; ciascuna di tali li*-
berla è per quella un'eresia, e per questa un arti-
colo di fede. Il merito civile del laicato sta dunque
liei difendere cotesto libertà, laddove il meritò reli-
gioso del clero sta nel combatterle; vale a dire, che
per essere buon cittadino convien fare tutto l'op-
))osto di quel che bisogna fare per esser, buon prete*
E dunque impossibile di riunire le due qualità in
una sola e stessa persona; giacché in tanto si pos?
iede e si esercita l'una, in quanto si rifugge e si
aborre dall'altra ; talché un sacerdote non può essere
liberale se non a patto di essere un cattivo prete,
£ome airìDGontro egli non può essere un prete buone
«e non a condizione : d'essere uu reazionario. Uao
m
strano abuso di parole commetlono pertanto i pa*
trìoti a chiamare preti buooi i ribelli alla loro chiesa,
e preti cattivi 1 fedeli alia loro professione. 0 che
direbbero essi d'un partito, il quale pretendesse di
battezzare buoni Italiani coloro che sono amici del-
r Austria e devoti al papa, e cattivi Italiani invece
coloro che non tengono mano all'oppressione au*
siriaca e alla superstizione clericale? Riderebbero sde-
gnosamente della sua invenzione filologica, siccome
di una puerilità o di una follia ; direbbero che per
mutar di nome non si muta la natura delle cose; e
clie amar T Italia e servire T Austria o il papa sono
e saranno sempre termini contradittorj , e non mal
equivalenti. Ora la denominazione che si usa eoi
clero, non è dessa un' enormità filologica dello stesso
calibro? Ohi almeno la grammatica resti immune
dallo spirito di parte ; e non Imponiamo agli altri
una regola, die applicata a noi reputeremmo cotanto
assurda e ridicola. Un prete liberale sarà per noi un
ottimo cittadino, ma per la chiesa non può non es-^
sere un pessimo sacerdote; e viceversa, un prete rea^
Elonarìo sarà uno sfidato nemico della sua patria^ m^
un eccellente ministro della sua religione^
XXI
Un'ingiustizia, — perchè s'imputa al maìtatenta
delle persone ciò che è vizio intrinseco delle insti-
tuzioni; e si dà biasimo al clero d'adempiere il suo
dovere, e lode di trasgredirlo. Il linguaggio di quasi
tutta la stampa liberale pecca d'una simile immora-
lità. Contro di chi sono rivolte le sue quotidiane in-
vettive? Contro quei vescovi, parochi, preti, e frati,
che consapevoli del giuramento prestato alla chiesa
nella loro ordinazione, spendono la vita ad osservare
e far osservare in tutto il suo rigore qudla feeggeev
«h' essi tengono dettata dalla bocca stessa di I>io. S
tìr opposto, a chi sono profusi i suoi elogj quoti- .
dìani? A quelR altri ecclesiàstici, che fastiditi del
loro stato e degli oblighi servili con esso contralti,
rinegano con le parole e con le azioni il loro abRo,
disdegnano il loro ministero, e si ril^ellano da' loro
superiori.
Non V* ha qui un giudizio sommamente ingiusto?
€ome ecclesìtisticl, non sono anzi i primi che meri-
terebbero lode, e biasimo i secondi? Il clero è una
milizia, che ha necessariamente la sua disciplina par-^
lìcolare: chiunque fa parte di quella, sì assuggetta
f'olontariamente a questa. Rimaner sptto le bandiere
e calpestare i regolamenti è un procedere, che chi
ilspetta, non dico hi legge morale, ma il senso com-^
iiìune, non approverà giammai per riguardo a nessun
corpo regolare. Quando poi, non pago dello scandalo
e del disordine della sua insubordinazione, un soK
dato se l'Intenda co'I nemico e parteggi per luì,
In tutte le lingue del mondo il fatto suo si chiama
un tradimento. E nella milizia ecdesiastica non dee
forse valere lo stesso principio e lo stesso criterio?
Ma i panegiristi dei preti liberali e 1 vituperatori del
preti reazionari rovesciano di pianta e Tuno e l'al-
tro, imputando agli uni T indisciplina a merito e 11
tradimento a gloria, ed agli altri la subordinazione
a colpa e la fedeltà a delitto. Ed a furia di decla-
mazioni incessanti ed insensate ad encomio degli uni
e ad Ignominia degli altri, pervertono l'opinione pu-
blica, e la rendono complice della loro ingiustizia; tal-
ché una gran parte del popolo s'avvezza a guardar
con orrore 1 primi come rei dì fanatismo e di bar-
barie , e con favore i secondi come benemeriti della
civiltà e della i)atria ; e se stesse a lui, lapiderebbe
con la miglior fede del mondo coloro che obedlacono
alle leggi del proprio instituto, e canonizerebbe in-^
vece coloro che si vantano di conculcarle. E no» è'
questa una iiatente violazione della giustizia?
870
XXII
— Dunque fan bene quel preti che congiurano con-
tro la libertà e T indipendenza d'Italia, e male quelli
altri che antepongono la salute della patria air in-
teresse della chiesa? — Come preti, e a tenore del
diritto catòlico, sì, senza dubio, i primi fanno il de-
bito loro, e sono 1 preti buoni ; i secondi invece tra-
discono la loro missione, e sono i preti cattivi. Ma
come cittadini, e secondo il diritto naturale e na-
zionale, no, per fermo; e son quelli ì nemici, questi
i difensori della patria. È la confusione di cotesti due
prìncipi 0 crlterj, che rende i liberali ingiusti ne'loro
giudlzj. Essi esigono dal clero, come clero, ciò che
gli è vietato dall'essenza medesima del suo instituto;
e quindi lo biasimano e lo lodano egualmente a torto;
^la pigliando sotto questo rispetto la difesa del clero,
a qual conclusione voglio io pervenire? Forse a fargli
un merito delle male opere, e una colpa. delle buone?
Ohi no, sicuramente; voglio solo inferirne, che il
prete è nemico della libertà d'Italia, non mica per
una perversila dell'animo suo, sibbene per una no*
cessila della sua professione ; e che però non è da
prendersela contro dì lai personalmente, ma bensì
contro della chiesa, la quale co 'l. suo sistema d'e-r
ducazione religiosa gli ha talmente traviato l'intel-
letto ed il cuore, la ragione e la coscienza, ch'egli
crede dì prestare ossequio a Dio cooperando alla ser-
vitù della sua patria, e dì conquistarsi un seggio
tanto più sublime lassù nel cielo, quanto più basso
p il posto ch'egli procurerà a sé ed al suo paese
quaggiù in terra. Se dunque volete liberarvi dalla
reazione del clero, togliete di mezzo l'autorità della
chiesa con tutta la sequela dei privilcgj e dei po-
teri che riuscì ad arrogarsi: questa e la cagione, e
271
qùdla r effètto; e dotrcste snperFo, tiittì' lì sforzi e
H artifici per rimediare all'effetto sono peggio che
inulìlr^ finché si lascia sussistere la cagione. Ora la
cagione, che mette il clero necessariamente in lutta
ed in guerra con la libertà, rTsiede nell'essenza me^
desima della chiesa, nello spirito ìntimo e proprio
della sua teologia, della sua morale, della sua giu-
risprudenza, della sua gerarchia, della sua disciplina ;
perchè tutto il complesso delle dottrine è delle leggi
catoliche è Tantitesi assoluta delle leggi e delle dot-
trine liberali. L'antagonismo dei partili ha dunque
radice ed origine nel conflitto dei sistemi. Abbattuto
il sistema clericale, l'opposizione del clero è finita
per sempre; ma perseguitato ed oppresso quanto' si
voglia il clero, la sua opposizione durerèt sempre e
rincrudirà più che mai, finché rimanga in piedi il
suo instìtuto.
E per iscalzare e scuotere dalle fondamenta il si-
stema della chiesa, che s' ha egli da fare ?-r Esso ri-
posa su due pietre angolari: una temporale, ed è il
potere del papa-re; l'altra spirituale, ed è l'auto*
rità del papa-pontefice. Ora il principato papale non
può esser abolito fuorché dalla forza, da un'insur^
rezione o una guerra nazionale, che mandi il vica-
rio di Cristo a pascere il suo gregge, che lo dispensi
una volta per sempre dalle cure mondane del prin-
cipato, e che restituisca il patrimonio dì S. Pietro
all'Italia. E il poiitificalò romano non può- essere
esautorato fuorché dalla lil)ertà, che lasci padroni i
catolici di riconóscerlo e venerarlo, e padronisàimi
i razionalisti di combatterlo e deriderlo; che instauri
nella società civile il governo del diritto coinmiinc,
uno ed eguale per tutti, senza privilegi né immu-
nità d'alcuna specie per nessuno; che non permetta
alla chieda di formare uno Stato nello Stato; che
renda tutti i culti eguali diiia'.r/i alla legge; clìP dia
a tnlte le religioni^ la forma di ^odelè Dbere e |)i'V
vaie; cbe riduca un papa o un vescovo alla stessa
condizione d'un pastore, d'un muftì, o d'un ralH
bino : liberi tutti di credere e d' insegnare ciò che
kuro piacerà, ma tutti obligatl del pari a rispettare
le institozionl ed osservare le leggi del ]paese«
XXIII
— Che rimane dunque da fare agli ecclesiastief
liberali ? — Rimane solo da prendere risolutamente
xitt partito, e dichiararsi o ecclesiastici o liberali,
bacche v'ha repugnanza essenziale fra l'ossequio alta
chiesa e 11 culto della liberta, e non si può star fe^^
dele all'una senza divenire ribelle all'altra, non c'è
altra via per mettere In pace la cosclensa se non
quella di scegliere fra la religione 4eì papa e }a re^
llgione della patria, e di servire all'una combattendo
l'altra. Duru lex, ohi lo so anch'io, sed lexl II di-
lemma, per ogni uomo di coscienza, è inesorabile^
11 prete, che .stando prete fa il liberale, è in uno
stato permanente d'immoralità, perchè è obligato a
mentire continuamente al proprio carattere, ofien-
dendo o la chiesa di cui è ministro, o la patria di
cui si dice campione. Qui la massima dell' Evan-
gelio ha tutto il rigore di un assioma morale : nes--
9uno può servire a due padroni. Bisogna dunque ri-*
solversi ad abbracciare fra i due partiti quello che
la coscienza prescrive, abbandonando l'altro che la
cosciènza repudia.
Il prete, che si tiene davvero vincolato alla pro-
fessione di fede ortodossa, che ammette l'autorità
divina della Scrittura e della chiesa, dei canoni si-
nodali e delle bulle pontifìcie, e che dell' obedienza
ai superiori ecclesiastici fa una condizione della sua
eterna salute : parli ed operi come i vescovi e come
i papi, evangelizzi il despotismo e anatematizzi la li-
herù; fincbè è in buoda fede, egli fa il debito su(k
Il prete invece, cbe sente la sua ragione emancipata
dair autorità della Bibbia e del papa, e che è giunto
a riconoscere nel diritto canonico, non la volontà
divina, ma la tirannide curialesca : getti via Tassìsa
sacerdotale, abbandoni la milizia catollca, ritomi It^
bero cittadino; e poi dica e facia contro la chiesa
tutto quanto gli inspira il suo patriotismo. Ecco Tu*
Dico modo, per ambìdue, di mettere d'accordo i loro
^tti con le loro credenze^ e di propugnare, quegli
la causa del catolicismo, e questi la causa della li-
bertà , senza violare il rispettivo carattere della loro
professione.
È un rimedio eroico certamente., ma è il solo ef-
ficace, anzi il solo possibile. Per molti e molti preti
«sso equivale^ non che ad un matamento di vita,
alla perdita dell' officio stesso onde traggono tutta
la loro sussistenza; vale a dire, che impone loro un
gran sacrifizio ed una somma abnegazione. Ma oc-
corrono pur troppo casi, in cui Teroismo della virtù
è di rigoroso dovere; e il caso nostro è uno di quelli,
11 prete, Tho già detto, e giova ridirlo, ha dato il
suo nome ad una milìzia, ha giurato fede ad una
bandiera. Ora un soldato non si può sciogliere ono-
ratamente dairobligo del suo giuramento e dalla
legge della sua disciplina, se non a patto di deporre
la divisa e di rinunciare alla milizia. Così al prete
non rimane altra via onesta e legitima di rompere
1 vìncoli che Io tengono suggetto alla chiesa, fuor-
ché la rinuncia alla professione ecclesiastica : cessi
d*ap|)artenere al clero, e sarà fibero di darsi a quelhi
parte politica, che meglio rappresenta i suoi prin»
oipj, senza riguardo alcuno a tesU di Bibbia, a ca-
noni di coucllj, e a bulle di papi. E se questa ri-
nuncia importa gravi sacrìfizj, non c'è rimedio, bì-
80»gna farli: con la c()sclenza non si può transi;;ere mai.
XXIV
Spetterebbe al laicato d alleggerire il peso di questi
sarrifizj alla porzione del clero, che abjurasse il ca*^
tolicismo per convertirsi alla libertà. Io non • dirò
che cosa potrebbero e dovrebbero far i governi; i
quali sono o^gimai abituati a trattar le cose della
religione come i negozj della diplomazia, a forza di
restrizioni mentali e di simulazioni ossequiose, e si
professano tanto più devoti alla chiesa e riverenti al
papa, quanto più in cuor loro son pieni d'indifierenza
e di disprezzo per l'uno e per l'altra. Chieder loro
adunque che operino comò pensano, e che cessino
di sostenere co' Ipro atti e le loro leggi una religione
che seco slessi detestano o deridono» sarebbe troppa
ingenuità. Ma il partito liberale, che non è un con-
sesso diplomatico , dovrebbe aborrire da simili arti-
Hzj, attingendo la sua forza, non dall'intrigo e dal-
ripocrisia, ma dalla lealtà e dalla franchezza. E pure,
in ciò che si)etla alla chiesa ed al clero, diploraa-
tizza anch'esso e fa ponspa di quell'arte indegna, che
suole denominarsi machiavellismo. Lasciamo in di-
sparte coloro, che s'intitolano calolici liberali: sono
pochi di numero, e tutto il loro sistema, come ab-
biam veduto nel corso della presente operetta, è un
perpetuo compromesso fra due dottrine contrarie.
Parliamo dei veri e schietti liberali, dei liberali di
principi e di fatti, dei razionalisti, quali sono e si
gloriano d'essere per la massima parte i democratici
e i patrioti. Or bene, anch'essi che in teorica sono
così nemici di qualsiasi pregiudizio e transazione,
cosi ardenti propugnatori della rigida e pura verità, in
pratica poi, conviene pur confessarlo, cedono troppo
sovente ai vezzo con^nuine, e dissimulano e. fingono e
barcheggiano e machiavelliz^ano come tutti- li altri.
Li vedemmo già nel 48, e li vedi^imo da capo nel
59 a Icriere verso *del clero un conlegno, cheòtuUe
«75
Il rovescio della loro dottrina. In luogo di rispettare
io persone e di assalire le instituzloni^ ostentano an«
elidessi verso della chiesa un rispetto che non pos-
sono avere; vituperano i buoni preti, cioè i retrivi»
che dovrebbero scusare; e adulano i preti cattivi ^
cioè i liberali, a cui dovrebbero compatire. Ad-»
ch'essi ricorrono alle messe funebri per onorare \^
memoria de' nostri martiri, all'aquasanta per benedire
le bandiere de' nostri eserciti, ai Te Deum per cele-
brare le vittorie delle nostre armi. Cosiì ^ dopo aver
cotanto deplorata la superstizione del popolo ed ese-*
crata l'ingerenza del prète, concorrono anch'essi,
buono 0 mal loro grado, a confermare l'uno ne' suoi
pregiudizi e l'altro nelle sue funzioni; ed in luogo
d'avvalorara co'l fatto la loro dottrina su l' incom-
patibilità del catolicismo con la democrazia, la rine-
gano stoltamente seguendo per filo e per segno Te-
sempiò de' lóro più sfidati avversarj. Quindi se da
una parte danno ansa al clero di far da Irberhle
posticcio per guadagnarsi il favore publico, dall'al-
tra distolgono il clero veramente liberale, cioè con-
ver'vito 0 pronto a convertirsi al razionalismo, dal
rinunciare apertamente alla professione ecclesiastica
per non incorrere nel publico abbandono*. Perocché,
se gli vicn meno il patrocinio del partito acuì esso
starebbe per dare la mano, in chi o in che potreb-
be egli confidare di trovar un sostegno? I clericali
lo scomrounicano come un apostata; i neooatòlici lo
repudiano come un arrabìato, un esallato, un gia-
cobino, un anarchista, un distruttore della religione;
della famiglia, della proprietà, d'ogni còsa. Unico suo
rifugio dovrebbero esser adunque \ democratici ra-
xionalisU. Ma se anch'essi cooperano a fomentar il
preglndiziò vulgare, che stia in facultà del clero di
servire alla chiesa insieme ed alla patria,. e che
quindi il prete possa e«?erc ^^alrìo'a senza cessar di
276
esse, j ecclesiastico, la sua emancipazione diventa pin
difficile che mai; giacché li amici gli attraversano
la via peggio dei nemici stessi. Quando un ordine dì
persone è collocato dalla società in questa iniqua
condizione, che ha tatto a perdere chi vuol esser sin-
cero, e tutto a guadagnare chi si risolve a far Ti-
pocrita, si sa d'avanzo a qual partito i più s'appi-
glieranno: T ipocrisia, cioè il vizio, diventerà la re-
gola commune, perchè profittevole; e la sincerità,
cioè la viitù, resterà una rara eccezione, perchè gra-
vosa.
Ci pensino adunque e ci provedano 1 liberali, che
tnilitano sotto il vessillo della democrazia. Oh! non
sprechino più il tempo ed il Oato in diatribe inutili
<ed ingiuste contro la porzione del clero, che vuoto
tener fede a Roma; e cerchino piuttosto di porgere
una mano «mica e fi-atellevole airaltra porzione, che
anela di darsi air Italia. Si ricordino che l'esistenza
del catolicismo è legata a quella del papato, e re-
sistenza del papato a quella del clero; e si persua-
dano, che è tanto assurdo voler disfare il papato e
11 catolicismo senza disciogliere il clero, quanto è
Impossibile discioglìere il clero senza stabilire un or-
dine di cose, che inviti 11 prete a farsi cittadino, e
gli apra, in nome della patria e della libertà, una car-
riera non solo moralmente più degna, ma anche ci-
vilmente più utile di quella che si riprometteva dal
servizio di Dìo e della chiesa. Che se V uomo non
vive di solo pane, non vive né pure di sola fede; e
un sistema qualsiasi, polìtico, sociale, o religioso,
sarà tanto più sicuro del suo trionfo, quanto sarà
più in grado di assicurare a' suoi seguaci l'accordo
degrinteressi co'princìpj, l'armonia dei bisogni della
vita con le leggi del pensiero e co' sentimenti del
cnore.
FINE*
INDICE E SOMMARIO
CAPITOLO NONO
Ntl programma della democrazia la libertà civile im-
porla il socialismo — e non il communismo. — Ca-
lunnie dei catollcl e dei moderati contro il socialismo.
— ' La società delPavvenire. — Il socialismo è la fede
commuue dei democratici. — Enso non viola la pro-
prietà e la giustizia -^ né pretende T impossibile. —
Blontalembert e Rendu contradicono a sé stessi. — Il
«aTolicismo non ammette la libertà civile: prova di
fatto. — Dottrina di Pio IX intorno alla libertà. —
eoe maledizioni contro il socialismo. — F^a chiesa
condanna remani;ipazione del proletariato, e crede al
regno perpetuo del male su la terra. .... Pag.
CAPITOLO DECIMO
It partito calolieo liberale yuoI tenere una via di meno
t^ il despotismo e la democrazia; e cade in una dop-
{)ia contradizione. — La libertà politica è la RepuMIca.
— Fuori della cepublica è inevitabile il d^spoHuno. —
278
Fra il principato coslUozionàle e la ropublica v*ha que-
stione d'essenza e non di sola forma. — Se il di ritto
sia nella sua orìgine umano o divino. — L'autorità so-
vrana appartiene alla nazione. — 1 governanti sono
suui mandatarj. — Logica bizzarra di Balmes. —
Esaggerazioni di certi democratici purilanL — Anche
il mondo morale é suggello alla legge di gradazio-
ne. — Il principato rappresentativo dee preferirsi al-
Tassolulo anche dai democratici. — Né per ciò essi di-
ventano dottrinarj. — La monarchia e la nazionalità
italiana. ^ L'esempio degli Stati-Uniti d'America non
é a proposito. — 1 democratici devono secondare, e
non osteggiare la monarchia, che promuova l'indipen-
denza e l'unìflcazione d'Italia — La dottrina catolica
é la negazione d'ogni diritto. — La chiesa condanna
ogni libertà politica. — Un dottore catolico, che fa la
confutazione del papa. — I principi della democrazia
secondo Lamennais, e quelli del catolicismo secondo Bal-
mes. — S. Tomaso non ammette il diritto di resislen^
za. — La politica di Bussuet è quella della chiesa. —
Un avvertimento agPitaliani Pag. 35
CAPITOLO UNDECIMO
LiuBnTA* i»'ii«sibg:«abiento.
Due forme della libertà d'insegoamento. — La libertà di
stampa dev'essere assoluta. — L'errore non può pu-
nirsi né io nome del vero — ne in nome del bene
— né iu nome della sicurezza publica. . — V ha una
specie d'ateismo, d| communismo, e di anarchia, de-
siderabile e necessaria. — Ve n'ha un'altra impossibile.
— Il vero punto della questione. — La libertà d'insegna-
mento. — Principi generali della democrazia. — • Se-
parazione totale dello Stato 4alla chiesa. — Non
violenta la coscienza del clero. — Quali leggi eccle^
siastiehe si debbano permettere, e quali interdire. —
— Non più persecuzioni alla cbi^sa. — La publica
onestà non è punto niinacciata dalia libertà d'io-
segoamento. — Questa libertà sarebl^e nceeltabile On .
d'ora. — Essa repiigna assolùtamenle al calolici«mo.
— Magistero catolico. — Lepìstazione della chiesa in-
tt)rno aJla slampa. — La dislinzione fra libertà e It-
renza è vana. — Monsignor Charvaz. — Documenii
ancora pia freschi. — La chiesa non amon-eUtì la li-
bertà d* associazione Pag. 86
CAPITOLO DUODECIMO
r «
II< TBRO' CATOLICISMO A K<A VEIIA I^IBBRTA*.
Due specie d'oppositori. — Il catolicismo dì Roma, e
quello deirfivangciio. — I papi ed i gesuiti hanno ra-
gione. — I principj essenziali del catolicismo sono la
negazione d'ogni libertà. — fi dogma del peccato ori-
• ginale — della predestinazione e dello grazia — della
redenzione. — Il Dio del catolicismo è l'autore del male.
— La chiesa non può riformarsi. — La morale caloitca
repugna profondamente ad o^nì legge di libertà. — Ca-
tolicismo e progresso sono termini contradii torj. — La
gerarchia catolica è l'assolutismo inalzato alla sua ul-
tima potenza. — Rapporti storici del catolicismo con -
la libertà. — Qual influenza abbia esercitato il cristia-
nesimo su lo sviluppo dei principj liberali. — Ricapi-
tolazione e formule. — Critica della formula di Giu-
seppe Mazzini. — .^nche il protestantesimo è incompa-
tibile con la libertà. — Il calolicismo di Giuseppe Mon-
tanelli. — Sue ragioni per abjurare il panteismo — e
riabbracciare il cristianesimo. — Gonlradizioni reli-
giose. degl'Italiani. -^ Gooclusione » i35
appendice:
PAI. 1S5S AI< tS59.
I. Scopo e tema deW Appendice. — IL Che cosa abbia
guadagnato il catolicismo in Polonia. — III. In Isvizzera.
— IV. in Ispagnae nel Portogallo. — V. In Prussia ed
in Austria; effetti del concordato. — VI. Nel Belgio.
— Vii. In Olanda. — VllL In InghUt^rra. — IX. In
Francia; liti scondalos» fra il eicro.--- X«. Gii«rr» <li
MoDtalemberl contro rrmverf ed il governo. — XI. Il
dogma (lell*immacalata Concezione. ^ XII. La guerra
d*OrÌAnto. -;* XI II. Viaggio del papaf condizioni della
chieM in Toscana e a Napoli. — XIV. Nuove tarpi-
indini del. gesuitismo, «-XV. Lutta del Piemonte e>
detritalia contro il papato. — XVI. Enciclica del papa
contro r emancipazione delle Romngne. — XVP. In-
dirizzi del clero milanese a Gyalai 0d a Radelzicy. —
XVIII. Liberalismo del clero lombardo. — XIX. I preti
buoni e i preti catlivi. — XX. In questa classi Qcazione
i liberali commettono un errore, — XXI. e un'ingiu-
stizia. » XXII. Guerra alle insUtuziont, e rispetto alle
persone. — XXIII Che cosa rimane da fare ai preti
liberali. -^ XXIV. Qual è e qual dovrebb*essere il con-
tegno dei patrioti verso del clero. , . . • . Pag. Si 7